Ansia e depressione: psicoanalisi o psicoterapia?

Gentili dottori,
ho 27 anni e dal 2002 sono in cura presso una brava psichiatra seguendo una terapia di Paroxetina per curare dei disturbi di ansia e panico che mi affliggono sin da quando ero ragazzina. Nonostante negli ultimi anni abbia riscontrato un notevole miglioramento, anzi oserei dire una guarigione completa dalle mie ansie (con 2 compresse di Eutimil al giorno ho fatto cose per me inimmaginabili), tuttavia recentemente ho avuto una pesante ricaduta depressiva forse dovuta all’abbassamento quasi completo del farmaco (1/4 al giorno), e dalla quale sto lentamente riemergendo con il riaumento del dosaggio (1 al giorno).
Sento molto parlare di attacchi di panico oggi, e confrontandomi con quello che sento e leggo ho realizzato che il mio è un caso “particolare” di panico: non temo di morire o impazzire ma di vomitare, e ciò mi accade prevalentemente quando sono in compagnia di persone che non siano i miei genitori o il mio fidanzato. Sono un tipo molto riflessivo e rimuginativo e sento che il mio malessere possa derivare da disagi psicologici che mi porto dietro sin dall’infanzia: il timore di separarmi dai miei genitori per andare a scuola o in altri posti credo sia lo stesso che si manifesta ancora oggi nelle mie paure di uscire di casa a stomaco pieno e di relazionarmi con le persone che mi circondano. Sento l'esigenza di parlare parlare parlare con qualcuno che sia capace di comprendermi dal punto di vista umano e professionale. Ci sono molte cose del mio passato e del mio presente che vorrei capire; sicuramente il legame con i miei familiari ha influito notevolmente (e continua a influire) sui miei stati d'animo. Avverto che i miei stati di panico risalgono alla mia infanzia, così come la reazione del vomito, con la quale richiamavo l'attenzione dei miei genitori che venivano a scuola a prendermi per riportarmi a casa. Tutto si collega con l'ansia da separazione dalla casa e dalla famiglia che ancora non riesco a risolvere. Porto tante paure dentro di me che evidentemente le serotonina riesce a placare, ma non a eliminare.
Sto pensando di iniziare a fare della psicoterapia, perché voglio capirmi meglio, voglio capire che origine hanno le mie paure e come combatterle anche senza l’aiuto di farmaci; ma in merito sono un po’ confusa.
- Posso fare psicoterapia contemporaneamente all’assunzione di Paroxetina, che almeno per ora non mi sento in grado di smettere?
- Nel mio caso sarebbe meglio rivolgermi a uno psicologo/psicoterapeuta o a uno psicoanalista?che differenza c’è nella loro terapia?
- E’ vero che la psicoterapia è un’esperienza molto dura e che porta a stare ancora peggio?
- Potreste consigliarmi qualche bravo psicoterapeuta/psicoanalista che opera a Pescara?
Grazie di cuore
Cari saluti
[#1]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 40.9k 995 63
Gentile utente,

innanzitutto e' necessario che ne parli con la sua psichiatra per valutare la possibilita' di cambiare farmaco o continuare con il trattamento con paroxetina.
La valutazione del tipo di analisi da intraprendere e' da valutare in funzione dei sintomi e del tipo di diagnosi.
Inoltre, sarebbe preferibile integrare il suo trattamento con una psicoterapia cognitivo-comportamentale.

Cordiali Saluti
Dr. F.S. Ruggiero

http://www.francescoruggiero.it

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[#2]
Attivo dal 2006 al 2008
Psicoterapeuta, Medico di medicina generale
Gentile utente,
accanto alla terapia farmacologica, consigliata dalla sua psichiatra, credo utile iniziare psicoterapia cognitivo-comportamentale, come suggerito dal collega Dott Ruggiero.
La psicoterapia è un percorso terapeutico, che ha come obiettivo la risoluzione del disagio, il nascere di nuovi comportamenti atti a superare le proprie ansie ,timori.
L'approccio è diverso a secondo delle varie Teorie Psicologiche, ma al centro c'è sempre il Soggetto, il rapporto col terapeuta,il Piano Terapeutico.
Come in ogni Terapia, ci saranno momenti di ansia , stati di benessere psicofisico, insiti nel percorso terapeutico,e comunque sempre esplorativo ,conoscitivo,risolutivo.
Con i migliori auguri la saluto

Dott.ssa I. Di Sipio
[#3]
Dr.ssa Chiara Cimbro Psicologo, Psicoterapeuta 124 3
Gentile utente,
concordo con il parere espresso dai colleghi.
Parli con l'attuale medico curante e poi scelga se e quale psicoterapia seguire.

Nel caso optasse per una terapia cognitivo comportamentale, a Pescara c'è una scuola importante e diversi validi terapeuti di quell'orientamento.
Se avesse bisogno di qualche nominativo mi contatti all'indirizzo:
chiacimbro@libero.it

Cordialmente,
Dr. Chiara Cimbro.

Dott.ssa Chiara Cimbro
Psicologa Psicoterapeuta

[#4]
dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio per le Vostra cortesia,
Cordiali saluti
[#5]
Dr.ssa Roberta Cacioppo Psicologo, Psicoterapeuta 340 11 2
Gentile utente,
la scelta del tipo di psicoterapia da intraprendere è importante, perchè scegliere un indirizzo piuttosto che un altro (ad esempio cognitivo-comportamentale vs analitico) può cambiare decisamente il tipo di lavoro che si può intraprendere.

Si consigli con la sua psichiatra, ma mi sembra proprio che lei sia arrivata a un punto in cui una presa in carico psicoterapeutica può esserle molto utile. Lei stessa ha scritto che prova il desiderio di conoscersi e di andare più a fondo nelle questioni che tant l'hanno fatta soffrire negli ultimi tempi.

Peraltro, dalle cose che ha scritto e dal modo in cui lo ha fatto, mi sembra che lei abbia una discreta consapevolezza delle sue emozioni e del suo mondo interiore. Proprio per questo non sarei così rigida sull'idea di una terapia cognitivo-comportamentale: potrebbe anche consultare uno specialista di indirizzo psicoanalitico!

In ogni caso, se si troverà di fronte un professionista serio, sarà lui stesso a consigliarla indirizzandola eventualmente da un collega ritenuto più idoneo per il tipo di richieste da lei fatte o per la sua diagnosi.

Non esiste una terapia valida in assoluto per una determinata patologia, ma esistono terapie efficaci a seconda della persona, delle sua caratteristiche intime, della sua motivazione e dei suoi scopi.

Ultima cosa... non è vero che la psicoterapia è un lavoro che porta a stare peggio! Certo: è un lavoro, è un processo continuo che si svolge tra terapeuta e paziente e che può far alternare momenti di sollievo ad altri in cui possono emergere contenuti o affetti dolorosi. Ma è proprio affrontando direttamente determinate situazioni e vivendole insieme al proprio terapeuta che è possibile conoscersi più a fondo, cambiare prospettiva e acquisire maggior consapevolezza.


Roberta Cacioppo - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa clinica -
www.psicoterapia-milano.it
www.sessuologia-milano.it

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