Il tavor, sono stato costretto

Soffro di problemi di ansia da parecchi anni. Seguo una psicoterapia comportamentale associata ad un trattamento farmacologico a base di paroxetina. Nel corso degli ultimi 3 anni ho provato due volte a sospendere il farmaco su indicazione del medico, con riduzione per 1 mese a mezza pasticca, poi a mezza pasticca a giorni alterni per altre 4 settimane. Lo scorso anno dopo circa un mese dall'interruzione sono riprese forti crisi d'ansia associate ad umore basso, irritazione e distimia; dopo qualche tentativo di arginare con il tavor, sono stato costretto a riprendere la terapia con la paroxetina. Quest'anno, le crisi di ansia stanno riprendendo già adesso che sono nella fase dei giorni alternati ed il fallimento dei due tentativi precedenti non mi aiuta a sperare sul buon esito della sospensione; anzi direi che l'ansia odierna è proprio legata all'assenza del farmaco: usando una metafora mi sento sotto un acquazzone senza ombrello... Cosa posso fare?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
Gentile utente,

in generale le terapie "metti e leva" sortiscono effetti contrari, perché favoriscono ricadute che poi si controllano, se si è fortunati, semplicemente riaumentando o riprendendo il farmaco in questione.
In primo luogo bisognerebbe avere la diagnosi precisa per avere la prognosi, cioè prevedere cosa succede in presenza e in assenza del mantenimento della cura.
Mantenimento significa sostanzialmente che è consigliabile una fase abbastanza lunga di prosecuzione delle cura onde evitare la ripresa dei sintomi, e la ripresa biologica del disturbo, e avere migliori prospettive di poter concludere in seguito la terapia stessa. Il contrario di ciò che si può pensare: più si prende, meno si prende...
L'ansia non è legata all'assenza del farmaco, ma al disturbo in sé, che senza il farmaco ha spazio libero. L'idea che potrebbe star bene anche senza il farmaco, e che anzi prendendo il farmaco "ritarda" la guarigione spontanea, sono idee fuorvianti. Se è un disturbo che prevede una guarigione clinica stabile, è attraverso la terapia prolungata che questo si può ottenere più probabilmente.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
La mia storia clinica è abbastanza lunga. In ogni caso posso dirle che è stata caratterizzata sempre da ansia (tachicardia) con un presenza anche di idee ossessive. Il mio terapeuta dice che ho una tendenza all'ossessivita ed un disturbo d'ansia. La terapia con la paroxetina va avanti dal 2000 e a mia memoria c'è stata un'unica sospensione che ha avuto una durata di 4 - 5 mesi, mentre gli ultimi due tentativi sono naufragati dopo qualche mese e/o settimana. Sempre a dire del terapeuta dovrei imparare a considerare l'ansia come un' emozione riconoscendo i meccanismi che la ingenerano. Trovo questo molto semplice quando si tratta di livelli minimi, quando come ora l'ansia è molto forte è impresa per me impossibile.
La ringrazio per la Sua cortese risposta.
Saluti
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
Gentile utente,

Capisco, ma le confermo questo concetto: non essendoci una diagnosi precisa (perché ansia con idee ossessive è una descrizione vaga ma non un "nome" preciso), non è chiaro cosa aspettarsi dal disturbo. Non è chiaro a lei innanzitutto ma forse neanche al medico.
I tentativi di sospensione possono essere condotti per sondare il terreno, ma non dovrebbero essere ripetuti a breve se hanno dato come esito il riaggravamento immediato. La sospensione della paroxetina può creare dei problemi proprio per effetto della sospensione, ma non penso sia questo il problema, quanto il tentativo di "non prendere più niente" e star bene lo stesso.
Riparta a monte: faccia dare un nome al disturbo che ha, non si può continuare a parlare in termini descrittivi dopo anni di terapia e conoscenza.
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Utente
Utente
Ha di certo ragione anche se come sa il paziente è più attento ai sintomi che alla definizione del disturbo. Il mio psichiatra, di cui peraltro ho grossa stima, ha comunque espresso una diagnosi. Io ricordo agli esordi un disturbo di identità in personalità ossessiva e poi anche una diagnosi successiva di disturbo di ansia in personalità ossessiva, ma probabilmente sono impreciso. Per il resto lui è convinto che sono oggi in grado di controllare il mio disturbo d'ansia avendone tutti gli strumenti. Sono io che ho maggiore perplessità anche perché vivo i fantasmi dei due tentativi precedenti di riduzione.
Grazie per l'attenzione
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
"un disturbo di identità in personalità ossessiva e poi anche una diagnosi successiva di disturbo di ansia in personalità ossessiva"

Queste due non corrispondono ad una diagnosi.
E' in grado di controllare il disturbo d'ansia prendendo la sua terapia. Riguardo agli altri eventuali "strumenti" per controllarsi, non vorrei si giungesse al non-senso che con il tempo i disturbi guariscono da soli o le persone imparano a controllarli, perché non risulta sia così. Tenga conto che Lei ha addosso una terapia di provata efficacia nei vari disturbi d'ansia, quindi la ragione del miglioramento non andrei a ricercarla chissà dove.
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Utente
Utente
quindi da quanto ho capito lei non dà alcun rilievo alla psicoterapia e propende per terapie farmacologiche "a vita"?
Grazie per l'ausilio
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Utente
Utente
Scusi dottore, ma a questo punto le faccio una domanda diretta: Nel caso in cui dopo un trattamento con Paroxetina si assiste ad una remissione completa dei sintomi si deve, si può pensare di sospendere il farmaco? Nel caso in cui compaiano con la sospensione di nuovo disturbi di ansia, si deve riprendere subito il farmaco o si può pensare ad una fase transitoria che può migliorare?
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
Assolutamente no.
Chi non dà rilievo alla psicoterapia continua a credere che serva come tecnica per "togliere" le medicine. E che possa essere "a vita" anche quella.
Non è il medico che propende per una terapia, è il medico che conoscendo l'andamento della malattia può consigliare la soluzione più adatta a controllarne, quando siamo fortunati bloccarne, e tavolta invertirne il decorso.
Il rilievo che si dà ad uno strumento non è frutto del parere del singolo medico, ma di dati esistenti su campioni, e naturalmente riferiti ad una precisa malattia e ad una precisa tecnica.
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Utente
Utente
Fermo restando che chiederò al mio medico la diagnosi specifica, invero devo dirLE che insieme con il mio psichiatra abbiamo deciso di ridurre le sedute di psicoterapia che oramai sono bimestrali e che se la sospensione del farmaco avrà effetto diverranno semestrali. La scelta è stata fatta considerando la migliore confidenza che ho con le emozioni, la capacità di viversi l'emotività e di gestire i problemi.
I nostri post si sono incrociati
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
Gentile utente,

quando si sospende una terapia magari esistessero indicatori precisi di quel che succederà. Non possono essere considerati indicatori i semplici parametri di stato. Se sto meglio prendendo una cura è evidente che le mie modalità di gestione del problema si modificano, ma questo non ha valore prognostico.
In altri ambiti, per esempio prendiamo l'infettivologia, in base a parametri infettivi il medico può esserle in grado di dire che può sospendere l'antibiotico. Nella nostra materia vi è in alcuni casi una supposizione di guarigione, che non può che essere provata sul campo.
I pazienti devono sempre essere informati sul fatto che i loro disturbi possono essere ricorrenti.
Detto questo, non c'è niente di sostanzialmente sbagliato nel provare a sospendere le terapie dopo periodi prolungati di remissione, se la prognosi fatta dal medico è di remissione probabile.
Come dicevo, mancando la diagnosi, non c'è una prospettiva ben definita in questo senso.
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Utente
Utente
grazie ancora per la chiarezza. Chiederò al mio medico la diagnosi e vedrò. E' un momento di difficoltà, ma almeno so che la paroxetina è sempre lì a risolverli.
U.
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Utente
Utente
Ho ripreso il trattamento con la paroxetina dopo una sospensione durata meno di una settimana. sono trascorsi 7 - 8 giorni ma non noto ancora gli effetti benefici che mia aveva dato in precedenza. Conosco i periodi di latenza ma siccome questa volta la sospensione è durata pochissimi giorni, mi chiedo quando comincerò ad avvertire i benefici Devo segnalare che al momento della sospensione assumevo mezza pasticca, oggi una intera.
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
Se lei mette il gesso e lo toglie prima del tempo, poi quando lo rimette l'osso non si salda di nuovo immediatamente. Purtroppo gli errori più frequenti sono le mosse fatte in rifiuto dell'idea di avere una malattia, così si ottiene soltanto di togliere la terapia che dava una protezione. Le dosi maggiori non accelerano la risposta.
Eravamo però rimasti in sospeso con la diagnosi, senza la quale quel che succede rimane abbastanza oscuro.
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Utente
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Disturbo di personalità ossessivo compulsivo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 988 248
bene. su una diagnosi del genere la terapia deve essere concepita, con qualunque strumento, a lungo termine.
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