Rabbia e violenza, sensi di colpa e paure

Gentili dottori,
nel 2012 e nel 2015 ho avuto un problema che mi ha portato a distruggere oggetti, picchiarmi e soprattutto, a picchiare il mio compagno. Schiaffi, pugni, spintoni, graffi, oggetti lanciati contro di lui. E' accaduto più di una volta. Inoltre lo minacciavo di uccidermi o ferirmi, perchè volevo la sua attenzione. Il mio compagno inizialmente non reagiva, cercava di fermarmi o di allontanarsi, cosa che io non gli lasciavo fare. Una volta lo ho anche chiuso in camera per qualche minuto e ho tentato di sedurlo contro la sua volontà per costringerlo a stare con me. Una sera i vicini per i rumori hanno chiamato la polizia. Ero io che davo di matto. Che vergogna! Una sera il mio compagno ha reagito, non mi ha picchiata, ma ci sono state spinte, strattoni, strette al viso ai capelli, al collo, in una sorta di colluttazione fra di noi. Mi ha minacciata di legarmi con una cintura se non fossi stata ferma e dopo che mi ero seduta in terra, mi ha minacciata, mostrandomi il piede, di colpirmi in faccia/testa (entrambe le cose mai avvenute, altrimenti non sarebbe più il mio compagno). In un episodio successivo dopo che io da circa mezz'ora lo stavo schiaffaggiando, anche lui mi ha dato uno schiaffo. Un'ultima volta, a seguito di un'altra mia crisi in cui ho distrutto oggetti, mi ha detto di smetterla altrimenti mi avrebbe dato un pugno. Allora ho dato a lui due ceffoni e lui ha fatto il gesto di darmi un calcio. Dico "ha fatto il gesto" perchè si è solo appoggiato. Dopo di chè per un periodo lui era aggressivo con me. Tutto ciò è scaturito da un allontamento del mio compagno e dal fatto che non volevo essere abbandonata.

Da tre anni però non abbiamo problemi, perchè lui si fa in quattro per rendermi felice. E ci riesce. Vorremmo anche sposarci.

Però io dentro me ho ancora rabbia (non ho delle crisi, mi sento arrabiata), depressione e ansia. Continuo a pensare a queste "violenze" fra noi, a volte mi sento un mostro, a volte penso che il mostro sia lui. E penso posso continuare a vivere una vita normale, con lui accanto, nonostante quello che ho fatto o come ha reagito lui? Sono io che devo lasciare lui, che è violento, sono in pericolo? O è lui che deve lasciare me perchè sono una "pazza" pericolosa? Oppure possiamo ancora vivere una vita normale e felice? Penso è un uomo buono che si è trovato in una situazione difficile e che alla fine ha compreso, e vuole aiutarmi. Ma penso anche che questo è solo quello che voglio vedere, non accettendo che lui possa essere un violento. In passato dicevo di avere paura di una sua vendetta. Ma dopo tre anni è pura fantasia. E se anche lui fosse "buono", io sono una persona con la quale si può essere felici, formare una famiglia? Si può lasciare una donna con delle crisi di rabbia come le mie da sola con un bambino piccolo, se ad esempio avessi un figlio? Queste domande mi tartassano. Mi rivolgerò ad uno specialista. Ma nel frattempo confido in un vostro aiuto, perchè soffro molto.
Grazie
Maria
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le Sig.ra,
la rabbia e l'aggressività non sono espressione di cattiveria, ma un modo disfunzionale di gridare il proprio dolore e il bisogno di ricevere aiuto.
La relazione d'aiuto è qualitativamente diversa da quella con un familiare e implica il contatto diretto con uno psicologo-psicoterapeuta.
Le consiglio di leggere questo articolo:

http://www.psicoterapeuta-pescara.it/psicologia-e-psicoterapia/perche-iniziare-una-psicoterapia.html

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#2]
dopo
Attivo dal 2018 al 2023
Ex utente
Gentile dott.ssa,
la ringrazio per la risposta. Se ho ben compreso lei intende dire che la mia rabbia e aggressività sono espressioni di dolore e "richieste di aiuto" espresse male. Dunque non deve pensare di essere "cattiva" o che il "cattivo" sia il mio compagno. Allo stesso tempo non devo pensare che ad aiutarmi possa essere un familiare ma devo rivolgermi ad uno psicoterapeuta.
Ho ben compreso?

Mi perdoni se ho precisato la sua risposta già chiara, ma ho la necessità di comprendere bene, perchè si tratta di cose molto importanti per me.

Ho trovato interessante l'articolo consigliato e in effetti è gia da tempo che pensavo di rivolgermi ad uno psicoterapeuta.

Pensa che io possa risolvere definitivamente in tal modo?
Grazie
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Si ha inteso correttamente il senso della mia risposta, scegliere di incontrare un professionista significa assumersi la responsabilità di prendersi cura del proprio benessere anziché aspettarsi che sia il partner svolgere il ruolo del "salvatore".
Per quanto riguarda l'esito o l'efficacia dell'intervento terapeutico non è possibile esprimere previsioni dato che derivano da una pluralità di fattori che interagiscono in modo sinergico.
[#4]
dopo
Attivo dal 2018 al 2023
Ex utente
Certo, il fatto che non possa essere un familiare a "salvarmi" mi è chiaro. Solo che quando si è in difficoltà si cerca qualcuno su cui contare oltre se stessi. O almeno io, quando posso, agisco in questo modo. Credo occorra la mia volontà di stare meglio e l'aiuto di un professionista, che spero possa essere il punto di partenza per risolvere una problematica che mi affligge.

La ringrazio
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dopo
Attivo dal 2018 al 2023
Ex utente
Buongiorno,
Mi scuso se scrivo ancora ma per prenotare una visita con uno psicologo presso l'ASL c'è da attendere ed io domenica ho avuto una "crisi". Il mio compagno mi ha abbracciata, stringendomi con forza, a seguito di una discussione (ho detto a lui che non avrei mai voluto avere dei figli perché con i miei problemi non è proprio il caso. Non ne sono convinta di questa cosa, è solo un brutto pensiero, ma lui un figlio lo desidera ed è disposto ad aspettare ma non a non averne affatto. Così mi ha detto che non posso dire così dopo tanti anni in cui ho sempre detto il contrario. E che se è così preferisce andarsene.) Io, dopo il suo abbraccio forte, ho iniziato ad urlare che doveva lasciarmi stare, a cercare di divincolarmi, a colpirmi e colpire lui. Alla fine mi fa anche male una mano e non so se mi sono fatta male da sola o è stato lui nel tentativo di tenermi ferma. Francamente pensavo di stare meglio visto che da tempo non avevo crisi. Invece no. Ora passo il tempo a pensare a questo. Mi sento sprofondata, anche perché effettivamente credo di aver puntato troppo sul mio uomo, che non può "salvarmi". E poi però penso che lui sia cattivo, violento con me durante queste crisi (come dicevo mi fa male la mano e non so se mi sono fatta male da sola o no) o forse sono io che penso queste cose un po' per paura di una sua reazione di fronte a una cosa insopportabile, un po' per senso di colpa. O forse non sono lucida, non ho dignita', non capisco piu' nulla. E mi si può fare di tutto. Ho paura di perdere il controllo. O che invece questa storia delle crisi sia una scusa utilizzata dal mio compagno per fare qualsiasi cosa. Perché passo il tempo a pensare se sia colpa di lui? Come se mi interessasse piu questo che risolvere. Spero in un aiuto in attesa di una visita reale. Sono davvero sprofondata? È lui o sono io? Cosa posso fare nel frattempo?
Grazie
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Il continuo alternarsi tra l'autocolpevolizzazione e la tendenza ad attribuire la colpa al partner sta alimentando un disagio che interferisce la quotidianità e con la vita di coppia.
Non si tratta di "cercare il colpevole", ma di rispettare la sofferenza la sua come quella del suo compagno, Lei stessa accenna ad un disagio che risale al 2012 quindi ora è arrivato il momento di tradurre la sua intenzione in scelta concreta,
e, qualora lo ritenga opportuno anche rivolgendosi ad uno psicologo-psicoterapeuta che esercita privatamente.
[#7]
dopo
Attivo dal 2018 al 2023
Ex utente
La ringrazio per la sua disponibilità e gli utili consigli.
Cercherò di tenere presente quanto mi ha detto e seguirò il suo consiglio di rivolgermi ad uno specialista, anche privatamente.
Grazie
Maria