Paranoia ricovero, medicinali, terapie: c'é una soluzione?

Salve a tutti, sono Mauro della provincia di Milano. Ho 27 anni e mio fratello, 37 anni, soffre di paranoia.
E´ sempre stato un soggetto particolarmente sensibile, testardo, eccessivamente geloso con diverse situazioni difficili che ha dovuto affrontare a causa delle sue scelte, ma fino a due anni fá sembrava essersi stabilizzato, lavoro ok, una ragazza accanto e una famiglia che gli vuole bene. Iniziano alcuni problemi sul lavoro..e il primo lungo (4-5 mesi) periodo di malattia. Stress, manie di persecuzione (complotti di colleghi, amici etc..). Riprende a lavorare dopo alcune cure farmacologiche e sedute dallo psicologo.
Estate 2008 nuovamente si accentuano i sintomi, tali da farlo rintanarlo in casa. Rifiuta i farmaci, troppi e fastidiosi gli effetti collaterali dice.Il tempo scorre peró, lo stipendio a metá, la prospettiva dell´aspettativa (senza stipendio) e una famiglia che ha sempre cercato di fargli capire di cercare aiuto medico lo spingono ad accettare l´idea del ricovero. Entrerá a breve.

Volevo un parere...sono preoccupato. Sará la scelta giusta? Le cure farmacologiche potrebbero attenuare le sue manie? O peggiorarle? Oppure risolverle ma riducendo le sue capacitá psichiche, "ubriacandolo".
Cosa dobbiamo aspettarci? Quali altre le vie possibili?

Attendo un vostro parere. Saluti.
Mauro
[#1]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
La scelta è in genere giusta. Non sempre le psicosi sono affrontate correttamente. Non sapendo dove dovrebbe ricoverarsi si assicuri:
a) che sia una clinica specializzata in psichiatria, o che sia comunque seguito da uno psichiatra durante il ricovero
b) che sia formulata una diagnosi precisa su quale psicosi si tratta, le due più classiche sono la schizofrenia e il disturbo bipolare, ma ce ne sono altre.
c) che si compia comunque un accertamento in merito all'uso di alcol e droghe, anche se la persona non lo riferisce.
Che la terapia sia decisa dopo una accurata anamnesi medica generale, poiché i farmaci hanno le loro controindicazioni.
Credo ceh tutto questo sia scontato, ma non sempre accade che siano seguiti questi semplici principi.
Dopo la dimissione non aspettatevi un recupero completo della funzionalità, anche in assenza di sintomi maggiori, per lo meno non nell'immediato periodo successivo al ricovero. Fatevi fare una prognosi, cioè una previsione su quel che può succedere e i tempi di recupero se si possono stimare, la probabilità di ripresa funzionale etc.
Tutto il resto va giudicato strada facendo.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
dopo
Utente
Utente
Dr. Pacini, grazie per i consigli.

Posso solo aggiungere che il ricovero sará presso il Dipartimento di Salute Mentale di Garbagnate Milanese. Spero davvero che tutte le procedure siano davvero cosí "scontate" come afferma e che vengano correttamente svolte.
In merito ad alcool e droghe, nullo l´utilizzo negli ultimi 5-6 anni (a parte un "normale" consumo di vino e birra), ma in passato l´assunzione di eccessivo alcool e sostanze allucinogene purtroppo lo devo annotare per dare qualche informazione in piú riguardo alla sua "storia".

Saluti. Mauro
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Lo dicevo appunto perché mi sono occupato di ricerca sulla psicosi da sostanze, e questi quadri spesso sono atipici. Ormai chi opera nel settore ne vede parecchi, ma sono a volte trattati sottovalutandone l'aspetto "affettivo-impulsivo", che invece è spesso il motore principale di instabilità nel tempo. Questo dipende dal fatto che chi consuma droghe e alcol in partenza ha di solito un disturbo affettivo con maggiore probabilità che una psicosi "anaffettiva" come la schizofrenia.
Questo non soltanto farebbe variare la composizione della terapia, ma anche il tipo di adattamento della persona alla terapia, paradossalmente migliore nelle forme più "gravi" come la schizofrenia perché la persona non ha più le stesse spinte affettive che aveva un tempo, per cui tollera meglio un livello di funzionamento handicappato rispetto ad una persona ancora vivace affettivamente.
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