Ansia intestino

Dopo vari accertamente medici ho scoperto che soffro di colon irritabile, cioè di una stato invisibile che non so se definire patologico. So solo che quando devo stare fuori casa per lungo tempo (ad esempio per impegni di lavoro che prevedono trasferte con cene, incontri, meeting) il mio intestino è spesso gonfio di aria e ho flatulenza e diarrea. Ovviamente in queste situazioni devo adottare alcune cautele, mangiare cibi diversi da altri, allontanarmi spesso per andare in bagno... il tutto comunque con piccoli risultati.
Ho seguito una terapia cognitivo comportamentale che ho concluso con successo perché ho imparato a gestire questi miei disagi nella vita quotidiana. Il problema però si ripresenta quando devo affrontare queste trasferte di lavoro e non mi trovo nel mio ambiente e sono a contatto con gente estranea. Non so quale soluzione trovare, se devo rivolgermi a un medico per una terapia farmacologica da usare solo in queste limitate circostanze oppure se devo continuare con la psicoterapia anche in questi casi. Io vorrei solo ritrovare la mia serenità in ogni situazione.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 988 248
Gentile utente,

Se ho ben capito ha ricevuto una sindrome del colon-irritabile. La gestione dei disagi non è esattamente una terapia, ma un adattamento. Se i sintomi non sono risolti val la pena fare un tenativo in tal senso. Le cure farmacologiche per il colon irritabile e sindromi correlate non sono da usare al bisogno, sono di fondo.
Pertanto si rivolga pure ad uno specialista, di solito è presente anche un quadro di tipo ansioso o umorale, anche se comuque il colon irritabile è una sindrome che si definisce indipendentemente.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Attivo dal 2009 al 2012
Ex utente
Intanto grazie per la risposta. Ho letto la sua scheda sul colon irritabile che ha inserito su questo sito ed è stata utilissima. Volevo solo aggiungere che finora la terapia si è svolta così: per l'intestino ho preso farmaci per ridurne la motilità, per l'ansia ho adottato una serie di tecniche per rilassarmi. I progressi sono stati notevoli, posso dire di essermi in un certo senso riappropriato della mia vita. Restano però queste situazioni particolari (riunioni di lavoro con colleghi che non conosco, trasferte all'estero per 2-3 giorni sempre per motivi di lavoro) in cui aumentano l'ansia e i disturbi legati all'intestino. Vorrei quindi sapere come posso fare a tornare alla completa normalità e soprattutto risolvere una volta per tutte il colon irritabile. Mi ha risollevato leggere che lei sostiene nella sua scheda che "il colon irritabile è una malattia curabile". Io vorrei avere anche un incoraggiamento e un consiglio su come curarla... definitivamente!
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 988 248
Gentile utente,

Se ho ben capito ha ricevuto una sindrome del colon-irritabile. La gestione dei disagi non è esattamente una terapia, ma un adattamento. Se i sintomi non sono risolti val la pena fare un tenativo in tal senso. Le cure farmacologiche per il colon irritabile e sindromi correlate non sono da usare al bisogno, sono di fondo.
Pertanto si rivolga pure ad uno specialista, di solito è presente anche un quadro di tipo ansioso o umorale, anche se comuque il colon irritabile è una sindrome che si definisce indipendentemente.
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dopo
Attivo dal 2009 al 2012
Ex utente
Intanto grazie per la risposta. Ho letto la sua scheda sul colon irritabile che ha inserito su questo sito ed è stata utilissima. Volevo solo aggiungere che finora la terapia si è svolta così: per l'intestino ho preso farmaci per ridurne la motilità, per l'ansia ho adottato una serie di tecniche per rilassarmi. I progressi sono stati notevoli, posso dire di essermi in un certo senso riappropriato della mia vita. Restano però queste situazioni particolari (riunioni di lavoro con colleghi che non conosco, trasferte all'estero per 2-3 giorni sempre per motivi di lavoro) in cui aumentano l'ansia e i disturbi legati all'intestino. Vorrei quindi sapere come posso fare a tornare alla completa normalità e soprattutto risolvere una volta per tutte il colon irritabile. Mi ha risollevato leggere che lei sostiene nella sua scheda che "il colon irritabile è una malattia curabile". Io vorrei avere anche un incoraggiamento e un consiglio su come curarla... definitivamente!
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 996 63
Gentile utente,

come già le è stato indicato il trattamento è a lungo termine e non corrisponde al trattamento attualmente in corso per lei.

Sarebbe utile sentire il parere di uno psichiatra per trattamenti adeguati per la sua situazione.

https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/

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dopo
Attivo dal 2009 al 2012
Ex utente
A lungo termine?
In realtà io ho avuto due colloqui con uno psichiatra che mi indicò la terapia cognitivo comportamentale come scelta elettiva per il mio problema e mi prescrisse benzodiazepine da usare al bisogno in modo da attenuare i sintomi su cui avrei dovuto lavorare con lo psicoterapeuta. Ho fatto così anche se non ho mai preso benzodiazepine perchè lo psicoterapeuta (che è un medico) mi ha sconsigliato di farlo e mi invitato a usare tecniche di rilassamento. Ho avuto notevoli miglioramenti, la situazione mi sembra sotto controllo tranne che per alcune circostanze limitate in cui la sindrome del colon irritabile torna a farsi sentire. Le dico anche che il cardiologo che mi ha visitato, rilevando lo stato di ansia, mi ha sconsigliato per la giovane età di prendere farmaci perchè ha detto "se inizi ora, tra 10 anni come farai?". Ora vorrei sapere se devo riprendere con la psicoterapia per consolidare i risultati raggiunti o se devo seguire un'altra strada. L'idea di un trattamento farmacologico a lungo termine non se sia effettivamente la soluzione migliore. Si può invece pensare a un uso al bisogno di benzodiazepine nel corso di una psicoterapia a lungo termine?
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 996 63
Gentile utente,

sinceramente non capisco perchè dei medici si oppongano a far assumere al paziente terapie di provata efficacia, ma ovviamente non è lei che deve saperlo.

Il cardiologo non le rifiuterebbe un antiaritmico anche se è giovane, spero, quindi non capisco perchè fare questo tipo di affermazioni verso di lei, che ovviamente si affida a dei medici per essere curato al meglio.

Direi che sarebbe il caso di ripetere le visite con specialisti differenti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 988 248
Gentile utente,

" il cardiologo che mi ha visitato, rilevando lo stato di ansia, mi ha sconsigliato per la giovane età di prendere farmaci perchè ha detto "se inizi ora, tra 10 anni come farai?". "

Forse iniziandoli presto si potranno smettere prima e in condizioni migliori. Ma questo non dipende principalmente dai farmaci, ma dal tipo di malattia che sta curando e dal tipo di risposta che tende ad avere sotto farmaci.

Non credo che il cardiologo sconsigli ai suoi pazienti cardiopatici di curarsi tardi e il meno possibile.

Si faccia inquadrare dallo psichiatra e le consiglierà una cura opportuna per il colon irritabile all'interno della diagnosi complessiva, che non è sempre la stessa.
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dopo
Attivo dal 2009 al 2012
Ex utente
Ho avuto una visita con uno psichiatra che dopo un'attenta valutazione mi ha proposto di continuare la psicoterapia e usare al bisogno il tavor. una cosa però non riesco a capire quando voi psichiatri prescrivere una cura a lungo termine con antidepressivo. il paziente che prende l'antidepressivo sta bene durante la cura e per un certo periodo anche dopo la somministrazione della cura. ma dopo un poco? si ricomincia da capo con qualcosa di più forte? quello che proprio non capisco è come un farmaco possa risolvere in modo definitivo situazioni di ansia... bisognerà forse abituarsi a prenderlo per tutta la vita?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 988 248
Gentile utente,

Non è chiaro perché non lo capisca. In qualunque altro disturbo sono sicuro che lo capirebbe. Gran parte delle malattie richiedono cure a lungo termine senza per questo garantire una risoluzione nel senso di eradicazione della malattia, ma permettendo a chi ne soffrirebbe di vivere una vita normale e in molti casi evitando l'aggravamento della malattia stessa.

Il tavor al bisogno (chi lo definisce il bisogno ?) non mi sembra una prescrizione diversa da un fai-da-te con un ansiolitico.

Rimane nella stessa situazione di prima mi pare.
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dopo
Attivo dal 2009 al 2012
Ex utente
Allora conferma quanto penso io, cioè che con "trattamento a lungo termine" voi medici intendete praticamente il più delle volte un "trattamento a vita". Ma se la psicoterapia mi ha portato notevoli benefici, perchè dovrei ricorrere ad un farmaco che non rimuove le cause che mi provocano il colon irritabile in precise e limitate circostanze (da me ben identificate)? a me pare onestamente una esagerazione intraprendere una terapia farmacologica di punto in bianco senza sapere a quali esiti mi potrebbe portare. io penso di avere bene identificato i motivi del mio disagio, non si tratta di un'ansia immotivata, ma di un'ansia che scaturisce per situazioni specifiche. come posso fare per lavorare sulle cause? devo farmi aiutare da psichiatra, psicoterapeuta o altro?
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Dr. Francesco Corasaniti Psichiatra 8
gentile signore, ripropone la stessa domanda alla quale I colleghi in precedenza le hanno risposto in modo esaustivo e completo.
saluti

Dr. FRANCESCO CORASANITI

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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 996 63
Se la pensa in questo modo, vorrà dire che preferisce la permanenza dei sintomi a cure efficaci.

Altro non vi è da aggiungere.
[#14]
dopo
Attivo dal 2009 al 2012
Ex utente
è ovvio che voi siete i medici e io il paziente e quindi mi rivolgo a voi per essere curato e non per discutere delle cure. da paziente però vorrei capire (avendo gli strumenti per poterlo fare) come funziona la terapia. io al momento penso che una terapia a lungo termine possa agire sul mio stato emotivo ma non rimuova effettivamente le cause del mio malessere. è errato quello che dico? oppure un farmaco può eliminare le cause del disagio e quindi dopo una cura a lungo termine farmi tornare a una vita tranquilla e normale? se invece il farmaco non eliminasse le cause ma migliorasse solo il mio stato emotivo, non mi vorrei diventare cliente fisso di una farmacia. la mia è solo voglia di capire, non voglia di discutere cure efficaci (e per fortuna che esistono!). si deve pensare ad abbinare farmaco e psicoterapia? cosa devo fare?
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 996 63
I tentativi che possono essere fatti sono svariati.

il fatto che soffra di un disturbo che porta ad avere un organi bersaglio deve portare a proporre cure efficaci in modo da ridurre primariamente il sintomo ed acquisire metodologie di comportamento che possano evitare di effettuare l'operazione, più o meno inconscia, di "utilizzare" l'intestino come fonte di affrontamento delle proprie ansie.

La terapia combinata può dare buoni risultati, ma la terapia farmacologica deve essere una terapia non al bisogno e non costituita da sole benzodiazepine (che poi sono le responsabili del divenire cliente fisso di una o più farmacia).
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 988 248
Gentile utente,

Mi sembra stia facendo una gran confusione dietro ad un'idea di base: evitare di assumere medicinali che Lei considera negativi come pregiudizio, non si capisce se perché li considera pericolosi, perché si sente vincolata a vita (ma da chi ?) o perché semplicemente non sono di suo gusto come soluzione.

Lei espone un problema, dopo di che al momento in cui riceve un consiglio in merito alla possibilità ci dice che ha avuto notevoli benefici, da quel che scrive si desume che i sintomi sono ancora presenti. Fa più o meno gli stessi errori che farebbero tutti nell'autogestione, cioè terapia al bisogno, nessuna cura di fondo, inseguimento del sintomo isolato anziché sua prevenzione.

Non si capisce chi abbia detto che i trattamenti a lungo termine debbano essere a vita, è una sua idea. Comunque Lei si concentra sui trattamenti, come se quello psicoterapico fosse un "nulla" che non la lega, e quello farmacologico invece fosse un qualcosa che la lega (non si capisce questa distinzione). Inoltre è paradossale la domanda su che effetto potrebbero farle dei medicinali: per esempio farle passare il disturbo, di solito è per questo che ci si cura.

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

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