Dipendenza affettiva "cronicizzata"

Gentili dottori,
ho una dipendenza affettiva verso un uomo con il quale da moltissimi anni ho una relazione. Persona che, a sua volta (ora ne sono consapevole) ha molti problemi di natura psicologica, se non psichiatrica. Nonostante abbia avuto mille motivi per lasciarlo e tuttora mi faccia soffrire (ho scoperto delle cose di lui che non posso accettare) non riesco a staccare il cordone ombelicale. Ora si è allontanato da me (come periodicamente fa anche per mesi) e sto male ugualmente. Mi rendo conto che il mio mondo ruota attorno a lui, nella mia vita non c’è altro ma soprattutto che non riesco a crearmelo (altro). Dopo un primo periodo in cui mi sento forte, mi convinco che sto meglio senza di lui, che non mi vuole bene e che mi fa solo soffrire, comincia a mancarmi la sua presenza, sento il bisogno di lui fino a dimenticare tutto il male che mi ha fatto nel momento in cui si fa vivo di nuovo.
Preso consapevolezza del mio problema in un periodo in cui per la prima volta si era allontanato e stavo vivendo una forte depressione, mi sono rivolta ad una psicoterapeuta presso la asl della mia città (su suggerimento e dopo diversi colloqui e relativa cura antidepressiva con uno psichiatra, sempre della asl). Psicoterapia che dura da ormai 8 anni, ma non saprei dire di che tipo sia. Gli incontri prima settimanali, da circa 1 anno invece sono diventati sporadici, generalmente su mia richiesta (non so per quale motivo si siano così diradati, in verità non ho mai chiesto, ho paura di sentirmi dire che ha già fatto tutto il possibile per me). Pur avendo acquisito un po’ più sicurezza e un’autostima maggiore rispetto al passato, mi sembra che sia cambiato poco il mio rapporto con lui.
vorrei sapere se c’è possibilità di guarire dalla dipendenza affettiva, se l’approccio al problema può essere affrontato in diversi modi (può essere non adatto a me il metodo intrapreso… qualunque esso sia?) e se può esserci da parte mia una certa resistenza ad uscirne. Ho letto in molte occasioni che a volte, anche dopo pochi incontri o comunque uno, due anni, molti riescono a risolvere i loro problemi psicologici. Perché dopo 8 anni mi trovo ancora così, ci può essere una motivazione? So che chiaramente tutto è molto soggettivo e non si può generalizzare. Non ho il coraggio di fare queste domande alla mia terapeuta, non vorrei sminuire il suo lavoro ma mi chiedo anche: è possibile che occorra un diverso modo di affrontare la psicoterapia? Il fatto che gli incontri siano così distanziati può essere perché non sa più cosa fare con me? Grazie per le risposte che vorrete darmi.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Gentile signora,

> non riesco a staccare il cordone ombelicale

In effetti una delle definizioni più appropriate che ci siano per la dipendenza affettiva è proprio questa: una persona che va in giro con il cordone ombelicale in mano, cercando un buco dove infilarlo. Nel suo caso il buco ce l'ha, solo che non basta.

Se la sua terapia dura da ben 8 anni, ci sono estremi più che validi per suggerirle di parlarne con il terapeuta e/o di cambiare terapia. Può leggere qui:
http://www.giuseppesantonocito.it/news.htm?m=76

Ma naturalmente, siccome lei è una persona dipendente, non è in grado di farlo.

L'unica alternativa valida, se la diagnosi che le è stata fatta è corretta, presumo di disturbo dipendente di personalità, è trovare uno psicoterapeuta che riesca a insegnarle gradatamente a diventare meno dipendente, piuttosto che uno che alimenti la sua dipendenza (8 anni sono tanti).

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
gentile Dr. Santonocito,
grazie per la sollecita risposta.
quando, parlando del cordone ombelicale, mi dice "...solo che non basta" intende il rapporto con il mio compagno?

pensa che possa essersi creata una dipendenza anche dalla mia terapeuta?
Anch'io credo che 8 anni siano tanti. Fino ad oggi ho creduto di essere un po' ottusa in questo senso o comunque refrattaria alle "cure" ma magari ora comincerò a pensare di rivolgermi ad altri anche se so che presso la asl nella mia città non ci sono altri terapeuti e al momento non posso diversamente.
Peccato che non conosca che tipo di psicoterapia io stia facendo... non mi è stato mai detto nulla al riguardo.

grazie ancora
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
> solo che non basta" intende il rapporto con il mio
> compagno?

L'ha detto lei stessa, che la fa soffrire.

> pensa che possa essersi creata una dipendenza anche dalla
> mia terapeuta?

A me pare evidente. Ma potrei anche sbagliarmi.

> Peccato che non conosca che tipo di psicoterapia io stia
> facendo... non mi è stato mai detto nulla al riguardo.

Forse perché neanche a lei è mai interessato chiederlo.

Cordiali saluti
[#4]
dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
Gentili dottori,
quest’ultima risposta mi ha dato spunto per guardare da un altro punto di vista; non avevo mai riflettuto sulla possibilità che si potesse creare una dipendenza dal terapeuta… pensavo di averla “solo” nei confronti del mio compagno. Nel mio caso non so ancora se questo sia avvenuto, dopo i miei 8 anni di terapia, ma vorrei capire meglio …
È chiaro che tra me e la mia terapeuta si sia creato un rapporto diciamo “intimo” e privato come se ne creano pochi nella vita (almeno nel mio caso è il primo essendo io una persona riservata), nel senso che questa persona mi conosce bene, sicuramente meglio di quanto ancora io riesca a conoscere me stessa, sa molte cose di me e conosce i miei “segreti”, so di poterle dire tutto, o quasi. Ciò che non si può fare con altri. Ha “vissuto” con me, direi quasi “giorno per giorno”, un rapporto problematico di tanti anni con il mio compagno (l’unico con il quale ho avuto problemi di dipendenza che io sappia). E’ l’unica persona con la quale parlo e POSSO parlare di certi argomenti, fatti e problemi. E’ una persona che mi ascolta –certo, lo fa per mestiere- con la quale ho pianto, riso, preso il caffè … Sembrerà strano ma è anche l’unica che mi abbraccia. E’ chiaro che con questi presupposti si instaura un certo legame, almeno credo sia normale, però non posso certamente dire di NON poter fare a meno di lei, se questo è uno degli aspetti che caratterizza maggiormente un rapporto di dipendenza. La sento più come un’amica, una confidente di cui, appunto, mi posso fidare.
Ho continuato la terapia pur avendo avuto in questi anni delle incertezze sui risultati, pensando però di esserne io la sola responsabile. Ho avuto il dubbio che potesse essere inidoneo il metodo ma - anche qui - sono stata indirizzata da una psichiatra, quindi, perché dubitare di qualcosa di cui non ho nessuna competenza? E’ anormale creare un rapporto di questo tipo con il proprio terapeuta?

Mi piacerebbe sentire il vostro parere in merito.
Grazie per le risposte che vorrete darmi.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Diciamo che se lei davvero è così dipendente, è facile che possano venirsi creare rapporti di subordinazione fra lei e chiunque altro sia in grado di accogliere il suo "cordone ombelicale". Riguardo al terapeuta, alcuni orientamenti terapeutici richiedono che s'instauri un rapporto molto intenso fra paziente e terapeuta, e direi quindi che in questo caso potrebbe essere stato molto facile far sì che ciò avvenisse.

Ma al di là di tutto, la questione fondamentale è: questa terapia le ha dato risultati oppure no? Se la risposta è "no" o "non abbastanza" ritengo che dovrebbe riflettere su questo.

Cordiali saluti
[#6]
dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
Gentile dottore,
se devo dare una risposta secca è: “non abbastanza”. Pensavo di uscire dalla depressione definitivamente, di liberarmi di un uomo che ama solo se stesso, di migliorare i rapporti sociali, di non avere più paura del mondo, di stare bene con me stessa, ecc. Capisco però che le risposte ottenibili potrebbero essere diverse e ciò in funzione di cosa ci si aspetta da una terapia, cosa si pensa di poter ottenere e cosa in realtà si ottiene. Io dovevo uscire da una forte depressione e volevo risolvere lo stato di dipendenza che mi creava quest’uomo, che mi faceva stare malissimo. Cosa in effetti io abbia ottenuto non posso affermarlo con certezza, non sono in grado di stabilirlo, questo penso sia compito di un professionista che valuta il paziente inizialmente e poi vede i progressi nel tempo. Posso dire certamente che episodi di depressione come li ebbi inizialmente non ne ho più avuti, che negli anni sono diventata più aperta verso gli altri, più sicura di me, meno passiva, meno timorosa… MA … il problema della dipendenza rimane, la paura di fondo c’è sempre. Ora, potrei pensare addirittura che questi leggeri miglioramenti non siano dovuti alla terapia ma ad una evoluzione necessaria della mia persona con l’avanzare dell’età; che ho fatto l’abitudine a vivere di alti e bassi con lui e che quindi non vado più in depressione appena si allontana. Sicuramente non ci sto male come prima ma questo anche perché ho preso coscienza di tante cose. Ora non so se questo è il massimo ottenibile nel mio caso ma non è quello che avrei voluto ottenere!
Il mio problema era una dipendenza affettiva da un uomo e tuttora persiste. Per questo chiedevo se si può guarire o se si può solo migliorare.
Forse le mie aspettative sono andate oltre le mie reali capacità di reazione e guarigione?
Forse non mi fido completamente della mia terapeuta?
Come si fa a stabilire se una terapia è o non è efficace per colpa o merito del paziente o terapeuta? Spero di non aver creato confusione nell’esprimermi.
Grazie per le sue risposte.
[#7]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
> di liberarmi di un uomo che ama solo se stesso

Se vorrebbe liberarsene ma non può, evidentemente questo è un problema che riguarda lei, non l'egoismo di lui. Se una persona è dipendente, per definizione ha bisogno di dipendere da qualcuno. Anche se il qualcuno la fa soffrire.

> Ora, potrei pensare addirittura che questi leggeri
> miglioramenti non siano dovuti alla terapia ma ad una
> evoluzione necessaria della mia persona con l’avanzare
> dell’età

Questa è un'ipotesi possibile.

> Come si fa a stabilire se una terapia è o non è efficace
> per colpa o merito del paziente o terapeuta?

È molto difficile. La cosa migliore sarebbe che affrontasse il problema direttamente all'interno della sua terapia. Così come può parlare con noi di queste cose, può farlo anche là.

Cordiali saluti
[#8]
dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
Gentile dottore,
spero di non aver recato disturbo con i miei interrogativi. Il fatto è che molte cose sono scontate per chi è del mestiere ma per tutti gli altri può essere un mondo sconosciuto. Vorrei fare delle precisazioni in merito ad alcuni punti. Lei dice:

>Se vorrebbe liberarsene ma non può, evidentemente >questo è un problema che riguarda lei, non l'egoismo di >lui.

Infatti, dottore, so bene che è un problema MIO, sono io che da 8 anni sono in terapia, non lui, io mi sono messa in discussione e continuo a farlo, è per questo che vi scrivo, lui non ci pensa nemmeno.

>Se una persona è dipendente, per definizione ha bisogno >di dipendere da qualcuno. Anche se il qualcuno la fa >soffrire.

Precedentemente mi aveva risposto così:

> Se la sua terapia dura da ben 8 anni, ci sono estremi >più che validi per suggerirle di parlarne con il >terapeuta e/o di cambiare terapia.
>Ma naturalmente, siccome lei è una persona dipendente, non è in grado di farlo.

Da queste frasi è evidente la “difficoltà a spezzare queste catene” di chi soffre di questo disturbo, nello stesso modo è evidente la mia difficoltà a parlarne apertamente con la mia terapeuta anche perché, cosa potrebbe dirmi in merito? Non certo che forse lei non è stata capace di aiutarmi o peggio, che è possibile che abbia contribuito, sia pur involontariamente, ad alimentare la mia dipendenza. Significherebbe mettere in dubbio la sua professionalità e penso sia difficile che lo faccia. (secondo me)

Ora mi risponde:

>La cosa migliore sarebbe che affrontasse il problema >direttamente all'interno della sua terapia. Così come >può parlare con noi di queste cose, può farlo anche là.


Certo posso farlo. Se ne fossi stata capace, se 8 anni di terapia avessero dato frutti, forse non sarei qui ora e avrei già risolto ogni problema.

Grazie ancora.
Cordiali saluti
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Gentile utente, non mi sta arrecando alcun disturbo, posso assicurarglielo. Ma il problema della personalità dipendente è duplice: non solo ha difficoltà a spezzare le catene esistenti, ma ha anche grande facilità a crearsene delle nuove. Ad esempio, mi corregga se sbaglio, mi pare che lei stia riflettendo molto sulle cose che le sto dicendo io.

Con la sua terapeuta può parlare di tutto, stia tranquilla, se è una professionista seria non avrà alcuna difficoltà ad accogliere ciò che le porterà. Al massimo potrà suggerirle serenamente di rivolgersi a un altro professionista.

Cordiali saluti
[#10]
dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
Gentile dottore,
nello spazio di 2-3 giorni ho capito cose, molto importanti, che nell’arco di 8 anni non erano giunti alla mia consapevolezza. Questo è già un primo passo. Significa PROBABILMENTE che non sono io che rifiuto di capire (ed era il mio dubbio) o peggio che io sia “stupida” o se vogliamo poco intelligente, ma FORSE qualcosa non funziona nella mia terapia. Questo “qualcosa” non so cosa sia ma immagino non sia lì che devo indagare. Certo mi accorgo che aiuta lo scritto e mai locuzione fu più azzeccata di “verba volant, scripta manent”, che ritengo maggiormente utile proprio perché, nel prendere coscienza delle cose che mi dite in questa sede, posso leggere più volte fino a capire il vero significato di cosa mi si vuole dire. Lo stesso nel rileggere ciò che anch’io scrivo.
Ho letto anche i suoi scritti sulla terapia breve e voglio informarmi al riguardo.
Grazie ancora per il suo prezioso aiuto.
Cordiali saluti

[#11]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Lieto di esserle stato d'aiuto.

Cordiali saluti e molti auguri