Fluoxetina

Buongiorno
mia figlia 19 anni è ricoverata in un istituto per adolescenti in difficoltà.
La decisione di rivolgersi ad un istituto è stata presa da lei stessa in quanto dopo 4 anni di difficoltà ad affrontare la sua vita scolastica, sociale, con autolesionismo e priva di motivazione e nonostante 2 psicologi senza alcun risultato, ha chiesto espressamente di voler tentare con un ulteriore tentativo.

Ha terminato la scuola lo scorso anno con molte difficoltà a livello sia di relazione che di motivazione nonostante per due anni abbia avuto il Bes ma non è stata mai effettivamente aiutata dalla scuola.

Doveva intraprendere un percorso universitario ma si è sentita bloccata e non è riuscita ad iniziare nessun tipo di percorso, nemmeno lavorativo.

Tutto il giorno lo passava con cellulare e tablet al fine di occupare la mente per distogliere i suoi pensieri.
Ha iniziato anche il percorso per prendere la patente ma senza successo per ben due volte e questo ha ulteriormente peggiorato la sua situazione dove i fallimenti ora le pesavano talmente tanto da bloccarsi e richiedere l'aiuto ad un istituto.
Una volta entrata, però consapevole di dover intraprendere un percorso sicuramente difficile, già il giorno successivo era disperata e voleva assolutamente uscire.
Contraria alle dimissioni abbiamo cercato di convincerla a rimanere e tentare di proseguire.
il suo stato psicologico però è peggiorato di molto.
Tutto il giorno a piangere, ha iniziato i colloqui con la neuropsichiatra e la piscologa, ha iniziato anche le attività previste, anche se non tutte.

Per diversi giorni non è riuscita a mangiare assolutamente nulla, aveva anche attacchi di panico (a casa non ne aveva) e le venivano somministrati farmaci calmanti.
ora però la neuropsichiatra l'ha convinta di iniziare una terapia farmacologica di Fluoxetina.
Solo successivamente ha chiesto a noi genitori di dare l'autorizzazione.
essendo contraria però ai psicofarmaci, per i numerosi effetti collaterali tipo rischi suicidari, ho negato il consenso momentaneamente andando contro la dottoressa stessa e soprattutto provocando in mia figlia un odio verso di me, rifiutandosi anche a parlarmi al telefono oltre a peggiorare il suo stato.

Ho dovuto quindi accettare e autorizzare la terapia ma contro la mia volontà, solo per paura di peggiorare lo stato depressivo di mia figlia.

Preciso che a casa non era così grave la sua depressione, ma è peggiorata una volta iniziato il ricovero soprattutto trovandosi a confronto con gli altri pazienti più gravi di lei.
L'autolesionismo era più grave all'inizio di questo periodo, ossia i primi due anni.
Forse aveva ancora qualche episodio sporadico.
Chiedo se è corretto che la neuropsichiatra abbia convinto mia figlia ancora prima di chiedere a noi e a questo punto qual è la decisione migliore da prendere considerando che io ritenevo più risolutivi i colloqui con gli specialisti dell'ospedale.

Inoltre chiedo se effettivamente il farmaco possa portare al suicidio.

grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Ho dovuto quindi accettare e autorizzare la terapia ma contro la mia volontà, solo per paura di peggiorare lo stato depressivo di mia figlia."

Non ho capito esattamente: se lo ha fatto per non far peggiorare sua figlia (esattamente come il mHedico presumo) perché questa non era la sua vera volontà ?

Non ho poi capito: i calmanti andavano bene, la fluoxetina no . Perché ? Dice che è contraria agli psicofarmaci ? E quale è il motivo ? Perché hanno effetti collaterali ?
Anche un antibiotico ne ha, uno può prenderlo e morire per un a reazione allergica. Quindi rifiuta anche di dare quelli se servono, o è un rifiuto diretto solo verso alcuni psicofarmaci da Lei selezionati (tipo i calmanti vanno bene, la fluoxetina no).

A me sembra che cerchi di fare un discorso mirato a dire che sarebbe meglio non usare medicinali, ma in tal caso in pratica si lascia la malattia a sé.

Sul piano etico, se sua figlia ha 19 anni in realtà il consenso dei genitori non è richiesto. A meno che non sia sottoposta a tutoraggio per una incapacità di intendere e volere, o un handicap grave. Certo, di solito i genitori sono coinvolti e si ha piacere che siano pienamente d'accordo.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie per la sua risposta.
Non sono del tutto contraria ai farmaci, nemmeno agli antibiotici ( se pur sono anche risultata allergica ad un principio attivo nonostante ne abbia assunti pochissimi nella mia vita). So che sono fondamentali per certe malattie.
Ma leggendo un po ovunque i psicofarmaci vengono ultimamente dati con troppa facilità. E ancor peggio leggo che sono spesso poco efficaci oltre a dare moltissime controindicazioni tipo rischio suicidario. Mia figlia prima di entrare non era cosi depressa. Ha frequentato la scuola se pur con molte difficoltà e senza aiuti.....ha un ragazzo....ha delle amiche con cui esce.
Attacchi di panico li ha avuti....non molti e durante il periodo scolastico.
Ha avuto 2 psicologhe con terapie durata 3 anni senza successo. Ha avuto due neuropsichiatri he non hanno mai ritenuto necessario prescrivere psicofarmaci. Ora invece, una volta entrata, è davvero caduta in depressione. Sarà forse per il blocco che aveva ma cho lo dice che non sia per la situazione pesante che sta vivendo a contatto con casi molto piu gravi, oppure perche la prima settimana è stata abbandonata a se stessa, oppure per crisi di astinenza da internet e dal cellulare?
Non lascio assolutamente la malattia a sé anzi...se c e da intervenire con farmaci ben vengano ma mi fanno paura eventuali controindicazioni che possono saltar fuori anche dopo il ricovero. Una volta a casa sarà da sola quasi tutto il giorno in quanto figlia unica con genitori al lavoro.
Ci sarà sicuramente un altro appoggio psicologico esterno ma non vivrà con lei. E poi mi chiedo è possibile che una buona terapia psicologica possa dare maggiore efficacia? Il farmaco lo ritengo piu una stampella che rischia di rimanere per sempre cone dice un noto psicologo. Sono convinta che in questi casi la soluzione viene da dentro. Un farmaco la fa stare solo piu su di morale ma non risolve il suo vero problema.
Inoltre mia figlia avrà 19 anni... ma mi sembra corretto chiedere prima a noi visto che il suo stato ora la porterebbe ad accettare qualsiasi soluzione senza avere la capacità di ragionare. Non intendo che sia incapace di intendere e di volere ma in questo momemto si trova in una situazione forse poco lucida, disperata.
Spero di essere stata chiara
Grazie
[#3]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Ma leggendo un po ovunque i psicofarmaci vengono ultimamente dati con troppa facilità"

No, spesso il contrario. La troppa facilità è il risultato di un pensiero che li vorrebbe da dare con il contagocce e solo in casi limite, ovvero da evitare il più possibile.

"E ancor peggio leggo che sono spesso poco efficaci oltre a dare moltissime controindicazioni tipo rischio suicidario"

No. "Moltissime controindicazioni" presumo significhi "effetti collaterali". che sono sempre elencati in quantità nei foglietti di tutti i farmaci. Elencano il rischio suicidario, anche perché se una persona dovesse appunto fare un gesto del genere, potrebbe verificarsi soprattutto nelle prime fasi di uso del farmaco, anche se non ci sono statistiche sicure sul fatto che sia un effetto indotto. Va tenuto conto che esiste un rischio di suicidio legato alla diagnosi in sé. E' come dire che dopo aver iniziato la cura può venire un attacco di panico, trattandosi di farmaci che curano gli attacchi di panico come risultato finale.
Comunque, non so quali siano le sue fonti, ma se sono letture libere su internet, chiaramente troverà informazioni spesso discutibili, copiate senza controllo e date per buone in base a pregiudizi o tendenze culturali.

Se quindi la sua posizione è che "ben vengano" ma ne ha ha molta paura, non è chiaro allora che posizione abbia.
"E poi mi chiedo è possibile che una buona terapia psicologica possa dare maggiore efficacia?"
Ma non si chiede il contrario, in realtà perché vorrebbe che fosse non farmacologica. E chi ha stabilito che una terapia non farmacologica non favorisca gesti suicidari ? Nessuno si pone semplicemente il problema. Così come quando i medici le dicono che non c'è bisogno di farmaci: Lei accetta la cosa perché coincide con il suo pensiero, non perché verifica che così debba essere.
Quando entrano in ballo i medicinali, su quelli sintomatici lascia fare, su quelli veri inizia a raccogliere informazioni, con l'effetto di valutare una pericolosità. Che non siano efficaci lo dicono alcuni, evidentemente però non gli studi fatti sui pazienti.
[#4]
dopo
Utente
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Grazie per la risposta dott. Pacini