Quando i disturbi alimentari si aggiornano

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Dr.ssa Laura Pancrazi Psicologo, Psicoterapeuta

L'assunzione di cibo, contrariamente a quella di alcol o droghe di vario genere, ci accomuna tutti. Mi spiego meglio: mangiare è un'azione obbligata ai fini della sopravvivenza umana; è semplice, se non si mangia, si muore.

Per questo dunque, se è possibile trovare persone naturalmente astemie o che non abbiano mai fatto uso di droghe, è del tutto impossibile trovare persone che non abbiano mai mangiato in vita loro.

Ora, sembra una banalità, ma questo significa di fatto che tutti dobbiamo incontrarci (o scontrarci, a seconda dei casi), con l'esigenza quotidiana di assumere del cibo. In linea di massima, all'incirca tre volte al giorno.

Di conseguenza, non è possibile che la questione si possa riassumere, come invece accade per le suddette sostanze, nelle dicotomie dipendente/non dipendente e utilizzatore/abusatore.

La questione è dunque più complessa e, specchio della sua complessità, è proprio il continuo cambiamento e la continua ridefinizione e dei disturbi legati all'alimentazione.

Se, infatti, c'è stato un tempo in cui, in Italia, gli unici problemi in tal senso potevano essere legati alla denutrizione ed alla malnutrizione (pensiamo, per esempio, al famoso Giopì bergamasco, dotato di tre gozzi dovuti alla sua pellagra in stato avanzato, malattia legata in queste zone all'eccessivo consumo di polenta), con il cambiare delle condizioni socio-economiche sono arrivate l'Anoressia e la Bulimia.

Non basta però: con i cambiamenti sempre più veloci a cui siamo esposti nasce, per esempio, il Binge Eating Disorder (Apa, 2014), anche noto come Disturbo Incontrollato dell'Alimentazione e, quando il corpo scheletrico e la magrezza sembrano un canone estetico passato di moda (forse grazie a tutte le campagne e le lotte condotte contro queste gravissime malattie, che hanno anche condotto svariate persone alla morte) si inizia a parlare di Vigoressia ed Ortoressia.

Insomma, i tempi cambiano, il disturbo alimentare si adegua. Ma non bisogna lasciarsi ingannare.

Quando si ricerca un eccessivo controllo dell'alimentazione o della forma corporea, allora ci sono buone probabilità che ci si sia imbattuti in un disturbo dell'alimentazione (Sassaroli, Ruggiero, Fiore, 2015).

Quando, invece di lasciarsi guidare dalle, come dire, innate sensazioni di fame e sazietà per capire se mangiare o meno e quando e quanto, e dalle preferenze per scegliere quale cibo, ci si rifà ad un'ipotetica alimentazione o forma fisica ideale, oppure, al contrario, si ha la sensazione di perdere completamente il controllo ed abbuffarsi di qualsiasi cibo, siamo in presenza di un campanello d'allarme.

Quando si pensa spesso e ripetitivamente a cosa dovremmo mangiare a pranzo o a cena, quando ci si pone un obiettivo sulla forma perfetta (qualsiasi essa sia) da raggiungere, quando ci si dedica in modo inflessibile all'attività fisica (qualunque essa sia), quando con difficoltà si accettano inviti fuori a cena, pranzo (brunch, aperitivo, apericena e qualsiasi altra cosa rassomigliabile ad un pasto), quando all'assunzione di cibo associamo emozioni negative, come ad esempio vergogna e senso di colpa, allora ci sono buone probabilità che qualcosa non vada.

Dunque, proprio in virtù della natura multi-forme e molteplice dei Disturbi dell'Alimentazione, è importante non sottovalutare tutti questi segnali e prenderli molto sul serio.

Infatti, qualsiasi forma essi assumano, possono essere la causa di malattie mediche, disturbi psicologici e un peggioramento della qualità della vita (Sim, McAlpine, Grothe, Himes, Cockerhill, Clark, 2010).

 

Data pubblicazione: 23 febbraio 2020

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