Depressione

Salve gentitli medici, non so con chi parlare e quindi chiedo consiglio a voi.
Il problema non riguarda me ma il mio fidanzato, con il quale ho una relazione stabile da più di dieci anni e di cui sono innamoratissima come il primo giorno. 28 anni io, 29 lui.
C'è un però pesante come ogni macigno.
Dice di essere in depressione, rifiuta qualsiasi aiuto ma pretende di essere aiutato da me e solo da me quando ovviamente non ne ho i mezzi.
Lui ha un carattere molto introverso e chiuso, è il classico ragazzo che alle cene in famiglia sta al suo posto senza parlare con nessuno.
Permaloso fino all'inversosimile.
Su una settimana, cinque giorni li passa in silenzio quasi totale.
Basta niente, anche una mosca che vola per farlo piombare in uno stato quasi catatonico, sguardo assente, silenzio totale e zero voglia di farsi comprendere e farsi aiutare.
Se sta bene, allegro e felice, sembra che trovi il pretesto per stare male per forza, un ritardo, una parola sbagliata. Cose così.
Non lavora e Vive chiuso in casa mantenuto dai genitori e io passo le mie giornate da almeno 5 anni a questa parte chiusa nella sua camera.
Non lavoro e non mi incoraggia nel trovarlo.
Campo con 5 euro che mi passa mio papà ogni giorno.
Due amicizie contate, zero uscite o serate fuori e zero vita sociale, cosa che odia e che mi costringe a vedere le mie amiche di nascosto perché se lui non ha amici non dovrei averne nemmeno io.
Mi ha fatto cancellare dai social networks perché lui non li ha e li ritiene il male assoluto, come le persone che li usano.
Considera un tradimento il fatto che io voglia altro dalla vita (anche solo che lui sia felice e che fossimo felici insieme, con un lavoro e una casa nostra) e dice che sono cattiva e non lo capisco se per la milionesima volta in una settimana prende e si zittisce per ore senza che per me ci sia un motivo logico e valido.
E mi arrabbio, diventando anche sgradevole a volte. Poi mi pento perché so che soffre molto ma non sa gestire il suo dolore e probabilmente è confuso quanto me su come affrontare la situazione. Non sa come fare ma pretende comunque che io sappia come farlo. Lui chiede compresione ma è davvero uno sforzo capirlo se si arriva alla domenica e lui dal lunedì che ogni tot si isola senza che riesca a capirci qualcosa. Io non so come fare e purtroppo mi rendo conto che la mia reazione è sempre più rabbiosa e meno paziente. Cioè appena vedo che cambia faccia a me sale il sangue al cervello.
Ovviamente la colpa la appioppa a me e pretende che quando lui ce l'ha con me (si arrabbia solo per "colpa" mia) io stia lì a coccolarlo, così gli dimostro che ha torto, su cosa non ne ho idea.
Ovviamente capita che questi silenzi durino anche una o due ore e quando si calma, magari dopo aver passato la mattina o il pomeriggio nel suo mutismo in cui è impossibile provare ad intrattenere discussioni o fare qualsiasi attività (risponde a monosillabi in totale apatia), anche se lui afferma il contrario dicendo che anzi, lo aiuta il fatto che conduciamo la vita normalmente (cosa impossibile e di cui lui non tiene conto perché non ha la minima idea di cosa significhi stare vicino ad una persona che per una giornata intera ti vede come la unica causa dei suoi problemi) ha la vera e propria pretesa che tutto torni come prima e che io (o la famiglia) non veniamo intaccati dal suo comportamento, cioè vorrebbe persone a comando come macchine che si adeguano ai suoi silenzi e al suo modo di fare, ben lungi dall'essere disturbati da questi comportamenti disfunzionali. Cioè, io decido di stare male, voi lo subìte e ve lo faccio pesare (anche se appunto, lo nega) e quando smetto di stare male dovete essere pronti a far tornare tutto come prima. In soldoni, se decide di passare un pomeriggio in cui io sono stata lì senza dire una parola, mentre lui mi ignorava senza motivo, al suo ritorno nel mondo delle persone normali, dovrei essere felice e contenta e fare i salti di gioia e non tenere conto di quanto successo per la maggior parte della giornata. Questo sarebbe capirlo. E quindi aiutarlo.
Con la famiglia non ha un bel rapporto. La mamma è disperata.
Pretende il silenzio in casa perché lui non ha niente da dire loro e si sente al centro di un complotto, di cui io faccio parte come la madre e il fratello, che vorrebbe solo il suo male, con nessuno, me compresa che voglia comprenderlo e quindi aiutarlo.
Io soffro di attacchi di panico e di ansia, sto perdendo tutti i capelli, sono stata in depressione molti anni e ho avuto un esaurimento nervoso e un linfoma e soffro del DOC e questo non lo ferma dal non avercela con me anche per le cose più banali, come una canzone che a me piace e a lui no.
Ero già con lui quando ho sconfitto il cancro e questo non l'ha toccato in nessun modo, forse all'epoca ma adesso pare essersene dimenticato.
Non so più come aiutarlo.
Quando sta tranquillo è la persona più amorevole del mondo, mi coccola e mi riempie di attenzioni.
Ma basta un secondo e tutto crolla. Se può servire, il sesso è soddisfacente solo che impiega moltissimo tempo per raggiungere l'orgasmo, a volte anche dopo due ore. E aggiungo anche che prima che ci mettessimo insieme noi, la sua ex lo ha tradito e lui mi ha confessato di averne risentito parecchio al punto che per un periodo ha avuto una gelosia malata e malsana nei miei confronti, ora passata ormai da secoli. Anche se secondo me alla base di tutti i suoi ragionamenti c'è la pochissima fiducia che lui ha nei miei confronti vista la sua esperienza. Ma magari sbaglio io ed è una mia impressione. È molto sensibile quando non ha questi momenti di buio totale, ama gli animali e ama stare abbracciato per ore a baciarci, per far capire la differenza. Abbiamo numerosi interessi, è un ragazzo coltissimo che ha studiato e legge molto, quindi la nostra vita "sociale" gira intorno solo alle nostre passioni. In libreria ci andiamo ma sono almeno quattro anni che non usciamo la sera a bere una birra.
Quale può essere il suo disturbo?
È realmente depressione per mancanza di futuro o lavoro (come dice lui) o c'è altro? Ovviamente dei problemi non ne parla e non ha intenzione di farlo né con me né con uno specialista. La famiglia è all'oscuro. Le sue richieste sono legittime oppure sono dettate dal suo totale distacco dalla realtà?
Sono disperata e non voglio assolutamente lasciarlo. Anche perché la mia mancanza di pazienza per me non è un buon segno e ho paura io stessa di peggiorare, non riuscendo a dargli ciò di cui ha bisogno. E sarebbe una coltellata in pieno petto per me, un enorme fallimento.
Voglio solo aiutarlo perché so che lui non è così.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Se una persona non vuole curarsi non deve costringere altri a fare cose che vuole.

Questo rapporto non è sano e lei si Identifica nella unica salvatrice per questo soggetto.


Deve prima stabilire cosa vuole per se e decidere se soffrire per sempre restando fidanzata poiché non ci sarà alcuna base economica per poter mettere su una famiglia.


Dr. F. S. Ruggiero

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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 196 21
Concordo col collega, lei non può aiutarlo e intanto si fa del male. Dice che la famiglia è all'oscuro, ma di che cosa? Il suo ragazzo (non fidanzato, perché un fidanzato è uno in grado di progettare un futuro matrimoniale) si comporta da anni in modo gravemente disturbato, non se ne sono accorti? Lei ha combattuto contro il linfoma, ma ora sta buttando via la vita in un rapporto di dipendenza che non ha sbocchi. Chi manipola le persone per prima cosa le stacca dal loro contesto, dagli amici, dai social, dal lavoro. Se lei proverà a uscire dalla trappola, lui la farà sentire un mostro. Dovrà rimanere con lui a perdere i capelli, avere attacchi di panico e attendere i rari momenti in cui questo fidanzato/vampiro (tanto sofferente, bisogna capirlo!) le darà attenzione, senza aspettarsi che lui migliori, perché se no il gioco non funziona più. Oppure può avere una vita vera e autonoma. Si faccia aiutare a uscire da questa condizione patologica.

Franca Scapellato

[#3]
dopo
Utente
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Ma voi siete medici o sapete dare solo giudizi? Io vi ringrazio ma mi aspettavo quantomeno una diagnosi. Progettare famiglia o futuro matrimoniale? Da cosa lo avete dedotto se io ho parlato di lavoro e di casa non di fede al dito o di pargoli?! Ho parlato di matrimonio o entrambi lo date per scontato vista l'età? Perché vi svelo un segreto. Non avevo prima e no, non ho nessuna intenzione di sposarmi adesso né tanto meno avere figli, avendo preso la decisione di farmi chiudere le tube a 35 anni. A 35 perché a 28 non lo fa nessuno, nemmeno a 35 purtroppo e infatti mi toccherà andare all'estero. È una decisione che ho preso a 14 anni, ne ho quasi 30 e non è mai cambiata nemmeno per un secondo, sono favorevole all'aborto e abortirei domani se scoprissi una gravidanza. Non dipende dal mio fidanzato. Anche se io conducessi un'altra vita, questa decisione non cambierebbe e non vorrei sposarmi né diventare madre. La mia massima aspirazione è trovare un lavoro, prendermi una casa e riempirla di animali e libri, non ragazzini. Quindi questa presunzione nell'affermare che io abbia il desiderio di famiglia o che lui mi sta impedendo di realizzarmi come moglie e madre mi ha molto infastidito. Molto.
Esatto sì, la famiglia è all'oscuro. Perché lui non si apre né con me né con loro. Si limita allo stare in silenzio e la madre è disperata perché non sa cosa succede al figlio. Cosa che avrebbe capito, dottoressa, se avesse messo più attenzione nel leggere ciò che ho scritto, poiché qualsiasi madre si accorgerebbe di un comportamento del genere se fosse da sempre così, mentre non sa spiegarselo proprio perché il figlio non era così. E forse non vi è chiara una cosa. Io non voglio salvarlo e né mi sento una salvatrice ma a quanto pare se si ama una persona visibilimente in difficoltà, che non era così e che è diventato in questo modo per qualche ragione che speravo mi aiutaste a capire, bisogna fuggire e lasciare che si ammazzi lanciandosi dal suo balcone. Voglio sperare che alle persone che vengono in terapia da voi sappiate dare consigli migliori di questo, che sul fatto che non stesse bene ed era gravemente disturbato ci ero arrivata già da me. Come ovviamente il fatto di lasciarlo è stato un pensiero frequente, non è che non mi è mai passato di mente. Speravo solo mi aiutaste a capire perché una persona arriva ad avere certi comportamenti visto che stiamo insieme da 10 anni e no, all'inizio non era per niente così e nemmeno dopo un anno e nemmeno dopo 2. Devo andare avanti o vi basta? Mentre so per altri tipi di esperienze avute da persone nella mia famiglia che comportamenti manipolatori si manifestano praticamente subito, non dopo sei anni che stai con una persona. E comunque sì, sono convinta a differenza vostra( se avete letto tutto il consulto ma ne dubito, come dicevo prima, vista la lunghezza) che soffra davvero e che voglia stare meglio sul serio. Visto che ha determinate idee politiche ed è un femminista convinto e proprio per questo so che non ha nessuna intenzione di rovinarmi la vita volontariamente, mentre credo che non si renda conto del baratro in cui stiamo precipitando noi tutti, io, lui, famiglia e le limitatissime amicizie comprese. Interessante comunque il discorso del manipolatore vampiresco. Comodo farlo con me, ma manipolare anche gli amici? Non mi risulta di uomini (sesso maschile, ribadisco) che manipolano gli amici di infanzia allo stesso modo in cui manipolano la loro donna. A che pro stare in silenzio ore con il migliore amico? A che pro non rispondergli se gli scrive? A che pro rifiutare qualsiasi attività che non sia stare dentro casa a non fare nulla? Se me lo spiega allora rivaluterò le sue parole. Concludo dicendo che se voi sapeste in difficoltà i vostri compagni non ci pensereste due volte a fare tutto ciò che è in vostro potere per aiutarli, anche faticando. E questo non significa voler essere salvatori, significa solo sapere di aver fatto qualcosa invece di stare a braccia conserte mentre vedi una persona distruggersi giorno dopo giorno. Se i miei genitori non lo avessero fatto con me quando mi sgarravo braccia e gambe con un taglierino e quando mi ritrovavo a gridare in preda a spasmi simili a convulsioni, ora non mi stareste rispondendo. Io non volevo essere aiutata quando ho avuto il burn out, guardavo per ore il sangue colare per terra e continuavo imperterrita a trinciarmi i polsi. Ora li ringrazio perché se non mi avessero preso di forza e portata in terapia, mi ci sarei lanciata io dal balcone e molto volentieri direi. Pensateci, prima di sparare giudizi scontati e che, a mio giudizio, non aiutano voi e non aiutano chi chiede un parere perché vi pensa esperti.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Lei spara giudizi su chi secondo lei spara giudizi. Cioè chiede un consiglio poi però non lo accetta perché pensa che gli altri giudichino le sue scelte.

Non so allora se si scrive per provocare o per mostrare qualcosa agli altri.

Se lei ha la sindrome della crocerossina noi non ci possiamo fare niente.
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 196 21
La famiglia può essere composta di due persone, che vivono insieme in autonomia, con libri e/o animali, chi ha parlato di pargoli? Io parlavo di dipendenza, di un rapporto malato da entrambe le parti: lui che le ruba la vita e lei convinta a torto di essere l'unica persona al mondo che lo possa aiutare, che non chiede aiuto nemmeno ai familiari di lui, per esempio.
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Utente
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Sindrome della crocerossina? Ma stiamo scherzando? Allora tutte le persone che vogliono aiutare il proprio consorte, partner, compagno sono crocerossine? Provocare? Io ho solo risposto dicendo quello che penso dei vostri consigli. È a lei dottore che forse non vanno bene le mie parole, che si limitano a farmi notare di essere solo una "crocerossina" dicendo addirittura che mi metto in mostra quando in realtà se c'è una persona con le mani legate quella sono io. Perché sapete, se avessi avuto la verità in tasca forse non avrei scritto qui, no? Se fossi stata una crocerossina, forse ci avrei pensato da già me a come aiutarlo. Me ne ricorderò la prossima volta che qualche persona che conosco vuole aiutare la compagna o il compagno e gli dirò di non farlo, altrimenti si hanno sindromi allucinanti.
Io sono davvero allibita. Non ho scritto da nessuna parte che sono l'unica al mondo che lo può salvare e né tantomeno che sono "dipendente" da lui. Eppure continuate ad asserirlo. Io non dipendo da nessuno se non economicamente dai miei genitori. Io faccio comunque quello che voglio, esco con le amiche, ho i social. Lo faccio di nascosto è vero ma i suoi problemi sono ben lontani dalla mia realtà. Se lui è contro una cosa, non è detto che per proprietà transitiva lo sia anche io. Libertà intellettuale, questa sconosciuta che avete entrambi dato per scontato che non esistesse. Lui litiga anche all'amico per queste cose, non gli parla se lui gli nomina Instagram o Facebook e lo critica aspramente quando esce fuori a bere. Interessante per uno che vuole manipolare solo la fidanzata. Non avete risposto su nulla, e sì, avete solo giudicato senza dirmi cose tipo "gli succede questo questo e questo per tale motivo e il mio consiglio è quello di...". Questo sarebbe stato un modo gentile poi per dire anche cose spiacevoli. Ancora adesso dubito sul serio che voi abbiate letto davvero le mie parole. Perché se la famiglia è all'oscuro magari era mia intenzione avvertirli, no? Magari, se mi aveste dato qualche concetto sensato, io oggi stesso sarei andata dalla madre o dal fratello con il cuore in mano chiedendo aiuto a loro, senza sentirmi la salvatrice di nulla e ripeto, non mi sento assolutamente l'unica al mondo che può farlo perché credo che serva una terapia psichiatrica da uno bravo. Ed era quello che mi aspettavo di leggere, sinceramente. Però, se dovesse fare una cavolata, onestamente, vorrei almeno aver provato a fare qualcosa. No? Quale pretesa da crocerossina! Voi evidentemente non conoscete né rimpianti né rimorsi e vi invidio perché se il mio ragazzo in uno dei quei momenti prendesse e si lanciasse dalla finestra io ne avrei, eccome se ne avrei, al punto da impedirmi di vivere. Proprio per quel "potevi fare qualcosa ma non l'hai fatto" che ho sentito mille volte in televisione o negli ospedali. Allora se a voi arriva un paziente del genere cosa dite lui? Cioè se fosse stato lui a scrivervi, gli avreste detto di lasciarmi perché "ruba la vita alla ragazza?" O di non curarsi perché tanto è chissà quale tipo di rifiuto della società? Siete stati poco attenti e me ne dispiace davvero perché credo mi abbiate scambiato per una di quelle donne vittima di chissà quali coercizioni o violenze perpetrate dalla persona che hanno vicino. Io sono una femminista convinta (come lui) e credete davvero che se avesse usato violenza contro di me o se avessi percepito realmente violenza nei suoi modi di fare avrei scritto qui o sarei andata in un centro anti violenza che noi stessi supportiamo? O siete convinti che a prescindere una donna subisca violenza o abbia un rapporto "malato" solo perché ha una persona irascibile vicino? O ancora peggio, siete convinti che una donna perda il senno dietro queste situazioni? Sia io sia lui scendiamo in piazza vicino a quelle donne, siamo attivi politicamente e quindi non mi sento nella maniera più assoluta una di quelle donne. Io le ho viste le donne dipendenti sul serio dai loro compagni, e no, non mi identifico con loro. Donne che non hanno il coraggio di alzare la testa per guardare fuori dal finestrino, donne che non si sognerebbero mai di uscire con un'amica, né di nascosto, né alla luce del sole. Il mio ragazzo stava bene, ora non sta più bene. Non è gelosia (come ho scritto è stata una fase del tutto passeggera che non ha avuto ripercussioni anche se come scrivevo forse non ha mai superato del tutto quel tradimento), non è voglia di possedermi come un oggetto. È successo qualcosa che non so spiegarmi, non sa spiegarsi la famiglia, non sa spiegarsi il suo migliore amico e non sa spiegarsi lui. Sicuramente non è un rapporto sano (e questo giá lo sapevo). Io potevo capirvi se aveste sparato le vostre cartucce ad effetto nel caso in cui la cosa avesse riguardato me e solo me. Invece vi ho spiegato che siamo in molti ad esserne coinvolti, allora presuppongo anche io che voglia rubare la vita a me, alla madre e a tutti quelli che ho già nominato. Mi aspettavo quantomeno parole pratiche, poi non avete risposto su una miriade di cose che vi ho messo di fronte e che avete volutamente o involutamente ignorato non ho capito perché. Perché per voi non sarà normale che un ragazzo di 29 anni, intelligente, colto e soprattutto sano fisicamente, che legge di filosofia e con una mente sicuramente più aperta della vostra, si senta al centro di un complotto che lo vede protagonista dove tutti ordiscono alle sue spalle, ma neanche per me. Per voi non sarà normale che un ragazzo di 29 anni rifiuti totalmente le amicizie o il contatto umano, ma nemmeno per me, visto che non era così fino a qualche anno fa. O forse persone così le lasciate in balia di loro stesse, perché tanto non vanno aiutate o anzi, chi ci prova è malato quanto lui o lei. Ma lasciamo perdere. È stata inutile la mia richiesta qui, sono stati inutili i vostri pareri e sono state inutili le mie risposte. La prossima volta che qualcuno chiede aiuto, gli riporterò le vostre stesse parole. Vediamo se aiutano sul serio oppure no. E forse devo ricredermi perché quando il mio ragazzo dice che i terapisti non sono bravi nemmeno a parlare onestamente non posso dargli più torto. Io stessa volevo tornare in terapia ma credo desisterò o forse, quando mi trasferirò all'estero andrò lì, che in Italia si giudica troppo e si comunica poco.
[#7]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Probabilmente Lui non è il solo ad essere malato anche lei ha qualche disturbo che sta mostrando chiaramente scrivendo cose a vanvera.

Se non vuole consigli non li chieda, non deve certo prendere per oro colato ciò che le si scrive, però nel frattempo ringrazia e tace invece di fare la professoressa dall’alto della sua ignoranza.

Se le sta bene questo tipo di rapporto buon per lei, certamente non è un rapporto sano.
[#8]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 991 248
Gentile utente,

Qui il discorso si pone in termini che molti di noi conoscono. C'è una situazione presentata come invivibile, estrema, talor pericolosa. La persona contemporaneamente vuole "una soluzione" ma partendo dal presupposto che una soluzione ci sia, e che sia compatibile con una soluzione di coppia, addirittura che la persona scrivente possa avere un ruolo attivo nel favorire questa soluzione.
C'è un errore di fondo. Non si può pensare di avere un ruolo nella soluzione dei problemi degli altri sempre e comunque. Non è detto che dipenda da noi, nel bene o nel male, una situazione di un'altra persona, né che con un malessere l'altro stia esprimendo qualcosa relativamente al rapporto, o che stia chiedendo necessariamente un nostro intervento.
Alcune persone ritengono inaccettabile di non offrire il proprio aiuto perché fissate di dover essere tramite di una soluzione, e così facendo si lamentano poi di una sofferenza.
Chiedono quindi una soluzione per proseguire in un qualcosa presentato come fonte di sofferenza. Talvolta con conseguenze anche gravi su sé.


L'atteggiamento polemico è fuori luogo, i colleghi fanno riferimento a note situazioni. Lei reagisce come se qualcuno avesse criticato la sua relazione. Che quindi, presentata come qualcosa di doloroso, invece deve essere trattata come "intoccabile" e in riferimento non a quello che accade, ma a quello che accadeva, accadrebbe etc.