Rottura alleanza terapeutica?

Gent. li dott. ri,
scrivo perchè sto attraversando una fase non facile e sarebbe per me importante ricevere un parere esterno e oggettivo sulla questione.

Da circa tre anni sono in cura da un terapeuta cognitivo comportamentale per un problema di ansia generalizzato.
Durante questo periodo, sento che ci sono stati dei buoni miglioramenti nel senso che grazie al terapeuta e al mio impegno, sono riuscito a ridurre i sintomi di natura ansiogena e a riconoscere l'attivazione del circolo vizioso.

Non è stato facile per me fidarmi di questa persona e all'inizio avevo delle forti remore.
Dopo qualche seduta, sono riuscito però a sciogliermi e a lavorare con lui.
Nell'ultimo periodo, complice anche il lockdown, ho avuto una ricaduta e i sintomi che ho manifestato sono gli stessi di quando avevo iniziato.

Ho cercato pertanto di parlarne e di spiegare al terapeuta cosa stesse succedendo, ma quando mi riportava gli strumenti terapeutici che abbiamo già adottato, io sembravo non saperli più applicare.
Per questo, il terapeuta mi ha proposto di affiancare alla terapia cognitiva, quella farmacologica.
Rispetto a quest'ultima scelta, nonostante ritenga i farmaci utili, non riesco proprio ad assumerli perchè ho paura degli effetti collaterali.
In tutto ciò, ha probabilmente inciso anche la circostanza che il terapeuta - per suoi motivi personali - sarà lontano per un paio di mesi... e ciò mi ha gettato un pò nello sconforto.
Ho pensato ad un terapeuta in sostituzione ma quando l'ho proposto, mi sono sentito lasciato da solo e un pò in balia di me stesso.
Al momento è come se fossi scoperto da terapia e mi sento più esposto e fragile.

Mi rendo conto che in questa situazione si attivano molti miei meccanismi disfunzionali e che la visione del terapeuta è enormemente influenzata dai miei vissuti, di abbandono e di inadeguatezza.

Sento però che tutta questa storia ha in qualche modo logorato il mio rapporto terapeutico e che non riesco a ricucire questo strappo.
Penso agli anni trascorsi in terapia e mi spiace stia accadendo tutto questo.
E' come se la psicoterapia non funzionasse più come dovrebbe.
Vorrei recuperare il rapporto imparando a riconoscere cosa si attiva in quei momenti ma penso ormai si sia giunti ad un punto di non ritorno.
Ho provato a parlare con il terapeuta di questa situazione e abbiamo più volte tentato di comprendere il senso di tutto questo... eppure io sento solo giudizio e incomprensione, come se ogni volta ci fosse qualcuno che mi dicesse "io sto agendo bene e ho agito bene... sei tu quello che sbaglia".

E' giusto provare a sentire altri terapeuti?
C'è, in questi casi, la possibilità di una risoluzione del conflitto?

Grazie in anticipo
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
cerco di identificare uno per uno i problemi che ci espone.
1) In psicoterapia per l'ansia con complicanze fobiche, lei era migliorato, ma il lockdown ha fatto ricomparire i sintomi di prima della cura.
2) Lo psicoterapeuta le ha proposto di nuovo strumenti cognitivo/comportamentali, ma questa volta non le hanno alleviato i sintomi.
3) Lo psicoterapeuta ha dunque suggerito di affiancare alla psicoterapia la cura farmacologica. Lei ha fatto due visite psichiatriche, un consulto con uno psichiatra di Medicitalia, ma afferma: "nonostante ritenga i farmaci utili, non riesco proprio ad assumerli perché ho paura degli effetti collaterali".
4) Il suo terapeuta dovrà assentarsi per due mesi e non le ha suggerito un collega che possa sostituirlo, o meglio, lei scrive: "Ho pensato ad un terapeuta in sostituzione ma quando l'ho proposto, mi sono sentito lasciato da solo e un pò in balia di me stesso". Cosa vuol dire esattamente?
5) Le sembra che la sua alleanza terapeutica stia venendo meno, e nello stesso tempo avverte che questo le dispiace.
6) Parlandone col terapeuta "sento solo giudizio e incomprensione, come se ogni volta ci fosse qualcuno che mi dicesse "io sto agendo bene e ho agito bene... sei tu quello che sbaglia".
7) Infine conclude con due domande: "E' giusto provare a sentire altri terapeuti?" e "C'è, in questi casi, la possibilità di una risoluzione del conflitto?"
Se ho capito bene, e questi sono i nodi problematici che porta a consulto, analizziamoli uno per uno, coi limiti di uno spazio ristretto e senza la modalità dal dialogo.
Punti 1) e 2). Il lockdown, o meglio la situazione traumatica della pandemia, ha fatto comparire sintomi ansioso/depressivi in molti. Nel caso di pazienti già trattati per questi sintomi, li ha fatti ricomparire. Ciò non vuol dire che la terapia già fatta sia fallita o che i suoi strumenti non si possano di nuovo utilizzare con successo: vuol dire che si è prodotto un malessere nuovo, che richiede nuove strategie.
3) Infatti il suo terapeuta ha suggerito la farmacoterapia, ma lei, pur intravedendone le potenzialità curative, non la prende "perché ho paura degli effetti collaterali". Gli psichiatri le hanno spiegato che questi effetti esistono solo nella sua fantasia malata.
4) e 5) Lo psicoterapeuta si allontanerà per lo spazio di otto sedute (del resto le ha già suggerito gli strumenti per il contenimento dell'ansia e i farmaci, inoltre la terapia dura da ben tre anni), ma questo le fa pensare ad un abbandono, e tutto l'insieme ad una inefficacia della terapia.
6) Ne parla col terapeuta e le sembra di sentirsi dire: ""io sto agendo bene e ho agito bene... sei tu quello che sbaglia". Posto che questa vocina interiore sia proprio quella del terapeuta, proviamo a vedere se non stia per caso dicendo una cosa giusta.
Il terapeuta le ha suggerito degli strumenti di contenimento dell'ansia che a suo dire a suo tempo sono stati efficaci. Con la ripresa dei sintomi dovuta al lockdown, gli stessi strumenti non bastano più. Il terapeuta passa ai rimedi farmacologici, ma lei li rifiuta.
La sospensione della terapia per due mesi, a questo punto, potrebbe essere una strategia utile perché lei rifletta, anche sul fatto che a volte la malattia provoca reazioni inconsulte, per cui invochiamo la guarigione e nello stesso tempo rifiutiamo la cura.
Concludo col punto 7). Nessuno le vieta di consultare altri terapeuti, e nemmeno di tornare eventualmente dal suo.
Solo, si accerti che la terapia che state conducendo sia realmente cognitivo-comportamentale.
Molti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.le Dott.ssa,
la ringrazio per la risposta. Scrivo solo ora perchè ho cercato di riflettere in particolar modo su quanto mi scriveva al punto 6. In tutta sincerità, sento che il mio desiderio più grande è quello di guarigione (del resto, chi non lo vorrebbe?). Forse però, proprio per la cronicizzazione del disturbo, sono portato a sospettare che, in fondo, questa guarigione è quasi temuta. Sembra un paradosso ma forse è proprio così... E' assurdo, ma sto iniziando a pensare che questa "guarigione", questa soluzione, datami inoltre da una persona di cui dovrei fidarmi (e per questo, a dire il vero, comprendo anche l'eventuale frustrazione del terapeuta), mi spinge a rischiare e ad addentrarmi in situazioni che non conosco e che mi spaventano.
Le continue rassicurazioni sugli psicofarmaci non hanno sortito buoni effetti e io stesso sento e percepisco che c'è insomma qualcosa che non va in questo rifiuto categorico.
Probabilmente, si è molto influenzati dall'opinione comune, da quanto appreso su internet e dalle esperienze (più o meno attendibili di catastrofi e di effetti collaterali pesanti e insopportabili) delle persone che conosco e che hanno assunto psicofarmaci. Ovviamente, la scelta è mia e non posso demandarla ad altre persone.
"Solo, si accerti che la terapia che state conducendo sia realmente cognitivo-comportamentale". Questo è un passaggio che non ho ben compreso... potrebbe chiarirmelo?
La ringrazio!
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
la sua guarigione passa attraverso la rinuncia ad elucubrare, perché questa è la prerogativa della sua malattia.
In pratica, per varcare il Rubicone verso la salute lei deve cessare la continua "riflessione", che ha lo scopo di mantenerla nello stato di malattia, ed affrontare il cambiamento.
Per questo non ritengo opportuno rispondere a quanto mi chiede sulla terapia che sta ricevendo. E' il suo curante che le dettaglierà quale terapia state conducendo e con quali scopi.
Le consiglio di fargli leggere queste sue email, anche la prima, quella rivolta allo psichiatra.
Le faccio ancora molti auguri.
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Utente
Utente
Grazie dott.ssa. Farò quanto consigliatomi. Intanto, la ringrazio per la cortesia, la gentilezza e la disponibilità.
Un cordiale saluti. La terrò aggiornata circa gli sviluppi.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Prego, caro utente. Sarò lieta di essere informata sull'evoluzione della sua situazione di salute, che le auguro di risolvere presto.