La riabilitazione delle funzionalità erettile dopo prostatectomia radicale: Domande e Risposte

ginoalessandroscalese
Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo

Questo opuscolo è stato ideato per rispondere alle molte domande che vi passano per la mente dopo un intervento di prostatectomia radicale.

PREFAZIONE

Gentili pazienti,

questo opuscolo è rivolto a tutti coloro che sono stati sottoposti ad intervento di prostatectomia radicale robotica per tumore alla prostata. E’ stato ideato per rispondere alle domande che vi passano per la mente quando vi viene detto che dal cancro alla prostata potete guarire ma che esiste il rischio di rimanere impotenti dopo l’intervento.

Fino a ieri gli urologi affermavano: “Ti ho eradicato completamente il tumore e ti ho guarito completamente”. La maggior parte di voi manifestava disfunzione erettile ma poco importava: avevate vinto la battaglia contro il cancro, avevate stabilito un nuovo equilibrio nella coppia dal punto di vista sessuale, non avevate che parole di riconoscenza per quel chirurgo che vi aveva ridato una vita serena.

Oggi le cose sono cambiate: quando vi diagnosticano un cancro della prostata sapete benissimo che avete un'alta probabilità di guarire, ma magari, avete 50-60 anni e siete nel pieno della vostra vita e l'idea di rimanere impotenti giustamente vi angoscia, così girate alla ricerca del chirurgo che vi fa le migliori promesse di preservazione dell'erezione.

Il mondo dell'informazione in cui viviamo ha erudito molti di voi nel campo urologico riuscendo a comprendere al meglio la vostra patologia e quali potessero essere le prospettive e le tecniche chirurgiche dirette a preservare i nervi dell'erezione in modo tale da ridurre al minimo il rischio dell'impotenza oggi meglio definita come “disfunzione erettile”.

Altri, invece, in seguito ad un “inconscio meccanismo psicologico di rimozione”, si mantengono totalmente disinformati sull'argomento accettando passivamente quello che il chirurgo dice. Sentite parlare di rischio di disfunzione erettile e lo minimizzate perché in fondo vi interessa principalmente guarire dal tumore.

Dopo alcuni mesi dall'intervento, quando la guarigione è completa per molti pazienti attivi sessualmente in fase pre-operatoria comincia ad emergere il problema della disfunzione erettile. Quelli a cui è stato fatto l'intervento con risparmio dei nervi con promesse più o meno solide di riuscita e che non hanno ancora ripreso una erezione spontanea, ritornando dal chirurgo per chiedere spiegazioni: vi sentirete dire che occorre ancora aspettare alcuni mesi e che nel frattempo converrebbe assumere con assiduità delle compresse che facilitano l’erezione. Anche fra coloro che si erano dimostrati poco interessati al problema dell'erezione prima dell'intervento, ve ne sarà più di uno che manifesterà un certo grado di disappunto affermando: “Non avevo capito bene quello che il chirurgo mi diceva” “Se sapevo che sarei diventato impotente non mi sarei fatto operare”…. Sono frasi che in alcuni casi e con profondo rammarico il chirurgo urologo si sente dire durante la visita di controllo, nonostante l'argomento sia stato trattato approfonditamente in fase pre-operatoria.

L'obiettivo di questa breve guida è quello di dare una risposta nel modo più comprensibile possibile alle domande riguardanti alcuni punti fondamentali dell'intervento, che ci aiuteranno ad affrontare e risolvere al meglio il problema:

  • Perché in alcuni casi si può fare un intervento chirurgico cercando di salvare i nervi dell’erezione, mentre in altri casi questo non è possibile?
  • Perché anche il chirurgo più bravo al mondo e con l’ausilio delle tecnologie più avanzate non può garantire la preservazione della potenza sessuale dopo l’intervento?
  • Cosa si può fare immediatamente dopo l’intervento per aumentare la probabilità di successo nel preservare l’erezione?
  • Quali sono le terapie che si possono utilizzare per riuscire ad avere ancora erezioni nei casi in cui si manifesti una disfunzione erettile di qualsiasi entità?

Spero che questo opuscolo sia utile nel difficile percorso riabilitativo della funzionalità erettile fornendo il giusto supporto morale e dirimendo tutti i dubbi e le perplessità che dovessero insorgere in corso d'opera. Ci sarà bisogno di una costante collaborazione con il vostro andrologo di fiducia per giungere ad un traguardo comune ovvero la riacquisizione di una serenità sessuale di coppia che mi ripagherà di tutti gli sforzi dedicati allo studio della strategia migliore per ottenere i migliori risultati.

La salute sessuale è parte integrante della salute fisica e psichica dell'uomo e come tale va ripristinata quando essa diventa deficitaria. Questo opuscolo ha quindi l'obiettivo di stimolare il paziente a parlare di problematiche che ancora oggi rappresentano un tabù e rimangono, in alcuni casi, indefinitivamente irrisolte nell'inconscio del paziente con possibili ripercussioni sul benessere generale.

Buona Lettura

Cosa il paziente deve sapere prima dell'intervento di prostatectomia radicale

  1. Quando si pone indicazione all’intervento di prostatectomia radicale ed in che cosa consiste l’intervento?
  2. Che differenza c’è fra l’intervento per cancro della prostata e quello per incremento volumetrico della prostata (Ipertrofia Prostatica Benigna)?
  3. Quali sintomi sulla sfera sessuale riferiscono i pazienti?
  4. Perché la prostatectomia radicale può far insorgere un deficit della erezione?
  5. In che cosa consiste l’intervento che permette di mantenere la potenza sessuale?
  6. Perché non sempre si può fare l’intervento con il risparmio dei nervi (nerve sparing)?
  7. Che probabilità di riuscita ha l’intervento con il risparmio dei nervi?
  8. Che rischio si ha di rimanere impotente se i nervi non possono essere salvati durante l’intervento?
  9. Se si rimane impotenti ci sono delle terapie che permettono comunque di avere delle erezioni?
  10. Se sono stati risparmiati i nervi quanto tempo si deve aspettare perché ritornino le erezioni spontanee e cosa si fa per facilitarne il ritorno?
  11. Se c’è bisogno di un ciclo di radioterapia di completamento quali rischi si corrono?
  12. In che cosa consiste la riabilitazione e quanto tempo dura?
  13. Si possono avere rapporti durante la riabilitazione?
  14. Quali sono i possibili effetti collaterali?
  15. Cosa si fa se non sono stati risparmiati i nervi?

 

Quando si pone indicazione all’intervento di prostatectomia radicale ed in che cosa consiste l’intervento?

La prostatectomia radicale è un intervento chirurgico che consiste nell'asportare completamente la prostata i deferenti e le vescichette seminali quando al paziente viene diagnosticata mediante la biopsia prostatica un carcinoma della prostata. L’obiettivo principale del chirurgo è quello di curare in modo definitivo il cancro prostatico con la chirurgia, la radioterapia e la terapia ormonale.

Si pone l’indicazione in assoluto ad eseguire l’intervento chirurgico nei pazienti che hanno un cancro della prostata che “si presume” sia presente solo all’interno della prostata e quindi non abbia sviluppato “radici” al di fuori di essa. Si utilizza il termine “si presume” perché ancora oggi anche la più sofisticata risonanza magnetica nucleare sia essa classica, con bobina endorettale o multiparametrica non è in grado di definirlo con estrema precisione; responso che invece si ha solo dopo aver esaminato al microscopio, millimetro per millimetro, tutta la prostata asportata (esame istologico).

Altro fattore che si tiene in considerazione è lo stato di salute del paziente, la presenza di patologie concomitanti (ipertensione arteriosa, cardiopatia, diabete mellito, obesità, fumo, ipercolesterolemia ecc) ed un’aspettativa di vita maggiore di 10 anni. La presenza di altre serie patologie potrebbe rendere l’intervento molto rischioso, considerando anche, che il carcinoma della prostata può avere uno sviluppo così lento da permettere la sopravvivenza del paziente per molti anni anche se non viene curato.

Ai pazienti cui è stato diagnosticato un cancro della prostata che abbia già messo le radici al di fuori della prostata vengono consigliate di solito cure diverse dalla chirurgia quali la terapia con ormoni e la radioterapia. In alcuni di questi casi però si può adottare una strategia combinata ovvero chirurgia + terapia ormonale + radioterapia che in una buona percentuale dei casi riesce a guarire il paziente dal tumore.

Schema Radioterapia + Ormonoterapia

 

 

In che cosa consiste l’intervento?

La figura sottostante mostra dove è collocata la prostata nel nostro organismo. Nella parte più bassa del nostro addome esiste una specie di imbuto le cui pareti sono formate dalle ossa del bacino e del pube. La prostata si trova appoggiata sul fondo di questo imbuto ed è attraversata da un tratto del condotto urinario deputato al trasporto all’esterno dell’urina (Uretra); subito al di sopra della prostata c’è la vescica urinaria.

 

Anatomia della prostata

L’intervento chirurgico è finalizzato ad eradicare la prostata con le annesse vescichette seminali (due piccoli serbatoi ripieni di un liquido che serve a diluire lo sperma nel momento in cui attraversa la prostata) e parte dei deferenti che vengono chiusi (condotti deputati al trasporto degli, spermatozoi dal testicolo all’interno del condotto urinario che attraversa la prostata). Anche la ghiandola prostatica contribuisce alla produzione della maggior parte del liquido seminale.

Gli spermatozoi quindi prima di fuoriuscire dal pene passano attraverso i deferenti la prostata e l’uretra arricchendosi nel loro cammino del liquido prodotto dalle vescichette seminali e della prostata.

Dopo un intervento di prostatectomia radicale quindi, il paziente non vedrà più fuoriuscire lo sperma dal meato uretrale durante l’eiaculazione in quanto l’intervento prevede sia la chiusura dei canali di trasporto degli spermatozoi che l’asportazione di prostata e vescichette seminali, responsabili della produzione di più dell’80% dello sperma prodotto. Quindi si diventa sterili.

L’asportazione obbligata del tratto di uretra che attraversa la prostata comporta la necessità di ricostruire la continuità del condotto urinario utilizzando dei punti posizionati fra il collo della vescica ed il moncone uretrale (anastomosi uretro-vescicale).

 

Esistono diverse tecniche per eseguire la prostatectomia radicale: chirurgia classica, chirurgia laparoscopica o la più sofisticata chirurgia robotica.

L’intervento più diffuso in Italia per il tumore della prostata è la chirurgia classica cosiddetta “a cielo aperto” (70% dei casi) che prevede la incisione longitudinale della cute e dei muscoli della pancia subito al di sotto dell’ombelico estesa per circa 10-15cm per poi asportare completamente la prostata con una durata media di circa 2 ore calcolato dal momento dell’incisione al momento del posizionamento dell’ultimo punto di sutura. Il decorso operatorio è abbastanza lungo pari a circa 10 giorni.

 

 

Le moderne soluzioni alternative garantiscono degli interventi meno invasivi e più precisi. Con la laparoscopia e la robotica, si opera senza lunghe incisioni ma grazie all’utilizzo di strumenti inseriti in piccoli forellini di diametro pari a circa 1 cm.

Laparoscopia

La visione video è ingrandita e ad alta definizione tridimensionale nel caso della robotica in modo da asportare in maniera efficace vescicole seminali, prostata e linfonodi con maggiore precisione, oltre ad una perfetta ricostruzione dell'uretra. Con questo intervento della stessa durata di un intervento a cielo aperto (sono solo più lunghi i tempi di preparazione del robot ed il training) il paziente torna a casa dopo 3-4 giorni con il catetere rimosso in media dopo 7 giorni.Con questa tecnica si ha una riduzione dell’incidenza di impotenza ed incontinenza.

Con la robotica l'operatore lavora direttamente a una consolle (tipo videogiochi altamente sofisticato) che permette una millimetrica precisione nella dissezione dei tessuti, la correzione di eventuali tremori e movimenti e rotazioni non possibili dalla comune articolazione della mano (7 gradi di libertà) il che determina un più preciso risparmio dei fasci nervosi deputati alla erezione (tecnica nerve sparing).

Mentre nella chirurgia laparoscopica è necessaria una notevole esperienza e deve essere eseguita da personale che ha già eseguito un lungo training (esercizio) con questa metodica. La robotica, al contrario, è più intuitiva ed abbastanza semplice da imparare da parte dei chirurghi oltre ad essere precisissima. Oggi essa è applicabile oltre che in campo urologico anche in ambito otorinolarinmgoiatrico, ginecologico, della chirurgia generale ed in futuro è destinata ad estendersi in numerose altre branche. Il problema principale di questa metodica dagli indubbi vantaggi sono:

  • ridotto sanguinamento intra e post-operatorio
  • più rapido ritorno alle normali attività quotidiane
  • migliore recupero della funzionalità erettile e soprattutto della continenza
  • più breve degenza ospedaliera

Ciò che ne rallenta la diffusione è l’elevato costo dell’apparecchiatura e soprattutto il costo del materiale non riutilizzabile che è monouso o soggetto a frequente ricambio.

Robot da Vinci

 

Che differenza c’è fra l’intervento per cancro della prostata e quello per incremento volumetrico della prostata (Ipertrofia Prostatica Benigna)?

L’intervento di prostatectomia radicale per cancro della prostata consiste nell’asportare tutta la prostata ed è pertanto una operazione più lunga e molto più impegnativa di quella che si esegue quando la prostata è solo ingrossata ma non vi è un tumore maligno. Quest’ultima opzione viene definita ipertrofia prostatica benigna ed è una condizione presente nel 70% degli uomini dopo i 50 anni che a differenza del carcinoma della prostata, che in genere nelle fasi iniziali è asintomatico, è causa di fastidiosi problemi urinari definita in gergo dai pazienti: “ho la prostata”.

L’intervento che si fa in queste condizioni di benignità consiste nell’asportare una sola parte della prostata che in genere è quella che si sviluppa al centro della prostata (mentre il cancro in genere si sviluppa nella porzione periferica della ghiandola). Questo tipo di intervento non provoca deficit nell’erezione se non in rarissimi casi, ma determina la cosiddetta “eiaculazione retrograda” in quanto viene a mancare la spinta verso l’esterno del liquido seminale motivo per il quale esso si raccoglie nella vescica per poi essere espulso alla successiva minzione.

E’ dunque fondamentale distinguere fra il cancro alla prostata che ha un andamento maligno ovvero prolifera in maniera incontrollata potendo intaccare sia gli organi vicini (tessuti presenti intorno alla prostata, linfonodi regionali) o organi a distanza (ossa e più raramente fegato, polmoni e cervello).

La ipertrofia prostatica benigna (IPB) è invece un ingrossamento benigno della prostata che non ha alcuna malignità e quindi non si diffonde ad organi vicini o a distanza.

Riepilogo dei sintomi:

IPB: necessità di urinare più frequente, bisogno di urinare di notte, urgenza minzionale, getto urinario ridotto e cadente con gocciolamento, esitazione con tempo di attesa per urinare aumentato.

Tumore della prostata: molto spesso non c’è alcun sintomo

 

Quali problemi determina l’intervento sulla sfera sessuale?

Quali sintomi i pazienti ci riferiscono:

  • Calo del desiderio sessuale
  • Ridotta frequenza dei rapporti sessuali
  • Riduzione della qualità dell’orgasmo (rari i casi di completa assenza dell’orgasmo)
  • Perdita involontaria delle urine durante i rapporti sessuali (climacturia)
  • Insoddisfazione della partner

Queste situazioni possono determinare l’insorgenza di problemi psicologici:

  • Alterazione della identità mascolina
  • Riduzione della autostima
  • Ansia da prestazione

Dopo l’intervento il paziente deve sapere per i motivi sopra esposti che non vedrà fuoriuscire lo sperma al momento della raggiunta dell’orgasmo. Considerando che attualmente l’età della diagnosi è sempre più bassa dopo prostatectomia radicale non è più possibile avere figli per via naturale. Motivo per il quale gli uomini single o desiderosi di avere dei figli in futuro possono prevedere la possibilità di congelare il liquido seminale prima dell’intervento (social freezing) per poi poterlo utilizzare in caso di necessità negli anni a seguire oppure considerato che i testicoli continuano a produrre normalmente gli spermatozoi, questi possono essere prelevati ed utilizzati per tecniche di fecondazione assistita.

 

Perché la prostatectomia radicale può far insorgere un deficit della erezione?

Affinchè si possa determinare una buona erezione peniena è necessario che ci siano 4 condizioni:

Buon desiderio sessuale: questo dipende dalla presenza di una sufficiente concentrazione di ormoni sessuali ma è molto influenzato anche dallo stato psicologico del soggetto (quando si è molto stressati il desiderio sessuale diminuisce).

La stimolazione sessuale (visiva, tattile, olfattiva) deve essere trasmessa dal cervello al pene (o meglio alle sue arterie) attraverso una sorta di piccoli cavi elettrici che conducono la corrente (nervi dell’erezione)

Le arterie del pene, una volta stimolate dai nervi devono dilatarsi in modo sufficiente a fare arrivare abbastanza sangue all’interno del pene che si comporta come una struttura spugnosa che è rivestita da un tenace involucro esterno. Man mano che il sangue fluisce aumenta la pressione all’interno di tale struttura sino a creare una rigidità completa in cui il flusso sanguigno è quasi nullo.

Le vene che normalmente permettono al sangue di defluire durante l’erezione si chiudono progressivamente intrappolando il sangue nel pene in modo da garantire una rigidità durante tutta la durata del rapporto sessuale.

Il deficit dell’erezione potrà dunque dipendere dalle seguenti cause a volte concomitanti:

Mancanza di desiderio sessuale (ridotti livelli di testosterone oppure il paziente presenta un “blocco piscologico”)

 

 

 fili elettrici non portano la corrente al pene (paralisi temporanea dei nervi dell’erezione laddove siano stati risparmiati)

Non arriva abbastanza sangue al pene (le arterie si sono ristrette = aterosclerosi)

Il pene non riesce ad intrappolare il sangue (le vene non si chiudono bene).

 

  

Le alterazioni dei vasi e soprattutto delle arterie dipendono molto dalle condizioni pre-operatorie delle stesse.

Il deficit della erezione dopo prostatectomia radicale nei pazienti in cui sono stati preservati i nervi dipende principalmente dalla paralisi, spesso temporanea, di tali nervi deputati alla erezione; questi poco prima di arrivare al pene passano molto vicini al lato destro ed al lato sinistro della prostata. La sezione completa dei nervi determina automaticamente la comparsa del deficit della erezione. Le arterie che portano il sangue al pene di solito sono lontane dalla prostata e quindi non possono essere danneggiate durante l’intervento.

 

In che cosa consiste l’intervento che permette di mantenere la potenza sessuale?

Questo intervento è definito in gergo tecnico prostatectomia radicale con “intento” nerve sparing (= risparmio dei nervi) ovvero si pianifica l’intervento con l’intenzione di salvaguardare la maggior parte dell’intensa rete nervosa che circonda la prostata, rete nervosa maggiormente presente a destra ed a sinistra della porzione laterale e posteriore della prostata preposta alla funzione erettile.

In termini semplicistici si tende a salvaguardare millimetrici “filetti elettrici” che collegano il cervello al pene e sono essenziali per conservare la potenza sessuale. L’intervento chirurgico consisterà, pertanto, nel separare accuratamente i nervi dell’erezione dalla prostata prima di asportarla. Dal momento che i nervi sono strutture molto piccole e delicate, il chirurgo deve fare attenzione non solo a non tagliarli ma anche a non sottoporli a trazioni anche minime che potrebbero esitare in un danno permanente. Anche, ad esempio, l’utilizzo di fonti di energia quali il “coagulatore elettrico” per fermare il sanguinamento dei vasi che decorrono vicino ai nervi ed alla prostata può determinare una lesione di questi così delicati nervi.

Queste considerazioni fanno comprendere quanto difficile possa essere talvolta eseguire un intervento con successo anche da parte di un chirurgo esperto. Tutti e tre i tipi di intervento ad oggi più comunemente utilizzati (chirurgia per via retropubica, per via perineale, per via laparoscopica semplice o con l’ausilio del robot) possono essere eseguiti con il risparmio del fascio vascolare e nervoso deputato alla erezione. Le continue acquisizioni tecnologiche, ci riferiamo in particolare all’uso del robot, ci permettono oggi di eseguire una dissezione millimetrica ed una quasi assenza di trazione su di tali delicate strutture, in quanto ci permettono di operare a forte ingrandimento potendo contemporaneamente gestire in maniera accuratissima e con millimetrica precisione le escursioni delle braccia del robot molto meglio rispetto a quello che può fare la mano umana.

La probabilità di conservare l’erezione dopo l’intervento di prostatectomia radicale fino a qualche tempo fa dipendeva molto dalla esperienza del chirurgo ed era molto variabile. Oggi grazie all’avvento della tecnica robotica dopo una minima curva di apprendimento l’efficacia dell’intervento non è più operatore-dipendente.

 

 

Perché non sempre è indicato eseguire l’intervento che prevede il risparmio dei nervi (nerve sparing)?

L’intervento con risparmio dei nervi non si deve fare quando esiste una forte possibilità che il tumore abbia incominciato a mettere le radici al di fuori della prostata. Poiché i nervi decorrono attaccati alla prostata per risparmiarli occorre che anche il tessuto che circonda immediatamente la prostata venga risparmiato e ciò espone al rischio di non asportare completamente il tumore.

Per stabilire in termini probabilistici se il tumore ha messo le radici al di fuori della prostata è necessario eseguire una dettagliata “Stadiazione clinica del tumore” ovvero si analizzano una serie di parametri che ci indicano in termini percentuali il rischio di avere un tumore che sconfina al di fuori della prostata:

  • Valore del PSA > 15ng/ml
  • Risultato della biopsia prostatica con Gleason totale ≥ 7 (indice descritto in tutti gli esami istologici della prostata ricavato dalla somma di 2 valori assoluti es. 4+3 o 3+3 ecc. in varie combinazioni numeriche)
  • Presenza di un nodulo duro sporgente rilevato alla palpazione prostatica.
  • Segni di invasione tessuti esterni alla prostata rilevati alla risonanza magnetica nucleare (se eseguita)
  • Positività della scintigrafia ossea.

Alcune volte se il tumore è stato riscontrato solo da una parte della prostata, il chirurgo può tentare di risparmiare un gruppo di nervi che passa vicino alla porzione di prostata dove non è stato riscontrato tumore (intervento Nerve sparing monolaterale).

 

Perché non sempre il risparmio dei nervi è efficace nel mantenimento dell’erezione?

Partiamo dal presupposto che in tutti i pazienti nell’immediatezza dell’intervento scompaiono le erezioni spontanee, come se il pene subisse un “reset” per poi riprendere gradualmente la propria funzionalità erettiva. Il tempo che passa fra tale stand-by e il recupero graduale della funzionalità erettile è variabile da paziente a paziente, ecco perché si consiglia di avviare quanto prima una terapia riabilitativa di seguito descritta.

Le cause di tali eventi possono essere molteplici ed ancora in fase di studio. La ipotesi più accreditata è la “teoria della ruota sgonfia” ovvero la paralisi temporanea delle fibre nervose: i nervi erettivi sono strutture microscopiche e quindi molto delicate ed anche quando siano stati accuratamente salvati durante l’intervento per molti mesi (talvolta anche 3-4 anni) non funzionano correttamente al 100% perché si trovano in uno stato di transitorio “shock”. Se i nervi non funzionano correttamente anche le erezioni sono deficitarie.

Questo periodo di inattività o di ridotta attività risulta essere molto dannoso per il pene poiché si è visto che l’erezione determina l’afflusso di una grande quantità di sangue ossigenato con gravi danni, a volte irreversibili, della sua struttura. Questa ossigenazione avviene soprattutto durante il sonno, quando il pene va in contro in media a 4-5 episodi di erezione ciascuno della durata media di 15-20 minuti.

L’assenza o la qualitativamente ridotta presenza di tali erezioni per diversi mesi, provoca nel pene uno stato di carenza cronica di ossigeno con formazione di radicali liberi e quindi danni irreversibili alla sua struttura. Ne deriva che dopo alcuni mesi che i nervi guariscono ed incominciano a funzionare il pene non riesce più ad andare in erezione perché non riesce più ad intrappolare il sangue proveniente dalle arterie, si comporta cioè, come una ruota che essendo rimasta sgonfia per molto tempo, non riesce più a trattenere l’aria, in quanto il copertone ha perso la elasticità e quindi la sua tenuta.

L’unico modo per prevenire questi danni irreversibili della struttura del pene è quello di iniziare quanto prima la riabilitazione che consiste nell’utilizzo di farmaci e dispositivi in grado di provocare erezioni ed ossigenare il pene. Questa “ginnastica” che era autonoma prima dell’intervento (erezioni spontanee notturne) prende il nome di “Riabilitazione dell’erezione”. Ovviamente tutto questo discorso è valido se si parte dal presupposto che sia le arterie che le vene erano pienamente efficienti già prima dell’intervento associate alla mancanza di disturbi erettili pre-esistenti all’intervento.

 

Cosa accade se non è possibile risparmiare i nervi?

Nelle situazioni in cui si sospetta una malattia localmente avanzata ovvero si sospetta che il carcinoma si trovi anche sul margine esterno della prostata non è possibile risparmiare i nervi per un problema di “Radicalità oncologica”. Si rende quindi necessario utilizzare un piano chirurgico più allargato che comprende la asportazione del fascio nervoso adiacente alla prostata riducendo in tal modo il rischio di recidiva. Ovviamente questo comporta una totale impossibilità a raggiungere e mantenere delle erezioni spontanee con una probabilità molto vicina al 100% un po' meno se l’asportazione del fascio nervoso è monolaterale (70-80%).

 

Esistono dei rimedi per ripristinare una vita sessuale soddisfacente?

Anche nel campo andrologico ci sono stati dei recenti sviluppi mirati a ridare al paziente una serenità anche dal punto di vista sessuale. Ovviamente la ripresa di una attività sessuale soddisfacente non è immediata e richiede un lungo training che può durare anche alcuni anni. Dopo almeno 4aa la situazione si può ritenere stabilizzata. Il colloquio con l’andrologo in questo caso è fondamentale per poter pianificare un programma riabilitativo commisurato al paziente stilato anche in base alle esigenze della coppia. Nella maggior parte dei casi si preferisce seguire un programma integrato con il quale si raggiungono dei risultati sicuramente migliori rispetto alla monoterapia. Tale programma è personalizzabile in base alle richieste del singolo paziente.

Le terapie utilizzate sono le seguenti:

Farmaci orali: sono utilizzati farmaci ad azione vasodilatatoria pro-erettiva a base di Avanafil, Sildenafil, Tadalafil, Vardenafil. La loro efficacia migliora nel corso del tempo. Dopo un corretto inquadramento da parte dell’andrologo e quando non è controindicato, è possibile stilare un programma terapeutico a lungo termine specifico per questa categoria di farmaci in modo tale che essi possano essere dispensati gratuitamente dal SSN (E’ necessaria la compilazione di unpiano terapeutico redatto dall’andrologo).

 

 

Iniezioni nel pene: vi saranno illustrate ed insegnate le modalità di somministrazione di una sostanza chiamata Prostaglandina di tipo E all’interno dei corpi cavernosi (strutture funzionali del pene).

 

Attenzione! il training da parte dell'andrologo è fondamentale per un corretto utilizzo.

 

L’efficacia è elevata (rigidità completa della durata di almeno 2h nell’80% dei pazienti). L’unico handicap è rappresentato dalla via di somministrazione che è ritenuta scomoda dalla maggior parte dei pazienti e dal fatto che in alcuni pazienti può determinarsi un dolore in fase di erezione che regredisce completamente dopo il termine dell’effetto della iniezione. Normalmente il dolore si riduce di intensità nelle somministrazioni successive. In alcuni casi quando la esecuzione della procedura non è eseguita in maniera corretta può risultare inefficace. Essa determina una ottima erezione della durata di qualche ora anche se non sono stati risparmiati i nervi. Non tutti i pazienti accettano di buon grado questo tipo di somministrazione ed alcuni possono iniziarla per poi abbandonarla.

Con lo stesso principio attivo ma con diverso dosaggio esistono anche delle creme da spalmare sul meato uretrale più facili da usare ma che hanno una efficacia inferiore rispetto alla terapia che prevede una iniezione.

 

Vacuum device (apparecchio che fa il vuoto): è uno strumento di forma cilindrica che si applica intorno al pene determinando, quando attivato, una erezione artificiale indotta da un richiamo di una certa quantità di sangue nel pene. Nel programma riabilitativo è indicato per ridurre il rischio che il pene tenda ad atrofizzarsi riducendosi di volume. 

 

 Attenzione! Anche in questo caso è utile la guida dell'andrologo ad un corretto utilizzo e nello scegliere il modello più adatto. 

Onde d’urto a bassa intensità: è una tecnica già messa a punto per curare la disfunzione erettile da deficit vascolare arterioso tipica dei pazienti diabetici, ipertesi, dislipidemici, obesi, accaniti fumatori, ateropatici ecc. è però sperimentale nell'ambito della riabilitazione dopo prostatectomia radicale. 

Considerato però che come detto il problema della erezione post-operatoria ha una triplice componente: Vascolare Nervosa e Psicologica, con un grado di influenza di ogni singolo fattore variabile da paziente a paziente. Con questa tecnica si agisce principalmente sulla componente vascolare.

Essa è una terapia fisica che consiste nell’inviare attraverso una sonda applicata direttamente sul pene delle onde d’urto che facilitano la rigenerazione di nuovi vasi arteriosi potenziando l’efficacia degli altri rimedi terapeutici sopraelencati e spesso, ad essi associata. Quindi questa tecnica agisce sulla componente vascolare del deficit di erezione ottenendo risultati migliori nei pazienti con prevalente deficit vascolare .

Con una sonda che si applica su 5 parti distinte del pene si inviano almeno 9.000 onde d’urto diluite in più sedute. Il trattamento è assolutamente indolore e privo di effetti collaterali ed ha la durata di circa 15’.

Può essere usato anche nei pazienti che assumono antiaggreganti (es.: cardioaspirina) o terapia anticoagulante (es. Coumadin).

Per saperne di più: https://www.medicitalia.it/minforma/andrologia/2210-la-terapia-con-onde-d-urto-a-bassa-intensita-per-la-cura-della-disfunzione-erettile-li-eswt-o-l.html

 

Neurostimolazione: tecnica anch’essa sperimentale che consiste nella applicazione di elettrodi sulla superficie del pene che grazie alla generazione di una differenza di potenziale determinano il passaggio di corrente elettrica attraverso i nervi ripristinandone il normale funzionamento. Quindi agiscono sulla componente nervosa del deficit erettile (apparecchiatura attualmente in fase di sperimentazione).

 

Impianto di protesi peniena in silicone: da consigliarsi quando tutti gli altri rimedi si sono dimostrati inefficaci (alto indice di insoddisfazione per alterazione del piacere orgasmico e ridotta sensibilità peniena).

 

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIONI

Il percorso riabilitativo è un percorso lungo ed impegnativo motivo per il quale il paziente prima di intraprenderlo deve essere molto motivato specie per il fatto che i risultati spesso non sono immediati ma “prima o poi arrivano”. Buon Lavoro!

Per saperne di più: https://www.medicitalia.it/minforma/andrologia/885-disfunzione-erettile-e-prostatectomia-radicale.html

 

Bibliografia:

1) Sexual Rehabilitation After Treatment For Prostate Cancer-Part 2: Recommendations From the Fourth International Consultation for Sexual Medicine (ICSM 2015).

Salonia A, Adaikan G, Buvat J, Carrier S, El-Meliegy A, Hatzimouratidis K, McCullough A, Morgentaler A, Torres LO, Khera M.

J Sex Med. 2017 Mar;14(3):297-315. doi: 10.1016/j.jsxm.2016.11.324.

2) Erectile dysfunction post-radical prostatectomy - a challenge for both patient and physician.

Bratu O, Oprea I, Marcu D, Spinu D, Niculae A, Geavlete B, Mischianu D.

J Med Life. 2017 Jan-Mar;10(1):13-18. Review.

Data pubblicazione: 18 maggio 2017

Autore

ginoalessandroscalese
Dr. Gino Alessandro Scalese Urologo, Andrologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1997 presso Università degli Studi di Bari.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Bari tesserino n° 11376.

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La prostata è la ghiandola dell'apparato genitale maschile responsabile della produzione di liquido seminale: funzioni, patologie, prevenzione della salute prostatica.

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