Come superare la depressione dovuta all'oppressione data dal sistema universitario?

Mi trovo ad un esame dalla laurea, la mia tesi è finita e stampata.
Questa materia la tento ogni volta ed ogni volta vengo bocciata, sono infelice, oppressa e distrutta.

Io a morte ciò che studio mi fa schifo e voglio solo andare via da questa facoltà, non ne posso più di studiare, non ne posso più di non avere vita sociale, passo anche 14 ore sui libri e non ho tempo per me stessa.

Non faccio che pensare al fatto che non voglio svegliarmi la mattina, vorrei non esistere più perché odio tutto quello che la mia vita è diventata.

Ho 22anni e vivo solo di libri, non dovrebbe essere così...?! Dovrei essere felice, vivere, uscire, gioire delle giornate, fare esperienze nuove...eppure mi ritrovo in questa situazione di totale agonia.

Mi sento un nodo alla gola che non riesco a sciogliere, come se non avessi vie d'uscita e vedessi in fondo al tunnel solo una soluzione: non esistere Più.

Sono sempre stata la "prima" della classe, la secchiona che ama studiare e informarsi...adesso mi ritrovo ad essere sommersa...
Mi sento come se sopra di me vi fossero km e km di mare e io non riuscissi a risalire...
Agli altri il mio malessere può sembrare banale ma a me sembra di non avere vie d'uscita.

La mia famiglia mi sostiene, ci provano ma in fondo non possono capire il tormento che ho dentro.

Voglio completare solo perché mollare adesso è da sciocchi dopo tutte le tasse e i soldi spesi.

Non mi piace ciò che faccio, odio l'università e odio l'istruzione in Italia, ti impone e ti tortura l'anima finché non diventi come loro.
Perdi l'identità, i sentimenti, la voglia di vivere...
Non vedo un futuro per me... Vorrei solo godermi un po' di libertà senza fare sempre le stesse cose.

Non riesco a superare l'ennesima bocciatura, ho pianto per più di 72h e non ho nemmeno la forza di mangiare, non lo accetto proprio, pensare che tra due settimane devo farlo di nuovo...e quindi dovrò rimettermi sui libri... Fare e rifare sempre le stesse cose.

Penso che se oggi non ci fossero stati i miei genitori avrei fatto del male a me stessa.

Voglio solo essere felice...
Non ce la faccio più.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
quello che dice non è del tutto falso, ma...
Lei scrive: "odio l'università e odio l'istruzione in Italia, ti impone e ti tortura l'anima finché non diventi come loro".
Tutto questo è stato studiato, e non solo riguardo all'Italia, da studiosi del calibro di Heinz Von Foerster: l'istruzione può sembrare fatta all'unico scopo di farci diventare "macchine banali".
Eppure, se ci riflette, le sembra davvero di aver immagazzinato solo dati inutili? Quello che ha appreso le ha solo tolto qualcosa?
Guardi le persone che non hanno studiato. Le sembrano originali, creative, o non piuttosto meno dotate di spirito critico e spesso piene di complessi d'inferiorità, tanto che rifiutano aggressivamente perfino la correzione dei loro più banali errori linguistici?
La sua stanchezza consegue ai ritmi che si è imposta, allo sforzo inevitabile di dover immagazzinare dati che non sempre sono all'altezza del sacrificio che comportano, non sempre vengono forniti con la giusta metodologia didattica, ma nemmeno vengono registrati in memoria nel modo più opportuno.
A questo si è aggiunto l'esame "maledetto" che ha fatto crollare le sue certezze di studentessa modello, per cui ormai è dominata dall'ansia da prestazione, che ha un effetto paralizzante.
Adesso si tratta di prendere il toro per le corna, cara ragazza. La materia maledetta non deve vincere su di lei.
Abbia chiaro cosa a lei fa bene, cosa le fa comodo e le è necessario: concludere il corso di studi. Tutto il resto dev'essere strumentale a questo fine.
Le riporto le indicazioni di uno studente che spesso ha dovuto nascondere la sua intelligenza e la sua competenza per passare l'esame con ottimi voti, fingendosi una "macchina banale":
"Bisogna prendere certi esami come una medicina necessaria a un bene superiore, per quanto sgradevole. Fai uno schema di quel che devi sapere per l'esame, per averlo prontamente sulla lingua ed evitare riflessioni e obiezioni, perché l'insegnante non pensi che dubiti dell'Evangelo [la sua materia], o peggio che lo vuoi sfidare".
Cara utente, il suo atteggiamento all'esame è fondamentale. Spalle dritte, sguardo diretto, ma non per sfida: perché si hanno a mente gli schemi di tutti i concetti abitualmente oggetto di domanda.
Lei dice che dovrà ristudiare: no, stavolta dovrà memorizzare per schemi. Scriva le domande più frequentemente ricorrenti e se le assegni una dopo l'altra come piccoli temi, da fare anche come mappe, o per punti, cioè in sintesi.
In pratica, si fornisca di quello che serve ad avere la risposta "sulla punta della lingua".
Spero che tra quindici giorni ci comunicherà il pieno successo, e ci dirà anche la sua facoltà e il nome di questa singola materia opprimente.
Avanti, futura dottoressa!

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie tante per queste parole, mi hanno aiutata a riflettere in questi giorni. Ho cercato di creare occasioni di svago, di uscire e distrarmi quanto più possibile. In fondo ho capito che uscire o meno non cambia l'esito, deprimermi e reprimere la mia voglia di vivere la vita fuori dalle 4 mura della mia stanza,non ha alcun senso. Se deve bocciarmi lo farà a prescindere.
Riflettendo ho capito che la cosa che mi ha fatto soffrire di più è stato vedere la persona con cui ho una relazione da 4 anni e mezzo, passare questo esame senza aver studiato pressoché nulla.
Questo mi fa pensare agli esami precedenti ... Dove ha sempre mantenuto questo stile di totale indifferenza nei confronti dello studio ottenendo comunque risultati buoni o accettabili.
E lì mi domando... Perché io devo faticare il quintuplo di lui e non ottenere niente e lui invece non fare nulla e vivere felice sereno e senza problemi?
Pensare che tra poco ci sarà la sua laurea mi fa stare male. Lui dice che è invidia ma io so benissimo che è rabbia , sono profondamente arrabbiata perché in fondo in lui vedo l'affresco della società in cui molti non si impegnano per niente e ottengono comunque ottimi risultati a discapito di chi sputa sangue su ogni cosa e ottiene zero.
Non riuscirò nemmeno a guardarla questa laurea, perché sarei così arrabbiata da non riuscire nemmeno a dirgli "auguri".
Adesso lui da laureato sarà felice, nella sua bella vita, sereno, esce e si diverte , si gode questi mesi di dolce fare nulla e io invece ancora qui, castigata su questa maledetta scrivania che non posso più vedere perché mi provoca una nausea incontrollabile, dopo aver sputato sangue per tre anni... Avendo sognato questo giorno da sempre.
Questo esame ha creato una crepa troppo profonda che non riesco a incollare e nemmeno a ricucire; questo Professore è riuscito a farmi dubitare di me, della mia intelligenza e delle mie capacità.
Noi ci amiamo molto, aldilà del contesto accademico mi sostiene, mi aiuta, mi conforta. Sento però verso di lui adesso solo una profonda rabbia , un senso di freddezza. Non ci vediamo da circa due settimane e non riuscirei a guardarlo in faccia senza provare rabbia e piangere.
La mattina stessa dell'esame affermava di non conoscere quasi nulla di quanto in programma per l'esame, più del 90% delle cose gliele ho passate/spiegate io. Forse anche questo contribuisce alla mia rabbia, in fondo è come se lo avesse passato grazie a me. "Che fortuna" guarda un po'.
È infantile quello che provo , infatti è stupido a 22 anni scrivere queste cose eppure non riesco ancora a farmene una ragione .
Non riesco a superare questa caduta. Provo a studiare di nuovo e non ci riesco mi tremano le mani e ho il panico addosso.
Qualche giorno fa erroneamente ho percorso la strada che conduce al mio dipartimento poiché dovevo andare in centro per degli acquisti, sembrerà stupido ma ho avuto un attacco d'asma perché ormai quella strada l'ho psicologicamente associata all'università, agli esami, al terrore che si cova dietro questo sistema marcio e schifoso..stavo così male che mi sembrava di essere pazza.

Vorrei andare avanti con la mia vita, essere felice con lui ,i miei, i miei amici e lasciarmi questa caduta alle spalle. Vorrei soltanto non sentirmi più così..mi vergogno di questi insuccessi mi fanno sentire inferiore , incapace...
Bisogna prendere le cose di petto non buttarsi giù, di solito io sono sempre l'amica positiva che infonde affetto e supporto a tutti. Forse stavolta servirebbe una "me" a me stessa..
Non mi riconosco più, forse sono un po' depressa o forse è solo la delusione che fatica ad allontanarsi da me. Ce la sto mettendo tutta e ogni giorno mi sforzo di fare tantissime cose, soprattutto cose che riguardano la mia persona, provo a volermi più bene a sostenermi perché in fondo...solo io posso sapere cosa ho dentro e come mi sento.
Mi sto impegnando a rivedere gli affetti più cari e riallacciare i legami che il covid ha allentato per via della quarantena. Cerco di godermi anche la famiglia e di prendere del tempo per me, dormire a sufficienza e fare attività fisica per distrarmi. È pur sempre un inizio.
L'università l'avevo idealizzata diversamente , è solo un luogo marcio e corrotto dove migliaia di studenti perdono la loro identità e si scordano di cosa significhi essere veramente felici. Ipocrisia e cattiveria, ansia e frustrazione, insulti e ripicche ...il luogo che dovrebbe formarti...ti distrugge. È qualcosa a cui penso spesso.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Cara utente,
ho letto con molta attenzione la sua lettera (nella quale però omette il nome della sua facoltà e dell'esame maledetto).
Fermiamoci su qualche punto; il fatto che siano più d'uno i nodi irrisolti mostra quale groviglio di sofferenza c'è dentro di lei.
"Perché io devo faticare il quintuplo di lui e non ottenere niente e lui invece non fare nulla e vivere felice sereno e senza problemi?"; "in lui vedo l'affresco della società in cui molti non si impegnano per niente e ottengono comunque ottimi risultati a discapito di chi sputa sangue su ogni cosa e ottiene zero"; "questo Professore è riuscito a farmi dubitare di me, della mia intelligenza e delle mie capacità".
In realtà è il suo sistema di idee che la sta mutilando, non il successo che il suo ragazzo ottiene apparentemente senza studiare, né la società ingiusta e nemmeno i modi offensivi e deprimenti del professore.
La sua visione negativa andrebbe smontata, o sarà sempre un groviglio che si oppone alla sua serena attenzione agli argomenti di studio, alla proficua memorizzazione, alla fluida e vincente esposizione.
Mentre le scrivo visualizzo quei meccanismi cerebrali che oggi le neuroscienze collegano ai processi cognitivi che ho citato.
Naturalmente uno psicologo le sarebbe di grande aiuto, ma provi a fare, per ora, un esercizio semplice, che viene dalla terapia REBT e consiste in tre domande.
Provi a chiedersi, quando qualche idea negativa, amara e pessimistica le viene in mente: "E' proprio vero quello che penso?".
Per esempio, lei crede davvero che il suo ragazzo vada all'esame impreparato? Dalla sua stessa email vengono fuori i motivi per cui ha successo: "ha sempre mantenuto questo stile di totale indifferenza nei confronti dello studio ottenendo comunque risultati buoni o accettabili".
Dunque, nello studiare, memorizzare, esporre, il suo ragazzo adotta lo stato d'animo che la filosofia joga prescrive per affrontare le prove: "senza desiderio né timore". Di fatto non teme nemmeno i risultati mediocri, il che vuol dire che non solo ha una serena fiducia in sé, ma non la inquina con l'ansia da prestazione, ossia col desiderio di un voto alto a tutti i costi. Chiaro che in questo stato d'animo una sua ora su un libro vale come cinque di chi invece si arrovella in pensieri negativi - inevitabilmente distraenti.
La seconda domanda che si deve fare è: "Questo pensiero mi fa sentire bene?".
Lascio a lei la verifica di questo punto, e vengo alla terza domanda: "Questo pensiero mi è utile, per risolvere il mio problema? Come potrei riformularlo, allo scopo di renderlo utile?".
Nel suo caso: "Questo pensiero mi è utile per superare l'esame con un buon risultato?".
Provi a rasserenarsi. Non dico che sia facile, quando qualcosa ci ha duramente colpito. Tuttavia vedere i fatti nella giusta prospettiva e usarli al fine di un comportamento vincente è sempre meglio, non crede?
Tantissimi auguri, e ci faccia sapere il buon risultato.