Rispetto del codice deontologico

gentili dottori, è la terza volta che vi scrivo e volevo informarmi che la mia diagnosi definitiva è giunta dopo 3 anni e mezzo di psicoterapia psicoanalitica!
nel corso di questi 3anni ha passato le pene dell'inferno, mi è stata tolta la terapia farmacologica su pressione della mia psicologa verso la psichiatra amica della mia psicologa, dicendo che la cura elettiva era la psicoterapia...
dopo tutto questo tempo sono peggiorato, mi sono isolato, l'angoscia si è fatta
più intensa e sono usciti fuori sintomi che non conoscevo prima, magari decapitati dalla onnipresente terapia farmacologica, durante le vacanze estive e invernali della mia terapeuta ho passato i guai senza farmaco.. la sua risposta è stata: prendere il farmaco vuol dire arrendersi! allora io fiducioso ha aspettato 2 anni sperando potesse cambiare qualcosa ed invece sono peggiorato di giorno in giorno... fino al punto che ho richiesto una diagnosi datami dopo un lasso di tempo enorme! io vi chiedo: ci vogliono 3 anni e mezzo
per dire ad un paziente che presenta schizofrenia con prevalenza di sintomi negativi? a cosa serve illudere un paziente grave a cui viene detto x oltre 3 anni che può avere una vita normale ed invece si deve proteggere dalla
fusione con l'oggetto e dalla disintegrazione? i farmaci ora non mi fanno più nulla quando invece prima riuscivo ad andare avanti! secondo voi questa non è
mal pratica? io da ora devo iniziare a proteggermi dal suicidio.. sento bisogno di essere risarcito! secondo voi è giusta questa pratica nei miei confronti?
vi ringrazio anticipatamente
[#1]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Gentile utente,

la questione diagnostica ed il relativo trattamento nella sua situazione sono lo specchio della società attuale.

Da un lato chi sostiene che si possa trattare un disturbo senza farmaci, dall'altro chi sostiene, più o meno, il contrario.

Il punto è che, a mio modesto parere, quando si fa leva sulla "forza di volontà del paziente" o sulla "arrendevolezza" se si dovesse assumere un farmaco, la strada perseguita è piuttosto semplice da proseguire in quanto la "forza" di reagire "da soli" e quanto altro possibile porta il paziente ad accettare la possibilità che il "maligno" farmaco può non essere utilizzato per poter anche dimostrare agli altri che si è proseguito un percorso senza l'aiuto di alcun trattamento "esterno".

La verità è nel mezzo, in quanto le due strade possono essere di compendio e non antitetiche, senza che per questo possa essere evidente una lotta per cui il paziente è colui che ne va di mezzo.

Per quanto attiene alla "pratica" nei suoi confronti, il preambolo ha avuto lo scopo di affermare che se lei non fosse stato d'accordo con questo tipo di pratica, sebbene paziente, avrebbe potuto sottrarsi ad essa considerando anche l'eventuale consiglio che le veniva fornito dalla specialista psichiatra, oppure aveva la facoltà di sentire un parere differente da quello consultato.

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dopo
Utente
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dottor ruggiero la ringrazio della risposta datami, effettivamente le due terapie
dovrebbero creare una sinergia e invece ho il sospetto che la mia psicologa
ha instaurato una sorta di sfida contro il farmaco forse tralasciando la mia patologia
... mi sono affidato a 2 psichiatre sotto consiglio della mia psicologa diciamo sue colleghe... disturbo della personalità... problema strutturale della personalità....
diagnosi vaghe e imprecise... ed ora sono cazzi miei! ho speso un patrimonio
per essere prima illuso e poi ritrovarmi nel baratro! questo è l'ulteriore dramma
di chi ha disturbi psichici... ma non voglio fare tutt'erba un fascio e lei ha ragione dicendo che ho accettato il trattamento... dovevo chiedere un altro consulto ma
mi sono fidato ciecamente! grazie ancora un cordiale saluto
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