Violenza psicologica?

Undici anni fa mi fidanzati con quello che pensavo fosse il mio principe azzurro.

Dopo qualche mese idilliaco, iniziò il tracollo.

Un piatto cotto male veniva lanciato, urla, confronti con le sue ex, storie per come mi vestivo, insulti, urla, minacce.
"sei stupida, non vali un cazzo, non capisci un cazzo".
Fino ad arrivare a spintoni e un calcio su un braccio che mi costrinse ad andare in giro a maniche lunghe d'estate.
Dopo questo episodio la violenza fisica fini' ma si intensificarono urla e minacce, insukti alla mia famiglia, oggetti rotti.
Non ricordo bene quel periodo, ricordo solo che avevo paura a fare qualsiasi cosa: uscire, andare a lezione, vedere amici.

Rimango incinta e mi passo una gravidanza da sola, lui che non fa niente in casa, fa battute sulla mia forma fisica.
Le cose migliorano alla nascita di mia figlia per qualche mese, poi tornano quelle di prima.
Assente in famiglia, non fa mai niente con noi, non si occupa della bambina, esce solo con i colleghi ma non fa mai niente con noi.
So che lui non ha avuto una bella infanzia quindi lo giustifico fino a quando, grazie ad un nuovo lavoro, conosco persone diverse, compagni presenti.
Inizio a riacquistare fiducia in me stessa e trovo la forza per lasciarlo.
Lui mi promette che cambierà io mi prendo del tempo.

Nel mentre faccio l'errore più grosso della mia vita e finisco a letto con il mio migliore amico, quella persona che mi è sempre stata accanto, dato supporto.
Come un veicolo rimasto impantanato nel fango, mi aggrappo a lui per cercare di venire fuori da una situazione che dovrei risolvere da sola.

Nel mentre il mio compagno continua a dire che mi ama e che non pensava che i suoi comportamenti mi avessero fatta stare così male.
Ad oggi, io mi sento male per quello che ho fatto.
Sono troppo fragile per gestire una bugia del genere, mi sta logorando dentro.
Vorrei lasciarlo, perché ho paura che a breve, ricominci a comportarsi come prima, ma non ho le forze non voglio farlo soffrire e fargli vivere lo stesso abbandono che ha vissuto da piccolo, con sua madre che lo faceva sentire un più.
Non riesco più a stare bene con me stessa, non so più dove sia la ragione e dove il torto, probabilmente fa entrambe le parti, non so neanche cosa mi aspetto come risposta, so solo che sto malissimo.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

Lei scrive: "Vorrei lasciarlo, perché ho paura che a breve, ricominci a comportarsi come prima, ma non ho le forze non voglio farlo soffrire e fargli vivere lo stesso abbandono che ha vissuto da piccolo, con sua madre che lo faceva sentire un più."

Lei non vuole far soffrire un uomo che per ben UNDICI anni Le ha fatto cose orribili e, ancora peggio, le fa ad un minore che assiste a questi comportamenti e questa si chiama VIOLENZA ASSISTITA, che bene non fa alla salute di un bimbo.

La Sua famiglia d'origine sa di questi episodi? Può chiedere aiuto a loro? Ha amici cui chiedere aiuto?
Si rivolga al più presto ad un centro antiviolenza della Sua città, almeno per il bene di Suo figlio.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentilissima, grazie per la celere risposta.
Ci tengo a precisare che il mio compagno non è mai stato violento con nostro figlio (figlia in realtà, mi Perdoni ma ho fatto copia incolla da un altro sito e avevo scritto figlio per non essere riconoscibile, visto che è frequentato da persone che conosco)quanto piuttosto assente,a tal punto che per un periodo nostra figlia ha iniziato a chiamare "papà", il compagno di una mia amica, con il quale gioca spesso.
E il mio compagno, anche in quel caso, ha fatto una scenata, accusandomi di avere una storia con questa persona.
Il motivo per cui mi sento in colpa è che lui ha avuto una brutta infanzia, al contrario mio che invece sono stata amata da tutta la mia famiglia. Sua madre l'ha sempre fatto sentire un peso, suo padre beveva e lui è cresciuto con i nonni e con gli zii.
Questo tradimento che è avvenuto con il mio migliore amico, mi fa sentire male perché, nonostante tutto, non riesco ad avercela con lui e non voglio farlo soffrire. Continuo a scusarlo per il suo passato, mi ripeto che a modo suo mi ama e che con nostra figlia non è mai stato violento ma, in fondo, da un lato, mi rendo conto dell'irrazionalita' dei miei pensieri. Io ho studiato psicologia durante i miei anni universitari, ho cercato di aiutarlo a rielaborare la sua rabbia, ma, dopo alcuni mesi, eravamo di nuovo punto e da capo.
I miei amici non mi credono perché davanti a loro si è sempre comportato bene. Gli insulti si sono sempre verificati in privato o davanti agli amici di lui.
Gli unici a credermi sono l'amico con cui è successo il fattaccio e una cara amica che ha assistito ad una scenata, in un momento in cui lui aveva bevuto durante una serata e aveva perso la testa.
I miei genitori mi credono ma cosa possono fare..? Lasciarlo loro al posto mio?
Io mi rendo conto di aver perso lucidità. Non so più se sono io ad esagerare o se effettivamente quella a cui sono sottoposta è violenza, nonostante non abbia più alzato le mani. Forse, dopo 11 anni così, dai miei 20 ai 32, mi ha fatta abituare a questo modo di vivere, a tal punto da considerarlo normale.
La ringrazio di cuore.
Carissimi saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

la violenza non si manifesta solo se qualcuno assesta un ceffone o sferra un pugno a qualcun altro, né solo quando insulta, minaccia, aggredisce verbalmente, svaluta, ecc... ma anche se IN PRESENZA DI MINORI vengono agiti comportamenti del genere.
E questa forma di violenza è MOLTO GRAVE.

Secondo Lei assistere a queste scene fa bene a Sua figlia?

Non so che cosa abbia letto Lei di psicologia, ma con tutto il rispetto penso NON abbia capito come si trattano le persone violente e Lei comunque NON è né una psicologa, né un medico, né un'assistente sociale, né una persona lucida che può riconoscere il male che quest'uomo fa a Lei (che comunque è adulta) e soprattutto a Sua figlia.

Ci sono molti uomini e molte donne che hanno avuto un passato doloroso e probabilmente ben peggiore di quello del Suo compagno, ma sono perfettamente in grado di RISPETTARE gli altri esseri umani, di assumersi responsabilità, di non abusare di sostanze ubriacandosi, ecc...

Quindi, se quest'uomo è un debole, una persona bisognosa di cure psichiatriche NON è certo Lei che deve farsene carico e soprattutto NON è Sua figlia che deve subirne le conseguenze.

Ma Lei deve chiedere aiuto per se stessa, perché se quest'uomo ha seri problemi, Lei che lo giustifica ne ha altrettanti. Il primo è questa sorta di "delirio" che La porta a voler aiutare una persona che Lei comunque non può aiutare. Non sono le persone che curano, non sono le storie d'amore (anche se questa è più una storia di violenza) che curano, né i figli. Quest'uomo, come ha potuto vedere, non cambia neppure per amore della figlia, che è una piccola creatura bisognosa d'affetto e che invece subisce e patisce il clima che si respira a casa.

Continuare a giustificare, scusare, perdonare fa parte del cosiddetto "ciclo della violenza", che è fatto da fasi di dolcezza alle quali si alternano svalutazioni, insulti, ecc...

E Lei deve sottrarsi ed uscire da questo meccanismo e per farlo deve chiedere aiuto ad uno psicologo psicoterapeuta. Per questa ragione Le ho scritto di rivolgersi ad un centro antiviolenza, perché da sola non potrà farcela e ha comunque bisogno di tutto il sostegno sociale, ad esempio dei Suoi genitori, che potranno aiutarLa.

"Forse, dopo 11 anni così, dai miei 20 ai 32, mi ha fatta abituare a questo modo di vivere, a tal punto da considerarlo normale."
Purtroppo questa è l'affermazione più grave di tutte, no, NON è normale questo trattamento; questa situazione è molto grave.

Cordiali saluti,
[#4]
dopo
Utente
Utente
Gentilissima dottoressa.
La ringrazio per le sue parole che, seppur dure, mi hanno dato quello scossone di cui forse avevo bisogno.
Da inizio marzo mi trovo a casa dei miei genitori, in montagna, con mia figlia e, lontano da lui, sto forse iniziando a prendere coscienza di quanto mi è accaduto.
Quando ho detto che "Forse, dopo 11 anni così, dai miei 20 ai 32, mi ha fatta abituare a questo modo di vivere, a tal punto da considerarlo normale", intendevo dire che, avendo vissuto questa situazione dai miei 20 anni fino ai miei 32, mi sono "abituata" a considerare normale questa modalità relazionale che, ahimè, di normale non ha nulla. Questa storia è stata la mia prima storia (oltre a due storielle adolescenziali di poco conto) e quindi, probabilmente, non avendo altri metri di paragone, per me è difficile rendermi conto che quella che sto vivendo da 11 anni sia una storia di violenza.
Prima però ero da sola, ora c'è mia figlia e quindi, come lei giustamente mi ha fatto notare, se non riesco a trovare la forza di andare via per me, devo farlo per mia figlia.
Io mi occupo di educazione in natura, al momento sono ferma vista la situazione in atto. Credo che mi fermerò dai miei fino al prossimo settembre, in modo da avere il loro supporto nella gestione della cosa e, nel mentre, mi rivolgerò ad uno psicologo perché, da sola, credo di non avere la forza di uscirne fuori.
La ringrazio di cuore