Adulti che hanno paura del buio: parliamo di “Acluofobia”

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Dr.ssa Valentina Nappo Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo

La paura del buio non è un’esclusiva del bambino e può interessare anche gli adulti, o meglio, coloro che almeno all’anagrafe hanno raggiunto la maggiore età. E', infatti, sempre sintomo di una personalità infantile e non c’è nulla di cui vergognarsi, ma tanto su cui poter lavorare per conoscerla e conoscersi. Essere adulti significa percepirsi capaci di affrontare qualsiasi pericolo, saper mantenere la calma anche di fronte alle innumerevoli sfide della vita e avere timori “reali”, al contrario dei bambini che, invece, hanno paura di tutto anche prima che le cose succedano o anche al solo pensarle.

In genere, è con immenso imbarazzo che persone che pure hanno raggiunto importanti traguardi nella vita si raccontano, parlano di tormenti e di ansie che proprio non riescono a giustificare razionalmente. Si chiedono se sono matte e se sia possibile vivere senza quelle angosce, a cui ormai sono abituati. La paura del buio non è, infatti, una paura reale e come tutte le paure immaginarie è terribile perché non ha limiti, significa essere spaventati da tutto e sempre. Ma cerchiamo di capire bene che cosa sia la Acluofobia, o paura del buio.

 

Acluofobia: anche gli adulti temono il buio

La paura del buio può ritenersi fisiologica nel bambino, specie in alcuni momenti chiave della sua crescita che richiamano i temi della separazione e del distacco dai genitori. Per esempio, è frequente che compaia o che si inasprisca nella fase del “trasloco”, quando mamma e papà decidono che è il momento di spostarlo dalla loro camera in uno spazio che poi diventerà solo suo, la sua cameretta. Il respiro, le voci, i movimenti quasi impercettibili dei genitori durante la notte rassicurano il piccolo sulla loro presenza, lo fanno sentire protetto e al sicuro malgrado le strane forme che si agitano nella notte davanti ai suoi occhi. Ma quando è solo, quelle strane forme iniziano a spaventarlo, si trasformano in mostri, in draghi, nell’uomo nero e di fronte ad esse si sente impotente. Si intuisce, dunque, la particolare importanza in questa fase della lucina sul comodino e della favola raccontata dai genitori prima della nanna, che lo tranquillizzano e lo accompagnano nella fase dell’addormentamento. Si tratta di una fase transitoria che in genere si risolve spontaneamente senza lasciare strascischi.

Può capitare, tuttavia, che la paura permanga o che si presenti ex novo in età adulta in persone che, pur consapevoli dell’irragionevolezza dei loro timori, vivono con angoscia anche la sola idea di dormire a luci spente o di trovarsi in un luogo al buio. Si parla in questo caso di Acluofobia (dal greco aclus, che significa “oscurità”, e phobos, “fobia”), con cui si indica non solo la paura del buio, ma anche dei pericoli che in esso si nascondono. Il cuore batte forte, la respirazione è affannosa, il corpo è attraversato da brividi e la mente è agitata da pensieri angoscianti, da immagini violente e spaventose, da sensazioni spiacevoli (come quella di sentirsi in pericolo o chiusi e oppressi, come in una bara) che non si è in grado di controllare. Come per le altre fobie, gli episodi sono accompagnati da una forte ansia e dal tentativo di ritardare o di evitare tutte le situazioni in cui ci si può ritrovare al buio. Ad esempio, la persona fa di tutto per stancarsi e posticipare il momento in cui andrà a letto e cerca di rassicurarsi seguendo una serie di rituali, come controllare che le porte siano chiuse, che nessuno si nasconda sotto il letto, nell’armadio, dietro la porta, ecc.

 

Quali sono le cause e come intervenire

La paura del buio può ritenersi normale se è passeggera e se compare a seguito di un evento particolarmente stressante della vita, come essere in lutto, perdere il lavoro, essere stati rapinati o aggrediti, ecc., ma se persiste e si cronicizza diventa necessario l’intervento di uno psicoterapeuta che permetta di esplorarne i significati e i collegamenti con la storia di vita attuale e pregressa.

In alcuni casi, può essere retaggio di un trauma infantile vissuto mentre il bambino era al buio; in altri, invece, non ci sono tracce di episodi particolarmente stressanti accaduti durante l’età evolutiva.

Nella mia esperienza clinica, finora mi è capitato di riscontrare quanto in realtà nasconda un po’ il suo opposto, ovvero la “paura della luce”: metaforicamente, è la paura di fare luce sulla propria storia e sulle sue incognite, di conoscere aspetti di sé che spaventano o che fanno attrito con la propria immagine sociale, di dare voce e forma alle proprie inquietudini e alle emozioni inespresse. Inoltre, richiama, come nel bambino, tematiche connesse alla separazione dai genitori. Così, anche quando di fronte a me ho un uomo di 50 anni di successo, o una donna che esibisce autonomia e determinazione a tutti i costi, chiedo che rapporto abbiano avuto e abbiano tuttora con i loro genitori. Si scoprono così relazioni interrotte e irrisolte, o mantenute con rabbia per obbligo (perché mamma/papà ha solo me/è malato ecc.), o invischiate e caratterizzate da una forte dipendenza emotiva...

Data pubblicazione: 10 maggio 2015

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