Bambini che non possono parlare: il metodo I-SPK

valentinacolozza
Dr.ssa Valentina Colozza Psicologo, Psicoterapeuta

Io Se Posso Komunico: un percorso per bambini che non possono parlare

I-SPK è un protocollo di intervento sperimentale che si rivolge a bambini e adolescenti con sindromi rare come ad esempio la Sindrome di Down, Autismo, Cri Du Chat, Angelman, West, Coffin Siris, Landau-Kleffner. A questi bambini, che non possono parlare per cause fisiologiche o genetiche, proponiamo un percorso di abilitazione al linguaggio che può dare loro una lingua per comunicare.

L'intervento è definito psico-linguistico poichè prevede due aree di azione: quella linguistica basata sull'insegnamento della Lingua dei Segni (LIS) e quella più terapeutica finalizzata al sostegno psicologico per il bambino e la famiglia, ovvero un tempo e uno spazio per trasformare i limiti in risorse, adeguarsi e stimolare le nuove competenze, non focalizzarsi quindi sull'handicap del proprio figlio, ma piuttosto sugli strumenti più utili per fronteggiare il deficit.

La mission del progetto è dare uno strumento comunicativo alternativo alla voce per chi la voce non la può usare. Per questo abbiamo scelto l’acronimo I-SPK come abbreviazione per I SPEAK “io parlo” o meglio “Io Se Posso Komunico”.

L’assenza di comunicazione

L'intervento è rivolto a tutti i bambini e adolescenti con assenza di comunicazione intesa come disturbo secondario presente in molte malattie genetiche e sindromi rare come:

  • Cri Du Chat, Angelman, Landau-Kleffner, Coffin Siris, Rett, West, Trisomia 21, X-fragile, Prader-Willi,
  • Disturbo generalizzato dello sviluppo, Disturbo Disintegrativo dell’infanzia, Autismo;
  • Insufficienza mentale o ritardo cognitivo
  • Lesione organica cerebrale (microdanno);
  • Cause esogene (IUGR, tossine ambientali, farmaci, alcool);
  • Anomalie sviluppo cerebrale;
  • Grave disartria

Queste patologie ostacolano la comunicazione di moltissimi bambini e ragazzi con gravi deficit motori o cognitivi rendendo precaria la vita quotidiana sia emotiva che relazionale.

Siamo d'accordo con l'affermazione di Watzlawick “Non si può non comunicare” (1971), ma l'assenza di una lingua provoca spesso l'impossibilità a comunicare, una limitazione oggettiva sulla possibilità di esprimere desideri, sofferenze, dubbi che mette in crisi l'intero sviluppo del bambino o dell'adulto. Inoltre le difficoltà motorie assieme a quelle comunicative portano a una chiusura totale dell'interazione tipica dello spettro autistico.

Spesso, per questi casi, si utilizzano immagini per comunicare: certamente è un primo passo per far entrare il bambino in relazione ma rappresenta una limitazione sulla possibilità di scelta e desiderio, condizionando anche la facoltà di mentalizzazione, ovvero la capacità empatica, di mettersi nei panni dell'altro. Per questo riteniamo che se una persona non può parlare allora può comunicare usando la Lingua dei Segni, così da poter sviluppare un'adeguata forma di linguaggio e avere uno sviluppo più armonico e sintonico. 

E’ questa l’esperienza che I-SPK vuole proporre: abilitare il linguaggio attraverso la Lingua dei Segni Italiana.

Da dove nasce l’idea?

Il protocollo sperimentale è frutto della prima esperienza sul campo avuta con una bambina affetta dalla Sindrome di Coffin Siris, arrivata da noi all’età di 8 anni con diverse difficoltà sul piano dell’autonomia, dell’emotività e soprattutto del linguaggio verbale che risultava totalmente assente. Dopo circa due anni dall’intervento la bambina è in grado di esprimersi con frasi in Lingua dei Segni, ha sviluppato la capacità di mentalizzazione, ovvero la possibilità di comprendere il proprio stato emotivo e quello degli altri ed ha incrementato i suoi livelli di autonomia e socialità.

Dopo una fase di ricerca su studi nazionali ed internazionali, l’équipe di I-SPK ha redatto un protocollo basato su presupposti scientifici chiari e delineati. In Italia sono pochissime le esperienze similari, mentre la vicina Inghilterra con il metodo Makaton conta circa un milione di utenti. Passando oltre oceano vi è l’esperienza di un centro sulla comunicazione anch’esso pubblico che riesce a coprire tutto il Nord America.

Perché la Lingua dei Segni

La Lingua dei Segni è una lingua naturale, che sfrutta il canale visivo-gestuale anzichè quello vocale, usando i movimenti del corpo, delle mani nello spazio, il viso e le espressioni facciali. Quindi rappresenta una Lingua a tutti gli effetti.

I-SPK, si propone di abilitare il linguaggio attraverso la Lingua dei Segni, fornendo una forma di comunicazione alternativa che sfrutta le abilità visive e gestuali intatte o residue, adattandosi alle competenze e alle possibilità del bambino, altresì incrementando lo sviluppo della lingua vocale.

Non dimentichiamo che la ricerca linguistica ha messo in luce come la "facoltà di linguaggio", quella facoltà che permette ad ogni bambino di imparare la lingua alla quale viene esposto (Saussure 1968) è indipendente dall'apparato fonoarticolatorio e che quindi un bambino esposto ad una lingua segnata, la apprenderà alla stregua di qualsiasi altra lingua vocale, acquisendo così una forma di comunicazione in grado di soddisfare tutti i suoi bisogni cognitivi e comunicativi. Inoltre diversi studi dimostrano che le tappe e le modalità di acquisizione della Lis e della Lingua vocale sono molto similari. 

L’obiettivo

L'équipe di I-SPK lavora sul territorio laziale e campano ma nuovi centri dislocati stanno partendo anche in Basilicata, in Veneto e in Abruzzo. Siamo alla continua ricerca di enti e associazioni che vogliano collaborare. 

Tutte le informazioni riguardanti il protocollo sono presenti sul sito: www.iosepossokomunico.it; famiglie e associazioni possono contattarci via email o telefonicamente, verrà proposta una fase anamnestica che prevede l'osservazione del gioco, l'interazione del bambino con un'operatrice segnante, somministrazione di test, uso della tecnica della Sand Therapy, colloquio con la famiglia. La presa in carico avviene nei nostri centri dove sono presenti tutte le figure che accompagneranno la famiglia in ogni fase del progetto di intervento: dall'insegnamento della Lis al sostegno psicologico del nucleo familiare con tutti gli strumenti necessari all'intervento che verrà proposto ad hoc per quel bambino. 

Insegnare la LIS e dare un sostegno psicoterapeutico di per sé non è un intervento invasivo e non ha controindicazioni. La ricerca parla chiaro: questo metodo potrebbe rappresentare una svolta psichica e linguistica per moltissimi bambini e adolescenti.

 

 

www.iosepossokomunico.it

fb: iosepossokomunico   info@iosepossokomunico.it

 

 

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Data pubblicazione: 26 marzo 2018

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