Prostatectomia radicale e incontinenza urinaria

e.conti
Dr. Enrico Conti Urologo, Endocrinologo, Chirurgo generale, Andrologo

E' un dato di fatto che molti pazienti che hanno dovuto subire una prostatectomia radicale soffrono sia di disfunzione erettile che di incontinenza urinaria. Mentre il trattamento della D.E. è un argomentodi cui si parla molto, quest'ultima problematica è meno discussa anche se spesso dolorosamente incidente sulla qualità della vita. Nella maggior parte dei casi si tratta per fortuna di una incontinenza transitoria, che tende a ridursi nei mesi successivi all'intervento. A distanza di un anno si raggiunge un equilibrio che generalmente resta stabile per il resto della vita. E' difficile stabilire in che percentuale residui un qualche grado di incontinenza urinaria definitiva nei pazienti operati di prostatectomia radicale, ma una stima tra il 10 ed il 40% dei casi appare ragionevole. Le notevoli differenze riportate in letteratura sulla incidenza della incontinenza urinaria dopo prostatectomia dipendono da un gran numero di elementi, tra cui forse il più importante è il metodo di valutazione del problema.

Vediamo quali ne sono le cause. L'intervento di prostatectomia radicale, anche se correttamente condotto, comporta il sacrificio di strutture che sono importanti per la continenza urinaria. Si tratta dello sfintere vescicale liscio, che viene praticamente asportato con la prostata, di alcune delle strutture fasciali di sostegno dell'uretra membranosa (che fanno seguito alle strutture anatomiche di sostegno della prostata), e di strutture che sostengono lo sfintere striato dell'uretra, la cui integrità anatomica è l'unica garanzia di mantenimento della sua funzione.

Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che alcune prostatectomie possono essere più rispettose dei tessuti di sostegno e delle fibre nervose peri-prostatiche(prostatectomia nerve sparing), mentre quando la situazione oncologica lo impone, è necessario ricorrere a demolizioni di tessuto ben più ampie (prostatectomia non nerve sparing o extrafasciale) , con un ulteriore impatto negativo sia sulla continenza urinaria che sulla Disfunzione Erettile (in questi casi definitiva). A questo si deve aggiungere che non siamo fatti di viti e bulloni e che quindi vi sono individui che imprevedibilmente risentiranno più di altri delle conseguenze dell'intervento.

Anche l'età ha la sua importanza pertanto gli uomini più giovani hanno in linea di massima migliori possibità di un soddisfacente recupero rispetto a uomini anziani. Nonostante questo, una buona tecnica chirurgica permette oggi di offire un recupero della continenza urinaria nella maggior parte dei casi.

Il trattamento dell'incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale segue protocolli oggi ben definiti: entro il primo mese è indicato effettuare esercizi specifici di riabilitazione della continenza urinaria. Nei centri più avanzati, questo compito è svolto dal fisiatra il quale si fa carico di porre eventualmente indicazione a forme di riabilitazione strumentale più complesse come il Bio-feedback.

La seconda linea di trattamento è gestita direttamente dall'urologo ed è rappresentata da farmaci che possono migliorare il tono dello sfintere (Duloxetina) oppure rendere la vescica più stabile (antimuscarinici). La terza linea di trattamento, che entra in gioco solo dopo la stabilizzazione del quadro clinico (a non meno di un anno dall'intervento di prostatectomia), è costituita dalla terapia chirurgica. Secondo le linee guida europee, la terapia chirurgica comprende diverse opzioni in funzione della gravità dell’incontinenza: lo sfintere artificiale (che rappresenta il golden standard), le benderelle o sling di sostegno delle strutture retro-peri-uretrali, l'iniezione di agenti volumizzanti (meno efficaci) ed infine l'impianto di palloncini periuretrali (anche questi meno efficaci). Lo sfintere artificiale rappresenta la terapia standard sulla cui validità sono concordi gli esperti del settore. La seconda opportunità (Sling) è di introduzione abbastanza recente ed è applicabile, er ora, ai casi di incontinenza da sforzo di lieve e media entità.

Tale innovativa metodica sta ottenendo attualmente un consenso crescente sia tra gli urologi. Il link rimanda ad una presentazione sui risultati della chirurgia dello sling retrouretrale effettuata di fronte ad un pubblico di specialisti urologi in occasione del congresso nazionale AUrO del 2011.

 

http://nazionale2011.auro.it/abstract/efficacia-e-gradimento-dello-sling-per-lincontinenza-urinaria-maschile-advance/

 



Data pubblicazione: 06 novembre 2011

Autore

e.conti
Dr. Enrico Conti Urologo, Endocrinologo, Chirurgo generale, Andrologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1985 presso Roma - La Sapienza.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Cuneo tesserino n° 3669.

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1 commenti

#1
Utente 464XXX
Utente 464XXX

La descrizione fatta dal dottor Conti è chiara ed esauriente, ma non descrive come riconoscere un grado di incontinenza grave da uno medio o da uno lieve. Ad esempio io, dopo 3 anni dall'operazione, ho ancora episodi di incontinenza che a me sembrano gravi (forse perchè speravo nella sua eliminazione dopo tutto questo tempo) come uscita improvvisa di urina in alcuni momenti della giornata senza preavviso e senza avere fatto sforzi. In altri momenti, anche con sforzi o movimenti bruschi improvvisi, non ho alcuna fuoriuscita. Informo che non ho preso mai alcun farmaco per ridurre l'incontinenza ma per tre anni ho fatto giornalmente esercizi per il rinforzo del plesso pelvico.

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