Immagini mentali nello sport e nella riabilitazione

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L’immaginazione motoria (Motor Imagery), è una rappresentazione mentale di un atto motorio, senza che questo avvenga in maniera effettiva.
Si tratta di un’esperienza che può risultare molto simile alla realtà in quanto molto spesso l’immagine è accompagnata da aspetti sensoriali molto concreti.

Kosslyn che insieme ai colleghi dedicò vari studi a questo tema, definì l’immaginazione motoria come un’esperienza in parte sensoriale ed in parte percettiva che avviene in assenza di uno stimolo esterno. Questo evidenzia la forza questo fenomeno.

Esso infatti racchiude in se:

  • Processi sensoriali, che vanno ad attivare precise aree cerebrali, legate proprio al sistema sensoriale prescelto per l’attivazione dell’immagine mentale (ad esempio sistema visivo, area visiva).
  • Processi percettivi corrispondenti agli eventi e agli oggetti che le immagini rappresentano.

 

Un atto motorio può essere eseguito solamente previa una programmazione mentale. In alcuni casi è volontaria, in altri è automatica, sfugge alla coscienza. Attraverso la Mental Imagery è possibile attivare il medesimo tipo di programmazione, senza però una reale esecuzione dell’azione motoria.

Ad esempio, per non incorrere in rischi, il semplice atto di attraversare la strada prevede un’accurata programmazione e una corretta esecuzione dello stesso. Tutto ciò si traduce in una sequenza di attivazione di determinate aree cerebrali deputate a rispondere a questo tipo di compito.

Molti studi effettuati, utilizzando anche tecniche di ultima generazione (neuroimaging) hanno messo in evidenza come, anche in assenza di movimento tangibile, ma solamente attraverso immagine mentale, vi sia un’attivazione di aree cerebrali, così come avvenisse realmente.

Anche i contributi di Rizzolati e Di Pellegrino circa la scoperta dei neuroni specchio, hanno contribuito a rafforzare gli studi delle immagini mentali.

 

Per le sue caratteristiche l'immaginazione motoria, viene ampiamente sfruttata in ambito sportivo. Gli atleti professionisti la impiegano come integrazione all’allenamento “sul campo” molto spesso anche prima di una gara.

Infatti la performance potrebbe risentire positivamente dell’allenamento tramite immagini mentali, in quanto il semplice fatto di immaginare un atto motorio, riproducendone mentalmente le sequenze determina, un miglioramento dello stesso nel concreto, grazie alle modificazioni funzionali e strutturali che avvengono in precise aree corticali e sotto-corticali.
Esse infatti si attivano anche in assenza del reale movimento.

 

Visti i vantaggi in ambito sportivo, si è espanso l’utilizzo dell’immaginazione motoria anche nel campo della riabilitazione.

Molti e recenti studi di vari autori come per esempio Birbaumer, Chan, Tamir e Malouin, ne riportano l’efficacia, sopratutto nei casi di malattia di Parkinson, dolore cronico anche connesso alla sindrome dell’arto fantasma e ictus. 

Come ricorda Collet, per ottenere buoni risultati in termini riabilitativi è necessario che le strutture corticali che permettono capacità di base come per esempio l’attenzione, la memoria, siano integre. Da qui ne deriva la necessità di esami cognitivi accurati.

 

Ogni persona in quanto unica e con un proprio bagaglio di esperienze, necessita inevitabilmente di percorso di riabilitazione motoria immaginativa personalizzato, in linea con le sue caratteristiche, e con quelle della sua problematica.

Da qui ne deriva l’importanza di un’attenta valutazione dello stile cognitivo della persona, intendendo per stile cognitivo la modalità preferenziale con cui vengono assimilate, ritenute ed elaborate le informazioni.

 

Un esempio di riabilitazione immaginativa motoria potrebbe essere quello di chiedere al paziente di immaginare di trovarsi in un posto caldo e tranquillo (questo andrebbe ad indurre un rilassamento muscolare); in seconda battuta, si potrebbe suggerire di immaginare l’arto danneggiato svolgere un determinato compito.

 

Sfruttando le immagini motorie si potrebbero fare esercizi che prevedano di incrementare in maniera progressiva la difficoltà di un dato movimento immaginato per esempio modificando i parametri degli oggetti coi quali avviene l’interazione (per esempio l’altezza di una sedia dalla quale ci si deve alzare) oppure parametri aspetti spazio-temporali (movimento veloce o lento).

 

Legando l'ambito di applicazione sportivo a quello riabilitativo, l'atleta potrebbe servirsi della mental imagery nella fase post infortunio.

Questo è infatti evento molto comune nello sport e può impedire il normale allenamento motorio.

Con questa tecnica si può aiutare l'atleta infortunato ad affrontare il processo riabilitativo che ne deriva intervenendo su diversi aspetti:

  • Gestione del dolore
  • Superamento efficace dei problemi che frequentemente s'incontrano in fase riabilitativa
  • Mantenere inalterato (o quasi) il livello di performance raggiunto fino al momento dell'infortunio.

 

 

Fonti:

 

Data pubblicazione: 07 novembre 2019

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