Come affrontare un lutto durante la anemia da covid

Salve dottori,
vorrei spiegare il mio problema.
Ieri è venuto a mancare mio nonno per un’infezione batterica trascurata a causa dell’attuale emergenza sanitaria.
Quando il ricovero è diventato inevitabile, in ospedale hanno effettuato la giusta diagnosi ma l’infezione si era estesa a tal punto da provocargli un infarto, la scorsa settimana.
Per tutta la sua degenza in ospedale mio padre, lavorando in quell’ospedale, con tutte le precauzioni dovute, è riuscito a vederlo ogni giorno.
Io l’ultima volta che l’ho visto vivo è stata la notte dell’infarto, ma era poco lucido e sedato.
Il giorno prima che morisse sono andata in ospedale, perché mio padre mi ha detto che avrebbe trovato il modo per farmi entrare in reparto, ma ho chiamato mio nonno dicendogli che stavo lì fuori e che non potevo passare.
Lui mi diceva che se avessi insistito mi avrebbero lasciata entrare (era vero).
Gli ho detto invece che sarei tornata il giorno dopo, e in fondo mi ero sentita rasserenata di aver rimandato a domani.
Quella notte è morto.
Il giorno che avrei potuto vederlo sono certa mi avrebbe voluto dire qualcosa, perché quel pomeriggio ha dato delle raccomandazioni ad ognuno di noi, tramite mio padre, e quando è toccato a me ha detto giulia... giulia non è voluta entrare.
È morto così, con il pensiero che io non sono voluta entrare a salutarlo, lui che a me ha dato la vita per 27 anni.
Non saprò mai cosa avrebbe voluto dirmi.
Mia madre è morta tre anni fa.
E anche in quella circostanza non sono voluta entrare a salutarla l’ultima volta, perché ho sempre messo me davanti agli altri.
Mi ero giurata che mai avrei rifatto lo stesso errore, e invece l’ho rifatto.
Sono 4 anni che muoiono persone intorno a me, prima mia nonna, poi mia madre, poi mio zio, e adesso mio nonno.
Ho 27 anni, ho visto e provato tanto dolore, avrei dovuto accumulare esperienza, avrei dovuto imparare a stare accanto ai malati terminali.
Invece continuo a sbagliare.
Alla mia età penso a come mi comporterò quando toccherà a mio padre, penso alla morte ogni giorno della mia vita, sogno di venire sepolta, di assistere alla morte delle persone care, sempre cercando di non far pesare le mie emozioni sugli altri.
E anche questa volta mi ritrovo a dover convivere con l’ennesimo errore, con i rimorsi e con il pensiero che non sentirò più, un’altra volta, una voce importante.
Quando ho iniziato a dover fare a meno di mia madre ho riversato su mio nonno tutto il mio dolore, senza mai dirglielo, ma facendoglielo percepire, perché noi ci guardavamo e sapevamo già.
Era l’unica persona al mondo che aveva capito quanto avessi sofferto per mamma, anche se non avevo mai versato una lacrima.
Questa volta ho paura di non farcela.
Non so con chi parlarne, il coronavirus ha limitato ogni rapporto.
Ho pensato che magari in questo forum un consulto da parte di professionisti possa farmi vedere qualche speranza.

Vi ringrazio tutti, se leggerete.

Cordiali saluti
[#1]
Dr. Francesco Ziglioli Psicologo 1k 36
Gentile utente,

purtroppo in questo momento, oltre al normale impatto psicologico del lutto, dobbiamo anche fare i conti con le limitazioni che cambiano radicalmente l'assistenza al famigliare "terminale" e ai riti funebri che succedono il lutto.
Aldilà della fede di una persona, la ritualità funebre è un momento estremamente importante per realizzare la perdita e iniziare il processo di elaborazione. Senza questi momenti, si rischia di rimanere in un limbo di incertezza, di rabbia e di sensi di colpa che alla lunga possono creare problemi.
Queste emozioni possono emergere anche in relazione a ciò che non si è fatto per stare vicino al proprio caro durante la fase finale della sua vita.

In lei, così come in altre persone colpite da lutti in questo periodo, ha avuto questo effetto. Tuttavia, da quanto ci racconta, questo episodio trova forte risonanza nella sua storia di vita e da la possibilità di far emergere ricordi legati al lutto vissuti in modo negativo.
Da qui, inizia un rimuginio sulla propria adeguatezza, sui propri doveri e sulle aspettative verso sé stessa.

Ci scrive: "avrei dovuto imparare a stare accanto ai malati terminali. Invece continuo a sbagliare."
Vede, non c'è scritto da nessuna parte che una persona debba "imparare" questa cosa. Ognuno si rapporta al lutto e alla malattia come meglio riesce. Non si tratta di errori, anche se lei li percepisce come tali. Sono le proprie regole morali, i propri standard autoimposti che fungono da metro di giudizio, in questo caso.

Aldilà del singolo episodio della perdita del nonno, ritengo che la sua storia debba essere trattata in un contesto psicologico psicoterapeutico adeguato. Al momento, io e i colleghi continuiamo il nostro lavoro con modalità telematiche, e presto si pensa ad un graduale ritorno alla normalità. Prendere appuntamento, anche per una seduta tramite skype, potrebbe essere un buon modo per iniziare ad elaborare i suoi vissuti di sofferenza. Le modalità di lavoro, sostanzialmente, non cambiano. Anche questo è adattarsi ai forti cambiamenti imposti dalla situazione.

Cordiali saluti
Dr. Francesco Ziglioli
Psicologo - Brescia, Desenzano, Montichiari
Www.psicologobs.it

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