In questo caso devo abbandonare/cambiare psicoterapeuta?

Buonasera,
ho iniziato a gennaio un percorso con uno psicoterapeuta, ad oggi abbiamo fatto 7 sedute.
Durante tali sedute lo psicologo non parla mai, non fa domande se non massimo un paio e sempre sul solito argomento che non mi interessa.
Mi sembra di essere a prendere un caffè con amici, non parliamo mai di cose che ho già detto che mi causano problemi, ho l'impressione di pagare un amico per ascoltarmi, non mi è stata fatta una diagnosi.
Durante l'ora in terapia parlo solamente dell'aspetto studio/lavoro, cose che potrei dire a qualsiasi amico come i problemi riscontrati con colleghi ecc.
Per me continuare così sembra uno spreco soldi che potrei investire in un percorso con un altro specialista.
Cosa consigliate?
Chiudo subito chiedendo la gentilezza di mandare i dati ad un altro specialista?
Provo a parlarne?
Non so cosa fare, non mi era mai capitata una cosa del genere.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
lei non ci dice né il suo disturbo, né qual è l'orientamento del suo terapeuta; come possiamo quindi capire quale tecnica stia utilizzando?
Per prima cosa glielo chieda, o guardi sull'Albo Nazionale Psicologi, che trova in rete, e poi sull'Albo regionale, dove il professionista dichiara il suo orientamento teorico, le specializzazioni e i perfezionamenti, oltre che i campi d'intervento.
Queste veramente sarebbero le prime cose da fare al momento di affidarsi ad un curante.
Passiamo ai contenuti: dice di non parlare, in seduta, delle cose che le causano problemi, ma solo di studio e di lavoro.
Perché fa questo? Immagino che non sia lo psicologo a farle lasciare gli argomenti per lei più importanti per ricondurla agli altri. E dunque?
Qualunque disagio lei avverta, è al suo psicologo che deve porre le sue domande, altrimenti rischia di ricominciare all'infinito con altri professionisti avendo in mente un suo modello ideale di terapia, senza nemmeno accertarsi in anticipo dell'orientamento del terapeuta (analista junghiano o freudiano? Sistemico-relazionale? Cognitivo-comportamentale? etc.) e senza soprattutto iniziare quell'alleanza terapeutica per cui si lavora d'intesa.
Una sua richiesta a me sembra singolare: "Chiudo subito chiedendo la gentilezza di mandare i dati ad un altro specialista?"
Quali dati? Non certo le parole da lei pronunciate in terapia, coperte dal più rigoroso segreto professionale.
Forse il suo nome, età, numero di telefono? Vedo problematico anche questo, perché gli psicologi non devono nemmeno rendere noto a terzi, neanche ai colleghi, se una persona è oppure è stata loro paziente.
Accerti quanto le dicevo sopra sull'Albo, e parli con il suo curante.
In caso poi che il vostro dialogo fosse difficoltoso (ma uno psicologo è prima di tutto un esperto di comunicazione) oppure la teoria di base del suo curante non apparisse confacente alle sue necessità, ci riscriva.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Salve,
grazie per la risposta. Non penso di dover chiedere quale metodo di trattamento usi, dovremmo affidarci totalmente allo specialista. In secondo luogo non ho una diagnosi dal momento che parliamo del più e del meno da 2 mesi. In realtà sì è lo psicologo a lasciarmi parlare per 40 minuti appena mi siedo mi chiede come sto e mi dice di continuare a parlare, cosa che va avanti per 40 minuti e gli ultimi 10 minuti che parliamo di ciò che gli ho riferito e che mi dà problemi. Per dati pensavo che magari due specialisti potessero confrontarsi dal momento che il curante ha chiesto il nome a me dell'ultimo psicologo a cui mi sono affidata. Dal momento che mi aveva chiesto il nome pensavo che la contattasse. Ovviamente sono congetture mentali mie.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
purtroppo non è possibile, da questa sede, aiutarla, dal momento che non ci dice quale problema ha portato in terapia e qual è l'orientamento metodologico del suo curante.
Posso solo fornirle -di nuovo- tre indicazioni:
1) è vietato dal nostro Codice Deontologico parlare di un nostro paziente con chiunque, anche con un collega, tanto più se è il precedente curante del paziente stesso;
2) non conoscere l'orientamento metodologico del terapeuta non è "affidarci totalmente", ma non affidarci affatto, come dimostra il fatto che anche con questo curante lei medita l'abbandono della terapia;
3) nella sua prima email lei scrive: "non parliamo mai di cose che ho già detto che mi causano problemi". Alla mia domanda: "Immagino che non sia lo psicologo a farle lasciare gli argomenti per lei più importanti per ricondurla agli altri. E dunque?" lei risponde: "In realtà sì è lo psicologo a lasciarmi parlare per 40 minuti appena mi siedo mi chiede come sto e mi dice di continuare a parlare" etc.. Dunque è lei stessa che non fruisce del setting terapeutico nel modo idoneo, ossia per parlare dei problemi che le stanno a cuore. Perché lo fa?
Temo che lei si aspetti non la cura, che è un lavoro condiviso in cui psicologo e paziente si impegnano ciascuno per la propria parte, ma il colpo di bacchetta magica.
Ripeto che di tutto questo sarebbe opportuno parlare al curante, anche facendogli leggere le email che ci siamo scambiate.
Buone cose.
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dopo
Utente
Utente
La volevo aggiornare: ho chiuso, dopo un colloquio, con la precedente psicologa, la quale me ne ha consigliata un'altra. Mi ha detto che il suo metodo era sistemico-relazionale e la professionista consigliatami applica: approccio integrato di Gestalt e bioenergetica. Ho fatto il primo colloquio con la psicologa consigliatami ma non so come procedere e sinceramente non so nemmeno cosa sto cercando.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 182
Gentile utente,
la ringrazio di averci voluto aggiornare e sono lieta che finalmente si sia occupata di conoscere l'orientamento metodologico di chi la prende in cura.
Sarà la curante stessa a guidarla, per cui risulta vana la sua preoccupazione "non so come procedere".
Rimane il grosso scoglio della domanda che lei porta in terapia: "sinceramente non so nemmeno cosa sto cercando", scrive.
Immagino che per lei come per tutti sia stata una sofferenza, un disagio, un dubbio, oppure il desiderio di una capacità da acquisire, a farle desiderare un cambiamento, da attuare con l'aiuto di un professionista.
Ora sta a lei lavorare con buona volontà assieme alla curante per riuscire a definire e a conseguire i suoi obiettivi.
Io le faccio i migliori auguri, e sarò lieta se vorrà ancora aggiornarci.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com