Expats che si ammalano: la sindrome di Ulisse

Lavorando come psicologo online sei raggiungibile da tutto il mondo e sei quindi contattato da molti italiani che risiedono da poco o parecchio tempo all'estero.

Sei contattato dal giovanissimo appena arrivato in terra straniera che vive una sorta di "rovesciemento identitario" e fa una fatica atroce ad adeguarsi a questa nuova realtà che é piena di barriere, linguistiche, culturali e relazionali e poi anche da chi, all'estero da molto più tempo, ha sviluppato una serie di sintomi che ormai si sono cronicizzati.

Coloro che su FB consultano i gruppi di italiani all'estero, come ad esempio Italiani a Londra che è tra i più popolati e che seguo, avranno notato che in tali gruppi si leggono spesso post di chi ad esempio denigra Londra ed esalta invece la propria cittá di origine.

L'Italia e tutto ciò che é italiano viene idealizzato: "in Italia tutto é bello, qui (a Londra ad esempio) è tutto osceno".

Al contrario poi ci sono invece quegli italiani che esaltano il Paese ospitante (UK quindi) e la cittá ospitante (Londra) oltremisura e denigrano e svalutano l'Italia e la città di origine: "qui è tutto bello e funzionale, in Italia tutto era pessimo".

Entrambi gli atteggiamenti, quando estremizzati, sono distorsioni della realtá: non c'é una neutralità nel valutare i pro e i contro e ci si fossilizza solo sui due poli estremi perché l'emotività è in qualche modo compromessa.

Si sviluppano talora sintomi anche fisici propri dei disturbi emotivi (mal di testa, problemi di respirazione, mal di schiena, dolori articolari).

Quando allora la vita all'estero giunge a un punto morto: non ci si sente integrati, apprezzati e si inizia a mettere in dubbio tutta l'impalcatura su cui si fondava il progetto di vita da expat, si potrebbero sviluppare alcuni sintomi quali ad esempio

  • forte stress,
  • ansia,
  • depressione,
  • nervosismo,
  • pianto incontrollato,
  • perdita di autostima e delle proprie capacitá,
  • senso di smarrimento e insonnia.

Questo quadro sintomatologico fu descritto brillantemente dallo psichiatra spagnolo Joseba Achotegui che ne ha anche dato un nome specifico: "sindrome di Ulisse" o malattia dell'immigrato.

"I migranti vivono una realtà molto particolare e i loro problemi non somigliano ai problemi delle persone che non hanno mai lasciato il loro paese di origine. È per questo che il tema della salute mentale dei migranti deve essere affrontato da un punto di vista differente.

«La Sindrome di Ulisse» è la sindrome del migrante con stress cronico e multiplo. In altre parole, è quando i problemi che i migranti vivono sono tanti, si moltiplicano e, in più, hanno una lunga durata".

Fonte: https://hiaucb.files.wordpress.com/2018/12/deuils-migratoires-syndrome-dulysse-it.pdf

La sindrome di Ulisse va presa in seria considerazione e se presente è bene rivolgersi ad uno psicologo o psicologo-terapeuta perché una sottostima di questo quadro sintomatico e un non riconoscimento di questi sintomi specifici potrebbe portare a peggiorare il quadro clinico in modo severo.

 

Data pubblicazione: 05 maggio 2020

1 commenti

#1
Ex utente
Ex utente

Io sono arrivata a dire (o capire) che è bello il 50% l'estero e il 50% l'Italia. In parole, ciò che è facile e scontato in Italia, è strano e intollerato all'estero e viceversa. Esempi misti:
-uscire di casa anche di notte, con poca paura di venir aggrediti
-fare richieste, compilar carte, burocrazia varia veloce
-partenze in orario di treni e bus
-dover stare attenti ai movimenti che si compiono giacché non tollerati
-non fissare gli oggetti
-non scherzare
-attenzione ad ogni parola che si usa
-non dirsi mai le cose in faccia ma SOLO sparlare alle spalle
-non chiedere scusa e non accettare le scuse degli altri
-non essere spontanei
-cassieri al supermercato veloci
-poca scelta di biscotti secchi
-niente citrosil, bialcol, acqua ossigenata
-strade e marciapiedi puliti
-...
(questo è un confronto Italia/ Austria).
Saluti

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