Aiutare una persona che non vuole farsi aiutare

Salve, mi ritrovo in una situazione difficile in cui il mio partner sta assumendo giorno dopo giorno un atteggiamento sempre più autodistruttivo e non so più come gestire il tutto senza affondare insieme a lui.
Il mio ragazzo ha 22 anni, non so di preciso quale sia il problema di natura psicologica di cui è affetto attualmente, fatto sta che l'instabilità del suo umore è allarmante.
Un momento lo trovo tranquillo che ride e scherza e un momento dopo lo trovo agitato e adirato.
Non appena si presenta qualche minimo intoppo nella sua giornata risponde sempre con una frase, in modo quasi meccanico: "Meglio che mi ammazzo tanto fa tutto schifo, non posso vivere così".
I problemi che si presentano non rispecchiano assolutamente la gravità di queste frasi, eppure per lui rappresentano un grosso peso.
Spesso litighiamo perché nel momento stesso in cui propongo delle soluzioni più che logiche a questi problemi lui comincia ad assumere un atteggiamento rifiutante nei miei confronti. Comincia a dirmi che non posso aiutarlo e che non capisco nulla, e quando provo ad allontanarmi per frenare la situazione lui mi cerca in modo insistente perché se non parlo con lui minaccia di ammazzarsi, e la cosa peggiore è che dopo qualche ora lui torna calmo e si comporta come se non fosse successo nulla, come se nemmeno se lo ricordasse.
A lungo andare la cosa diventa esasperante, sto constantemente con l'ansia, nell'attesa che succederà qualche sciocchezza che lo farà cadere nel vuoto, o peggio che possa davvero arrivare a fare del male a se stesso.
-Mi limito nelle parole e negli atteggiamenti per non farlo irritare, e quando gli faccio notare che ci sono degli evidenti problemi e che ha bisogno di un aiuto psicologico non vuole sentire ragioni, perché come sostiene lui " loro sono inutili e servono solo a dirti ciò che vuoi sentirti dire".
Lui di per sé è sempre stato un ragazzo molto insicuro, è sempre stato vittima di bullissimo fin da quando era piccolo, poi ha toccato il fondo nella sua precedente relazione in cui la sua ex ragazza ha abusato psicologicamente di lui.
Naturalmente dopo certi avvenimenti è difficile rialzarsi con le sole proprie forze, e ho passato ore ed ore a parlare di questa sua vecchia relazione nella speranza di fargli notare quanto fosse sbagliata e che magari questo l'avrebbe esposto ad un novo punto di vista ma non è servito. Evidentemente ricevere dell'amore sincero, protezione e avere qualcuno disposto ad ascoltarlo in ogni singolo momento non è abbastanza.
Del suo stato d'animo perso e vuoto ne parla solo con me, nemmeno i suoi genitori o altri parenti o amici ne sono al corrente, nonostante i suoi atteggiamenti aggressivi (lanciare in aria oggetti, prendere a pugni le pareti ecc.. ) li manifesta anche dentro casa davanti agli occhi di sua madre, e non vuole nemmeno che lei venga avvisata altrimenti chiuderebbe i rapporti con me.
Come posso continuare a convivere con questo senso di frustrazione nel non poterlo far stare meglio in mezzo a tutto quel senso di rancore, odio e paure che prova?
Spero di aver riportato il problema in modo dettagliato, grazie in anticipo
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile ragazza,
lei ha fatto tutto quello che poteva e forse ha ecceduto.
Mi riferisco alle parole: "ho passato ore ed ore a parlare di questa sua vecchia relazione nella speranza di fargli notare quanto fosse sbagliata e che magari questo l'avrebbe esposto ad un novo punto di vista ma non è servito".
Ciò sarebbe normale se detto da uno psicologo, ma lei perché si è messa a fare la terapeuta del suo ragazzo?
Non vale la giustificazione: "Perché stava male".
Se avesse un'influenza gli prescriverebbe i farmaci? Se avesse l'appendicite provvederebbe a operarlo?
Forse gli ha segnalato i suoi errori nella precedente relazione perché non li ripeta nella vostra?
Ma per questo non occorrono ore e ore di discorsi sul suo passato con un'altra: occorre aver chiaro in mente cosa lei si aspetta da lui, cosa è disposta a dare e cosa vuole ricevere dalla vostra relazione.
Spesso in situazioni psicologicamente turbate accogliamo le idee e i comportamenti disfunzionali delle persone che amiamo, senza capire che stiamo favorendo il loro permanere nella malattia. Il suo ragazzo chiede e impone molte cose col ricatto della minaccia di suicidio. A quel che dice, certi gesti estremi, come prendere a pugni le pareti, li fa davanti alla madre... e davanti al padre?
Sarebbe una curiosa "perdita di controllo" quella che però controlla molto bene con chi manifestarsi e con chi no.
Lei osserva che l'umore di lui oscilla in maniera pericolosa e che continua ad avere idee e comportanti assurdi.
Il disagio psicologico nasce, cresce e si mantiene in un ambiente specifico. Chi accetta certi comportamenti, certe minacce, certe manifestazioni esasperate, in pratica incoraggia l'altro a continuare a replicarle.
Nella sua condizione di fidanzata, dopo aver tentato tutto, è il momento di aiutare il suo ragazzo col mettere i debiti confini: data la situazione, lui deve chiedere al suo medico di famiglia l'impegnativa per una visita psichiatrica e dei colloqui psicologici. Se non lo farà, gli segnali che sta scavando un solco tra voi e interrompa la vostra frequentazione.
Dubito che il suo ragazzo creda davvero a ciò che lei ci riferisce circa gli psicologi: "loro sono inutili e servono solo a dirti ciò che vuoi sentirti dire".
Sospetto piuttosto che tema di sentire ciò che NON vuole sentirsi dire.
Per parte sua sia prudente, e cerchi lei uno psicologo vicino a voi, per farsi guidare. Al Consultorio giovane ce n'è di gratuiti. Parlare con qualcuno della famiglia in grado di accogliere con responsabilià le sue parole può essere utile.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Si naturalmente sapevo che ore di discorsi non sarebbero stati mai sufficienti per fargli trovare la "luce", ho voluto tentare maggiormente perché è una persona che si chiude molto in se stessa e sono l'unica con cui si confida.. ho voluto provare a non limitarmi ad ascoltare, anche perché dai suoi racconti relativi alla precedente relazione coglievo effettivamente qualcosa di obiettivamente sbagliato che può portare un' autostima già compromessa ad un totale deterioramento. Non l'ho fatto tuttavia con l'intenzione di improvviasarmi psicologa, motivo per cui l'esorto tutt'ora a prendere in considerazione l'idea di farsi seguire da un professionista. Per quanto riguarda le sue reazioni avevo già pensato di porre dei "paletti", ma sono perseguitata da un senso di colpa del tipo: "e se questa persona vuole essere solo compresa? E se trattandolo in un certo modo gli daro' solo modo di pensare che a nessuno freghi qualcosa di lui?" In fin dei conti quello che mi frega è la classica storia del -nessuno mi capisce-. Mi rendo conto anche che assecondare certe cose significa essere dei complici al tempo stesso, e più che aspettarmi un qualcosa da lui vorrei solo recuperasse la sua sanità e riuscire a distinguere il giusto e sbagliato da sé..ma per quello credo servirà tempo. Ad ogni modo credo che se la situazione non dovesse migliorare,nonostante la voglia di aiutarlo , mi verrà automaticamente la volontà di porre dei limiti per salvaguardare non soltanto me,ma il rapporto di per sé. Nel frattempo cercherò di trovare in qualche modo sostegno con la mia e sperando un giorno con la sua di famiglia. Sulla domanda del padre relativa agli episodi di aggressività non so sinceramente cosa rispondere, non credo abbia qualche sorta di timore nei suoi confronti..l'unica cosa che so è che fino ad adesso entrambi i genitori non si sono mai posti chissà quante domande, e un figlio per quanto ermetico possa essere lascia sempre delle tracce..a volte basterebbe anche uno sguardo, se poi parliamo di quei gesti un po' più drastici ancora peggio.

La ringrazio per la sua disponibilità, mi sento più tranquilla
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
dalla sua risposta emerge più che mai l'opportunità che lei acceda per sé stessa ad una consulenza.
Le cito alcune frasi che meritano la sua attenzione, unitamente a quella di uno psicologo, perché sono indizi di idee, sentimenti e comportamenti non funzionali alla soluzione del problema, ma al contrario contribuiscono al suo mantenimento.
Eccole: "ho voluto provare a non limitarmi ad ascoltare"; "Per quanto riguarda le sue reazioni avevo già pensato di porre dei "paletti", ma sono perseguitata da un senso di colpa del tipo: "e se questa persona vuole essere solo compresa?"; "In fin dei conti quello che mi frega è la classica storia del -nessuno mi capisce-"; "vorrei solo recuperasse la sua sanità e riuscire a distinguere il giusto e sbagliato da sé..ma per quello credo servirà tempo".
Infine, la conclusione: "Ad ogni modo credo che se la situazione non dovesse migliorare,nonostante la voglia di aiutarlo , mi verrà automaticamente la volontà di porre dei limiti per salvaguardare non soltanto me,ma il rapporto di per sé".
In altre parole, lei intende continuare a sbagliare metodo, fino a quando sarà così stanca della situazione che troverà inevitabile dare un taglio netto?
Non ritiene che sia più produttivo, per sé stessa e per il suo ragazzo, adottare il metodo giusto finché da tutte e due le parti c'è ancora affetto, buona volontà e speranza di costruire qualcosa?
Ci rifletta.
[#4]
dopo
Utente
Utente
Grazie per la sua gentile risposta dott.ssa . Potenza. Il problema è che sono in uno stato di gran confusione, sola di fronte ad un problema più grande che non so gestire.Purtroppo al momento l'unico modo per trovare un punto d'incontro in quei specifici momenti è quello di evitare di prolungare i discorsi. Ecco cosa volevo intendere per mettere dei limiti, in quel momento nella sua testa è tutto completamente nero e l'unica soluzione è il suicidio, parlare non serve a nulla se non sentirsi più frustrati e angosciati..tanto farà finta di nulla 10 o 30 minuti dopo. A malincuore, dopo i vari tentativi sono arrivata a questa conclusione e probabilmente anche questa è una soluzione sbagliata. Il problema pero' è che anche nei suoi momenti di lucidità rimane comunque una bottiglia che straripa a cui sta cercando a modo suo di mettere un tappo,lo vedo che si sforza e ci prova a non cascare...ma poi puntualmente finisce sempre per sentirsi schiacciato da un qualcosa che non è ben chiaro. Quello che mi preoccupa tutt'ora è la grande difficoltà nel fargli capire che ha bisogno di un aiuto, anche quando è in sé. Anche oggi è successa la stessa cosa per una stupidaggine, improvvisamente ha cominciato a mettere nel mezzo altri problemi che non c'entravano nulla con l'altro e ha cominciato a ripetere come la vita lo odia e di quanto lui odia di conseguenza la vita, che appena torna a casa spaccherà tutto o che direttamente si ammazzerà. Vorrei solo trovare un modo efficace per fargli rendere conto che non può continuare così perché questa persona non è lui. Tralasciando questi "attacchi" è una persona buona gentile che sa anche ridere e scherzare..ma appena si presenta un minimo problema si trasforma. Considerando tutte le sensazioni che lui dice di sentire dentro, quel senso di delusione, vuoto e senso nulla non se si dovesse trattare di depressione
..in quel caso il mio unico sostegno potrebbe non essere mai sufficiente per farlo stare un po' più in pace..ma non voglio assolutamente abbandonarlo a sé stesso,quello sicuramente.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
questi bruschi cambiamenti d'umore, questa visione nera della vita che attraversa la mente del suo ragazzo e poi si dissolve, può essere malattia, farmaci, droga, mancanza di autocontrollo, tutte cose che non è possibile analizzare a distanza, specie se non è la persona che le sperimenta a consultarci.
Quello che sappiamo da lei che ci scrive è che queste cose hanno come effetto la sua confusione, la sua preoccupazione, la sua sofferenza. Su questo, che il suo ragazzo dovrebbe prendere nella giusta considearazione, possiamo valutare il da farsi.
Il primo punto è uscire dall'idea malata comune a molte donne che si compendia nella frase "io ti salverò", venuta da un famoso film di Hitckock in cui una giovane donna guarisce dalla psicosi l'uomo che ama. Il film è bello ma irrealistico, e in ogni caso la ragazza era una psichiatra. La frase esprime comunque la pretesa di molte donne e di alcuni uomini che il loro amore guarisca tutto. E' un'altra faccia della nostra pretesa di onnipotenza.
Lei insiste, anche in questo suo ultimo scritto, a ritenere di dover convincere, persuadere e così via, quando noi stessi che siamo specialisti non ci sogneremmo mai di guarire qualcuno a forza di parole, che l'altro oltretutto non ha intenzione di sentire.
Lei ipotizza che il suo ragazzo soffra di depressione e dice che in questo caso non potrebbe essere sufficiente il suo aiuto da solo (vero) ma che non vorrebbe abbandonarlo (lodevole, ma solo se concordato con un terapeuta e se non è un'attitudine da crocerossina - come sopra).
Resta il fatto che la depressione, cara utente, è una malattia grave, catalogata tra le psicosi. L'unico discorso che lei deve fare al suo ragazzo è: "Fatti vedere da uno specialista o non è possibile costruire nulla insieme".
Dopo questo preciso aut-aut non c'è bisogno di nessuna chiacchiera, anzi arzigogolare a vuoto su possibili diagnosi, possibili modalità d'intervento degli specialisti, è fuorviante, esasperante e può alimentare paure senza fondamento.
Tenga conto che alle ASL, al Consultorio Giovani o al Centro di Salute Mentale gli specialisti sono gratuiti o costano pochissimo.
Ancora auguri.