Richiesta consulto su disagio profondo

Salve,sono una donna di 39 anni.L'analisi (classica) condotta da circa 3 anni mi ha svelato che i miei problemi hanno radici molto profonde e lontane.Nel 2003 un crollo psicofisico mi ha convinta a recarmi da un neurologo,il quale mi ha curato per poco più di un anno con antidepressivo (elopram) a ansiolitico (xanax) risolvendo i miei problemi di ansia che si manifestava con forti somatizzazioni:sensazione di avere una continua pressione alla gola che mi impediva anche di ingoiare (mangiavo pochissimo),scosse alla testa che mi impedivano di dormire,sensazione di vedere con la coda degli occhi gli oggetti che oscillavano,sensazione di instabilità,spossatezza e,naturalmente paura di impazzire.Una volta parlando al telefono sentivo le voci dei bimbi che giocavano nel cortile e ad un certo punto ebbi la sensazione che qualcuno mi urlasse nell'orecchio come se fosse accanto a me.La cosa mi spaventò terribilmente.Dopo eletroncefalogramma e esami tiroide negativi cominciai la cura del mio DAG.Nel gennaio 2007 ricaduta,anche se meno invalidante,cura interrotta dopo un anno,ma ripresa da poco (agosto 2008) per ricomparsa di sintomi.La stato attuale delle cose è la mia convinzione di essere malata.L'analisi mi ha fatto ripercorrere la mia infanzia ed è forse questo il nodo più diffcile da sciogliere.Sono stata una bimba precose,considerata molto intelligente e sensibile,io oggi direi anche piena di fobie e paure. Ricordo episodi di derealizzazione e depersonalizzazione,pensieri veloci e illogici che non controllavo,pensieri o sensazione (non saprei dire) che mi sviluppavano paura fortissima rispetto a degli oggetti o situazioni.Sensazione di vedere con la coda degli occhi qualcuno che mi spiava (in realtà mia madre).E poi domande esistenziali sull'infinito, l'universo e la sensazione di cose incomprensibili mi atterriva alimentando la mia paura nei confronti di tutti,ma soprattutto nei miei confronti e dei mei pensieri.Ho tenuto tutto dentro di me credendo di averlo superato trascorrendo gli anni della scuola e università alla grande.Personalità solare,amata da tutti.Certo avevo delle paure,anche attacchi di panico,ma riuscivo a vincerli e questo mi dava grande forza.Ora,come nel 2003 capiso di avere paura di quello che ho provato nell'infanzia,quella parte buia di me,che si è trasformata in ipocondria,paura della maternità(che peraltro non arriva),di fare del male ad un eventuale figlio.Paura di essere schizofrenica o chissà che,ma soprattutto terrore che la mia infanzia non me la spiegherà mai nessuno e che questa "cosa" strana non mi abbandonerà mai.I sintomi "strani",anche di pochi secondi (confusione mentale,paura che stia per accadere qualcosa,suoni che mi infastidiscono),mi condizionano la vita come se fossi continuamente in ascolto del mio corpo e della mia mente per capire cosa mi accade.
Mi scuso per la lungaggine e ringrazio infinitamente per l'attenzione che vorrete dedicarmi.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Ora,come nel 2003 capiso di avere paura di quello che ho provato nell'infanzia,". Questa frase è un pò confusa.
Mi sembra che si stia scambiando il disturbo per i presunti motivi. Le assicuro che i motivi del DAG non sono noti se non in "crudi" termini biologici, quindi non è nota nessuna ragione profonda da ricercare. Tenga presente che alcuni tipi di "stimolazione mentale" non farmacologica possono avere anche controindicazioni o semplicemente non cogliere nel segno. In particolare, nell'ansia ossessiva con continue domande e cervello iperanalitico, questa tendenza a ricercar ei perché, a fare collegamenti dovrebbe essere contrastata, o quantomeno non alimentata, perché la porta fuori strada rispetto allo scopo (se il suo scopo è quello) di star meglio libera dai sintomi che la mettono a disagio.
"La parte buia di sé che si è trasformata in ipocondria" è un'altra frase senza un senso chiaro. la mente non si materializza in sintomi corporei, vi sono vie nervose che collegano ciò che accade nel cervello, non nella mente, a ciò che accade in altre zone. Questa si chiama impropriamente psicosomatica. Non è l'ansia che fa venire il mal di stomaco, vi sono collegamenti tra i centri che producono l'ansia e quelli che producon il mal di stomaco, per intenderci.
l'analisi le ha "ha svelato che i miei problemi hanno radici molto profonde e lontane.". Questo è solo un problema di fede, anche qui è tutto molto fumoso. L'analisi individua sempre radici profonde e lontane, per suo presupposto teorico, quindi non poteva essere altrimenti.
Con il suo specialista psichiatra chiarisca se e quale psicoterapia lui ritiene sia indicata nel suo caso, mentre la terapia farmacologica per il DAG ha precisi riferimenti, ovvero tempi e risultati per ottenerli.


Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Dottore,grazie infinitamente per la sua risposta alla quale sento di dover aggiungere dei chiarimenti.Il filo conduttore che collega gli episodi della mia infanzia con i miei disagi attuali non è altro che la paura di essere "malata", di avere qualcosa che non funziona.Continuo a fare riferimento all'infanzia perchè gli episodi riportati mi fanno ancora tremendamente paura,così come mi annientano i sintomi che provo oggi.Ha ragione quando scrive che lo scopo è di star meglio,ma purtroppo sento un bisogno irrefrenabile di capire,di cogliere i nessi,forse di rendere comprensibile ciò che non riesco a spiegarmi perchè accada.E paradossalmente cerco un nome preciso al mio disagio di bambina, e ora di donna, nonostante la tremenda paura di soffrire di un disturbo serio che mi impedirà di diventare mamma e di vivere una vita "normale" mi terrorizzi.Paura di perdere il controllo, paura che la situazione peggiori,paura di vivere.Sebbene abbia una gran voglia di superare questo mio "disagio" profondo, di viaggiare, di sorridere, di amare, voglia di tornare la persona solare che per molti anni vinceva le proprie paure e fobie perchè aveva troppa sete di "vita" e "normalità". Comprendere le cause della propria ansia non è forse un passo verso la guarigione? Ho creduto che comprendere la connessione tra la mia ansia presente e i miei disagi di bambina potesse aiutarmi. Comprendere perchè quei ricordi mi facciano ancora tanta paura fosse un percorso da compiere.Mi piacerebbe conoscere la sua idea a riguardo a questo e alla mia sintomatologia precedentemente descritta.
La ringrazio ancora e le porgo i miei più cordiali saluti
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Chiedo scusa per l'ulteriore commento, ma volevo aggiungere che da bambina credevo che potessero leggere i miei pensieri e ho sviluppato un meccanismo compulsivo di ripetizone di alcune preghiere. E questo non mi ha abbandonato se non in alcui periodi paricolarmente felici della mia vita.

Faccio molta fatica a ammettere a me stessa queste cose .... ma spero che questo mi possa aiutare.

Grazie infinitamente
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Comprendere le cause della propria ansia non è forse un passo verso la guarigione?" Perché ? CHi l'ha detto ? E' proprio questo che intendevo. Si ricordi che chiedersi le cause delle cose può anche essere un'attività mentale inutile, perché le cause delle malattie si sanno, ma non rispondono a nessuna domanda. Le malattie mentali non sono un dialogo tra la persona e sé stessa, sono il risultato di alterazioni cerebrali più o meno transitorie, più o meno costituzionali. Di più francamente non se ne sa, ma questo non ci impedisce di lavorarci sopra.
Non risposte, meno domande. Stando meglio si farà certamente meno domande, ma anche facendosi meno domande, per effetto della terapia stessa, farmacologica o non, gradualmente sarà meno angosciata dal doversi dare risposte.
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Per troppo tempo ho avuto paura di questi miei disagi, ora è come se volessi far chiarezza, sapere come chiamare questo qualcosa "su cui lavorare". Per poter sperare di guarire, o smettere di avere tanta paura, tanta paura di me.
Perfetto,lavorarci sopra. Lavorare su alterazioni cerebrali transitorie e/o costituzionali.Che nome darebbe nel mio caso? La mia paura è che non si tratti di DAG ma di qualcosa di più preoccupante. O forse semplicemente vorrei il suo parere anche sul tipo di psicoterapia.

Grazie davvero di cuore.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Un nome glielo hanno già dato. DAG, ma io non posso dirle il mio parere perché non l'ho valutata. Anche sul tipo di psicoterapia non so perché mi occorre la diagnosi.
Però le consiglio di "frenare" su una cosa. Non deve lavorarci su. La soluzinoe non passa per un "capire di più", anche se la cosa le piace come idea o la affascina (per forza, il suo cervello è analitico e in una cosa del genere diciamo che ci si impegna volentieri). Cercando di capire rischia di inventarsi delle spiegazioni. Non deve cercare soluzioni alle domande ansiose, deve trovare il modo di prescindere dalle domande ansiose. Le risposte non placano le incertezze, le alimentano. Per fare questo lavoro vi sono ottime terapie, di vario tipo. Ma non comportano da parte sua uno sforzo interpretativo, la psichiatria è una branca della medicina e non della letteratura.
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
La ringrazio davvero e farò tesoro dei sui preziosi consigli.
Solo un'ultima domanda: ritiene che la terapia cognitivo-comportamentale possa, come dire, aiutarmi in questo lavoro?

Grazie
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Rettifico, capisco bene che per potermi dare un consiglio di queso tipo non può prescindere dalla diagnosi, ma sulla base di questo scambio di informazioni e sul mio approccio "analitico" al problema, le chiedo se la terapia cognitivo-comportamentale possa cogliere meglio l'obiettivo di "frenare" le mie domande e aiutarmi a superare le mie fobie, ossessioni e paure.

Grazie infinite
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Se la diagnosi è un disturbo d'ansia, se con la terapia farmacologica riesce a controllarne gli aspetti più urgenti e ad alleviare la ripetitività del pensiero, allora associare una terapia c/c può essere utile. La combinazione offre i risultati migliori rispetto alle due cose isolate.
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Approfondirò con il neurologo che mi segue che si tratti di un disturbo d'ansia, che non si tratti di schizofenia, vorrei essere rassicurata visto che l'ossessione della diagnosi giusta mi opprime da tempo. Condividerò anche la perplessità sul tipo di psicoterapia.

La ringrazio e spero di potere contare ancora sui vostri consulti medici.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
gentile utente,

mi sembra che non ci siamo proprio, ma crede davvero che un medico che l'ha visitata non sappia distinguere tra il bianco e il nero ?Oltretutto mi spiega che senso hanno queste domande, visto che non conosce il senso di queste diagnosi ?
Le hanno fatto una diagnosi e lei va dallo stesso medico a chiedergli se sa fare il medico e anziché occuparsi di dirgli come sta ricomincia da capo come se non l'avesse mai vista.
Penso che proprio non abbia compreso il senso dei miei commenti. Non serve chiedere rassicurazioni, si finisce per essere sempre più assurdi e utilizzare il tempo che i medici potrebbero impiegare per ragionare sulla sua salute in discorsi oziosi e controproducenti. ALla fine il medico diventa il rassicuratore delle paure, cosa che va evitata per il suop bene. Non deve condividere nessuna perplessità, deve chiedere un'indicazione.
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Ritengo che un medico, di qualsiasi specializzazione si tratti, debba stabilire un rapporto di fiducia. Purtroppo nel caso dei miei disturbi la componente "paura" ha un peso notevole, mi domando con chi condividere i timori se non con il medico al quale mi sono affidata. Non è assolutamente mancanza di fiducia nelle competenze di nessuno .... è solo una gran paura.

Grazie ancora
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Dr. Gianmaria Benedetti Psichiatra, Neuropsichiatra infantile, Psicoterapeuta 928 16
Gentile signora, intervengo per la possibilità che questo sito dà agli utenti di avere più pareri. Credo che abbia ragione nel mettere la fiducia fra paziente e medico al primo posto, anche se la fiducia è una cosa difficile da raggiungere e spesso oscillante, esposta a dubbi, incertezze ecc. Ma non può essere diversamente. Non ci sono, purtroppo, in questo campo, bacchette magiche o medicine miracolose che risolvono tutto e rendono come nuovi (o "lavati con perlana"...). Mentre si tratta spesso di fare i conti con se stessi e di trovare il modo migliore per adattare la propria personalità all'ambiente in cui si vive, usando i mezzi a disposizione, tutti forse utili, nessuno indispensabile e nessuno miracoloso. Lei ha fatto esperienza di "analisi 'classica'". Purtroppo sono parole con non significano molto. Più chiaro è caso mai riferire di quale associazione fa parte il suo analista, ma anche questo non è fondamentale. Quello che conta è appunto il rapporto terapeuta paziente. A volte funziona, a volte no, anche con i migliori terapeuti. Sembra - ci sono controversie, ma questo è inevitabile - che l'esito della terapia appunto non dipenda dalla tecnica usata (cognitivo comportamentale, analitica,freudiana, junghiana, rogersiana, ecc) ma appunto da fattori che intervengono nel rapporto medico paziente. Ne discuta col suo analista, se è ancora in terapia. Molte cose che lei dice a mio parere non sono affatto prive di significato o assurde. Sembrano però piuttosto confuse e lei sembra in qualche modo imprigionata dentro le sue ossessioni e fobie, che d'altra parte la 'proteggono' dalle sue 'paure'. Credo che non ci sia nulla di male, se può, a continuare a ricercare la strada per uscire dal labirinto in cui si è ritrovata - e per questo la psicoterapia è indicata, come forma di esperienza guidata a ritrovare la propria strada, qui e ora, nel presente: passato e futuro esistono solo nella nostra mente, e spesso ci restiamo imprigionati. Ma è nel presente che dobbiamo trovare il modo di vivere. Anche i farmaci potranno sicuramente aiutarla nei periodi più critici. L'importante e che trovi psichiatra e psicoterapeuta "di fiducia" per finalmente ritrovare la strada.

Dr. Gianmaria Benedetti

http://neuropsic.altervista.org/drupal/

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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Grazie Dr.Benedetti, è proprio questo il nocciolo della questione: trovare la mia srada.Avere una diagnosi dalla quale partire,per cominciare a familiarizzare con questa parte di me che tanto mi spaventa,che per tanto tempo ho soffocato.Avere dubbi su quale sia il mio "male" credo faccia parte del "male" stesso,come dire,se riuscissi a smettere di averne,e di essere "ossessiva" nel cercare un nome ai miei disturbi,smettere di averne tanta paura,sarebbe forse già guarire.Ho sempre avuto paura di dare un nome alle malattie, soprattutto al tumore di mia madre che ho perso,voglio superare questo mio limite,e in quest'ottica,sentirmi dire "soffri di questo ...." darebbe i giusti contorni a quacosa che nella mia mente rischia di diventare così grande da rimanerne schiacciata.O come giustamente lei dice "imprigionata".A me sembra che guardare in faccia la realtà,per cercare aiuto e trovare gli strumenti per comprendere se stessi e i proprio limiti sia, per una fifona come me, già una conquista.E' evidente che il mio approccio al problema è "ossessivo"? "fobico"? intriso di dubbi e domande come "guarirò mai?",ma è proprio questo approccio che da la misura del mio disagio e del mio bisogno di chiedere aiuto.
"Ritrovare la strada" .... grazie per questa frase per me carica di significato e commozione.

Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

evidentemente per questa via non riusciamo a capirci. Le sto dicendo che non ha senso parlare delle proprie paure, ma risolverle, e lei mi risponde che deve parlarne con qualcuno.
Se crede rilegga i miei commenti, tenendo presente che non sono commenti distratti che non hanno capito quanto lei ha paura (è l'unica cosa chiara fin dall'inizio), sono indicazioni relative alla gestione di questa paura. Non sono consigli dell'amico o quello che una persona cara potrebbe dirle per generica umanità, sono consigli più mirati in considerazione di ciò che sembra far bene, e invece fa peggio.
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Gentile dottore,
scrivo delle mie paure proprio nella speranza di risolverle.Io non le ho risposto che ne parlerò con qualcuno,ma con il mio neurologo.Se la mia ossessione è la paura della schizofrenia,o di qualche patologia importante,chi potrà togliermi quesi dubbi se non il mio medico?Se un paziente ha un raffreddore che non passa,e comincia ad avere paura che si tratti di una malattia meno "banale", a chi dovrà rivolgersi se non al proprio medico?Al di la che si tratti di dubbi più o meno infondati.Io ho compreso benissimo il suo approccio "medico" al problema, quello che probabilmente non sono riuscita ad esprimere è che è proprio questo che io ricerco.E' come scoprire di soffrire di artrosi, di problemi alla tiroide, sapere, voler sapere è la mia necessità impellente.Perchè la paura di sapere mi ha fatto ingoiare le mie terribili paure fino a quando non ce l'ho più fatta.Ora voglio sapere.Non mi ha sfiorato neanche per un attimo il pensiero che i suoi siano commenti distratti,so che non sono consigli di un amico,ma di uno specialista,ho compreso che rimugginare su quale sia la mia "malattia" lei ritiene peggiori il tutto.Io la ringrazio e rispetto il suo consiglio.Quello che posso aggiungere è che vorrei tanto riuscirci.
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Dr. Gianmaria Benedetti Psichiatra, Neuropsichiatra infantile, Psicoterapeuta 928 16
Vorrei dirle, signora, che Lei non è i suoi disturbi. Più che cercare di dar loro un nome,e 'battezzarli' con una diagnosi quasi fossero i figli che lei forse vorrebbe avere avuto, è sè stessa che ha bisogno di ritrovare, troppo a lungo nascosta dalla maschera dei suoi disturbi. Se riuscirà a ritrovare meglio se stessa e la sua strada, insieme a una guida per una fase, i suoi disturbi perderanno di importanza e il dar loro un nome non sarà più il suo scopo fondamentale nella vita, perchè ne avrà trovato degli altri.
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dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Grazie, non riesco a scrivere altro. In questo momento riesco solo a piangere.
Mi scusi e grazie ancora.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,
questo è un esempio di quel che intendevo. Parlando dei suoi disturbi l'angoscia tende ad aumentare, con un effetto contrario alla rassicurazione iniziale, perché ovviamente più ne parla e più diventa un problema il doverne parlare per capire. Cerchi uno psichiatra medico che affronti i suoi sintomi d'ansia e li acquieti, gradualmente. Probabilmente dopo gli interrogativi saranno meno pressanti e avrà una visione più distaccata e meno "urgente".
Si faccia coraggio.
[#20]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
In realtà era un pianto liberatorio, che non le nascondo mi ha dato un certo sollievo. La ringrazio per i consigli che mi ha dato e di cui farò tesoro. Mi auguro di cuore di imparare a convivere con "me", con quella che io considero la parte buona e con quella diciamo "meno buona". E con il giusto aiuto possa riuscire a pensare alla maternità con serenità, smettendo di pensare che attraverso me possa generarsi qualcosa di malato, ma piuttosto una splendida vita.

Grazie di cuore.
[#21]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Non riesco a trattenermi dal porre una domanda alla quale spero qualcuno vorrà rispondermi. Mi domando : aver parlato delle mie angoscie, aver "tirato fuori" i pensieri e le paure più profondi ha acuito i miei disagi? Di fatto la mia speranza era ed è ancora quella per cui la psicoterapia possa aiutarmi ad affrontare i miei disturbi senza dover ricorrere ai farmaci. Questo per me avrebbe il significato di aver imparato a gestire me e i miei disturbi. O come sostiene il Dott. Pacini le malattie mentali non sono un dialogo tra la pesona e se stessa? Come per qualsiasi malattia, la forza di volontà e la voglia di guarire non possono rappresentare un corroborante per la guarigione?

Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,
adesso passiamo alla domanda originata dall'aver messo una domanda su questo sito, e così via potremmo andare all'infinito. Direi che non è il caso di argomentare questa cosa, invece. Ma lei non può trattenersi dal chiederla, e questo la esporrà a sentire commenti da mille persone con mille idee che poi le ronzeranno nella testa ponendole problemi assurdi. Non è l'aver tirato fuori i pensieri e le paure profonde (continua ad avere questa impostazione di tipo "rivelatorio" sul cervello).
Quel che sostengo (quel che sono o non sono le malattie mentali) non è che sia un mio pensiero e basta, è un modo per riassumerle il senso della psichiatria medica...
La voglia di guarire ce l'abbiamo tutti, ed è essenziale per fare le cure. Metterci convinzione pià che altro è un correlato dell'entusiasmo, non del funzionamento delle cure. Tant'è vero che chi si entusiasma per un metodo non funzinoante, all'inizio può sentirsi decisamente meglio, salvo poi ripeggiorare. Il famoso effetto placebo.
La forza di volontà è un concetto indefinito. La volontà è una funzione che se alterata nel contesto della depressione (per esempio) non ha al suo servizio un'altra volontà che si accende e prende il controllo della situazione. La volontà del depresso è depressa. Quella dell'ansioso è inibita dalle paure. Quella dell'ossessivo è deviata verso il cercare rassicurazioni e risposte. Etc.
[#23]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Grazie gentile Dottore,

sono riuscita a strapparle due definizioni nelle quali mi ritrovo, sono ansiosa e ossessiva.
Mi spaventano di più le cose non dette rispetto a quelle dette.

Grazie
[#24]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
L'ossessività è per quanto mi riguarda "sospetta" (dico così per scrupolo perché non posso far diagnosi con sicurezza solo con un messaggio) dalla seconda riga del suo primo messaggio di questa serie. Da qui la necessità, oltre che di invitarla a curare la cosa, anche a scegliere di tenersi le sue incertezze finché non conteranno molto poco, anziché avere certezze o rivelazioni che spiegano tutto ma a scatola cinese contengono altre domande e così via. L'ossessione è un pensiero circolare, come un topolino che gira nella ruota, sembra che vada avanti ma alla fine non progredisce, si stanca e basta.
[#25]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Mi perdoni dottore, cosa intende quando scrive "tenermi le incertezze finchè non conterranno molto poco"? Approffitto di questo spazio per ringraziarla dell'aiuto che mi sta dando. Non so se sia per effetto della cura farmacologica o per merito dei chiarimenti illuminanti che lei così gentilmente mi sta fornendo. Ma la risposta a questo dubbio sicuramente lei ce l'ha.

Grazie ancora
[#26]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
E' un altro modo per ripetere lo stesso concetto. Quando il problema origina come domande che si ripetono ed esigono risposta, allora la soluzione non è una risposta convincente o rivelatrice, è poter fare a meno delle domande. Sembra una massima zen, invece è il modo per non alimentare le ossessioni. Riveda l'esempio dell'ipocondria.
[#27]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Quanto è difficile fare mio questo concetto. A me sembra che l'ossessione nasca dai sintomi ... e non il contrario.

Grazie
[#28]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
L'ossessione è uno dei primi sintomi, talora il primo ed essenziale sintomo. E' "formale", non è un problema del contenuto, ma del modo in cui ci si pensa (ritorna e ritorna ancora, esigendo di essere "Pensato", lo si vorrebbe scacciare ma più si va avanti più il modo per scacciarlo sembra essere approfondire, sviscerare, spiegare, argomentare etc...).
Gli altri sintomi possono benissimo essere indipendenti, ovvio che se il cervello "macina" con modalità ossessiva, anche i sintomi diverranno materiale di domande e risposte infinite.
[#29]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
Se risolvessi l'ossessione, potrei non risolvere i sintomi?
Non è rassicurante.

Grazie
[#30]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Senta, continua a produrre domande sull'ultima parola detta, così il consulto non le è utile. Fraintende il messaggio, le ho detto che l'ossessione è uno dei sintomi e talora il principale, quindi che senso ha adesso questa domanda ? "I sintomi" sono per lei un'espressione con cui forse indica cose diverse da quel che intendo io. Se lei soffre di emicrania e di ossessioni, risolvendo l'ossessione non è detto che risolva l'emicrania. Ci capiamo ? Se soffre di ossessioni e di insonnia non è detto che risolvendo le ossessioni risolva l'insonnia. E' abbastanza chiaro. L'espressione di chiusura "non è rassicurante" mi pare che torni sul problema iniziale. Pensa che sia utile cercare rassicurazioni o risolvere il suo disturbo ? Concludiamo qui lo scambio per quanto mi riguarda, di più non credo le sia utile.
[#31]
dopo
Attivo dal 2008 al 2009
Ex utente
I sintomi sono quelli descritti nel mio primo messaggio. Non so cosa intendesse lei, ma visto che siamo partiti dai miei sintomi, forse avrebbe dovuto spiegarsi meglio lei. Avendo lei parlato di indipendenza dei sintomi, da qui la mia domanda. L'espressione "rassicurante" non era una richiesta di rassicurazione, ma parlare di sintomi indipendenti dall'aspetto ossessivo che lei ha "sospettato" dalla seconda riga del primo messaggio, per una persona come me alla quale è stato spiegato che molti sintomi sono "somatizzazioni" dell'ansia, è risultato un pò .. come dire .... destabilizzante. Ma questo è un mio problema.
Prima di trovare il coraggio di scrivere ho letto vari consulti, e ogni storia raccontata mi ha fatto pensare che ci fosse in questo sito davvero spazio per tutti.
La ringrazio quindi per tutto il tempo che mi ha dedicato.
Ansia

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

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