Domanda per il dott. pacini

buongiorno dottore. volevo farle una domanda, dopo 5-6 anni di xanax sereupin per la maggior parte e poi xeristar levopreid trittico flunox in associazione,che danni possono creare a livello di neuroni cervello ecc.? le ultime che ho tolto sempre gradualmente sono le xanax finito il 30 aprile. poi da maggio mi segue un altro psichiatra che mi ha dato il litio 300 tre capsule al giorno serenase tre gocce la notte adesso dopo aver provato olanzapina surmontil abilify prendo il tegretol 200 mezza pastiglia. ma sembra che il mio malessere non accenna ad atenuarsi.sto sempre male e il mio malumore non mi da tregua.questo malessere sta distruggendo la mia famiglia. il rapporto con mia moglie e con i miei due figli che crescono sempre una figura paterna veramente presente.la diagnosi precedente al xanax ecc era ansia. ma non si è visto nessun miglioramento anzi sono subbentrati pensieri di farla finita, apatia, paure. la diagnosi del psichiatra attuale è di depressione bipolare.per riuscire ad avere un po di sollievo da questi pensieri ossessivi da circa tre settimane e piu mi ha aggiunto il lorazepam 20 gocce la mattina e 20 la sera ma sono stato bene 3-4 giorni e poi di nuovo il malessere.la mia paura è che ormai non ci sia più niente da fare e che ci stato qualche danno a livello mentale e che quindi nessuna medicina mi faccia guarirare da questa malattia. mi scusi se mi sono dilungato tanto ma volevo esporle la mia situazione se gentilmente mi aiutasse a capire cosa può essere successo. la ringrazio anticipatamente.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

"la diagnosi del psichiatra attuale è di depressione bipolare."

Disturbo bipolare, specifico perché non è una forma di depressione.

I danni al cervello le creano le malattie, per fortuna Lei è nella condizione più saggia perché tra mille sforzi le sta curando, ed è anche un atteggiamento responsabile verso i familiari.

Il litio è una cura standard e una delle più effiaci per il disturbo bipolare. Ce ne sono altre (alcune le ha provate).
Da ricordare anche le terapie elettroconvulsivante, efficace in alternativa agli antidepressivi che in questo disturbo non sempre sono utilizzabili - lo ricordo anche perché in Sardegna ci sono centri pubblici in cui si può effettuare.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

"la diagnosi del psichiatra attuale è di depressione bipolare."

Disturbo bipolare, specifico perché non è una forma di depressione.

I danni al cervello le creano le malattie, per fortuna Lei è nella condizione più saggia perché tra mille sforzi le sta curando, ed è anche un atteggiamento responsabile verso i familiari.

Il litio è una cura standard e una delle più effiaci per il disturbo bipolare. Ce ne sono altre (alcune le ha provate).
Da ricordare anche le terapie elettroconvulsivante, efficace in alternativa agli antidepressivi che in questo disturbo non sempre sono utilizzabili - lo ricordo anche perché in Sardegna ci sono centri pubblici in cui si può effettuare.

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dopo
Utente
Utente
grazie dottore per la sua risposta. quindi lei pensa che la terapia elettroconvulsivante possa essere la cura più adatta al mio caso? è stato parlato di questa terapia con il mio psichiatra forse quasi come ultima spiaggia.devo dire che quello che ho letto in merito mi ha molto spaventato specialmente i possibili effetti collaterali. lei pensa che la cura che sto facendo non sia forse in dosaggi o associazione giusta? le altre medicine prima del tegretol ho dovuto sospenderle per problemi di effetti collaterali , mentre quest'ultimo ben poco, quanto all'effetto benefico in quanto tempo dovrebbe fare effetto? da ieri sera il mio dottore mi ha aumentato la dose da mezza pastiglia ad una intera sempre da 200g. ed il serenase da tre gocce a cinque. vedo la mia vita passare senza essere vissuta come vorrei a causa di questo malessere. fino a che punto mi possono aiutare i farmaci e fino a che punto forse? dovrò cvambiare alcuni modi di affrontare la vita e le sue difficoltà? ho sempre avuto paura di essere giudicato in negativo dalle altre persone, ho sempre avuto paura a dire la mia anche nella famiglia in cui sono nato. sopratutto del giudizio della famiglia in cui sono nato ho sempre avuto paura!!!!!a 40 anni non sono mai riuscito a fumare davanti ai miei genitori o sorelle e fratelli!!!!! mi aiuti a capire per cortesia,la ringrazio
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

No, non è un'ultima spiaggia. I possibili effetti collaterali non sono più spaventosi di quelli di qualsiasi medicinale.

Le cure rendono più elastico il suo cervello rispetto alla rigidità che il disturbo gli darebbe. Dopo di che, le iniziative pratiche per ripopolare la sua vita di occasioni o di impegni che la facciano vivere concretamente, è un aspetto che va fatto "apposta".
Chiedersi il perché non è una via d'uscita, non c'è bisogno di nessun perché per soffrire di questi disturbi, si concentri sul miglior equilibrio che può raggiungere con la cura e poi cerchi di riadattarsi all'ambiente in maniera attiva.
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dopo
Utente
Utente
buongiorno dottore rispondo solo adesso per problemi di connessione. volevo chiederle cosa intende con ''è un aspetto che va fatto 'apposta'? forse che devo crearmi io le opportunità di vivere questa mia vita?in questo momento lo vedo come un traguardo irragiungibile! provo invidia per quelle persone solari che riescono a stare in mezzo alla gente.io mi sento diverso da loro perchè io non posso bere neanche un bicchiere di birra, non posso bere un caffè( il mio psichiatra mi ha tolto anche quello dopo pranzo) e quindi la mia vita sociale è per me ridotta a zero, non me la sento di uscire al bar a scambiare due chiacchere e magari pensare che gli altri capiscano quello che sto passando. non ho hobby, non ho più amici,e per questo sto chiuso in casa forse cosi rafforzando in me l'idea di essere malato.mi condiziona tutto cio che sento in televisione cioè notizie come suicidi o di persone che fanno del male ai propri cari. allora entro nel panico e mi attanaglia il pensiero di arrivare anch'io a far del male alla mia famiglia o a me stesso.da oggi il mio psichiatra mi ha aumentato il tegretol, quindi adesso la cura consiste in una capsula di litio 300 la mattina e due la sera poi il serenase 2mg 5gocce la sera, il lorazepam 20 gocce lamattina e 20 la sera,il tegretol 200 mezza dopo pranzo e una intera la sera.volevo chiederle secondo lei se la cura può essere efficace e in quanto tempo dovrebbe agire anche il tegretol?vorrei tanto raggiungere l'equilibrio da lei citato ma nel mio stato lo vedo come un sogno irrealizzabile e molte volte penso che magari non sto facendo il percorso giusto per arrivarci.ho sempre avuto un carattere chiuso e con questo malessere mi sembra un'utopia rimpadronirmi della mia vita. dottore mi aiuti per favore, grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

La cura è una delle cure possibili per il disturbo bipolare. Il lorazepam è l'unico farmaco che nel tempo non mantiene una funzione, e anzi può peggiorare l'umore.

La ripresa di una buona funzione sociale e di un umore sufficiente a produrre qualche iniziativa e entusiasmi è un obiettivo non necessariamente della terapia intesa in senso medico.

L'isolamento è un punto morto più che un elemento che peggiora la malattia, cioè nell'isolamento poche persone trovano una dimesione soddisfacente, per cui il disagio in chi vive isolato, se i sintomi sono più o meno risolti, non sempre significa un "disturbo" o un residuo di esso.

Questa situazione (mancanza di stimoli) nel disturbo bipolare è come dicevo la condizione tipica dopo che si è risolta una fase turbolenta. Spesso nel disturbo bipolare l'umore reagisce comunque alle circostanze, quindi riadattarsi con una graduale esposizione a eventi sociali e incontri favorisce la ripresa di iniziativa.
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dopo
Utente
Utente
buonasera dottor pacini,continuo a rileggere la sua risposta ma non riesco forse a darle la giusta interpretazione.pensa che il mio isolarmi non sia ''portato'' dal mio stato di malessere ma magari dal mio carattere? cosa vuole dirmi con la frase per quanto riguarda la mancanza di stimoli ''nel disturbo bipolare è la condizione tipica dopo che si è risolta una fase turbolenta''? avvolte penso di non avere abbastanza carattere per uscire da questo disaggio e mi sento debole verso questo malessere.per quanto riguarda il lorazepam il mio psichiatra me lo ha dato in un momento che mi sembrava di impazzire veramente, schiacciato veramente ed esasperatamente da questi pensieri e da questo malessere, ma già stabilendo che fosse per un breve periodo e cioè fino a che non iniziassero a fare effetto le altre medicine e quindi andare a scalarle goccia a goccia vista la mia esperienza passata con xanax ecc.So già sulla mia pelle che a lungo andare peggiorano l'umore e forse è quello il conto che sto pagando dopo anni di cure con certe medicine!!! trovo tanto difficile riuscire o almeno a provare a rivivere come una ''una persona normale'', non riesco ad uscire,penso di stare ancora troppo male.lei pensa che la psicoterapia potrebbe aiutarmi?mi sento bloccato, non riesco a prendere in mano la situazione e migliorarla e questo su tutto ciò che riguarda la mia vita!
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

Stiamo semplicemente ripetendo la stessa cosa. E' una situazione prevista dal suo disturbo, però non le facilita la ripresa perché è una posizione di sfiducia e di scarso entusiasmo per le cose. Pertanto è bene iniziare a crearsi nuovi spazi e iniziative da subito, ovvero non aspettare di avere un umore euforico e pieno di entusiasmo, perché questo tipo di attesa significa non crearsi una base per ricominciare a vivere da un punto qualsiasi, e affidare la soluzione all'umore che deve tornare non solo stabile ma anche ottimale, cosa che richiede spesso semplicemente che nella vita accadano cose nuove. Quindi un circolo vizioso.
Per questo esistono terapie cognitivo-comportamentali, talvolta le terapie farmacologiche aiutano e risolvono anche da sole, talvolta una guida tipo "psicoeducazione" migliora la consapevolezza del problema e fa capire alla persona che certi pensieri sono il punto di arrivo del disturbo, non un modo per trovare una soluzione.
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dopo
Utente
Utente
buonasera dottore prima di tutto volevo ringraziarla per il tempo che mi sta dedicando per me è molto significativo. Per quanto riguarda ciò che mi ha scritto anche mia moglie mi dice che questi pensieri è solo il mio stato d'animo che li rende più '' grandi'' di quanto non lo siano.mi dice di parlarne,esternarli,secondo mia moglie cosi facendo(esternandoli) non tengo dentro e parlando do il giusto'' peso'' ai pensieri che mi passano per la mente mi dice che tutti possono avere determinati pensieri specie se si sentono certe notizie ma che ogni persona da l'importanza a questi pensieri soggettivamente.per quanto riguarda l'uscire dal mio isolamento quando io le dico che ho paura e che non mi sento pronto lei mi dice che non devo starci troppo a pensare e che se capita di farlo senza pensare che gli altri si accorgano del mio malessere. lei mi ripete che nessuno può entrare nella mente di un'altro e che tutti mostrano solo l'esterno . cioè che io vedo solo il fuori di una persona e facendo paragoni con il mio stato è normale che vedo gli altri solari e tranquilli ma che in fondo io non posso sapere come stanno nel loro interno,o cosa passa loro in mente.quando io le dico che sono diverso perchè sono malato mia moglie mi risponde che secondo lei più mi comporto da malato e più ingrandisco la mia situazione, nel senso che più io mi comporto da malato e quindi basando la mia vita sul mio malessere e più il malessere prende ''un'importanza più notevole''.secondo lei(mia moglie) evitando di espormi, lasciarmi andare, non faccio altro che girare attorno al problema, dice che se per esempio mi spaventa uscire magari al bar e quindi evito di farlo non sto risolvendo niente ma anzi sto dando alla mia paura ancora più grandezza e quindi le''permetto'' di bloccarmi ancora di più.lei pensa che quando si è nel mio stato i familiari possano capire ed aiutare?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

Tutti questi ragionamenti si capiscono ma li ha già fatti da solo e con altri, e non hanno cambiato il suo modo di agire. Non serve tanto un pensiero di partenza, è evidente che il punto di partenza è un punto influenzato dalla malattia che ha avuto e che in parte ha ancora. Anche se lo capisce non è che per ciò stesso le venga di partire con uno spirito diverso.
Esporsi alle situazioni non significa farlo perché si è ragionato sul modo giusto, il "modo giusto" diventa una fissazione di chi non si sta esponendo, e di solito è un tema che si sviluppa in chi non fa progressi concreti.
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