Benessere mentale, ansia da prestazione, risultati e relazioni sociali. qual è l'equilibrio?

Buonasera Vorrei confrontarmi con dei professionisti per cercare di definire quali sono, nel mio ragionamento, i punti deboli su cui devo lavorare.
Ho provato a scrivere la mia storia in breve, ma 3000 caratteri non bastano ed evito di farlo (anche se è alla base delle mie riflessioni).

Premetto di esser grato e felice di come sono, chi amo e cosa ho.
Ma voglio migliorare, vivere a pieno specialmente a livello sociale.
In passato sono stato un workaholist (un'autodiagnosi che in quanto tale conta poco, ma arrivavo a disprezzare chi si divertiva): ottimi risultati universitari, ma non riuscivo a godermi le persone.
Oggi, nonostante abbia "di meno" (la mia ragazza dopo quasi 5 anni mi ha lasciato per un altro 6 mesi fa, evento forse più importante), sono più grato di me, tutto e tutti, e quindi più felice (sarà anche la maturità che deriva dall'aver superato un periodo molto duro).
Unica cosa che un po' mi turba, anche se meno di quando ero fidanzato, è il lato sociale.
Distinguiamo grossolanamente due atteggiamenti tipici di un po' tutti noi: un 1 atteggiamento positivo, sicuro, ambizioso e grato; un 2 attegg.
da persona lamentosa, che si annoia, senza obiettivi (cosa che, chiedo a voi una possibile ragione, tra i giovani non riesco a concepire).
Di fronte al 1 posso avere un po' di "ansia da prestazione", che mi porta o a fare lo stupido (probabilmente per abbassare le aspettative o "occupare spazio") o a "rallentarmi" per il non saper cosa dire, come se dovessi essere io quello che deve farsi piacere, quasi mai il contrario.
Di fronte al 2 capita più o meno lo stesso: mi carico della responsabilità di rendermi a tutti i costi non noioso e di provare a cambiare l'umore delle persone, magari cercando di contagiarle con il mio entusiasmo.
Capita che parli di quanto sia grato di qualcosa che mi sono conquistato, per cui mi sto impegnando o che mi è successa, forse anche con troppo entusiasmo, e noto che gli altri a volte quasi finiscono per vedermi come un cretino perché, probabilmente, troppo entusiasta.
Del resto può sembrare che voglia ostentare e mostrarmi migliore, ma sono sicuro che se vedessi quelle stesse persone impegnarsi di più, anche nel divertirsi, ne sarei felice (e se fosse anche grazie a me, mi farebbe sentire orgoglioso).
Inoltre, se gli altri non sono grati di quello che hanno, da un lato ho paura che questo influisca negativamente su di me e la mia voglia di fare.
Per gli amanti della psicanalisi posso dire che ho ricevuto poco affetto dai miei e forse questo mi porta a cercare di essere fin troppo amato dagli altri, ma ci vogliamo bene.
Quindi vorrei chiedervi: ha davvero senso impegnarsi per "cambiare un clima", o è sempre meglio rispettare il modo di essere altrui?
Cosa serve davvero per non aver "paura di annoiare"?
Ha veramente senso cercare di godersi "al massimo" tutti o si deve accettare che con molti, che magari apprezziamo anche, siamo "incompatibili"?
Apprezzerei anche consigli di libri o articoli da leggere.
Grazie!
[#1]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,

il suo consulto ha suscitato in me l'impressione che si tratti di una persona più attenta al "fuori" che al "dentro",
ad esempio solo due parole sull'essere stato lasciato e forse tradito per un altro dopo 5 anni di relazione con una ragazza, ma molto preso nell' "essere grato"; non è forse eccessivo?
La ragione di ciò Lei la esprime dicendo che "ho paura che questo influisca negativamente su di me e la mia voglia di fare".
E' il motivo per cui La incito a ricentrarsi su di sè, rispondendo in tale modo alla Sua domanda:
"Benessere mentale, ansia da prestazione, risultati e relazioni sociali. qual è l'equilibrio?"

Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
dopo
Utente
Utente
Buonasera, innanzitutto la ringrazio per la risposta. Sicuramente avrei parlato molto più della mia storia, ma avendo solo 3000 caratteri non ne ho avuto la possibilità. Di sicuro non sono grato di essere stato tradito, sarei un folle a dirlo. E' stata l'unica relazione che ho avuto, e sicuramente ho pagato non solo la rottura di per sé, ma anche la modalità con cui è arrivata, non solo per la mancanza di rispetto, ma anche per il non aver avuto modo di capire insieme a lei cosa non andasse bene. A valle di tutto e mente fredda penso che sia mancata in generale una buona comunicazione tra di noi, forse perché un po' insicuri, che non ci ha portato ad affrontare con serenità quei problemi, magari non gravi, che nel tempo diventano noiosi o fastidiosi. Oltre a diverse riflessioni sulla vita di coppia, quello che mi porto dietro da questa relazione è relativo proprio al rapporto con gli altri di cui parlo in questo post. Questa relazione non è nata nel migliore dei modi, avevo 18 anni e per mesi sono stato illuso e deluso continuamente poiché la inseguivo mentre lei inseguiva un altro. Quando quest'altro ragazzo è sparito è nata la nostra relazione, lasciandomi spesso col pensiero di essere quasi un piano B. Non gliene ho mai parlato seriamente per non mostrare insicurezza, ma penso lo sapesse (si torna al discorso della comunicazione). Cito questo evento per farvi capire quanto mi importasse piacerle, e probabilmente la risposta è "troppo". Come può capitare ancora oggi con altri (fortunatamente in misura minore - ed in questo si lega il discorso ex al discorso rapporto con gli altri), a volte cercavo di essere a tutti i costi divertente, non accettando né che i momenti di noia possono esserci e vanno "affrontati" insieme, soprattutto in coppia, né che in una qualsiasi relazione (anche di amicizia), pensando razionalmente, ci si debba impegnare sempre in due. Non credo che la cosa sia patologica, nel senso che questo non mi nega oggi di avere degli amici che mi vogliono bene o delle relazioni profonde.
Detto questo, quello che vorrei davvero capire (e che non son riuscito a far passare prima) è se questo comportamento frequente di continua ricerca di forme di approvazione da parte degli altri (come le risate) sia frutto di:
- l'ansia generalizzata o la pretesa di voler riuscire a vivere a pieno ogni istante, il non accontentarmi, non accettando che in alcuni momenti non ci sia effettivamente nulla da dire/di cui ridere/su cui riflettere/da godersi. Il discorso del vivere il tempo si collega molto alla questione "workaholism", perché anche lì cercavo di occupare ogni istante con qualcosa di produttivo, a meno che non fosse un'assoluta (rara) certezza di divertirmi abbastanza (tendenzialmente studio-sonno-sesso,nessun hobby).
- una forte insicurezza nelle relazioni, cosa che in realtà penso sia vera solo in parte, dato che tendenzialmente non sono timido, o dato che comunque non perdo occasioni sociali per timidezza. Ad esempio tempo fa i miei coinquilini hanno invitato delle amiche a casa, e prima di uscire dalla camera mi era venuta un po' di ansietta da prestazione ed una leggera tachicardia, ma ciò non mi ha negato di presentarmi a queste ragazze, rompere il ghiaccio ed essere la presenza più "pimpante". In tal caso "è andata bene", nel senso che mi sono divertito io e ho fatto divertire gli altri. Il punto è che a volte "non va bene", e non so neanche dirvi cosa intendo per questo, ma sento una certa insoddisfazione, come se mi aspettassi di più dalla situazione.
- questa voglia di impegnarsi e "strafare" che in realtà è normale (ammetto che mi piacerebbe sentirmelo dire), non problematica, e provata da una grande quantità di persone. In questo discorso, la voglia di "strafare", penso si ritrovi il fatto che non mi piace molto chi fatica ad avere degli obiettivi (non disprezzo la persona, ho tanti amici così che mi hanno dato ed aiutato tanto, ma l'atteggiamento passivo davanti ad una cosa che possono almeno provare a cambiare in qualche modo ma di cui si lamentano solamente). Da un lato, questa "ambizione" mi piace molto, perché la voglia di fare di più è un motore che ti porta a fare bene nel lavoro, ed anche con le persone stesse (l'impegno non è sempre negativo, molte persone apprezzano anche questo modo di essere e di impegnarsi); dall'altro mi dà fastidio perché mi porta ad essere troppo riflessivo (un qualsiasi 23enne adesso starà magari facendo sesso, giocando, guardando un film, io sto qui a farmi le seghe mentali) e di per sé le sole riflessioni sono quindi una perdita di tempo, che non ti stai godendo.

Ha senso smettere di farsi mille seghe mentali e provare ad impegnarsi alla ricerca di nuovi hobby (per il momento studio, mi alleno e mi informo sull'alimentazione per migliorare il mio fisico; avrei voluto iniziare diverse attività e stare il più possibile in compagnia dal termine della sessione d'esami, ma stiamo tutti a casa per la triste situazione, e per questo ad esempio pensavo di iniziare a provare ad imparare da solo uno strumento da casa)? Ha senso meditare? Ha senso dire che probabilmente l'unico problema è che non mi diverto abbastanza, soprattutto adesso?

Grazie per aver letto. Sono pensieri forse di poco conto, ed apprezzo se ci ha perso del tempo su.
[#3]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,

ci chiede se
"..questo comportamento frequente di continua ricerca di forme di approvazione da parte degli altri (come le risate) sia frutto di...": seguono ipotesi.
Non è che la Psicologo, sentendo raccontare una serie di vicende e "radiografandole", produca la risposta.
Le dinamiche sottostanti emergono lentamente in un percorso psicologico o di psicoterapia, a seconda della necessità, ma non attraverso un consulto online, che per le questioni complesse presenta dei limiti.

Ci chiede ancora:
"ha senso..." seguono ipotesi.
Nella prima risposta La invitavo a ri-centrarsi su di sè.
Attraverso quali azioni pratiche noi non lo possiamo sapere, non conoscendola.
Ma Lei potrà rendersi conto facendo, di quello che Le fa bene in senso maturativo e di cosa rappresenta invece un riempitivo.
Mi sembra però che alla Sua domanda
"Ha senso dire che probabilmente l'unico problema è che non mi diverto abbastanza, soprattutto adesso?"
la risposta possa essere semplicemente: no. Sarebbe la banalizzazione di una problematica più complessa, quella del compiacere gli altri.

Dott. Brunialti
[#4]
dopo
Utente
Utente
Buonasera Dottoressa,
le rispondo solo adesso perché le sue parole mi hanno fatto riflettere parecchio in questi giorni. Ho rianalizzato il mio modo di pensare, i miei atteggiamenti, il mio modo di sentirmi bene insieme alle persone. E' stato un lavoro naturale, che mi ha portato a ripensare anche alla relazione passata e a quello che mi ha dato, a come mi ha cambiato. Noto che molto si basava sul compiacimento della mia ex, che mi ha portato anche ad abbandonare/nascondere amici che potessero non piacerle, o passioni, senza che però effettivamente lei si opponesse fattualmente a queste cose. Mi sentivo (e forse ci sentivamo) di dover dimostrare solo il lato forte di me (o di noi), di dover continuamente ostentare, cosa che non ha mai fatto maturare il rapporto, né creato mai discussioni costruttive abbastanza profonde che adesso invece ho il piacere di intraprendere con i miei amici più stretti, specialmente dopo la rottura (penso che per fidarsi a pieno di una persona, in generale, si debba conoscere vicendevolmente le proprie debolezze, essendo consapevole che ovviamente ogni relazione non debba essere fatta solo di quello - le chiedo conferma di ciò). Con questo non voglio dire né che fosse tutto finto, né addossarmi la colpa della fine di una relazione che ad oggi sono certo sia giusto sia finita.

Ho apprezzato tanto la Sua capacità di capire così tanto da così poco, e di come abbia centrato il punto del compiacere gli altri. La ringrazio specialmente per aver scritto "Ma Lei potrà rendersi conto facendo, di quello che Le fa bene in senso maturativo e di cosa rappresenta invece un riempitivo.", perché mi fa notare che troppo spesso ho provato a riempire la mia giornata di attività (e parole) che piacevano agli altri e non a me. Non pretendo di avere da lei, con così poco a disposizione, i motivi che mi hanno portato a commettere alcuni errori o avere alcune debolezze, ma mi riservo la possibilità di contattarla in privato qualora, specialmente a quarantena finita, quando aumenteranno le mie esposizioni "al mondo esterno", senta la necessità di chiederle anche altro.

Grazie davvero!
[#5]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,

Mi fa piacere che il consulto abbia innescato una fase di positiva riflessione su di sè.

Dott. Brunialti
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