La principale causa della mia ansia mi hanno abbattuta

Gent. Dott scrivo a distanza di tanto tempo perciò ho impostato un nuovo consulto. Ripeto brevemente che sono da sempre una persona ipersensibile e ansiosa e penso anche di conoscerne bene la causa: il rapporto difficile con un parente stretto.

Fino a una decina di anni fa non ho mai preso farmaci sia perchè ne ho sempre avuto paura sia perchè mi sembrava di dargliela vinta (dicevo tra me e me: "Per colpa sua mi devo curare io, per colpa sua devo spendere soldi io ecc.").

Nel 2006 accettai per la prima volta un antidepressivo (Cymbalta mg 60 1 compressa al giorno) con beneficio che mi fu sospeso nel 2010 quando, per un tumore al seno, dovetti assumere Tamoxifene che è incompatibile con duloxetina in quanto ne inibisce l'azione. Per tenere sotto controllo le vampate di calore esagerate che la terapia ormonale con Tamoxifene e Decapeptyl mi causavano, mi prescrissero venlafaxina mg 37,5 che ho sospeso definitivamente un anno fa dato che le cure per il tumore sono terminate e anche le vampate si erano attenuate.

Fino a poco tempo fa tutto è andato bene ma, da quando mia mamma è stata ricoverata in ospedale circa 2 mesi fa, in me è come se si fosse rotto un equilibrio. La paura per la salute di mamma in concomitanza con il periodo primaverile (che mi ha sempre un po' portato fastidi) e i conseguenti maggiori rapporti che ho per forza dovuto tenere col parente che secondo me è la principale causa della mia ansia mi hanno abbattuta.

Sento che si sono rifatti vivi sintomi che riconduco all'ansia (perchè purtroppo li ho già avuti in passato e ritengo di saperli riconoscere).

Sono indecisa sul da farsi: ricominciare con un anti-depressivo mi fa sentire sconfitta ed anche su un libro di un famoso psichiatra che si vede spesso anche in tv ho letto che "chi ricorre agli psicofarmaci non si considera più protagonista della propria vita e in grado di trasformarla. Una resa ingiustificata: ciascuno ha dentro di sè la ricchezza necessaria per rendere inutili degli "alleati" comunque pericolosi".

E poi per quanto tempo? A volte ho pensato pure di interrompere definitivamente i rapporti col mio familiare ma non è facile e poi penso che ci soffrirei pure di più. Se fosse un fidanzato o un marito avrei già fatto ma così è molto più difficile.

Domande:

  1. Può un anti-depressivo essere d'aiuto anche nel caso in cui non si può eliminare la causa di quello che io ritengo essere l'origine dei miei disturbi d'ansia?;
  2. Nel caso di riassunzione del Cymbalta posso farmi seguire dal medico di famiglia senza ricontattare lo specialista? In fondo sarebbe l'unico farmaco che potrei accettarei visto che so già che in passato l'avevo tollerato;
  3. Posso ancora sperare che, ora che mamma sta un po' meglio, la mia ansia scompaia da sola? Non che io diventi un'altra persona perchè ansiosa la rimarrò ma almeno che non mi complichi la giornata con tensioni continue, gambe molli, testa confusa, non concentrazione ecc.


Grazie anticipatamente a chi vorrà rispondermi.

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
" "chi ricorre agli psicofarmaci non si considera più protagonista della propria vita e in grado di trasformarla. Una resa ingiustificata: ciascuno ha dentro di sè la ricchezza necessaria per rendere inutili degli "alleati" comunque pericolosi""


Non ho idea di chi l'abbia detta ma è veramente un'affermazione imbarazzante per un medico. Chi si cura e ha il coraggio di farlo, lo fa proprio per trasformare la propria vita e divenire protagonista. A meno che non siamo dotati di superpoteri per toglierci i malesseri da soli, cosa che tutti tanto celebrano e invocano, ma nessuno sa spiegare come se non in maniera magica.

Ha una sindrome con un nome che le causa una serie di limiti ? Si faccia semplicemente indicare dal suo medico la cura adatta, così come ha fatto già all'epoca.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
Utente
Gent. dott., innanzittutto La ringrazio per la tempestiva risposta. So che la via più semplice è quella d'andare dal medico per farmi dare una cura (e lo farò) ma purtroppo a volte, per noi ansiosi ma io parlo per me, tornare alle cure è come dire: "Da sola non ce la farò mai, dovrò prendere sempre qualcosa". Io personalmente, pur capendo che sbaglio, la vivo come una sconfitta, un sentirmi diversa. Per accettare il farmaco la prima volta ci ho messo tantissimo tempo. Del medico mi fidavo ciecamente ma degli psicofarmaci avevo paura: paura che mi cambiassero pesonalità, che non ne potevo più fare a meno, che per colpa di altri dovevo curarmi io ecc.
L'affermazione che lei considera "imbarazzante per un medico" l'ho letta su un libro del dott. Raffaele Morelli: mi è stato regalato in questi giorni e lo sto leggendo saltando un po' qua e là ma penso di aver bene interpretato. Dice pure che "a parte la depressione endogena (che è una vera e propria malattia) tutti gli altri tipi di depressione nascono se trascuriamo le emozioni e anche se la tristezza minaccia la superefficienza del nostro stile di vita, questa non va combattuta ma compresa, conosciuta, accettata".

A parte questo Le volevo chiedere se poteva darmi un parere alla domanda alla quale non ha risposto e fargliene altre due che le sembreranno un po' stupide ma per me non lo sono:

- il farmaco può aiutare anche nel caso in cui non si riesce ad eliminare la causa di quello che ritengo essere l'origine del mio stato ansioso?;

- un anti-depressivo preso per lunghi periodi può accorciare la durata della vita?;

- l'anti-depressivo può essere causa o concausa della comparsa di un tumore nel tempo?;

Su internet, che so che sarebbe meglio a volte non guardare, si legge di tutto e su chi è già restio ad assumere psicofarmaci fa un certo effetto.
Delle Sue risposte ho fiducia per cui se mi risponde "NO" alle ultime due, le credo ma non abbia paura a rispondermi sì perchè sono per avere le giuste informazioni.
Spero mi comprenda, d'altronde se non vivessi un disagio non Le avrei chiesto un consulto sebbene a distanza. Attendo fiduciosa una risposta e Le auguro buon lavoro.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Gentil utente,

La causa è una di quelle idee preconcette. E' come la causa del diabete. Una volta saputa, non è che spieghi il senso esistenziale del diabete, semplicemente spiega come si sviluppa. Le cause, ovvero i perché, non sono le spiegazioni di come un evento o una serie di eventi produca un disturbo, questa è un'idea delle persone rispetto ai disturbi che riguardano la psiche, perché non passa l'idea che stiamo parlando sempre di corpo umano.
La depressione endogena è una malattia che classicamente non va parallelamente agli eventi, ma la depressione reattiva (che invece sì) ha una base generica ancor più chiara se è per questo.
Queste semplificazioni concettualmente insoddisfacenti sono cose che si leggono su manuali sbrigativi da decenni, e sono la ragione per cui qualcuno va avanti nella ricerca, perché sono insoddisfacenti.
Poi ci sono i falsi concetti, che portano tutti alla stessa conclusione: guarire è facilissimo, basta volerlo, basta l'ingrediente magico, che naturalmente guarda caso è la forza di volontà, la serenità etc (cioè o ciò che non si sa cosa sia, o ciò che è malato nella malattia)..

Non mi risultano i rischi che Lei dice. Su internet c'è di tutto, anche perché una parte delle pagine disinformative sono pagine di reclutamento verso trattamenti a pagamento e "miracolosi". Altri sono personaggi che non si sono resi conto di cosa hanno avuto, altri ancora persone che cavalcano concetti facili da sparare.
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Utente
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Gent. dott,, grazie per la risposta.

- Allora se ho ben capito (perchè la testa a volte è confusa), non devo continuamente pensare a ciò che ritengo essere la causa della mia ansia: alimentando il rancore che provo verso questa persona, si innescano in me somatizzazioni gravissime. E' così?

Se non passa andrò sicuramente dal medico perchè capisco che è da sciocchi star male per non accettare una pastiglia in più. Se non l'ho ancora fatto (oltre al senso mio che avverto come una sconfitta) è perchè dei giorni va meglio e spero sempre che i sintomi non si ripresentino ma almeno per ora così non è. Faccio tutto, ma con fatica. Ad es. a volte mi sento estranea all'ambiente circostante, giorni fa alla cassa del supermercato dovendo scannerizzare da sola la spesa, avrei voluto lasciare tutto lì e scappare se non fosse stato per la vergogna, cerco di immedesimarmi nelle persone e penso che io non riuscirei, al loro posto, a fare quello che fanno loro (anche gente più anziana di me).

- Volevo solo ancora sapere (oltre alla domanda postale all'inizio) per quanto tempo minimo in genere (perchè ovviamente bisogna vedere l'evolversi della situazione) vanno assunti gli anti-depressivi: 6 mesi possono bastare?

Parlo come vede di anti-depressivi che so che curano anche l'ansia perchè l'ansiolitico ho sempre saputo essere un sintomatico che dà dipendenza.
Grazie dottore se vorrà ancora rispondermi, per me è molto importante il suo parere.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 995 63
I tempi di trattamento sono variabili e le terapie vanno mantenute per tempi sufficientemente lunghi in modo da evitare ricadute sintomatologiche importanti


Dr. F. S. Ruggiero

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Gentile utente,

Quanto può bastare che significa ? Se una cura che dura tot funziona così così, perché puntare su questo anziché su una durata maggiore ?
Cosa le impone di progettare una cura che duri "il meno possibile" in assoluto ?
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Gentile dottore, so che le sembra strano che io abbia chiesto il tempo minimo di durata della cura prima ancora di averla iniziata ma giusto per sapere perchè ho letto a volte di tempi minimi sotto i quali è meglio evitare andare anche se ci sembra di avere già ottenuto un miglioramento.
In passato assunsi duloxetina per 4 anni e probabilmente non l'avrei nemmeno sospesa se non fosse stato per la sua incompatibilità ad assumerla con Tamoxifene. Nonostante i 4 anni però ora mi ritrovo ancora a fare i conti con una sintomatologia ansiosa fastidiosa ma penso che allora avevo temporeggiato troppo ad accettare il farmaco mentre ora se corro ai ripari più in breve tempo spero di averne bisogno per meno tempo (anche se con un minimo che mi sembra di aver letto da qualche parte siano 6 mesi, per questo chiedevo).
A dire il vero alcuni sintomi allora erano un po' differentie ma penso che quel farmaco copra anche questi.

- Dott. Pacini,
quando dice che la causa è una di quelle idee preconcette intende fondamentalmente che non devo pensare a colui che secondo me ha dato origine alla mia ansia ma più semplicemente a curare i sintomi? La prego, mi faccia capire bene altrimenti ritengo di non avere speranze di migliorare perchè ogni tanto, con questa persona, devo avere contatti.

Grazie infinite per la pazienza, poi non La disturberò più salvo per eventualmente aggiornarLa se le può far piacere.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 995 63
Il ragionamento che fa non è corretto, i tempi si trattamento non sono in relazione alla velocità di assunzione ma ai risultati.

La permanenza della terapia evita le ricadute.
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Utente
Utente
Gent dott., grazie. So che bisogna vedere i risultati ma intendevo che immagino non sia giusto sospenderlo, ad esempio, dopo le prime avvisaglie di miglioramento ma proseguire comunque per almeno qualche mese (io intendevo chiedere il periodo minimo di assunzione considerando che già la persona sia migliorata).
Io dal 2006 al 2010 presi Cymbalta con beneficio ma nonostante l'assunzione per 4 anni ora mi trovo ancora in un periodo difficile (tutto iniziato circa due mesi fa da quello che raccontavo nel primo post ossia ricovero mamma coincidente con maggiori contatti che ho dovuto tenere con un familiare che mi crea ansia e coincidente con inizio primavera per me periodo dell'anno sempre critico).
Vorrei sapere un'ulteriore cosa: duloxetina e venlaxina curano praticamente le stesse sintomatologie? Lo chiedo perchè Cymbalta al dosaggio di mg 60/dì mi diede beneficio, mentre venlafaxina l'assunsi al sotto-dosaggio di mg 37,5/dì perchè non era per curare uno stato ansioso-depressivo ma per tenere sotto controllo fastidiosissime vampate di calore e sudorazioni che mi causavano le terapie ormonali contro tumore seno.
Ma se venlafaxina venisse assunta a dosaggio pieno di almeno mg 75/dì potrebbe darmi gli stessi benefici che mi diede Cymbalta?
Glielo chiedo perchè, se così fosse, potrei unire la possibilità di curare la mia ansia a sudorazioni notturne che si stanno facendo risentire a causa del periodo pre-menopausale in cui mi trovo (senza dover ricorrere a due farmaci diversi e considerando che non posso fare la TOS).
La mia è solo una curiosità, perchè essendo così restia ai farmaci (probabilmente per mia stupidità, lo ammetto) anche se la sua risposta fosse affermativa, sarei orientata con duloxetina che già conosco e mi fa meno paura.
Grazie per l'ascolto, attendo fiduciosa una sua risposta anche in merito al fatto che anche secondo lei bisogna concentrarsi sui disturbi e non pensare ossessivamente a ciò che noi riteniamo le cause degli stessi, altrimenti non se ne esce perchè magari si instaura un circolo vizioso che ci fa più male che bene?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Gentile utente,

Intendo dire che la diagnosi al momento non comprende interpretazioni sulle cause esterne. Quindi il problema di risolvere il suo malessere parte da come si trattano sia i sintomi che il processo che li produce e li fa ritornare: tutto ciò non richiede di ipotizzare cause esterne. Le interpretazioni non sono cause, ma interpretazioni, vengono dopo e non sono alla radice.
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Utente
Utente
Gent. dott., grazie per il chiarimento. Cercherò di non pensare alla causa anche se, nel mio caso (senza dilungarmi oltre) la ritengo palese. Ora comunque il mio obiettivo è stare meglio e per fare ciò sono indecisa tra due possibilità:

1) Ritornare a duloxetina mg 60/dì (che in passato mi diede beneficio e che ora potrei tornare ad assumere dato che la terapia con tamoxifene l'ho ultimata) o, in alternativa,

2) Assumere venlafaxina.
Le dico questo perchè dato che ultimamente mi sono riapparse fastidiose caldane e sudorazioni notturne dovute alla pre-menopausa, so (per esperienza personale perchè mi fu prescritta al dosaggio di mg 37,5/dì con beneficio per tutto il tempo della terapia ormonale) che venlafaxina è terapeutica contro le vampate di calore (c'è anche uno studio che promuove la venlafaxina per questo e questo studio lo si può trovare anche su internet supportato dalla Fondazione Veronesi).

Pertanto se tornassi ad assumere Zarelis mg 37,5/dì sono certa che le vampate si attenuerebbero ma, mentre per le vampate sono sufficienti mg 37,5/dì, magari per gli altri miei sintomi sarebbeun sottodosaggio.

Assumere Zarelis al dosaggio di mg 75/dì mi disturba (in passato provai per un periodo ma mi dava effetti collaterali tra cui come gli occhi "fuori dalle orbite" o forse era la mia paura ad aver aumentato il dosaggio ma fatto sta che dopo poco tornai a 37,5).

Adesso vedrò anche col mio medico ma lei si sente di darmi un consiglio?

Purtroppo duloxetina non funziona contro le vampate (solo venlafaxina e paroxetina) e se comincio con Cymbalta per i sintomi ansiosi non posso certo contemporaneamente assumere anche venlafaxina mt 37,5 per vampate.

- Ultima domanda: potrebbe eventualmente venlafaxina anche a un dosaggio di mg 37,5/dì funzionare anche per l'ansia oppure assolutamente no perchè è un dosaggio troppo basso? Insomma, duloxetina l'accetterei più volentieri, ma venlafaxina (se fosse sufficiente al dosaggio di 37,5/dì) potrebbe ritornarmi utile per entrambi i disturbi (ansia e sudorazioni notturne).

Grazie dott se vorrà rispondermi ancora. Non ho il dono della sintesi ma è per paura di non spiegarmi al meglio.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Gentile utente,

No, perché non è nostra prerogativa indicare le terapie.
Per la causa, il punto è che Lei non cura una causa esterna, se mai cerca (ammesso che quella sia) di evitarla o gestirla. Tuttavia le sindromi note partono dal disturbo, e non lo definiscono (per quanto riguarda le medicina) in termini di causalità, quello avviene in termini legali a volte. In altre parole: la cura sarebbe la stessa, e togliere il fattore negativo non è sempre possibile o cauto (perché si rischia di fare qualcosa che non è causale, ma è sintomatico: ad esempio un depresso si licenzia perché ritiene di essere stressato, ma questo non è la causa, è la conseguenza della depressione). Anzi, curandosi molte persone scoprono che i fattori negativi li riescono a gestire e girare a proprio favore.
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Utente
Utente
Gent. dott., grazie sempre della risposta. Volevo informarLa che sono stata dal medico di famiglia che mi conosce da anni (in passato fu lui ha indirizzarmi al neurologo che mi diede duloxetina). Al momento mi consiglia di iniziare con venlafaxina mg 37,5/dì per far cessare le vampate e sudorazioni notturne (cosa già avvenuta in passato con lo stesso dosaggio come spiegato nei precedenti scritti) per poi, eventualmente l'ansia non dovesse mollare, passare alla dose di mg 75/dì.
Io gli ho detto che duloxetina l'avrei presa più volentieri perchè in passato (prima del tumore al seno) mi diede beneficio contro ansia, panico ecc. ma, essendoci ora anche il problema delle caldane, so che duloxetina non le risolverebbe e certamente non potevo prendere entrambi.

Spero che, in futuro, aumentando venlafaxina a mg 75 possa attenuare i disturbi d'ansia al pari di duloxetina mg 60. Pensa possa essere possibile?

Se non dovessi tollerare il dosaggio di mg 75 (ma forse più per un mio timore perchè quando la provai poi tornai indietro dopo pochi giorni) il medico dice che abbiamo sempre la possibilità di passare a duloxetina che sappiamo che su di me funziona. Per le caldane vedremo poi qualche altra soluzione sperando che non diventino così importanti come quando ero in terapia ormonale perchè allora i vari tentativi che feci prima di accettare venlafaxina mg 37,5 non portarono a risultati accettabili.
Per il mio convincimento sulla causa ho compreso ciò che mi ha voluto dire e condivido il suo pensiero anche se le assicuro che è talmente evidente l'agitazione che mi prende quando devo avere contatti con questa persona che anche un estraneo che mi vede capirebbe. Ora però penso a un farmaco perchè lo ritengo più immediato per i sintomi d'ansia e sinceramente non ho nemmeno più voglia di rimettermi in psicoterapie lunghe e costose ma soprattutto che nel mio caso non hanno portato a soluzioni se non a causarmi più ansia ogni volta che devo parlare di quell'argomento.
Grazie ancora dottore. Approfitto delle prossime festività per augurarLe una Buona Pasqua.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 986 248
Il medico ha fatto una delle scelte possibili, non sempre ce n'è una migliore.
Tutto il resto lo deciderà dopo, coi risultati in corso, altrimenti sono domande aperte sul futuro su cui non c'è risposta,e che non è necessario farsi.

Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

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