Crisi rapporto terapeutico

Salve,vi scrivo perchè mi trovo in un momento di difficoltà con la psicoterapia.Sto facendo psicoterapia di tipo psicodinamico da 7 anni in seguito a una grave depressione contrastata con farmaci.Attualmente ho 28 anni e vivo in famiglia.Studio psicologia,ho preso la laurea triennale quest'anno dopo 5con tanta fatica a causa della mia ossessività.Il rapporto terapeutico è andato bene fino a due anni fa,quando c'è stato un grande momento di stallo,durato un anno e su cui abbiamo lavorato.Il tutto perchè avevo sentito un semplice messaggio come distante e segno di abbandono.In quell'anno molto duro io e la mia terapeuta abbiamo passato molte sedute di silenzio analitico, dove c'era gran rabbia da parte mia e incapacità di parlare.Col tempo e lavorandoci ce l'abbiamo fatta a superare questo "nodo".Intanto nel frattempo 3 anni fa, col raggiungimento di una mia parziale indipendenza i miei genitori si sono separati a dimostrazione che ero una figlia che faceva da collante.Quest'anno, proprio prima della pausa estiva, la mia terapeuta accetta un lavoro a tempo indeterminato presso un D.S.M. a 80 Km da dove abito e purtroppo è costretta a chiudere la partita Iva e l'ambulatorio privato. Abbiamo fatto due sedute nel D.S.M. dove lavora in cui ho lamentato che non mi piaceva il posto e che non mi sentivo privilegiata come nello studio privato.Allora, per venirmi incontro mi ha offerto una seconda possibilità, cioè di andare in una stanza del suo appartamento appositamente adibita come fanno tanti analisti. In quel caso la sede sarebbe a 2o minuti da dove abito.Il problema è che sono dipendente economicamente dai miei genitori separati e percepisco un assegno di mantenimento.Finora le spese mediche, con tanto di ricevuta sono state divise a metà dai miei genitori;ma questa volta, un po' per rivendicarmi,non volevo fargli sapere che continuavo la terapia e non avrei presentato nessuna ricevuta.Così,mi sentivo di accettare la proposta della dottoressa di andare a casa sua a continuare la terapia, pagando un po' di più e nascondendo questo segreto ai miei.Prima di prendere questa decisione lei ne ha voluto parlare e mi ha chiesto:"ma siamo sicuri che poi con la tua aggressività in un momento di rabbia mi rovesci tutto contro e diresti ai tuoi questa cosa, mettendo in pericolo la nostra relazione e me?Perchè sappiamo che tuo papà ha sempre fortemente attaccato il setting fin dall'inizio con la storia delle ricevute, mi voleva dare consigli,non si è mai fidato,ecc. e quindi con un niente potrebbe rovinarci/mi?".Io le ho risposto che non le garantivo nulla e non sapevo come potrebbe andare a finire,conoscendomi un po'.Così mi ha messo di fronte a una scelta,ha detto che sentiva una grande rabbia controtransferale e che avrei dovuto pensarci da sola a come proseguire e di chiamarla quando avevo deciso.Mi ha detto che questa terapia subisce degli STOP paurosi e che questa volta non ci avrebbe lavorato nuovamente sul "nodo".Lei ha fatto il possibile.Cosa ne pensate?
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Attivo dal 2009 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta

Gentile Utente

A quanto pare il conflitto che lei ha instaurato con la collega Terapeuta sembra che non si sia mai condiviso.
La relazione terapeutica va di pari passo con i vs umori cosi come gli umori della terapeuta.
Da ciò si evince che la cosidetta empatia cosi tanto cara a noi terapeuti può trasformarsi in antipatia per polarità.

Ora Lei studia psicologia come Lei saprà gli orientamenti terapeutici sono tantissimi, quindi ogni orientamento presenta vantaggi e limiti con ciò voglio dire che non tutti i disturbi vanno bene per un orientamento cosi come non tutte le persone possono fare psico-analisi.

IO rimango personalmente dell' idea cosi come un grande terapeuta della Gestalt( F.Perls) ammetteva: la relazione terapeutica tra paziente e terapeuta deve essere molto vicina più che all'empatia alla simpatia...

A parte ciò io credo personalmente che Lei debba parlare alla sua terapeuta dei suoi dubbi e di come lei si sente.


Inoltre a rigor di consulto legga questo post sugli orientamenti lo trovera interessante.

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html


Saluti
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dopo
Utente
Utente
Che conflitto intende? Per un anno intero ci siamo passate, lavorando sulla così chiamata "nevrosi di transfert" ed ora che si è ripresentata, probabilmente a causa della mia rabbia nei suoi confronti perchè si è trasferita per lavoro, non è più disposta a lavorarci. Forse perchè ha creato in me e in lei molta angoscia e crisi...Quell'anno è stato davvero molto molto duro. Ora siamo rimaste che ci devo riflettere almeno 15 giorni da sola e richiamarla quando ho deciso cosa fare, se andare nel servizio del D.S.M. oppure in una stanza del suo appartamento. Mi ha sottolineato che lei non ha voluto abbandonare nessuno e che mi è venuta incontro al massimo dal punto di vista etico, offrendomi ben due possibilità. Ma anche l'idea del continuare la terapia a casa non le è sembrato che io l'avessi accolta di buon grado perchè in fondo penso e ho interiorizzato che è una cosa che non può essere fatta. Probabilmente sì, ma avrei abbozzato, pur di averla più vicina, ma lei non vuole che sia un ripiego. Poi mi ha detto che parlavo della terapia in termini molto concreti, del tipo "mi conviene questo,non mi conviene perchè..." e gli affetti erano stati messi da parte, come anche l'affetto di riincontrare una persona cara dopo tanto tempo in un nuovo posto, tutto ciò mi ha sottolineato che non c'era.Ed io le ho risposto che prima volevo capire come organizzare dove continuare la psicoterapia,chi l'ha detto che non provo più affetto per lei?
Sono tanto pensierosa,come faccio a tornare lì da lei senza aver preso una decisione ed esporre ancora una volta gli stessi dubbi della seduta scorsa?Questa volta mi ha detto che non potrà aiutarmi e devo sbrigarmela da sola e che pretende assoluta convinzione.Boh?Forse mi avrà anche provocato.Ma non so.Cosa ne pensate?
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 121
(..)Sono tanto pensierosa,come faccio a tornare lì da lei senza aver preso una decisione ed esporre ancora una volta gli stessi dubbi della seduta scorsa?Questa volta mi ha detto che non potrà aiutarmi e devo sbrigarmela da sola e che pretende assoluta convinzione....

""BOH""?

Forse mi avrà anche provocato.

Ma non so.Cosa ne pensate? (..)

Gentile utente può accadere che la telazione terapeutica possa degenerare in un sottile processo inutile, per i fini terapeutici, difficilmente identificabile. Quando , a distanza di anni, si evidenziano certe dinamiche come quelle da lei riportate e da me sottolineate in apertura di questa risposta
, sembra che un cambiamento diventi necessario.
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#4]
dopo
Utente
Utente
@Dr. Armando De Vincetiis:
Sono d'accordo con lei che un cambiamento è necessario, ma in che direzione? Lo so che la risposta è soltanto dentro di me. Per una volta che mi sentivo di accettare una mano dalla dottoressa senza problemi e senza pensieri finalmente, mi ha messo tanti di quei dubbi con l'ultima seduta, come se non si fidasse di me e della mia distruttività. Lei mi ha detto che ha voluto solo mettere sul "piatto" queste cose e parlare delle conseguenze, ma io non ci avevo minimamente pensato e mi fidavo. Avrei creduto in questo accordo, nonostante tutto, pur di averla più vicina e creare più intimità. Ma in questo modo mi ha veramente messo in crisi. E' vero che sono tanto arrabbiata per il fatto che ha lasciato il vecchio lavoro e lo studio privato ma purtroppo non ci posso fare nulla ed è la realtà, ma non mi sento molto compresa.

L'ultima frase che ha riportato ("Sono tanto pensierosa,come faccio a tornare lì da lei senza aver preso una decisione ed esporre ancora una volta gli stessi dubbi della seduta scorsa?Questa volta mi ha detto che non potrà aiutarmi e devo sbrigarmela da sola e che pretende assoluta convinzione.Boh?Forse mi avrà anche provocato.Ma non so.") era per rispondere al collega Dr. ELTON KAZANXHI che mi ha detto di parlare dei miei dubbi e di come mi sento con la dottoressa e di questo conflitto, ma come faccio se vuole che ritorno da lei con una decisione? Ecco perchè ho risposto così.

Saluti
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 121
quando parlo di cambiamento, parlo di cambiare terapeuta e magari approccio. Ha già fatto una lunga esperienza terapeutica con questa, se ha ottenuto qualcosa di buono non rischi di inficiare anche questo. Il rapporto ormai sembra, in certo modo, intaccato o divenuto poco terapeutico. Cominci con una nuova e , magari, con un approccio più breve e più direttivo.
Legga l'articolo che le ha consigliato il
collega.
saluti
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dopo
Utente
Utente
Ma come mai non l'ha detto la terapeuta? Prima della pausa estiva mi ha detto che un altro annetto di terapia ce l'avrebbe visto...Io qualche fantasia sul fatto che da questa relazione non ci posso trarre più molto ce l'ho...però magari è da terminare prima il processo..Cosa ne pensa?
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 121
Gentile ragazza, se lei ritiene che il "processo" si stia rivelando particolarmente fruttuoso sotto l'aspetto terapeutico (nel senso di una maggiore serenità, l'affievolimento di eventuali sintomi di disagio) allora continui pure, ma se ritiene che tutto questo non ci sia, che i rapporti tra costi e benefici siano squilibrati più verso i costi, allora meglio concludere e rivolgersi altrove.
saluti
[#8]
dopo
Utente
Utente
Capisco, la ringrazio. L'unica cosa da fare è pensarci su e riflettere...
Cordiali saluti
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Attivo dal 2009 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Utente

Come avrà visto le risposte date dai colleghi sono le stesse per tutti.
Sembra che sia arrivato il momento di fare un cambiamento,certamente tanti anni di analisi avranno instaurato in lei molta insicurezza(almeno questo è quello che sento io personalmente)
Personalmente penso che cambiare metodo orientamento ecc male non le faccia.


Affetuosamente
[#10]
dopo
Utente
Utente
Io personalmente non mi sento di intraprendere un altro percorso e lasciare la dottoressa così, sparendo e non chiamarla più...Vorrei ultimare il percorso di terapia, per quello che c'è da ultimare, solo che ho dei problemi ad accettare dove vederla. In questi giorni cambio continuamente idea, un giorno dico: ok nell'ambulatorio del DSM è più lontano ma anche più sicuro per la mia aggressività però si crea molta più distanza. Il suo appartamento è un'ottima soluzione, ma devo trovare un alibi che mi protegga dal fatto che sarò assente da casa un giorno a settimana sempre alla stessa ora. Soprattutto verso mia madre, non credo che se lo sapesse o se venisse a sapere che nascondo questa cosa avrebbe una bella reazione. Anche perchè finora i miei mi hanno sostenuto economicamente per la psicoterapia, ma pretendendo le ricevute. Papà si può tenere in qualche modo all'oscuro perchè non abita più con noi (i miei sono separati dal 2007, cioè da quando io sto meglio e non sono più la figlia malata che faceva da collante).Ma se mia madre scoprisse il tutto la prenderebbe malissimo, penso, perchè si sente presa in giro anche da me (anche papà ha nascosto la verità per qualche tempo trovandosi un'altra donna).Quindi mia madre odia essere presa in giro da chiunque,quindi immaginate già da mio padre e da me che non le direi dove vado una volta a settimana.Io mi sentirei di andare nell'appartamento della dottoressa,se fosse per me e se fossi libera,ma l'invischiamento è tanto e potrebbe compromettere il tutto.Dovrei trovare un alibi e non potrei permettermi di raccontare qualche momento di difficoltà con la dottoressa a mia madre.Sentirei di raccontarle anche questo momentaccio di solitudine che sto vivendo,ma credo che non dovrebbe essere salutare per me. Sarà una scelta per la mia autonomia...
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> Sarà una scelta per la mia autonomia...
>>>

Scusi, di quale autonomia sta parlando? La sua autonomia consisterebbe nel continuare a dipendere dalla sua terapeuta? Mi faccia capire meglio.

Si sta preoccupando di come fare a tenere all'oscuro della situazione i suoi genitori, che la sostengono economicamente per la terapia, pur di continuare ad andare da lei, anche se non sta ottenendo risultati? Oppure ho capito male?

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#12]
dopo
Utente
Utente
Sto parlando della mia autonomia dai genitori, di non poter fare come mi sento...Perchè dite che non sto ottenendo i risultati?Io sinceramente mi sento più serena da quando sono stata malissimo, anzi ho lavorato su molte aree e mi piacerebbe limare ancora un po' il lavoro su quello che è rimasto...
Solo che questa volta, la dottoressa mi ha messo di fronte a una scelta e la devo fare da sola: se seguirla nell'ambulatorio del D.S.M. a 80 Km da qui oppure la soluzione più intima del suo appartamento a 20 minuti da casa. Ha visto che sono troppo resistente e poco convinta per i motivi che ho spiegato sopra e mi ha detto che questa volta il "nodo" me lo devo sciogliere da sola e richiamarla quando ho deciso.La soluzione dell'appartamento sarebbe una scelta di autonomia dai miei genitori, di svincolamento, ma dovrei stare attenta a non rivelarlo,anche perchè me la pagherei da sola, con l'assegno di mantenimento che percepisco da mio padre (i miei sono separati).Nell'andare al D.S.M. sento di aderire al modello genitoriale, come dire, che l'idea dell'appartamento è sbagliata e allora andrei nell'ambulatorio del D.S.M. che è più regolare dal punto di vista legislativo...Di fatto anche del D.S.M. non direi nulla ai miei, per non mostrare più ai miei che non sono malata.