Fame estrema e costante

Buonasera,
ho 32 anni e da ormai sette soffro di un disturbo alimentare, iniziato come anoressia e poi trasformatosi in EDNOS (ora sono normopeso) con occasionali ricadute nonché episodi di abbuffate e vomito.

Seguo un piano alimentare e consulto un terapista da anni.
Con lui mi trovo bene e devo dire che emotivamente mi sento come non mi sono mai sentito negli ultimi anni.
Sono ottimista, vedo un futuro, ho più fiducia in me stesso.


Eppure il mio disturbo alimentare va solo peggiorando.
Il mio problema attuale è la fame estrema, costante e incomprensibile.
Non faccio altro che pensare al cibo dalla mattina alla sera.
Di notte sogno il cibo, di giorno sfoglio riviste di cucina e conto i secondi che mancano al prossimo pasto, oppure cerco di distrarmi tenendomi ossessivamente occupato.
Faccio fatica a concentrarmi e a parlare con gli altri perché penso solo al cibo.
Ho iniziato di nuovo ad avere paura dei pasti perché non mi saziano e la sensazione di voler ancora mangiare ma sentire di non poterlo fare perché "oltre" il piano alimentare è devastante.
Vorrei abbuffarmi in ogni secondo della mia giornata, affondare la faccia nel cibo e placare un attimo la mente.
Ogni tanto ci provo ma poi vado nel panico e o vomito tutto o faccio esercizio fisico compulsivo per smaltire.
Spesso vado a dormire piangendo e sperando di non svegliarmi perché mi sento senza speranza e condannato a pensare al cibo per tutta la vita.


Se ne parlo col nutrizionista e con la terapista mi fanno sentire ancor più disperato e in colpa perché mi dicono che il mio piano alimentare è ben bilanciato e dovrebbe bastarmi, anche perché sono normopeso, ed è tutta una questione mentale.
Quindi ormai mi sono convinto di essere pazzo.


Ultimamente sta diventando sempre più difficile resistere alle abbuffate, che si stanno facendo più frequenti e più massicce, anche una, due volte alla settimana.
Non ne posso più.
Speravo che prendendo peso, seguendo un piano alimentare e affrontando certe questioni emotive col terapista il mio disturbo alimentare avrebbe levato le tende, ma così non è.
L'altro giorno dopo un pranzo in famiglia che mi aveva (ovviamente) lasciato insoddisfatto mi sono ritrovato a divorarmi di nascosto i pochi avanzi lasciati nel cestino dai miei parenti.
È così umiliante, non ne posso più, non voglio fare questa vita ma non so come uscirne.
[#1]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,

se Lei va in terapia da una "Terapista" da anni
con il risultato di scrivere a noi che non la conosciamo
per avere lumi sul Suo problema
c'è qualcosa che non va.

La "Terapista" è una reale Psicologa Psicoterapeuta iscritta all'Albo? E' indispensabile per poter curare...

Che il Suo disturbo sia "..tutta una questione mentale.." sembra ovvio,
ma si va da uno Psicoterapeuta proprio per sistemare tale "questione mentale", no?
Le "..questioni emotive.." a cui Lei accenna sono state affrontate? Con quali modalità?

Ha consultato un "Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare" del Servizio Sanitario Nazionale?
Qui trova gli Specialisti preparati in specifico su tale problematica, ma soprattutto coordinati tra loro.
Le allego la mappa nazionale:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6999-anoressia-bulimia-binge-eating-come-sconfiggere-i-dca.html .

Nel trattempo, saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentilissima Dott.ssa,
grazie per la risposta.

Il terapista in questione è psichiatra e psicoterapeuta, con esperienza trentennale in varie problematiche tra cui i disturbi alimentari.
Non mi sono mai rivolto a un centro perché, anche in accordo sia col nutrizionista che col terapista, abbiamo ritenuto che date le caratteristiche estremamente ossessive del mio disturbo un centro avrebbe probabilmente contribuito solo a peggiorare il disturbo stesso. Ma sia il nutrizionista che il terapista hanno lavorato e lavorano in centri simili.

Col terapista ho affrontato attraverso sedute settimanali faccia a faccia (ora online) e un aiuto farmacologico un lavoro lungo e molto duro su alcuni aspetti del mio carattere, tra cui il senso di inadeguatezza, e devo dire che ne sto sentendo i frutti in ogni aspetto della mia vita, cosa peraltro riconosciuta anche da altre persone.
Tranne che nel disturbo alimentare, che rimane assolutamente invariato.
È questo che mi fa disperare e ho la sensazione che il mio team di supporto non sappia più come aiutarmi, oppure che si aspettino un magico "clic mentale" che non ho idea da dove dovrebbe provenire.
Se il cibo non riempisse la mia testa starei ancora meglio di quanto già non sto. È una palla al piede di cui non riesco a liberarmi, non la voglio e non la sopporto. Mi fa solo sentire fuori controllo, impazzito e posseduto, nonostante il terapista sostenga che si tratti di un modo per controllare la mia vita e sentirmi vincente. Io però oggi ho altri contesti in cui mi sento ben più vincente, contesti che il disturbo alimentare minaccia di rovinare con le sue ossessioni continue. Prima di avere questo disturbo ero più felice, non contavo le calorie ed ero anche più a mio agio col mio corpo, mentre ora mi vergogno come un ladro perché alla mia età mi preoccupo delle calorie dei pomodorini anziché delle cose che importano (e mi importano) davvero.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
".. ho la sensazione che il mio team di supporto non sappia più come aiutarmi.."

Se dopo averne parlato con loro nulla è cambiato,
è possibile prendere in considerazione l'ipotesi che i due Specialisti abbiano fatto per e con Lei tutto quanto era loro possibile,
e che ora sia opportuno passare la mano. Ipotesi da esaminare assieme a loro.

Occorre che noi curanti sappiamo sempre riconoscere e prendere atto di situazioni di stallo;
o nel tentativo di riuscire a smuoverla,
oppure per l'esaurimento delle potenzialità di cambiamento di una certa relazione terapeutica.
Fa parte delle nostre competenze specialistiche anche la capacità di chiudere un percorso a fronte dell'inefficacia dell'agire terapeutico.
Cosa ne pensa?

Dott. Brunialti
[#4]
dopo
Utente
Utente
Lei ha ragione, e ne ho anche discusso col terapista, ma il fatto è che finora mi ha aiutato molto e abbiamo instaurato un buon rapporto di fiducia e collaborazione che mi ha portato a fare e pensare cose che non pensavo più di poter fare o pensare.
Il problema è il disturbo alimentare, che rimane completamente indifferente non solo a qualsiasi trattamento ma anche a qualsiasi cambiamento del mio stato emotivo, a cui anzi si adatta volentieri, per così dire.
So anche che il cambiamento deve venire in primis da me, ma non ho la minima idea di cosa fare di quest'informazione. In più qualsiasi cambiamento che provo a fare diventa in breve tempo funzionale al disturbo stesso.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
".. il cambiamento deve venire in primis da me,
ma non ho la minima idea di cosa fare di quest'informazione.."

Lo Psicoterapeuta dovrebbe saperlo, non il pz.

Può ipotizzare inoltre qualche "movimento" nella terapia, considerato che il disturbo alimentare si trasforma ma non demorde;
e che (il disturbo) conosce ormai ampiamente le strategie dei Suoi curanti
tanto da poterle dribblare.
Al limite si può ipotizzare anche il ricovero in una struttura specialistica. Naturalmente è solo una indicazione teorica, considerato che noi non abbiamo nessuno degli elementi che i suoi curanti invecece possiedono.
Lei però ha chiesto qui un secondo parere, e - pur nella limitatezza del mezzo - ce ne siamo fatti carico.

Saluti cordiali e vivissimi auguri.
Dott. Brunialti
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