Difficoltà relazionali con parenti

Gentili dottori, vi ringrazio anticipatamente qualora prendeste in considerazione la mia richiesta di consulto.

Vi spiego la mia situazione; sono un ragazzo si 21 anni che ama la vita, ricco di desideri e obiettivi che puntualmente raggiungo, ho due fratelli di 25 e 13 anni.

2 anni fa ho perso mio padre per un infarto e da lí in poi mi sono fatto carico della situazione familiare (come se in parte non lo facessi già prima del lutto, mio padre era fisicamente assente prima della sua scomparsa e talvolta anche emotivamente avrebbe potuto dare di più).

Mi sono diplomato al liceo scientifico dando il massimo nonostante la situazione e sono riuscito ad entrare in un prestigiosa università, dove attualmente studio e cerco di ottenere il massimo in termini di apprendimento e valutazioni eccellenti negli esami.

Mia madre è una donna che considero tendenzialmente anaffettiva/alessitimica, con evidenti difficoltà comunicative, svalutante o quanto meno una pessima "'valutatrice'' 'in termini umani, poco predisposta alla riconoscenza e qualora lo facesse è semplicemente perchè io glielo chiedo, ed è come se lo facesse con estrema razionalità e con poco cuore, oltretutto mio fratello di 25 non ha mai fatto nulla per la gestione della casa e mia madre di fronte ai miei enormi sforzi, letteralmente fisici per la gestione di tante cose che "non sto qui a"dire""per ragioni di limite di parole, non ha mai detto nulla per la sua inettitudine e assenza di collaborazione.
Mio fratello è simile a mia madre, sembra come se gli desse fastidio la mia persona e a alcune mie caratteristiche quali l' intelligenza, espansività, il mio amare la cultura e padroneggiare molto bene la comunicazione.
Insomma più in generale lui sostiene di non averequesto atteggiamento, ma a mio avviso a livello inconscio è evidente che lo faccia, basti pensare che non si è mai scusato per degli atti che io considero gravi che ha compiuto nei miei confronti e invece io ho ammesso sempre con estrema autenticità in una dimensione dinamica-relazionale i miei errori seppure questi siano stati causati da sue profonde provocazioni.
Ho sempre desiderato un fratello con cui condividere esperienze ma che non ho mai avuto.
Incredibile e talvolta doloroso il non vedersi riconoscere anche MINIMAMENTE il fatto di aver sostituito mio padre e di aver portato a termine con diligenza i compiti da "adempiere'' '.

Vorrei tanto potermi innamorare di una ragazza con cui condividere amore, complicità e progetti di vita.
O meglio, spero di poterla incontrare.

Visto il limite dei caratteri in particolare il mio dolore proviene dallo stare in rapporti svalutanti e poco adeguati.
E la riflessione che spesso mi pongo è: se un giorno diventerò padre, come potrò non dare ai miei figli solo il meglio?
Laddove per meglio si intende una dimensione affettiva piena.
Provo un mix tra tenerezza/ compassione e rabbia nell'avere una famiglia "originaria'' di questo tipo.

Grazie nuovamente per le eventuali risposte che mi concederete.
[#1]
Dr.ssa Annalisa De Filippo Psicologo, Psicoterapeuta 113 4 18
Gentilissimo,

dice "il mio dolore proviene dallo stare in rapporti svalutanti", e accenna alle emozioni provate verso la sua famiglia, così come l'assunzione di un ruolo che non le competeva (ipotizzo che i suoi bisogni siamo stati poco visti e riconosciuti).
Questo è un primo passo importante. Forse vorrebbe "cambiare' i suoi familiari; io le proporrei un'accettazione protettiva (cerchi di riconoscere lei il suo valore - valorizzando i pregi ma anche accettando i difetti, che tutti abbiamo - e si circondi di persone capaci di apprezzarla) e di fare ordine alle sue emozioni: rifletta sulla storia dei suoi genitori, spesso le difficoltà provengono da come anche loro sono stati cresciuti. A volte si "ripete", altre volte si riesce a fare dei cambiamenti ma passando per il doloroso riconoscimento di ciò che è mancato. Capirli può aiutarla ad abbassare la sua rabbia.
E rispetto a suo fratello, le direi di iniziare lei a valorizzarlo riconoscendogli qualche qualità... Forse si è innescata una dinamica di confronto competitivo che mina la capacità di riconoscimento dell'uno e dell'altro.
Per spunti di riflessione le segnalo il libro "L'amore imperfetto. Perché i genitori non sono sempre come li vorremmo" di Grazia Attili; e un libro sull'autostima, ne trova di diversi sul tema.

Un saluto.

Dr.ssa Annalisa De Filippo
Psicologa Psicoterapeuta
www.centropianetapsicologia.com
www.psicologasestosangiovanni.com

[#2]
dopo
Utente
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Dottoressa, la ringrazio!
Sicuramente leggerò il libro da lei consigliato, che certamente potrà offrirmi molti spunti per riflettere...
In merito a mio fratello, ho sempre cercato di apprezzare le sue caratteristiche e qualità e più in generale cercando di empatizzare con lui, ma la sua freddezza e poca empatia lo ha sempre posto in condizioni di rigidità.Rimane sempre utile il suo invito/suggerimento.Altresí non posso non rimanere freddo dinanzi le sue svalutazioni o ancora meglio le sue valutazioni non di certo "di buon senso", con modalità "negazioniste" anche di fronte le evidenze. E quando rispondo a tono, per esempio a sue critiche o peggio ancora accuse in maniera assolutamente tranquilla ma a tono, di nuovo accusa, come se si dovesse proteggere...
Francamente non so nemmeno quanto " sia utile investire mie energie vitali umane, in una terra "poco fertile o velenosa" come nel detto rapporto...non devo illudermi di aspettarmi troppo (laddove per troppo si intende il minimo sindacale)da una persona che conosco bene.Un pessimo amico che possa avere avuto in passato è stato più rispettoso di mio fratello in tutta la mia vita, questa metafora rispecchia a pieno la dinamica.

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