Opinione su terapia x italiano residente all'estero

Buonasera, vi chiedo questo consulto non per me ma per la mia ragazza.
Da tre anni vive in Giappone, dove si è trasferita prima per una scuola di lingua, e dove poi successivamente ha trovato lavoro.


La mia ragazza è sempre stata una persona estremamente ansiosa, oserei dire depressa, incline alle paranoie e agli attacchi di panico, occasionalmente all'insonnia.
Nell'adolescenza ha avuto una storia di anoressia, poi superata (oggi è normopeso, anche se con la costante paura di ingrassare) senza ricorrere all'aiuto di alcuno specialista.
Da tanti anni ho sempre pensato che avrebbe avuto bisogno del supporto di uno specialista, ma al di là di un breve periodo in cui usufruì di un servizio gratuito offerto dall'università, si è sempre rifiutata di accedere a questo tipo di cure (nonostante alcuni episodi a mio parere preoccupanti).


Di recente la situazione è peggiorata parecchio.
Per via del covid non riusciamo a vederci dallo scorso anno (prima eravamo bene organizzati: io andavo la due volte all'anno, quando potevo prendere ferie, e lei rientrava in italia due volte all'anno), là al di la di una coinquilina anch'essa italiana non ha alcun legame di amicizia o conoscenza con nessuno, ed il lavoro si è fatto particolarmente stressante, perchè vive in un ambiente molto esigente, tra l'altro caratterizzato dalla freddezza e dal distacco tipicamente orientale.
Dopo un periodo caratterizzato da insonnia, attacchi di panico e, mi ha rivelato, pensieri suicidi, finalmente si è decisa a contattare uno specialista.


Tramite un gruppo facebook di expat occidentali in giappone è riuscita a farsi consigliare una clinica il cui personale parla inglese.
Ha preso appuntamento e dopo un primo colloquio la dottoressa le ha chiesto se fosse disponibile ad un approccio di tipo farmacologico.
Ha deciso di accettare (in cuor mio ho sempre pensato che forse sarebbe stato necessario l'aiuto di un farmaco) e la dottoressa le ha prescritto, visto che tra i sintomi lamentati c'era anche l'insonnia, Mirtazapina.
E poi appuntamenti settimanali di follow up.


La prima settimana è andata bene, purtroppo a partire dalla seconda si è manifestata una spossatezza irresistibile, quasi pregiudicante l'attività lavorativa, oltre ad un aumento incontrollato dell'appetito (che le ha riscatenato la vecchia ossessione mai sopita di ingrassare).
Al terzo appuntamento la dottoressa le ha quindi sostituito la Mirtazapina con Duloxetina.
La fame si è subito placata e durante la prima settimana tutto è andato bene, l'ho anche sentita piuttosto tranquilla al telefono.
Purtroppo di nuovo, alla seconda settimana si è presentato un effetto indesiderato: tachicardia e palpitazioni.
Telefonato alla dottoressa questa le ha fatto immediatamente sospendere il farmaco e all'incontro successivo le ha prescritto Escitalopram, che ha iniziato ieri.
Mi rendo conto sia difficile valutare tramite resoconto, ma volevo sapere se ritenevate corretto l'approccio dei colleghi giapponesi
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Troppe variazioni nel breve termine.

Alcuni effetti sono noti nelle prime settimane per cui cambiare in continuazione senza attendere gli effetti terapeutici non ha molto senso.

Oltretutto per poi giungere ad una terapia semplice che poteva essere prescritta sin dall’inizio.


Dr. F. S. Ruggiero

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