Nevrosi d’angoscia

Buongiorno, soffro da sempre di nevrosi d’angoscia, diagnosticata da un neuropsichiatra circa 40 anni fa. In quel periodo avevo sovente attacchi di panico dopo essermi trasferita all’estero sola con la mia bambina di 4 anni. All’epoca mi fu prescritta una cura di vitamine e minerali a forti dosi e dopo un breve periodo gli attachi di panico sono spariti e ho ripreso un’esistenza abbastanza tranquilla malgrado il forte stress sul lavoro. Mi sono risposata e ho avuto una seconda figlia. Circa 20 anni fa, lo stress sul lavoro aumentando gradualmente e con forti conflitti con alcuni colleghi, gli attacchi di panico hanno ripreso, ad intervalli più o meno regolari. Ho intrapreso una psicoterapia che mi ha aiutata moltissimo. Dieci anni fa ripresa degli attacchi di panico, con inizio di agorafobia. Ho potuto andare in pensione, fortunatamente, e ho di nuovo avuto un paio di anni di relativa pace. Poi 7 anni fa, senza nessun motivo, senza spiegazioni, la mia figlia piû giovane ha tagliato i ponti con tutta la famiglia, gradualmente con gli altri componenti e drasticamente con me (per ultima) con un semplice sms. Da allora sono in uno stato di ansia permanente, con attacchi di panico multipli e giornalieri. Ho ripreso diverse sessioni di psicoterapia che mi aiutano provvisoriamente. Ma i sintomi psicosomatici sono ormai troppi, tachicardia, alti e bassi di pressione, sensazione di non poter respirare, vertigini, ultimamente i miei muscoli sono in continuo stato di contrazione (mascella, nuca e spalle soprattutto) e ho dolori cronici, il sonno è spezzettato e sono continuamente stanca. Per peggiorare ancora un po’ la situazione un mese fa ho perso mio padre, forse l’unica persona della mia famiglia che capiva i miei problemi mentali e non mi giudicava per questo. Devo aggiungere che ho un problema con parecchi farmaci, purtroppo ho effetti secondari di vario genere con molti, compresi i banali framaci per la tosse o il mal di gola. A causa di questo problema finora non ho ancora trovato un antidepressore che potessi assumere per un periodo adeguato (mi sono state prescritte diverse composizioni, con effetti disastrosi, soprattutto moltiplicazione dei vari sintomi). L’ultimo esperimento è con un ansiolitico e per fortuna funziona, ma non voglio diventare dipendente e quindi mi limito a una pastglia nei giorni particolarmente difficili (su consiglio del mio medico curante). Si tratta di Clozan. Esiste un qualche tipo di terapia cognitiva o altro che potrebbe aiutarmi a riprendere una vita più normale? L’ipnosi potrebbe aiutarmi? O una psicanalisi? Grazie in anticipo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Gli antidepressivi funzionano dopo un primo periodo in cui è possibile che peggiorino i sintomi, e questo è noto. Se non li si assume che per pochi giorni, l'effetto terapeutico non compare.

Quali ha assunto fino ad ora e per quanto ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
Non ho la lista completa, il mio medico curante me ne ha prescritti 4 o 5 di diverse composizioni e li ho tutti provati per almeno 3 settimane, come richiesto dal mio medico. Ricordo solo il Prozac, come un incubo. Lo so che sono probabilmente un caso raro, ma questo problema di intolleranza a parecchi farmaci l’ho riscontrato con praticamente tutte le patologie. Ero anemica in gioventù e persino col ferro ho avuto problemi, soltanto un tipo fra i tanti provati non mi provocava placche rosse in tutto il corpo. Idem con la vitamina D, con i farmaci per febbre e dolori, sciroppi per la tosse. Per fortuna sono in buona salute fisica e quindi posso accontentarmi di una compressa d’aspirina per il mal di testa o la febbre.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Non saprei cosa significhi una intolleranza "a tutto", non vorrei si trattasse di reazioni d'allarme anche a farmaci non psichiatrici.
In questo caso comunque, se i sintomi iniziali sono peggiorativi, ci sono tecniche per tamponarli o si cambia classe di farmaco sperando che non si ripeta la reazione.
3 settimane sono poche per vedere effetti, specie se le dosi sono state tenute basse.
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