Cercare la perfezione nell'altro

Buongiorno,
Ultimamente sto riflettendo molto sulla mia relazione con il mio ragazzo e con gli altri.

Mi infastidisce moltissimo quando vedo sia lui che i componenti della mia famiglia che mangiano in maniera sbagliata (es.
Grandi porzioni, merendine ogni 5 minuti, cibi poco salutari in grandi quantità), mi sento subito frustrata e penso che non si stiano prendendo abbastanza cura di loro stessi e del loro aspetto e di conseguenza mi sento in colpa per questi pensieri perché so che non sono giusti.

Io cerco sempre di essere in forma e in realtà la mia corporatura è abbastanza magra anche per via di problemi allo stomaco ricorrenti ma sto cercando di rafforzarmi e stare bene con me stessa.

Mi capita di desiderare che anche il mio ragazzo si prenda cura del suo aspetto, della sua alimentazione e del suo modo di vestire.

Ovviamente immediatamente dopo mi sento superficiale e mi chiedo se all'interno di una relazione posso pensare questo... Così spesso.

Potrebbe essere che rifletto le mie insicurezze e il rapporto che ho con me stessa anche sulle persone alle quali voglio bene?

Grazie in anticipo.

Buona serata.
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Dr. Giovanni Federico Psicologo 54 4
Gentile utente,

a volte l'esperienza con l'Altro può vicariare istanze che, invero, sono rivolte al Sé. In altri termini, capita spesso nella vita psichica che si adoperi l'Altro come specchio, rendendolo un bersaglio od una propaggine di processi che pertengono al Sé. L'Altro, in questa direzione, viene assunto quale strumento attraverso cui attivare processi meta-cognitivi.

Tuttavia, averne consapevolezza rappresenta una risorsa attraverso cui "spostare" il focus attentivo delle predette istanze sul "destinatario corretto". Chiedersi, quindi, cosa della nostra vita vorremmo cambiare per mezzo dell'altro.

Di qui, un buon elemento di riflessione meta-cognitiva potrebbe essere l'insieme di risposte fornibili alla domanda: "cosa vedo nell'altro di me che mi infastidisce?".

Può accadere, quindi, che la critica operata nel momento in cui si veda qualcuno mangiare una merendina di troppo, più che rappresentare un'espressione di dissenso verso lo specifico comportamento (mangiare male), rifletta il risultato di una valutazione per la quale si intercetta una scarsa flessibilità dei propri processi cognitivi che viene "trasdotta" nella forma di "critica al comportamento".

Il passaggio qui è sottile ma centrale: una "critica" ad un proprio processo cognitivo di pensiero viene trasformata in una critica al comportamento dell'altro.
Il "mi infastidisce essere così rigida, purtuttavia ne abbisogno per X, Y, Z motivi", diviene vicariato nella forma del: "mi infastidisce il comportamento dell'altro..." (...che porta a galla parte di una mia inflessibilità).

Ha mai provato a ragionarci in questi termini?

Cordialità,

Giovanni Federico, PhD
Web: https://www.neuropsicologo.net
Mobile: (+39) 349 85 27 200

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dopo
Utente
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Gentile Dottore,
Ho riflettuto su varie ipotesi.
Durante il corso degli anni ho affrontato periodi difficili con me stessa, tra i quali un disturbo alimentare e conseguenti attacchi di panico.
Ormai è da tempo che sto meglio ma la mia relazione con me stessa dipende molto dal cibo e dal corpo.
Aggiungendo anche una gastrite ricorrente, diciamo che tra ciò che mi dice la mente e ciò che mi dice il corpo, non mi è concesso mangiare in grandi quantità e soprattutto cibi golosi.
Ma siccome prendo coscienza di avere questi "amici" che accompagnano le mie giornate, ho deciso di rafforzare mente e corpo con l'esercizio fisico che mi aiuta moltissimo e allevia la tensione.
Penso che il comportamento che ho con gli altri sia frutto di quello che ho affrontato e sto affrontando. Loro mangiano con naturalezza, senza pensare alle conseguenze e dentro di me sembra che siccome io sono limitata e mi impegno per stare bene, debbano farlo anch'essi altrimenti non lo trovo giusto.
Cordiali saluti.