Psicoterapia act

Buon pomeriggio,
in seguito a una diagnosi di DAG, DOC e depressione, in cui il sintomo prevalente è una forte e costante derealizzazione e una percezione alterata dei pensieri e delle cose, già in cura farmacologica, mi è stata consigliata una psicoterapia cognitivo-comportamentale con metodo ACT.


È una psicoterapia che potrebbe aiutarmi per i miei disturbi?


Al momento avevo iniziato da due mesi una psicoterapia analitica junghiana ma non so se è il caso di affidarmi a qualcosa di più breve ed efficace.


Grazie.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
l'ACT appartiene alla terza generazione delle terapie cognitivo-comportamentali, in perenne evoluzione e in genere efficaci nelle diagnosi come la sua.
Senza starle a specificare cosa vuol dire l'acronimo (trova tutto in rete) direi che il consiglio che ha ricevuto sembrerebbe idoneo al suo caso.
Ovviamente i due ingredienti di qualunque cura sono un terapeuta che domini i suoi strumenti professionali e un paziente che si impegni nel seguirlo, rispettando le sue indicazioni.
Questo vale per tutte le cure, anche quelle farmacologiche, come può ben capire. Non vuol dire che lei non debba discutere ciò che il curante le suggerisce, al contrario, è bene che ne parli con lui fino a comprendere a fondo i passi del percorso che state facendo.
Credere però che le terapie non analitiche siano molto brevi è un equivoco: non durano anni, e meno che mai tutta la vita, ma ristrutturare idee, emozioni e comportamenti può richiedere tempi lunghi.
Per lo più un percorso efficace appare al paziente doloroso: si tratta di sradicare convinzioni e modi di approccio all'esistenza scelti come adattamento nevrotico, che producono e mantengono i disturbi, ma nell'immediato sembrano limitare la portata della sofferenza.
Per farle un esempio, pensi a uno che essendosi rotto una gamba usa a lungo una stampella, e quando l'osso si è risaldato e il fisioterapista, con massaggi ed esercizi, cerca di far di nuovo funzionare il muscolo, per evitare la fatica e il dolore preferisce tenersi il muscolo atrofico e tornare alla stampella.
Il DOC esprime in massimo grado questo tipo di modalità, per cui chi ne è affetto tende a resistere alla terapia, cerca continue conferme sulla sua efficacia e intanto lavora contro di essa. Tornando all'esempio della gamba rotta, il paziente che sente dolore nell'esercitare il muscolo dice che il fisioterapista gli ha prescritto esercizi inidonei, non li esegue e cerca all'infinito altri pareri.
Si affidi all'ACT con fiducia e s'impegni a combattere la sua malattia.
Tanti auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com