Come vivere una vita dignitosa?

Salve.Ho 26 anni.
Ho consultato vari posicologi sin da 18 anni- adolescenza introversa, bravo a scuola e nelle mie attività,una frana in campo sociale,grande bisogno di affetto e qualche tentativo di suicidio.
A 22 anni inizio una psicoterapia analitica, ancora in corso (incontri perlopiù 1 volta a settimana,se non 2 a settimana o uno ogni 15 dì).Problemi per cui mi sono rivolto all'analista:dopo un abuso subito da mio cugino all'età di 6 anni avevo sviluppato un certo istinto parafilico;ogni tanto avevo idee deliranti, simili a quelle di mia sorella schizfrenica(anche se riuscivo a razionalizzare) e quindi provavo una costante paura di impazzire; difficoltà negli studi, pur essendo dotato.
A distanza di 4 anni ormai non ho più impulsi perversi e i pensieri bizzarri sembrano-sembrano- essere diminuiti.
Tuttavia si sono ripresentati e continuano tentativi di suicidio ed episodi di depressione piuttosto frequenti,in seguito ad eventi stressanti: fine di una relazione sentimentale(recentemente),separazione dei genitori. Per questo da tre anni sto seguendo una farmacoterapia: finora mi sono affidato a un neurologo,e per un certo periodo son stato bene,poi i problemi sono ricominciati,e ora da circa un mese ho iniziato a prendere antidepressivi e stabilizzatori dell'umore prescritti da uno psichiatra.
Nel rapporto analitico, è emersa mancanza di fiducia,tendenza a controllare la terapia, difficoltà a rispettare il setting - pensiero di interrompere, richiesta di aumentare e diminuire sedute senza seguir l'ordine concordato, telefonate al terapeuta in momenti difficili,telefonate ad altri terapeuti per chiedere conferme sulla bontà della terapia.
Questi atteggiamenti hanno portato a logorare il rapporto:lo psicologo ha posto la fine dell'analisi tra un anno.
Secondo lui sono fermo alla fase orale,ho pochi "oggetti buoni" e sono invidioso nel senso kleiniano,manco di capacità di prendermi cura della relazione.
Attualmente trascorro il tempo stando in casa,qualche volta esco con gli amici e ne ricavo un certo piacere. Mi accompagnano dolorosamente il pensiero della fine dell'analisi e quello di non aver risolto nodi fondamentali riguardanti la relazione:fiducia, paura dell' abbandono, accettazione dell'omosessualità ("ho bisogno d'amore, penso,ma molti omosessuali non cercano o non sono capaci di relazioni stabili"),tendenza alla depressione,idea del suicidio,incapacità di lavorare e realizzarmi,incapacità di sopportare sofferenze.
In analisi mi pare che l'analista non abbia più obiettivi e che le nostre sedute ormai siano incentrate sulla fine o sull'elaborazione dei risultati e dei fallimenti.Ho la sensazione che lo psicologo mi dica: Tutto quel che potevamo fare è stato fatto,non rimane che accettare.
Voglio continuare a crescere per una vita "dignitosa".E' possibile superare i miei blocchi?Leggendo su internet,ho pensato di poter essere un borderline...se fosse così,forse dovrei recarmi da un terapista esperto in tal senso?
Grazie!
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 123
(..)lo psicologo ha posto la fine dell'analisi tra un anno.(..)
(..)In analisi mi pare che l'analista non abbia più obiettivi e che le nostre sedute ormai siano incentrate sulla fine o sull'elaborazione dei risultati e dei fallimenti(..)

gentile ragazzo per elaborare il fallimento lo psicologo prende un anno di tempo?
Vista la mancanza di un progetto ben definito e l'ammessa difficoltà del suo psicologo eviterei di prolungarla così a lungo con un ulteriore dispendio economico.
Una nuova valutazione psichiatrica e psicologica la vedrei più utile per ridefinire diagnosi e terapia. Per quel che riguarda l'analsi forse un nuovo terapeuta con un nuovo approccio dovrebbe essere preso in considerazione.
le consiglio questo articolo
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

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Utente
Utente
Dr De Vincentiis,
la questione è questa: emotivamente non riesco a porre fine all'analisi perché sono troppo legato allo psicologo e ho paura dell'abbandono; razionalmente, lasciare quest'analisi mi pare una sconfitta: mi ritroverei con gli stessi problemi, non solo la depressione - che comunque c'è- ma le difficoltà relazionali, se non peggiorati.
In me non sono avvenuti cambiamenti che mi paiono fondamentali se voglio vivere sufficientemente bene.
Che terapeuta contattare, altrimenti? Io credo nell'analisi del profondo - per mia "formazione" personale;ma forse occorrerebbe anche una terapia di gruppo, perché da sola la terapia individuale non mi assicura il per me necessario sostegno.
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 123
(..)In me non sono avvenuti cambiamenti che mi paiono fondamentali (..)

non avverte cambiamenti, il suo psicologo ammette questa impossibilità di ottenere risultati significativi

(..)In analisi mi pare che l'analista non abbia più obiettivi e che le nostre sedute ormai siano incentrate sulla fine o sull'elaborazione dei risultati e dei fallimenti (..)

e prendersi un anno per questo mi sembra un tantino poco sensato.

(..)lasciare quest'analisi mi pare una sconfitta (..)

questa è una trappola che la tiene incollata verso un qualcosa che, ormai, non le da più alcun giovamento. In questa situazione la stessa analisi sta diventanto un tentativo di soluzione che incrementa il problema.

la vera sconfitta è insistere con ciò che non sta funzionando, cambiare significa valutare nuove risorse.
saluti
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dopo
Utente
Utente
Salve.
Innanzitutto grazie per le indicazioni.
Ho incontrato altri terapeuti, ma non credo di voler iniziare un percorso con loro: un'analista che mi era stata consigliata, molto umana, mi ha detto che "coi problemi si convive", e io non voglio intraprendere un percorso non volto al cambiamento; una psicologa cognitivo - comportamentale mi ascoltava poco ed era alquanto invadente.
Non è facile la ricerca di uno psicologo che faccia per me.
Ho scritto una mail al dottor Cancrini di Roma, che dovrebbe concedermi un incontro.

Continuo ad andare dal mio analista, al quale ho chiesto indicazioni su altre terapie; egli ha risposto che la mia proposta di far terapia con una donna e contemporaneamente di lavorare in gruppo gli parevano interessanti. Altro senso di sconfitta: mi pare di aver ripetuto il copione della mia vita: mia madre mi ha rifiutato e io sono stato affidato alle cure di altri.
Mi tormentano i limiti che l'attuale analista mi attribuisce: incapacità di amare, mancanza di fiducia, tendenza a chiudermi nei momenti difficili.
Mi tormenta il pensiero che la sua reazione -chiusura della terapia-possa aver riconfermato vecchi schemi, senza risolvere il mio problema, anzi peggiorandolo! Percepisco da parte sua una terribile mancanza di fiducia nelle mie possibilità di crescita!
Vedo dinanzi a me una vita di insuccessi.
Perdonatemi, ma non riesco a capire più niente, cosa succede?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Mi tormentano i limiti che l'attuale analista mi attribuisce: incapacità di amare, mancanza di fiducia, tendenza a chiudermi nei momenti difficili.
Mi tormenta il pensiero che la sua reazione -chiusura della terapia-possa aver riconfermato vecchi schemi, senza risolvere il mio problema, anzi peggiorandolo! Percepisco da parte sua una terribile mancanza di fiducia nelle mie possibilità di crescita!"

Gent.le ragazzo,
se lei avverte una mancanza di fiducia da parte del suo terapeuta significa che il vostro rapporto è definitivamente compromesso, sopratutto perché lei sembra dipendere dal giudizio del suo analista e si colpevolizza, quindi sta andando nella direzione opposto a quella che le consentirebbe di acquisire fiducia nelle sue risorse personali, uno degli obiettivi fondamentali in qualsiasi psicoterapia.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#6]
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Utente
Utente
La questione è che il mio analista ha sempre sostenuto che la mancanza di fiducia nell'altro è un mio problema di base, e il nostro rapporto è sempre stato difficile.
La stabilità del rapporto, malgrado le difficoltà, è sempre stato un nostro obiettivo, almeno il mio.
Mi sento ancora legato a lui, e non riesco a distaccarmene.
Sto già soffrendo molto per le mie difficoltà personali, e sono in un periodo delicato: si va ad aggiungere una sorta di lutto per la fine dell'analisi, e non credo di poterlo sostenere ora.
Le accuse che mi ha rivolto sono troppo pesanti da gestire, rischio di portamele dentro. E poi,da chi andare?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Lei sta confondendo, probabilmente, ciò che sente per l'analista con le possibilità esistenti di risolvere il suo disturbo. Ma questa confusione dipende dal suo problema, non ha validità di per sé.

In altre parole lei in questo momento dovrebbe riflettere su quanto l'attuale percorso abbia risolto del suo problema o quanto invece lo abbia alimentato. E poi partire da queste considerazioni per capire cosa fare.

Mi rendo conto di quanto possa essere difficile, ma è l'unico modo. Altrimenti continuerà a lasciarsi fuorviare dall'affetto per l'analista e resterà una persona affezionata, ma con problemi.

>>> Io credo nell'analisi del profondo
>>>

Di nuovo, non deve cadere nell'errore di pensare che quello che lei crede sia "giusto" solo perché è lei a crederlo. A volte ci si sbaglia. E quando si hanno problemi di una certa complessità è facile sbagliarsi su valutazioni come queste.

Uscire dai problemi si può, ma quando un tentativo va a vuoto tentare qualcosa di diverso può dare più probabilità di riuscita.

Cordiali saluti
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le utente,
le sue parole confermano che il rapporto con il suo analista non sta promuovendo un processo di emancipazione e di recupero del potere personale, ma rischia di alimentare la sua insicurezza e di consolidare la dipendenza psicologica che si è instaurata, la cosa migliore sarebbe confrontarsi con lui e concordare una graduale conclusione della psicoterapia, ma questo processo non richiede un anno e questa proposta fa emergere qualche perplessità sulla correttezza del suo analista.
Su questo sito non possiamo fare invii diretti a colleghi ma se veniamo contattati via mail possiamo fornire maggiori indicazioni.
[#9]
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Utente
Utente
Perdonate ancora! Vi aggiorno sul mio caso di-sperato.
"Sei un bambino incapace di amare, dipendente, mancante della capacità di autoaffermazione e con scarsa fiducia. Forse potresti diventare adulto a 90 anni".
"I bambini sono privi dei condizionamenti degli adulti: non cercare di adattarti alla società. Certo,
l'importante è che tu non faccia cose assurde"
"Non è necessario che cambi analista, sì, forse sarebbe interessante provare con una donna...Io non ti mollo, almenoché non vada con una donna"

Aiuto! Meglio morire che vegetare!!!!Dice Carotenuto che il paziente deve poter scegliere tra la morte e una vita misera.

Sto contattando qualche specialista della sindrome borderline a Roma, ma ci vuoletempo per le visite: non resisto!
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le utente,
chi le ha detto queste frasi? Il suo analista?
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Utente
Utente
Sì. Le giuro che vorrei morre
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Utente
Utente
Il fatto è che se cerco di obiettare lui mi sovrasta!
E' bravo e ha fatto unabuona analisi e se io non sono guarito, allora rimarrò sempre così; non si dà possibilità di altre analisi o psicoterapie!
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Parla del suo analista come se tutto il potere di decidere ciò che lei può o non può diventare appartenesse a lui, e lei dovesse solo obbedire o tacere.

È così che si sente?

Cordiali saluti
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le utente,
se una psicoterapia è efficace il primo a riconoscerlo è il cliente, se non è così mi sembra evidente che non ci sono le premesse per continuare questa psicoterapia.
Ricordi che il suo analista può solo sconsigliarla di andare da un altro psicoterapeuta, non impedirle di farlo se lei ritiene che sta perdendo il suo tempo.
Se ha bisogno di ulteriori indicazioni relative a colleghi che esercitano a Roma, mi consulti pure via mail, qui sul sito non possiamo fare invii diretti ad altri colleghi.
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Utente
Utente
Sì, sento-sento- che infine debbo seguire quel che mi dice perchè lui detiene la verità.
In realtà, come dimostra la sua iperemotività degli ultimi tempi, credo che l'analista stia vivendo un controtransfert che non riesce a gestire: è deluso e stanco, e anziché ammettere i limiti della copppia terapeutica, sostiene che io sono irrecuperabile: se lui è bravo e ha lavorato bene, allora sono io ad essere folle. Se non sono cresciuto con lui, non posso cambiare in nessun altro modo, perché ciò significherebbe il suo fallimento.
E' confuso, passa dall'esaltarmi-"lei ha fatto una terapia da 30 e lode"-al condannarmi -"Lei diverrà maturo a 90 anni".
Ieri a telefono mi esortava a fare la mia vita:"Legga l'articoletto, faccia quel che deve fare, viva giorno per giorno, godendo dei piccoli piaceri, non si aspetti nulla"(!!!!!!!!)
Io Credo che l'analista non abbia compreso la mia sensibilità di fondo e l'abbia scambiata per immaturità, incapacità di vivere, egoismo.
Credo di dover fare un bel lavoro su regolazione dell'emozione e sui pensieri "esagerati".
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazzo,
io credo che sarebbe opportuno che lei orientasse la sua attenzione sulla sua ambivalenza: da una alto vuole abbandonare l'analisi dall'altro se lo facesse si sentirebbe abbandonato

"mi pare di aver ripetuto il copione della mia vita: mia madre mi ha rifiutato e io sono stato affidato alle cure di altri."

la psicoterapia dovrebbe rappresentare un'esperienza emozionale correttiva finalizzata ad elaborare la sofferenza delle ferite ancora aperte che ci portiamo dentro, ma non mi pare che lei descriva così:

"Mi tormenta il pensiero che la sua reazione -chiusura della terapia-possa aver riconfermato vecchi schemi, senza risolvere il mio problema, anzi peggiorandolo"

Tuttavia lei si sente troppo fragile in questo momento e quindi cerca ulteriori conferme dal suo analista

" sono troppo legato allo psicologo e ho paura dell'abbandono; razionalmente, lasciare quest'analisi mi pare una sconfitta"

In questo momento lei si sente in dovere di proseguire l'analisi per evitare di affrontare la sconfitta e il senso di abbandono, pur sapendo che sta solo rinviando i problemi anziché affrontarli.
In questo modo però rischia di porre le condizioni per la cronicizzazione del suo disagio anziché essere attivamente coinvolto in un processo di cambiamento.
Ci rifletta e ne parli con il suo analista cercando di condividere con lui il suo vissuto e verificando se si sente compreso e sopratutto non giudicato da lui.

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Utente
Utente
Buongiorno.
Ho lasciato il mio analista, dicendo : "Io voglio crescere e penso di poterlo fare , malgrado le difficoltà. Per Lei i miei limiti sono i miei punti di arrivo. Le nostre strade divergono ". Mi ha guardato con pena per il mio stato di sofferenza e mi ha lasciato andare, senza pronunciare parola.
Dopo essermene andato, ho provato un senso di gratitudine per quel che ha fatto , misto alla paura di aver lasciato un professionista che avrebbe potuto aiutarmi. Le sue condanne -lei non sa amare, viva senza aspettative- ancora mi perseguitano. Anche se Freud ( ma lui Freud non era, bensì un bravo psicologo con i suoi limiti legati alla sua persona e al suo metodo ) mi avesse detto ciò, avrebbe sbagliato. Nessuno può prevedere il futuro e condannare un giovane adulto a vivacchiare.
Grazie per le Vostre parole, i consigli, per avermi aperto la mente. Grazie.
Vi farò sapere quando avrò trovato uno psicologo che mi aiuti a Vivere.
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