Disturbi psicologici post coronavirus

Buongiorno,
vorrei un consulto da parte di uno psicologo/psicoterapeuta per mia madre che ha 54 anni, dopo l'emergenza COVID all'inizio di marzo è andata in crisi perchè aveva paura di prendere il virus, i primi tempi aveva paura e disinfettava tutta la casa, guardava spesso i tg e non voleva uscire, poi man mano la cosa è andata migliorando finchè un giorno a lavoro da me mi hanno fatto fare il test COVID (metà aprile) con il pungidito e sono risultata positiva alle IGG (a ciò è seguito isolamento domiciliare e tampone negativo verso metà maggio).
Dopo averglielo detto per telefono (non viviamo più insieme da due anni) è precipitata in uno sconforto totale perchè i giorni precedenti al lockdown (8 marzo) io sono stata a casa sua insieme al mio fidanzato, da quel giorno pensa di aver preso il virus perchè ha avuto secondo lei dei sintomi, ma che non sono assolutamente riconducibili al coronavirus (sciatalgia, male al collo, mal di stomaco, dacriocistite a un occhio) inizialmente il suo problema era andare a lavoro perchè avrebbe dovuto dichiarare che era stata a contatto con me (anche se non nei 14 gg prima, è stata a contatto con me l'8 marzo e ha cominciato a lavorare il 22 maggio).
Successivamente è rimasta nuovamente a casa in cassa integrazione e pensa che ogni minima cosa che le succede sia colpa del coronavirus (anche delle semplici bolle sotto i piedi probabilmente dovute alle scarpe antinfortunistiche) e non vuole andare a lavoro perchè pensa di averlo ancora e infettare le colleghe, oppure pensa che le chiedano come mai ha l'occhio gonfio.
Ovviamente non vuole parlare con nessun medico (non si sente di parlare di queste cose con un medico perchè si sente incriminata) se non con il suo medico di base a cui però non crede quando la rassicura e si fa mille paranoie; attualmente la sua dott.
ssa le ha dato solo delle gocce per controllare l'ansia ma secondo me non sono sufficienti.
Chiedo dunque a voi, se io dovessi dirle che ho fatto un nuovo test ed è risultato negativo e quindi il primo che mi hanno fatto era fallato potrei migliorare o solo peggiorare le cose?
Io penso che anche così potrebbe pensare che l'ultimo test sia fallato e che il primo sia corretto, in ogni caso può rigirare la cosa nella sua testa, premetto che lei all'inizio diceva che voleva fare il test pungidito a casa (in modo che solo lei sapesse il risultato) poi ha detto che non voleva farlo perchè se fosse risultato positivo sarebbe andata ancora più in crisi, poi ha detto che io avrei dovuto ripeterlo ma sempre a casa, non sa nemmeno lei cosa vuole e come uscire da questa situazione.
Come persona è sempre stata pessimista e sua madre era malata di esaurimento nervoso.
Ci stiamo ammalando psicologicamente tutti in famiglia per starle dietro e non sappiamo più cosa fare, ormai sono 4 mesi che va avanti la situazione.

Ringrazio tanto chi mi vorrà aiutare.

Cordiali saluti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Il problema magari non è di ansia. Voglio dire, siamo a Luglio, stiamo parando di una persona che si sta ponendo il problema di avere ancora in atto un'infezione che avrebbe contratto mesi fa eventualmente.
Un conto è il timore di prenderla, o di averla presa, cosa che può capitare ancora, altro è di ragionare in questo modo sul contagio che sarebbe "in atto" indifferentemente legato a gente qualsiasi o al suo esame di mesi fa.

Nelle fasi depressive a volte i pensieri raggiungono dei livelli di distacco dalla realtà, nel qual caso non funzionano gli ansiolitici.

Farei una valutazione psichiatrica.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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