Omosessualita terapie riparative.

La tortura delle terapie riparative per l'omosessualità

leano.cetrullo
Dr. Leano Cetrullo Psicologo, Sessuologo

La terapia di conversione, anche detta terapia riparativa o terapia di riorientamento sessuale, è un metodo inteso a cambiare l'orientamento sessuale di una persona dall'omosessualità all'eterosessualità.

Le terapie riparative si sono mostrate scientificamente inefficaci e dannose.

Il problema sorge quando l’individuo che si riconosce omosessuale, e questo avviene già intorno ai 6 anni, è spinto ad andare contro sé stesso a causa delle credenze religiose, dallo stigma societario, dall’ignoranza familiare o da quella parte della popolazione che correla fallacemente l’omosessualità a una malattia.

Cos'è l'omofobia?

L’omosessualità è una variante normale e naturale della sessualità umana dove l’unica malattia potrebbe solo essere invece l’omofobia. È importante ricordare che non si nasce omofobi, lo si diventa attraverso l’educazione, i messaggi, diretti e indiretti, che la famiglia, la politica, la Chiesa e i media, ci trasmettono.

Fin da bambini tutti noi acquisiamo convinzioni e valori che ci vengono presentati come assolutamente giusti e legittimi. Molto prima, dunque, di avere una reale comprensione di cosa significhi la parola omosessualità, ereditiamo, da una cultura omofoba, la convinzione che essere gay sia qualcosa di assolutamente sbagliato, innaturale e contrario alle norme del vivere comune.

Omofobia

Molte teorie psicologiche associano l’omofobia (avversione nei confronti degli omosessuali) ad una repressione di istinti e pulsioni omosessuali. Ovvero l’omofobo è un omosessuale che non accetta la propria omosessualità, e che quindi dirige i propri sentimenti e pensieri negativi, aggressivi e di rabbia all’esterno, verso tutta la popolazione LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender).

L'omofobia può diventare causa di episodi di bullismo, di violenza o di mobbing nei confronti delle persone LGBT.

L'Agenzia per i diritti Fondamentali (FRA) dell'Unione europea ha rilevato nel 2013 che quasi la metà delle persone LGBTI intervistate in tutta Europa ha subito discriminazioni o molestie.

L'interiorizzazione del pregiudizio

Un altro concetto delicato su cui soffermarsi è invece l’omofobia interiorizzata che consiste invece nell'accettazione da parte di gay e lesbiche di pregiudizi, etichette negative e atteggiamenti discriminatori verso l'omosessualità.

Questa interiorizzazione del pregiudizio è per lo più inconsapevole e può portare a vivere con difficoltà il proprio orientamento sessuale, a contrastarlo, a negarlo o addirittura a nutrire sentimenti discriminatori nei confronti degli omosessuali.

Ovvero l’omofobia interiorizzata è una delle tre componenti del modello del Minority Stress (Meyer, 1995) e può essere più o meno consapevole e costituisce il risultato dell’interiorizzazione da parte delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans (LGBT) dei pregiudizi, dei pensieri, degli atteggiamenti e dei sentimenti negativi che la società nutre verso l’omosessualità in generale e verso le persone LGBT in particolare.

Che cos'è la terapia di conversione o riparativa?

Le terapie di conversione hanno lo scopo di cambiare l'orientamento omosessuale. Questi sforzi hanno storicamente spaziato da pratiche assolutamente crudeli e pericolose come castrazione, lobotomia, inducendo convulsioni o con deliranti tecniche psicologiche.

La maggior parte delle terapie di conversione si basano su teorie non comprovate scientificamente secondo cui la sessualità può essere modificata da una forte convinzione religiosa o dal superamento dei "traumi" dell'infanzia. In sintesi una tortura delirante.

La terapia di conversione è dannosa?

Assolutamente Sì.
Studi recenti hanno dimostrato che nei soggetti sottoposti a questi interventi riparativi i tentativi di suicidio aumentavano drasticamente durante o dopo il trattamento. Molti partecipanti hanno riportato gravi stati patologici tra cui sintomi depressivi, ansiosi e di panico dopo questi trattamenti.

Inoltre, hanno sperimentato una ridotta autostima, isolamento sociale, un senso di alienazione, perdita di sostegno della comunità, completa perdita di fiducia, ridotta capacità di provare intimità, disfunzione sessuale o impotenza.

Se sono in difficoltà con la mia sessualità, identità di genere o orientamento sessuale, che tipo di terapeuta dovrei cercare?

Quando si riscontrano difficoltà con la propria identità sessuale è bene affidarsi primariamente solo a Psicologi e Psichiatri iscritti ai relativi albi professionali, che siano preparati adeguatamente su queste tematiche, e che facciano della scienza la loro traiettoria terapeutica. Non affidarsi assolutamente a figure non riconosciute. Denunciate qualsiasi abuso contro la vostra privacy, identità e sessualità.

La comunità scientifica

Le linee guida delle più importanti organizzazioni Americane di Salute Mentale negli Stati Uniti come l’American Psychiatric Association o l'American Counselling Association affermano che qualsiasi clinico deve astenersi totalmente da pratiche di conversione perché non hanno nessuna evidenza scientifica e danneggiano anche irreversibilmente la salute delle persone. Non esistono studi definitivi che abbiamo comprovato scientificamente l'effettiva conversione dall'omosessualità all’eterosessualità.

Nel 2010 in Italia è stato pubblicato un documento sottoscritto da psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti, studiosi e ricercatori nel campo della salute mentale e della formazione per condannare ogni tentativo di patologizzare l'omosessualità, affermando che "qualunque trattamento mirato a indurre il/la paziente a modificare il proprio orientamento sessuale si pone al di fuori dello spirito etico e scientifico". Il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi (CNOP) si è espresso più volte sulla dannosità delle terapie riparative e contro la concezione dell'omosessualità come malattia.

L'ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Malattie) dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che viene ampiamente utilizzata nel mondo assieme al DSM-V, stabilisce che «l'orientamento sessuale in sé non deve essere considerato come una malattia.

Il Professor Vittorio Lingiardi:

Qualunque intervento di conversione dall'omosessualità non solo è inefficace, non essendo una patologia, ma è anche dannoso. E può indurre i giovani al suicidio. Chi parla di omosessualità come condizione modificabile non ha alcun riconoscimento nella comunità scientifica”.

In ultimo, ma non per minore importanza, anche il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani mette in guardia i professionisti dall’adozione di pratiche professionali invalidanti, lesive della dignità umana e di dubbia, se non inesistente, fondatezza scientifica.

Il Testo, infatti, in maniera del tutto ferma e senza indugio, all’art.4 recita testualmente:

nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche che salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi […] (Calvi e Gullotta, 2012).

Le terapie riparative sono inefficaci e dannose per la salute di chi vi si sottopone perché la persona omosessuale non ha nulla che debba essere riparato, convertito o curato.

 
Data pubblicazione: 08 novembre 2019

41 commenti

#3
Dr. Carla Maria Brunialti
Dr. Carla Maria Brunialti

Fin dal 2013 l'interrogativo sulla tematica
"Gay e lesbiche, curarli per normalizzarli?"
è stato affrontato, qui sul sito:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3480-gay-e-lesbiche-curarli-per-normalizzarli.html .

Auspichiamo che in tutti questi anni le risposte degli Psicologi,
ma soprattutto degli Psicoterapeuti (ossia di chi, tra gli Psicologi, è autorizzato a *curare*)
si siano diffuse e consolidate,
fornendo alle persone omosessuali la certezza di un porto professionale sicuro.

Carla Maria Brunialti

#11
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Articolo molto interessante e utile e corredato da fonti affidabili.

Per tale ragione mi sono permesso di segnalare il link nel mio blog Ragazze Fuori di Seno perche' una nostra utente in passato aveva dichiarato di avere affidato il figlio ad una terapia riparativa ( di conversione).
.https://www.medicitalia.it/spazioutenti/forum-rfs-100/come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno-44-9833.html

post n. 147.484

#13
Dr. Leano Cetrullo
Dr. Leano Cetrullo

Grazie mille se ha bisogno di fonti o di linee guida internazionali non ho problemi a fornirle. Mi aggiorni senza problemi.

#14
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Grazie dell'articolo e della risposta della collega Carla Maria Brunialti che sono entrambi fonte preziosa di informazioni sull'argomento e credo vadano integrati e letti insieme.

Ed è importante evidenziare come il metodo scientifico sia in grado di elaborare ipotesi, raccogliere dati e poi imparare dai dati raccolti, siano anche frutto di errori o di risultati non attesi.

Oggi le *teorie di conversione* mostrano i loro limiti e la loro pericolosità, ma prima del 1972 non era così e la comunità scientifica di allora elaborava le pratiche di "conversione e riparazione" sulla base di quelle che erano idee, concetti, presupposti e teorie "consolidate ed influenti".
[E qui forse è bene ricordare anche non tutta l'umanità è giunta a questa conclusione, ma che anzi in tante parti del pianeta ancora oggi l'unica "terapia riparativa possibile" è la pena di morte]
Le teorie di conversione erano la risposta di allora, sulla base delle conoscenze di allora.

Ma *la scienza progredisce e impara dai propri risultati, dai dati che raccoglie*. Evolve.

Però su una cosa non mi trovi d'accordo. Credo anche sia naturale un non comprendere le scelte altrui o l'essere dell'altro, per cui io capisco anche gli "omofobi" o "chi non capisce perchè l'altro fa quello che fa". Questo non vuol dire essere autorizzati a cambiare l'altro, ma aumentare la tolleranza e dare il proprio spazio a ciascuno ed essere quello che vuole o deve essere.

Ed in fondo, ci troviamo davanti a problematiche più generali alla base di molti argomenti
Accettare l'altro per quello che è, comprendere le scelte altrui anche senza capire come mai (magari perchè l'idea che siamo uguali deve essere sostituita dall'idea che siamo simili), accettare che siamo individui con esigenze, valori e necessità diverse, tollerare le differenze, dare spazio al diverso ed all'individuo fintanto "la mia libertà non limiti o pregiudichi la libertà altrui".

Accettare che non tutti i comportamenti (stato o tratto?) sono frutto del libero arbitrio, ma che in parte dipendono da tanti fattori che ancora non riusciamo ad individuare e, soprattutto, a capire quanto ciascun fattore sia determinante: genetica, cultura, famiglia, insegnamento etc etc.
Ogni ipotesi che abbia evidenziato un ruolo dominante di uno dei fattori sopra citati veniva smentita.

#15
Utente 499XXX
Utente 499XXX

"Credo anche sia naturale un non comprendere le scelte altrui o l'essere dell'altro, per cui io capisco anche gli "omofobi" o "chi non capisce perchè l'altro fa quello che fa".
Così mi pare si legittimi l'omofobia e, indirettamente, altre forme di odio. Non credo sia naturale, tanto è vero che i bambini accettano con grande naturalezza le diversità che a tanti adulti appaiono aberranti

#16
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Perchè Nina? Mi corregga se sbaglio, ma mi sembra che non distingua tra "sentire" ed "agire" creando un nesso sequenziale che non è così.

E non credo sia giusto confondere un sentimento ed un agito, dato che sono due momenti diversi.

Innanzi tutto il significato delle parole.
"omofobia" è sostantivo femminile che significa:
1. Timore ossessivo di scoprirsi omosessuale.
2. Avversione nei confronti degli omosessuali.

Concorda? E' corretto?

Non c'entra niente con l'agito e con cosa io ci faccia con l'avversione o con il timore.

Gli omosessuali non hanno forse una naturale avversione verso l'altro sesso per cui non sentono naturale avere rapporti intimi con l'altro sesso?
Ho amici omosessuali che all'idea di avere rapporti con una persona del sesso opposto fanno smorfie, rispondono "che schifo", "non ci penso proprio". Eterofobi? :) Eheheheh....

Già i bisessuali non hanno questa avversione.
Ho avuto un cliente omosessuale che da una parte non si sentiva capito dagli eterosessuali, ma poi parlando dei bisessuali faceva le stesse cose nei loro confronti senza esserne consapevole.

Posso avere un'avversione ed un odio senza che questo implichi un agito violento?
Certo, semplicemente non frequento o non faccio quel qualcosa che a me non piace o che non m'interessa.

Il sentimento è una cosa, l'agito, cioè cosa faccio con questo sentimento è qualcosa di completamente diverso.

Io la vedo così.

#17
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Chiedo scusa se per miei limiti non riesco del tutto a cogliere i suoi voli su sentimento ed agito, ma alla fine anche con la seconda replica finisce per legittimare gli omofobi come le ha gia' fatto osservare chiaramente Nina.
E se , come probabile, lei volesse significare proprio l'opposto, pero' e' questa la percezione che trasmette almeno alla sottoscritta.

#18
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Forse sarebbe il caso su certi temi sociali essere molto piu' chiari , per evitare che si generino confusioni tra il sentimento e l'agito.
In questo caso (riguardo alla omofobia) mi sono permessa di intervenire perche' e' proprio di oggi che " gli italiani in grande numero pensano che a provocare la violenza sessuale degli stupri siano le stesse donne !"
.
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/11/25/news/report_shock_dell_istat_per_un_uomo_su_quattro_la_violenza_sessuale_e_addebitabile_al_modo_di_vestire_delle_donne_-241903900/?ref=RHPPLF-BH-I241903909-C8-P1-S1.8-T1

.

#19
Utente 499XXX
Utente 499XXX

Dott. Bellizzi, ho perfettamente chiara la differenza tra "sentire" e "agire". Dico che legittima l'omofobia nel momento in cui afferma che capisce chi è omofobo. E non lo fa in un convegno di psicologi, in ambiente protetto, dove tutti hanno gli strumenti per comprendere ciò che intende dire (che poi seguendo il suo ragionamento possiamo allora capire qualsiasi comportamento, da quello dello stupratore al fascista picchiatore), ma in un forum pubblico dove può incappare chiunque. E credo che leggere una simile frase detta da uno psicologo "capisco anche gli omofobi" possa ingenerare confusione, se non anche legittimare appunto chi ha paura/odia gli omosessuali. Le parole nell'uso comune spesso si allontanano dal significato etimologico e non possiamo ignorarlo. Infatti esiste la giornata contro l'omofobia, proprio perché è un "sentire" che genera violenza e secondo me va condannata, senza se e senza ma. Pensando anche ai 20mila omosessuali minorenni che solo nel 2019 hanno chiamato una gay help line. Poi se lei come psicologo si trovasse davanti un omofobo ovviamente troverebbe il modo migliore per aiutarlo, anche capendo cosa lo induce a esserlo. Ma credo che, soprattutto in contesti pubblici, sia necessario essere chiari e non dare adito a fraintendimenti, come dice anche Clara.

#20
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Grazie Nina per il condivisibilissimo contributo.

Era proprio quello che ho cercato di esprimere anche io, perche' in un consesso di psicologi potrebbe andar bene anche il "capisco anche gli omofobi",
ma su una piattaforma accessibile a tutti, odiatori inclusi, ha lo stesso significato dei soliti
" non sono razzista, MA... .."
"* non sono antisemita, ma... "
"* non nego l'esistenza dei lager nazisti ., ma ."
.
Ma cosa ?

#21
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Il fattore omofobico, non basta a generare un comportamento violento.
Questa è informazione scientifica.
E lo scrivo e lo riscrivo proprio perchè può leggere chiunque, ed è lecito che ci siano preferenze e che le persone non debbano essere giudicate sulla base delle loro scelte naturali. Il messaggio è rivolto a chiunque.
Anche a chi si trova a disagio con l'omosessualità, e non per questo debba essere colpevolizzato o giudicato.

E se sono comprensibili gli omosessuali che rifiutano l'altro sesso, è altrettanto comprensibile chi non gradisce gli omosessuali.

Diversità ed accettazione della diversità.
Ognuno ha le proprie scelte e lascia spazio e libertà all'altro.

E' naturale avere preferenze sessuali ed avversioni sessuali.

E questa frase si riferisce a qualsiasi pratica sessuale tra persone consenzienti (dall'individuo, alla coppia al gruppo) indipendentemente
dall'orientamento sessuale.

Obbligare l'altro a qualsiasi pratica sessuale è violenza.
Obbligare l'altro a pensarla come me è violenza psicologica.

Eterofobia: paura del diverso.

#22
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Clara Lei ha centrato benissimo con quelle frasi il senso del discorso che agire e sentire non sono affatto connessi strettamente ed univocamente.

Quanti sono gli omosessuali nel mondo in cui c'è la pena di morte (omofobia violenta di Stato agita?) per cui si vedono bene dall'agire e dal comportarsi da omosessuali e scelgono un comportamento diverso dal proprio sentire?

Ed anche qui mi vengono in mente anche quelle situazioni in cui un omosessuale è costretto a fingersi altro perchè non può manifestare il proprio sentire ed il proprio pensiero e quindi si costruisce una famiglia etero o magari crea dei corsi di conversione (tutte storie note).

Poi, chiunque è libero di illudersi del fatto che se un comportamento venga punito e non più manifestato ci sia alla base un cambiamento di pensiero e sentire.
Semplicemente la persona impara a comportarsi diversamente. A fingere.

#23
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Dottore,
io mi arrendo perche' lei continua a girare intorno al problema sollevato da Nina "io capisco anche gli omofobi".
Senza dare una spiegazione alla sua affermazione comprensibile a persone limitate come la sottoscritta.
Le ho allegato anche i dati Instat sugli stupri pubblicati ieri da Repubblica.
Lei mi risponderebbe "io capisco anche gli stupratori" e mi spiegherebbe la differenza tra sentimento ed agito e forse anche che la "colpa sia delle donne ?"
Non sono paragonabili gli esempi, ma io la penso come Nina
" certi comportamenti sia del sentire che dell'agire SI CONDANNANO SENZA SE E SENZA MA !"
Lei non solo non condanna , ma addirittura li capisce grazie a tutti i se e i ma che vorrebbe condividere con noi.
Mi dispiace ma io mi fermo qui perche' non riesco piu' a seguirla .

#24
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Clara1 quando scrive - Lei mi risponderebbe "io capisco anche gli stupratori" - è una SUA opinione.

Lo stupro è un atto violento e gli stupratori, in quanto socialmente pericolosi vanno puniti. QUESTO E' IL MIO PENSIERO!

Io la ringrazio per essere arrivata fino a qui, perchè ha dimostrato che non sempre si capisce il pensiero altrui e come sia facile cadere nel giudizio e nella condanna altrui. Mi lascia da solo e non mi segue? Me ne farò una ragione e gestirò il suo abbandono.
Non sono cose che definiscono me.

#25
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Dr. Bellizzi evidentemente siamo proprio destinati a non comprenderci.
E' chiaro che quando si parla di legittimare l'omofobismo, e sono certa che anche Nina questo intendesse dire, il riferimento era chiaro al BULLISMO OMOFOBICO.
La psicologia ci riempie la testa che anche se solo verbale che si tratti di VIOLENZA psicologica. VIOLENZA !
Dr. Bellizzi stiamo parlando di violenza e lei l'annacqua in continuazione con i suoi distinguo.
Inoltre il suo "capisco anche gli omofobi " è pensiero SUO non una mia opinione !

#26
Utente 375XXX
Utente 375XXX

"Io la ringrazio per essere arrivata fino a qui, perchè ha dimostrato che non sempre si capisce il pensiero altrui e come sia facile cadere nel giudizio e nella condanna altrui."

Mi scuso se le avessi dato questa impressione di voler giudicare o peggio condannare

Non mi permetterei mai di dare giudizi altrui, mi basterebbe comprendere però se solo io sia così limitata da non riuscire a leggere quel che scrive riguardo alla "comprensione degli omofobi".

Ma se in due/2 (con Nina) che hanno commentato, oltre lei, la pensiamo alla stessa maniera, forse qualche speranza di potere continuare a relazionarmi con gli altri mi resta !

#27
Utente 312XXX
Utente 312XXX

Che uno Psicologo capisca gli omofobi mi sembra normale,
come farebbe altrimenti a curarli?
Nello stesso modo di come capisce il depresso, il pedofilo..

La mia Psicologa dice al riguardo:
io li capisco, però sto dalla parte delle vittime, curo solo loro.
E io ho molto rispetto per questa scelta.

Ma qualcuno deve curare anche i torturatori, che lo vogliano o che non lo vogliano. E per curarli penso che occorra capire quello che hanno nella testa.

#28
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Sbirulino,
vedo però ( e poi non intervengo più) che neanche lei riesce a stare nel tema , anche se nel linguaggio è più chiaro dello psicologo.

Condivido quello che ha scritto, ma il punto è un altro, come scrive molto chiaramente Lara e anche lei Sbirulino che parla a nome della sua/o psicologa/o ci gira intorno.

Ecco cosa scrive Lara in italiano
"Poi se lei come psicologo si trovasse davanti un omofobo ovviamente troverebbe il modo migliore per aiutarlo, anche capendo cosa lo induce a esserlo. Ma credo che, soprattutto in contesti pubblici, sia necessario essere chiari e non dare adito a fraintendimenti, come dice anche Clara."
.
Già trovo singolare ( e se fossi maligna.....penserei a cose maligne) che arrivi Sbirulino a spiegare cosa volesse dire lo psicologo, ma il punto è che questo sito non è lo studio di uno psicologo !
E lo psicologo fuori dal suo studio potendo leggere i suoi commenti anche le vittime del bullismo omofobico, ha il dovere di prendere le distanze da questo, in modo chiaro e inequivocabile e soprattutto comprensibile !

#29
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Sorry :
Mi rendo conto solo adesso di avere parlato sempre di Lara , mentre lei nei commenti si è firmata Nina.
Chiedo scusa ma noi del blog RFS sappiamo bene che il nome vero di Nina è Lara ! Nulla di intenzionale naturalmente.

#30
Utente 499XXX
Utente 499XXX

Sì, Clara, ripeto quello che dicevo prima. Lo psicologo ovviamente cerca di capire tutti i pazienti che ha davanti, ma detto questo, in contesti pubblici sarebbe secondo me più opportuno essere chiari su certi temi. Poi, sinceramente dott. Bellizzi non capisco cosa intende quando scrive "E se sono comprensibili gli omosessuali che rifiutano l'altro sesso, è altrettanto comprensibile chi non gradisce gli omosessuali". Rifiutare sessualmente una persona del sesso opposto, così come rifiutare chiunque, non mi pare uguale a "non gradire" gli omosessuali. Io posso non voler andare a letto con un uomo, ma questo non vuol dire che non "gradisca" chi lo fa. Mi sembrano due piani differenti. La pericolosità io la vedo nel comprendere un atteggiamento di chiusura che spesso sfocia poi in odio. Se io fossi aracnofobica preferirei essere curata che capita. Credo che soprattutto in questo periodo in cui l'odio è stato sdoganato e ci ritroviamo con una donna anziana sopravvissuta all'olocausto sotto scorta, la chiarezza su alcuni temi importanti sia responsabilità di tutti. Mi piacerebbe sentire anche l'opinione dell'autore dell'articolo a questo proposito o di altri psicologi, è una discussione interessante

#31
Dr. Manlio Converti
Dr. Manlio Converti

Spero che i colleghi denuncino subito il dottor Bellizzi.
L'omofobia uccide!
Uccide attraverso il Minority Stress, il suicidio, il mancato accesso a protocolli di prevenzione diagnosi e cura, maggiori comportamenti a rischio e quindi il maggior numero di morti anche per patologie organiche...

Perché le sue affermazioni non solo giustificano ma sono proprio omofobe...

#32
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Ma l'omofobia interiorizzata delle persone omosessuali dove la lasciate?
L'omofobia interiorizzata vissuta dentro la propria pelle?

Ed il livello di omofobia?
Ragionate per estremi (si\no) quando invece ci possono essere tanti livelli di vissuto interiore.

E siete vittime di una distorsione cognitiva (ripeto): se è vero che un'aggressione fisica violenta nasce da un vissuto omofobo di alto livello, non è assolutamente vero il nesso causale opposto che qualsiasi livello di omofobia porti ad azioni violente, ma piuttosto a sentimenti di tolleranza.

E di nuovo: sentire ed agire sono separati.

Ed è faticoso aiutare gli indecisi (non omosessuali ma confusi o che stanno costruendo la loro identità) e soprattutto le persone omosessuali a fare loro i conti quando si confrontano con quella omofobia interiore.

Conosco alcuni omosessuali che sanno che non devono piacere a tutti o che sono riusciti ad essere in pace con se stessi quando hanno accettato questa cosa. Devo dire che nessuno di loro ha mai subito aggressioni fisiche però.

Dr. Manlio Converti, anche lei può denunciarmi!
Perchè delegha? Agisca!
E lei che ritiene di aver subito un torto :)
E che dirle: complimenti per l'aggressione al diverso e per i suoi toni miti :)
E così che dialoga lei? Sparando sentenze e giudizi?
Meraviglioso: un altro caso di eterofobia e di come si sa essere tolleranti verso chi esprime qualcosa non in linea con il proprio pensiero. :-D

Poi lo scrivo diretto a lei: il sentire è diverso dall'agire e aggressioni fisiche e verbali sono violenze e soprattutto reati e vanno puniti.
Hai un livello di omofobia tale che ti porta all'agito violento, alla discriminazione nei servizi, allora hai bisogno di cure.
E questo è stato più che sottolineato.

Clara1, (poi mi fa sapere se l'ho aspettata o se mi ha inseguito).
Poi ho trovato un termine sostitutivo a "Capire" che, mi corregga se sbaglio, lei sembra associare a Giusificare.

Le vengo incontro.

La parolina magica è "Studiare".
Va bene "studiare il fenomeno per descriverlo e conoscerlo"?

Io mi sono andato a vedere la ricerca citata nell'articolo di repubblica, ma andando alla fonte, non all'estrazione dei dati finalizzati all'articolo. https://www.istat.it/it/archivio/235994 e qui con le tabelle tutte https://www.istat.it/it/files//2019/11/appendice-tavole.xlsx

I pregiudizi sessuali li hanno sia maschi che femmine e non ci sono grosse differenze. "Il 58,8% della popolazione (di 18-74 anni), senza particolari differenze tra uomini e donne, si ritrova in questi stereotipi, più diffusi al crescere dell’età (65,7% dei 60-74enni e 45,3% dei giovani) e tra i meno istruiti."

Nessuna differenza di genere nelle risposte. Interessante, no?

Poi mi fermo alla tavola 2.1 in cui alla domanda sugli schiaffi e il NO è rappresentato dal 91/92% mentre sul cellulare solo il NO categorico è 80% e qualche volta 16%.

Poi c'è una domanda che ha una risposta molto interessante:
LE DONNE POSSONO PROVOCARE LA VIOLENZA SESSUALE CON IL LORO MODO DI VESTIRE -> Risposta:
molto d'accordo maschi 7% femmine 6,8%
abbastanza d'accordo maschi 16.8% femmine 17.1%

Poi.
1. C'è una distorsione nota per questo tipo d'indagine. Che la persona risponda sulla base delle desiderabilità sociale piuttosto che sul reale sentire. Cioè si risponde in modo politically correct.
2. Per studiare il fenomeno non devo chiedere ai soggetti che rispondono da casa, ma a chi ha effettivamente AGITO una violenza o chi picchia. Quelli hanno le risposte per studiare il fenomeno. Insomma le domande andrebbero poste a chi sta in carcere.

Io ora vado a dormire con ringraziamento speciale per il meraviglioso cameo sulla pacata gestione di chi la pensa la diversamente...
Standing Ovation!

#33
Utente 375XXX
Utente 375XXX

Dr. Bellizzi,
non finira' di stupirmi !
Tutti tutti, proprio tutti, i media ieri sui pregiudizi che riguardano gli stupratori hanno dato la mia stessa interpretazione dei dati riportati.
Lei e' stato l'unico in Italia che sia riuscito ad inficiarli grazie allo studio delle sue personali DISTORSIONI .
Lei ci vede distorsioni in tutte le opinioni altrui anche su dati nudi e crudi.
In questo caso secondo lei sarebbe sbagliato il sondaggio perche' indirizzato "a chi sta a casa invece che a chi sta in carcere".
Non escludo che lei sia l'unico che abbia STUDIATO ed approfondito il problema e tutti gli altri siano andati dietro alla superficialita' dei dati grezzi.
Mi sorge il dubbio che effettivamente lei possa essere l'unico ad avere ragione , ma e' evidente che continui a non comprendere (comprendere non giustificare) che grazie alla sua strategia di "diffusore di nebbie distorsive" intorno ai piu' gravi fenomeni sociali di bullismo e violenza, quel che resta in chi la legge e' che lei trovi sempre una giustificazione per tutto.
Peccato che lei veda tutto "distorto"(cognitivamente) nelle opinioni degli altri e non si accorga di quanto "contorta" sia la sua conclusione.
E non abbiamo avuto modo di parlare degli stermini dei lager nazisti perche' anche li' a noi che non abbiamo studiato ci somministrerebbe qualche lezione distorsiva !

#34
Utente 488XXX
Utente 488XXX

Io, come Nina e Clara, credo che non si possa razionalizzare tutto pur esercitando la professione dello psicologo. Soprattutto un argomento così complesso e in un momento delicato, in cui purtroppo aumentano sempre più la violenza e le discriminazioni. Pensi per un attimo dottor Bellizzi se una persona che ha subito una violenza leggesse ciò che ha scritto lei, quasi a voler legittimare l'omofobia. Come si potrebbe sentire?

#35
Utente 499XXX
Utente 499XXX

Scusi dott. Bellizzi, ma non capisco proprio cosa vuole dimostrare quando va a spulciare i dati della ricerca citata da Repubblica. Il fatto che anche le donne dimostrino di avere pregiudizi sulla violenza contro persone del loro stesso sesso cosa dimostrerebbe secondo lei? Davvero non capisco e non vedo il nesso con quello di cui discutevamo. Continuo a pensare che non essere chiari su temi come omofobia e violenza contro le donne sia molto pericoloso. Altra cosa sarebbe stata se lei avesse detto: "condanno l'omofobia, dato che causa ogni anno vittime, tra cui anche ragazzini nell'ambito delle famiglie. Se poi mi si presenta in studio un omofobo che mi chiede di aiutarlo, ovviamente lo curo". Ma sarebbe stato un ribadire l'ovvio. Uno psicologo aiuta chi ha difficoltà, paure, comportamenti disadattivi. Quel che ha detto riguardo a omofobie interiori e altre elucubrazioni, per quanto mi riguarda, è fumo negli occhi, incomprensibile ai più, sicuramente perché abbiamo studiato poco. Su certi temi, ripeto, non si può essere equivoci, proprio perché non ci possiamo dimenticare le tante vittime dell'omofobia e un cambiamento culturale è possibile solo se partiamo da presupposti chiari. Omofobia (intesa come odio nei confronti degli omosessuali), razzismo, violenza e pregiudizio vanno combattuti. A meno che non siamo felici di vivere in una società che ha sdoganato e legittimato odio e rabbia (agiti e non solo sentiti) a scapito di amore e
compassione, relegando questi ultimi a un esercizio per buonisti.

#36
Utente 375XXX
Utente 375XXX

A partire dalla sottoscritta forse abbiamo esagerato a mettere in croce con le nostre osservazioni il dr. Bellizzi. Però, almeno il mio, l'intento era quello NON di valutare la bontà dei suoi contenuti, ma solo quello di fargli rilevare che tenendo conto della sensibilità comune i suoi approfondimenti dinnanzi ad un pubblico quanto mai eterogeneo fossero perlomeno inopportuni.
Non credo che si volessero mettere in discussione le sue osservazioni, ma mi dispiace molto che non abbia recepito che nessuno di noi, ad eccezione del sig Sbirulino, abbia compreso le ragioni per le quali ci tenesse a spiegare a tutti e a tutti i costi del "sentire " degli omofobi e stupratori.
Il tema proposto dal blog era molto semplice ed uno solo : le terapie di conversione sono dannose ! Punto !
E mi stupisco del fatto che il dr. Bellizzi non abbia riflettuto prima di replicare con la inchiesta di Repubblica sul fatto che nessuno di noi fosse riuscito a seguirlo come forse si sarebbe aspettato.
Forse perchè abbiamo studiato poco ?
Probabile, anche se poi guardando il profilo del dr. Converti si scopre che sia specialista psichiatra e se ricordo bene psicoterapeuta. Inoltre Nina e Stella risultano notoriamente nel blog come laureate entrambe in psicologia e persino la sottoscritta si è procacciata una immeritata laurea in psicologia.
Ma forse la differenza con chi ha solo la laurea la fa il fatto che Stella, Nina e Clara, avendo avuto un tumore molto aggressivo, hanno studiato non sui libri ma ...sulla loro pelle !

#37
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Mi permetto di intervenire anche io in questa discussione parlando della mia esperienza di insegnante, insomma terra terra.

Insegno da più di 20 anni. Quando sono entrata a scuola avevo 19 anni credevo che insegnare consistesse nell'aiutare il bambino a comprendere e padroneggiare la disciplina. Piano piano ho assistito ad una "deriva educativa" certi argomenti non vengono più affrontati in casa, non si guarda un telegiornale insieme, non si legge un giornale, i piccoli sono totalmente assuefatti dalla realtà che li circonda e spesso non è più la realtà vicina dell'esempio, ma lontana, quella delle tifoserie, quella dei social network ecc ecc. Non tutti per fortuna e io insegno in una scuola primaria e in una città in cui c'è apertura mentale.
I bambini non giudicano quando sono molto piccoli, ma in età scolare respirano il clima e incominciano a farsi idee su cosa sia "giusto" e "sbagliato".
Chiaramente se un bambino si permette di fare un'osservazione giudicante omofoba o bulla di qualsiasi tipo (per esempio "sei un ciccione!" io "condanno pubblicamente questa frase, la frase, non il bambino. E ci lavoro su.
Un tempo le mie maestre avrebbero risposto" sarai bello tu che sei uno stecchino" e la discussione era chiusa, ma comunque di fondo sarebbe rimasta la bullizzazione.
Mi viene in mente che i miei bimbi hanno frequentato un asilo in cui si giocava con le bambole e a suo tempo io avevo comprato loro una cucinetta. Nel paesello dove torno ogni tanto un po' di parenti neanche troppo anziani mi dicevano se ero matta. I bambini devono giocare con le cose da maschi. Mio figlio grande, biondo come il grano era innamorato di una bambina africana. Ho delle foto bellissime che esibivo con orgoglio ma al paesello si mormorava che poi se si sposava con una nera era perché io gli mettevo in testa delle strane idee.

ho risposto con serenità che a me la bambina scelta da mio figlio sembrava bellissima, non ho risposto in modo duro, perché ho capito che è semplicemente persa totalmente mentre noi dobbiamo guardare al futuro.

#38
Utente 375XXX
Utente 375XXX

"Chiaramente se un bambino si permette di fare un'osservazione giudicante omofoba o bulla di qualsiasi tipo (per esempio "sei un ciccione!" io "condanno pubblicamente questa frase, la frase, non il bambino. E ci lavoro su."

Chi ha una responsabilita' pubblica (quindi anche se scrive su una piattaforma accessibile a tutti) e' obbligato a condannare sempre bullismo, violenza, negazionismo senza se e senza ma e poi...ci lavora su' !
Questo intendevo dire anche io ! Grazie

#39
Utente 339XXX
Utente 339XXX

Io provo a dare una mia testimonianza di ciò che ho vissuto, delle persone con cui ho interagito e cosa mi porto ora.

Premetto che non da molto ho inviato un messaggio dando la mia rabbia nei confronti di terapisti a cui mi sono rivolto, e a cui chiedevo aiuto proprio in merito all'omofobia interiorizzata, sentendomi dire che non ci sono miracoli al riguardo. Certo, peccato che dire questo mi abbia fatto capire che mai potrò vivere serenamente la mia sessualità ma neanche me stesso. Credo di sentirmi burnout.

Tuttavia ho un primo ricordo all'età di 4-5 anni, mentre indossavo le scarpe con tacco basso di mia madre e il cuscino sul petto a simulare il seno. Sono un ragazzo di 33 anni. Ricordo che da allora ero visto come strano, malato e che con quelle parole son cresciuto sia in casa, ma anche a scuola, dove per un po' di tempo ero bulimico, quindi obeso dai 14 anni fino ai 20 circa, ed ero vittima di bullismo con "frocio, grasso, malato" e altro che forse ho rimosso.

In casa feci CO a 16 anni, dopo un anno di lavoro autonomo sul tentativo di costruire un'autostima, cosa che ora è veramente bassa, forse 1/100 della mia attuale altezza (169 cm). L'anno prima, in terza media, dopo 2 anni di bullismo e uno di isolamento, ero (lo sono) depresso. Tentai di impiccarmi con una cinghia. Ma si ruppe e tenni il segno sul collo per 1 settimana. Nessuno disse niente, ma era visibile.

Poi non aggiungo la continua oppressione dei miei a non essere diverso, e i miei stati confusionali su cosa fossi, dove ero, cosa facessi e se aveva senso tutto. Iniziai con la pornografia gay, tanto da masturbarmi ore e ore; cosa che faccio raramente ora, ma uso sempre la pornografia. Sono vergine.

Nel 2007 mi diplomai in un istituto tecnico scelto da mio padre (perché lui giocava e gioca con i miei sentimenti, uno stalker in pratica) e dopo pochi mesi iniziai il mio primo lavoro. Ero felice dello stipendio, perché pensavo di continuare a studiare cosa e per mia scelta, ma il lavoro era monotono, semplice ma importante, tanto che lo facevo a occhi chiusi ed ero svogliato. Non ero stimolato, ero talmente cotto e morto dentro che neanche il lavoro mi aiutava.
Persi il lavoro nel 2011, da lì cercai una psicoterapeuta, perché quella perdita, la perdita di un tassello per me importante, fece cadere tutto.

Chiesi al medico di famiglia (che personalmente di lei avevo una considerazione veramente bassa, come se avesse pazienti per categoria sociale, senza togliere la professionalità che comunque c'era) e mi indirizzò una psicoterapeuta nello stesso studio. Credo (non mi è mai stato chiarito) lei sia una cognitivo comportamentale.

Inizia il percorso, che durò circa un anno. Parlai di me come mai ho fatto. Ricordo che quando parlavo di sesso e sesso gay, lei spostava lo sguardo e sorrideva. Io non capivo allora. Ora sì.
Ogni volta che finivamo una seduta, lei mi augurava che sarebbe andato tutto bene, e che la mia voglia di una sessualità attiva, avrei trovato una ragazza con cui stare e che mi avrebbe reso felice. Io ogni tanto la correggevo, ma lei continuò così.

La terapia mi serviva per mettere i paletti anche con i miei genitori, che sono ansiogeni, controllori e religiosi all'estremo, tanto quasi da chiudersi in casa perché hanno paura del mondo reale fuori.

Nell'autunno 2013 presi l'areo e arrivai a Torino per proseguire gli studi all'università, perché non trovavo lavoro ma perché volevo anche allontanarmi da quel mondo del sud che per me è stretto e opprimente.
In questi anni cercai altri psicoterapisti, perché anche se la precedente voleva mie notizie e mi aiutava nei rapporti con i professori, non mi aiutava in ciò che andavo a cercare.
Ora, sicuramente direte "non è compito della terapeuta dire cosa devi fare", certo, peccato che ogni volta che le dicevo che incontravo, e quindi socializzavo con qualcuno, come ragazzi; lei "non era d'accordo" tanto da non dire direttamente che avevo bisogno di una ragazza (come prima detto) e che era una distrazione dagli studi.
Mi sono laureato con fatica mentale, manco gli esercizi fisici mi aiutavano con la frustrazione e lo stress, tanto che ancora in questo caso parlare con le di sessualità non se ne faceva.
Gli altri terapeuti mi dissero che ero un pervertito, che i problemi in passato da bambino e adolescente erano colpa solo mia (beato chi è bravo a gestire certe persone ignoranti, oppresse e paurose) e che sarei dovuto tornare a parlare con i miei per risolvere. Cosa che provai da solo per anni in adolescenza, e che si conclusero con urla, minacce e patriarcato.

Io penso che in Italia il tema omosessualità è poco conosciuto. Si parla del dopo.

SCRIVO QUESTO CON IL MASSIMO RISPETTO DEGLI STUDI E DELLE ESPERIENZE DI VITA CHE OGNUNO HA!

"molti omosessuali muoiono suicida per omofobia", è un modo per dire che oggi piove. Perché molti omosessuali, ma anche trans, non muoiono solo fisicamente. Muoiono dentro.
Muoiono dentro perché quando capiscono, e capiscono da piccoli, chi sono, sono felici! Sono appagati dalla quotidiana relazione di positività legata all'innocenza i quegli anni. Poi fanno il conto prima a casa, poi nel mondo. Certo nessuno ha una vita super mega al top. Abbiamo tutti mille difficoltà, come il dubbio se fare il medico o l'agricoltore. Che è diverso, perché magari dipende anche dagli standard caratteriali.

Essere gay significa per molti effeminato, poco maschile o virile. Essere gay per la religione è il male. Essere gay per la società è essere egocentrico e pagliaccio. Essere gay per l'Italia è niente. Perché oltre alle unioni civili, ottimo traguardo e GRAZIE per chi ha lottato per questo, manca la base di supporto per la persona. La cultura e crescita per i piccoli omosessuali. Questo è il mio pensiero postumo per età e riflessione per quanto è capitata alla mia vita e alle persone che ho incontrato. Sicuramente per quel che penso manchi qualcosa, esiste nella realtà. Ma è sempre un problema sociale. Manca qualcosa. Come a scuola. L'educazione sentimentale. Che poi magari sia anche sessuale, nell'età più a rischio, anche di gravidanze e malattie veneree.

Io mi vedo ancora bloccato a quei 16 anni, per un CO conclusosi con facce disgustate. io sono fermo a quel momento in cui pensavo che la famiglia fosse il posto dove poter realmente dire e vivere tutto.
È la paura che mi ha fregato, ma nei miei ritardi un giorno dirò e darò anche io un contributo.

Un augurio e abbraccio a tutti.

#40
Utente 499XXX
Utente 499XXX

Caro Utente 339729,
la tua storia mi ha molto colpito. Immagino quanto sia stato difficile per te andare avanti quando intorno a te avevi solo persone che volevano in qualche modi "correggerti". Mi dispiace molto. Sono d'accordo con te che in Italia manchi l'educazione sentimentale ed emozionale nelle scuole, materia molto più importante di quelle nozionistiche. Immagino che tu abbia già provato a rivolgerti alle associazioni LGBT+.
Per quel che vale ti abbraccio e ti auguro di cuore di essere felice.

#41
Utente 339XXX
Utente 339XXX

Salve Nina,
presso le associazioni LGBT+ non ho avuto modo di proseguire, mi son sentito mandato via dopo un solo giorno. O meglio, dopo che andati per 3 volte a parlare con loro di quanto è stata difficile (come per tanti) e di come non abbia avuto modo, capacita e di come tutt'ora non la abbia, di esser sereno con me stesso, perché quel che c'è stato era tradimento, quindi la fiducia verso gli altri manca, e quindi mi allontano io oppure gli altri.
È sempre una colpa non capire e non riuscire a inserirsi, per poi risultare solo, e questo ha influito, e ancora oggi lo è, sulle funzioni cognitive.
Non me la cavo molto bene. Mi son aperto sempre, anche troppo, e son stato mandato via. Come un lebbroso. Oppure mi allontanavo io perché l'istinto me lo diceva.
Potrebbe essere una opportunità per me, prima non lo pensavo, ora sì, quella di rimanere solo. Di crearmi una cultura e di avere un lavoro impegnativo, di sfida, così da non pensare più a quello che ho perso e non avrò, accettando il fatto che sono un ragazzo gay solo.

Per quanto riguarda l'Italia e la sua cultura ed educazione, io penso che ci sia, ma sia "troppo antica", ferma e quindi stantìa. Avrei voglia di andarmene da questa nazione, conosco l'inglese abbastanza bene da capire e farmi capire, ma manca il punto da cui partire, quindi lavoro e casa.
Sto guardando questa possibilità, anche se una psicologa mi disse che fuggire non era la soluzione. Io chiesi da cosa, ma lei non rispose.
Quel che mi fa incazzare e che io son dovuto andare in terapia. Cosa che in parte mi ha aiutato ad allontanarmi dalla mia famiglia, dove c'è un padre narcisista e una madre sottomessa. Mi fa schifo. Abbasso la dittatura!

Buona vita

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