Non ho coraggio nè di vivere e nè per morire, non so cosa fare?

Vado già da una psicologa/psicoterapeuta da più di un anno ormai con cui mi trovo bene, ma siamo arrivati ad un punto della terapia in cui io ho sviluppato le cosiddette "resistenze" al cambiamento, in poche parole non sono abbastanza coraggiosa per affrontare persino le piccole cose della vita, come relazionarmi con la gente, cercarmi un lavoro, guidare e fare altre mille cose da sola.. . da questa sera non riesco a smettere di piangere, mi sento un peso sullo stomaco e un forte senso di nausea perchè è stata l'ultima seduta con la mia psicologa/psicoterapeuta, lei non vuole che continui ad andarci se non sono disposta a fare un minimo passo verso il cambiamento per me stessa, se non trovo il coraggio di affrontare le mie paure.
So che per una buona riuscita della terapia bisogna lavorare insieme ed è proprio quello che non sto facendo io, non sto contribuendo a migliorarmi come persona anzi continuo solo a piangermi addosso.. . . . . .

Mi sento così stanca, triste e assonnata, vorrei tanto chiudere gli occhi per sempre, nom so cosa fare, con chi piangere? Mi sento persa senza il suo supporto morale.. . . . Come faccio a smettere di essere così? Lei sa tutte queste cose e di come mi sento ma sente di dover chiudere la terapia perchè non ha senso andare lì solo per lamentarsi giustamente. E io nel frattempo cosa faccio? Con chi mi sfogo? Mi sento come dentro una scatola senza via d'uscita, perchè non ho almeno il coraggio di farla finita?
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
Gentile utente,

già 6 mesi fa la Sua psicoterapeuta Le aveva paventato la chiusura della terapia a fronte del fatto che Lei non si impegnava. La Collega, nel rispondere al Consulto nel quale parlava di ciò, Le faceva presente che non c'è altra strada quando la terapia non produce effetti.

Il nostro "Codice deontologico" recita infatti:
"Articolo 27.
Lo psicologo valuta
ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico
quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura
e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa."

Ipotizzo che gli stati d'animo di disagio, di sofferenza, di mancanza, di assenza,
correlati alla chiusura del rapporto terapeutico possano rappresentare uno sprone per impegnarsi maggiormente nel cambiamento.
Se così fosse, se decide di provare da sola e se ottiene da sè qualche risultato
potrebbe forse fare una proposta di ripresa alla Sua Terapeuta.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie per avermi letta e per aver risposto, in realtà avevamo chiuso la terapia già allora poi sono stata io stessa a voler riprendere a causa del mio malessere e per mancanza di persone con cui potermi sfogare e di conseguenza capire.

Capisco che ci sono delle norme da rispettare ma si può lasciare un paziente moralmente instabile così? Adesso io non so più cosa fare, mi sento persa, è da ieri sera che vorrei almeno trovare il coraggio di smetterla di vivere, mi sento abbandonata dalla persona con cui mi sono fidata per molto tempo...

Ma cosa posso farci io se non sono abbastanza coraggiosa ad affrontare questa vita? Non ho scelto io di nascere e nonostante questo mi si viene detto di farmi piacere lo stesso la vita e di non piangermi addosso...


Quanto vorrei non esserci più, tanto non frega niente a nessuno se non per la mia famiglia.

Non auguro mai a nessuno di "vivere" desiderando di morire...

Scusi per lo sfogo è che non so con chi altro parlarne adesso, dato che ho chiuso con la terapia a quanto pare...
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
Come Lei ha sperimentato in terapia,
lo "sfogo" può rappresentare un momento iniziale
MA per poi rimboccarsi le maniche.

Forse a bloccarla nei passi è la rappresentazione che Lei ha di sè come persona "moralmente instabile" e "... non abbastanza coraggiosa ad affrontare questa vita"...
Ma sicuramente ne avrete parlato nelle sedute.

E se la Sua terapeuta l'ha lasciata andare non è per queste Sue presunte caratteristiche personali (la psicoterapia esiste proprio per aiutare "anche" le persone realmente deboli e bisognose)
quanto piuttosto magari per la valutazione opposta:
e cioè che Lei *potrebbe* cambiare se solo decidesse di accettare la fatica e la sofferenza che il cambiamento inevitabilmente comporta;
rinunciando ai ragionamenti autogiustificativi per passare ai comportamenti.

Noi qui online Le forniamo l'ascolto,
ma non riusciamo ad aiutarLa laddove la Sua stessa Psy si è ritirata...
Ora sta a Lei decidere SE aiutare se stessa,
le indicazioni e i "compiti" li ha già ricevuti dalla Sua Psicoterapeuta.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
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dopo
Utente
Utente
"se decide di provare da sola e se ottiene da sè qualche risultato
potrebbe forse fare una proposta di ripresa alla Sua Terapeuta."

Ma se già ho un autostima sotto lo zero come posso trovare il coraggio per di più da sola, senza un supporto psicologico, nell'affrontare le piccole cose che mi fanno paura?

La prego mi ricordi a cosa serve la psicoterapia perchè a questo punto io non lo so più, sembra quasi una presa in giro, ti chiedono di farti aiutare ma non specificano "devi aiutarti da sola", perchè?

È come dire ad una persona depressa "Se non provi ad essere felice non puoi andare in terapia" .........
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Dr. Alessio Vellucci Psicologo, Psicoterapeuta 92 5
Gentile Utente,

aggiungo qualche considerazione al già prezioso contributo della collega Dott.ssa Brunialti.

Comprendo lo smarrimento che sta provando nel trovarsi senza la figura che più di tutte, finora, ha rappresentato per lei un orecchio attento ed interessato alle Sue difficoltà.
Sta vivendo una condizione di profondo dolore, amplificato dalla percezione di non avere la forza per compiere quei passi, anche piccoli, che potrebbero portarla al cambiamento.
E' vero, senza questi "movimenti" è improbabile che lei possa sperimentare un vero miglioramento, ed in loro assenza il terapeuta può asciugarle il sudore sulla fronte, ma niente più.
Ora, non conosco la sua storia o il suo livello di aderenza alla terapia, tuttavia esiste anche la possibilità che per qualsiasi motivo, la relazione tra lei e la sua terapeuta, oltre il livello raggiunto non possa arrivare, anche se preziosa nell'ascolto; può accadere, terapeuta e paziente valutano in ogni momento se sono buoni compagni di viaggio, e regolano il proprio lavoro su questa consapevolezza.
Ciò può portarla ad ipotizzare di intraprendere un altro lavoro terapeutico, entro i confini di un'altra relazione, senza che ciò rappresenti la conferma di una sua debolezza, incapacità o mancanza di voglia di raggiungere il benessere. E la domanda che ha posto su questo forum sembra proprio indicare questo, che il desiderio di cambiamento abita in lei.
Che ne pensa?

Un caro saluto

Dr. Alessio Vellucci
www.miodottore.it/alessio-vellucci/psicologo-psicoterapeuta-psicologo-clinico/roma

[#6]
dopo
Utente
Utente
Ringrazio anche lei dr. Vellucci per aver letto il mio sfogo/aiuto.
In realtà in passato grazie al sostegno della mia psicologa/piscoterapeuta sono riuscita a diplomarmi, ad affrontare altre piccole paure sociali e a prendere la patente anche se ancora non ho superato del tutto la paura di guidare da sola, inoltre nell'ultimo anno di scuola ho chiesto di intraprendere in contemporanea una terapia farmacologica assegnatami da uno psichiatra, composta da Cipralex e Serenase entrambi in formato "gocce". Li ho poi scalati, sempre sott'osservazione medica verso la fine dell'anno scolastico (anno 2017), ricordo anche di averli tolti perché mi creavano una forte sonnolenza tanto dal non riuscire a reggermi in piedi nonostante la bassa dose di entrambi i farmaci (max 15 gocce al giorno).
La mia è una sorta di ansia sociale anche se nessuno mi ha mai detto davvero quale fosse il mio problema, se non un'ansia che tendo a somatizzare, quest'ultima appunto riferitami dalla mia psicologa/psicoterapeuta. Ed è per questo che allora ho voluto iniziare una terapia farmacologica, per i sintomi che non riuscivo a controllare, sintomi tra cui: sudorazioni fredde, meteorismo, flatulenza e nausea, questi si presentano ogni qual volta mi trovo a stretto contatto con chiunque al di fuori della mia famiglia, ma solo nei momenti in cui sono al chiuso e c'è silenzio, se sono al mare ad esempio me ne frego e riesco a gestire la cosa.
Cosa intende per "il suo livello di aderenza alla terapia"? Se si riferisce alla frequenza con cui vado in terapia è di una volta a settimana anche se dovrei dire era ormai...ma in passato nei periodi più critici anche 2-3 volte a settimana.

"Ciò può portarla ad ipotizzare di intraprendere un altro lavoro terapeutico, entro i confini di un'altra relazione, senza che ciò rappresenti la conferma di una sua debolezza, incapacità o mancanza di voglia di raggiungere il benessere." con questo mi sta dicendo che dovrei rivolgermi ad un altro terapeuta?
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Dr. Alessio Vellucci Psicologo, Psicoterapeuta 92 5
Gentile Utente,

Parlando di "aderenza alla terapia" intendo riferirmi alla capacità che ha avuto di lasciarsi coinvolgere nella relazione terapeutica, di utilizzarla come strumento grazie al quale regolare le proprie emozioni, di concedersi con costanza agli incontri e, non ultimo, di seguire con fiducia la direzione del lavoro impostato con la sua terapeuta.
Da quello che riferisce, tutto ciò c'è stato, e sono testimoni i buoni risultati dei quali fa bene ad essere orgogliosa e soddisfatta.

Tuttavia, mi corregga se sbaglio, sembra che le cause più profonde del suo malessere premano ancora, ignote, e continuano a sostenere la sua intensa ansia.
Resto convinto che di ciò dovrebbe parlare con la sua terapeuta che però, come lei ha riferito, "non vuole che continui ad andarci se non sono disposta a fare un minimo passo verso il cambiamento per me stessa, se non trovo il coraggio di affrontare le mie paure".

Qualora dunque, e solo nel caso in cui, il rapporto con la sua Terapeuta fosse chiuso come ha lasciato intendere, e non ci fosse spazio per la definizione di un nuovo contratto terapeutico tra voi, (ovvero che indichi i passi necessari al suo benessere ma, al tempo stesso, contempli e approfondisca le difficoltà che attualmente le impediscono di compierli), quella di rivolgersi ad un'altra/altro professionista è una delle possibilità che sento di suggerirle.

Al netto di tutta questa spiacevole situazione, il suo dolore è ancora lì, e la sua richiesta di aiuto anche.

Un caro saluto
[#8]
dopo
Utente
Utente
Grazie di nuovo per avermi risposto.
"Tuttavia, mi corregga se sbaglio, sembra che le cause più profonde del suo malessere premano ancora" è vero, se no a questo punto non eravamo qui a parlarne, ma non le definirei ignote, almeno non per me e la mia psicologa/psicoterapeuta, lei è l'unica persona nella mia vita che sa davvero tutto di me, e quindi è naturale che io mi senta ferita in un certo senso quando mi ha detto di concludere la terapia, mi sono sentita "abbandonata" anche se come ha detto la sua collega nella prima risposta, tutto fa parte di un codice deontologico che giustamente è da seguire..

Sono letteralmente bloccata dalla paura, tutto mi sembra così difficile da affrontare, un'altra cosa che mi tiene ferma in questa situazione è la paura di stare peggio di così se troverò il coraggio di affrontare la vita, perchè alla fine di questo si tratta, so che per arrivare ad un cambiamento bisogna soffrire e versare tante lacrime e faticare molto, lo so perchè ho già superato alcuni episodi che mi facevano paura, io non voglio stare male, ma poi quale essere umano lo vorrebbe? E' vero che non mi sto impegnando più, nel senso che mi manca proprio la volontà di armarmi di coraggio e buttarmi nelle situazioni, di prendermi le mie responsabilità, di crescere...
Ho paura di non trovare mai quel coraggio che adesso mi manca e di rimanere in questa situazione per sempre o peggio di sprofondare nella depressione. Mi faccio una colpa per tutto questo, e mi odio anche perchè vorrei tanto non essere così, non aver mai provato queste paure... tutta questa situazione mi porta ad avere dei pensieri suicidi (anche se sono solo pensieri dato che non ho il coraggio nemmeno a fare quello) e di questo ne ho parlato con la mia psicologa/ psicoterapeuta che mi ha confermato essere una conseguenza della mia resistenza al cambiamento..

Mi ha detto chiaramente che potrò ritornare da lei quando avrò voglia di guarire e di prendere in mano la mia vita, ma io ripeto, ho paura di non trovarla più quella voglia..