Il trattamento delle disfunzioni sessuali nei pazienti con tumore del colon-retto

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Dr. Enrico Conti Urologo, Endocrinologo, Chirurgo generale, Andrologo

Il trattamento dei tumori del colon-retto è associato ad una significativa incidenza di disfunzioni sessuali maschili e femminili che necessitano di un trattamento multidisciplinare

Introduzione

Il tumore del colon-retto rappresenta una delle neoplasie più comuni, con oltre 30.000 nuovi casi l’anno in Italia, tanto che in alcune regioni sono attivi efficaci programmi di “screening” sulla popolazione, che hanno il merito di permettere una diagnosi precoce e di ridurre la complessità e la invasività delle cure. In generale la terapia dei tumori del colon-retto comporta la asportazione del tratto di intestino interessato dal tumore e il tessuto circostante comprendente arterie, vene e linfonodi di pertinenza della zona colpita dal tumore.

Particolarmente complessa è la situazione anatomica dell’ultimo tratto dell’intestino, il retto (nel quale si localizzano circa 1/3 di questi tumori), con importanti implicazioni per quanto riguarda  la strategia di cura. Il primo intervento chirurgico veramente efficace per il trattamento dei tumori  del retto  fu descritto dal chirurgo inglese William Ernest Miles nel 1908: da allora il “prezzo” della guarigione è consistito per decenni in una ampia asportazione dell’ultimo tratto intestinale, ano compreso, e nella creazione di un orifizio “preternaturale” cioè di una colostomia, con fuoriuscita di feci da un determinato punto dell’addome e la necessità di contenerle in un apposito sacchetto adesivo.
A seguito di questo intervento, che un tempo comportava di regola una impotenza definitiva, la vita sessuale di uomini e donne sottoposti a questo intervento era – e talvolta è ancora – destinata a svanire.

Oggi la chirurgia dei tumori dl colon-retto si è molto affinata, ma  una significativa percentuale di pazienti sperimenta ancora disfunzioni sessuali che influiscono pesantemente sulla qualità di vita. Certamente, dal 100% di impotenza riportato attorno al 1950 sono stati fatti passi avanti giganteschi, ma la compromissione della vita sessuale rimane ancora una sconfortante realtà  per molti uomini  e donne che peraltro possono avere davanti a sé una buona aspettativa di vita.

 

I meccanismi della compromissione della vita sessuale

L’ultimo tratto del colon ed il retto sono situati in una zona particolarmente ristretta dello scavo pelvico, in stretto contatto con i plessi nervosi che innervano la vescica e gli organi genitali (vagina, prostata, vescicole seminali e pene).

Le strutture nervose note come plessi pelvici (plesso ipogastrico superiore ed inferiore) sono le scatole di derivazione dei circuiti nervosi responsabili della erezione, della eiaculazione, della lubrificazione della vagina, della forza di contrazione della vescica e del tono muscolare degli sfinteri. La asportazione dei tumori del retto, in particolar modo per quelli situati nella sua parte terminale, comporta facilmente la lesione di queste strutture e quindi la perdita , parziale o completa, delle funzioni suddette.

E’ facile comprendere come ne possa risultare una compromissione parziale o completa della funzione sessuale che si manifesta negli uomini con disfunzione erettile ed eiaculazione assente, e nelle donne con secchezza vaginale (equivalente femminile della disfunzione erettile. Il problema può inoltre essere complicato dalla concomitante presenza di alterazioni della continenza urinaria.

La presenza eventuale di una colostomia è inoltre un fattore che agisce come variabile indipendente sulla compromissione della vita sessuale: è facile comprendere come questo fattore possa essere causa di profondo disagio, incidendo negativamente sul desiderio sessuale, inducendo di regola dei comportamenti di “evitamento” della intimità, dovuti alla vergogna per possibili perdite del sacchetto, all’imbarazzo di mostrarsi al/alla partner o all’alterazione del proprio schema corporeo: tutto ciò incide negativamente, anche quando è presente una residua funzione sessuale.

 

La realtà odierna dei pazienti operati di tumore del colon-retto

A partire dal 1970, con la diffusione delle suturatrici meccaniche, gli interventi di amputazione del retto per tumore  sono sostanzialmente diminuiti, poiché i chirurghi sono stati in grado di “ricollegare” l’intestino, interrotto dall’asportazione del tratto ammalato, anche all’interno dello scavo pelvico: oggi la maggior parte dei pazienti non deve più convivere con una colostomia permanente ed un sacchetto per raccogliere le feci attaccato all’addome.

Nonostante questo, in determinati casi è ancora necessario effettuare una colostomia temporanea o definitiva, specialmente in condizioni di chirurgia di urgenza (che costituisce ancora il 20%di tutta la chirurgia del colon-retto!), o a causa di tumori in sede molto prossima all’ano di stadio avanzato.

Fortunatamente, a partire dal 1980, la tecnica chirurgica si è evoluta ulteriormente, consentendo un maggiore rispetto delle strutture nervose, al punto che oggi  la percentuale complessiva delle disfunzioni sessuali  dopo asportazione del retto è scesa al 20-60%,  in funzione della sede del tumore, della tipologia dell’intervento e dell’età dei pazienti. Attualmente l’obiettivo è quello di realizzare quando possibile, nel pieno rispetto dei criteri di “radicalità” oncologica, una chirurgia “potency sparing”, che permetta cioè di preservare le funzioni sessuali: in centri di eccellenza, laddove questa chirurgia viene praticata  in larga parte con la videolaparoscopia o con il robot, la percentuale di disfunzioni sessuali può scendere al disotto del 10-15%.

 

Chemio e radioterapia

 Tra i fattori che possono incidere negativamente sule funzioni sessuali vi sono la chemioterapia e la radioterapia, che in caso di tumore di stadio avanzato devono essere praticate in associazione preliminarmente all’intervento (chemio-radioterapia neoadiuvante). 

La chemioterapia non ha un effetto diretto sulle funzioni sessuali, mentre è ben documentato un danno sulla fertilità: in ogni caso, la perdita di capelli, il malessere generalizzato e l’insieme degli effetti collaterali comportano quasi inevitabilmente una perdita del desiderio sessuale almeno temporanea  in entrambi i sessi.

Gli effetti negativi della chemioterapia riguardano anche le cellule germinali maschili e femminili, ma in maniera assai variabile per gravità e durata. La radioterapia può determinare sterilità femminile e fibrosi della vagina. Nell’uomo è associata ad una disfunzione erettile da danno diretto sui nervi dell’erezione nel 30-50% dei casi.

 

Fattori chiave nella chirurgia del retto “potency sparing”

L’età del/della paziente è una delle variabili indipendenti più importanti, per cui è noto che i risultati migliori si ottengono quando è al disotto dei 60 anni; la sede del tumore, per cui quelli localizzati nella porzione più bassa del retto sono associati a maggior incidenza di disfunzioni sessuali, per ragioni legate alla obbligatorietà di manovre chirurgiche più aggressive in punti anatomicamente delicati; la tecnica operatoria, infatti gli interventi più demolitivi (come l’intervento di Miles) sono associati a maggiori compromissioni funzionali, mentre la tecnica della escissione totale del meso-retto di tipo nerve-sparing permette i risultati in assoluto migliori.  La presenza di equipes chirurgiche espressamente dedicate al trattamento dei tumori del colon-retto, è un altro fattore che incide positivamente.

 

Il percorso ideale nell’approccio alle disfunzioni sessuali  nei tumori del colon retto

Il chirurgo che si accinge ad effettuare l’intervento di asportazione di tumore del retto deve chiarire al paziente se è possibile effettuare un intervento “potency sparing”, altrimenti spiegare quali sono funzioni che possono essere compromesse dall’intervento, compresa quella sessuale, e le possibili ripercussioni sulla immagine corporea  (Quali disfunzioni sessuali e urinarie sono prevedibili? E’ prevista una colostomia?).

La situazione è resa più complessa quando è previsto un trattamento chemio-radioterapico preoperatorio (terapia neoadiuvante). 
Il paziente spesso in condizioni psicologiche e fisiche difficili, dovrebbe essere affidato ad una equipe multidisciplinare che se ne faccia carico da prima dell’intervento: il gruppo  responsabile della terapia oncologica ( chirurgo, oncologo, radioterapista), dovrebbe essere affiancato da altre figure professionali: un ginecologo per le problematiche genitali femminili, un andrologo-urologo per quelle maschili e urologiche, uno psicosessuologo, un fisiatra, un enterostomista. 

 

Periodo pre-operatorio

L’approccio preliminare all’intervento serve per valutare il vissuto sessuale, ridiscutere e approfondire le possibili problematiche disfunzionali già illustrate dal chirurgo  e fornire indicazioni di massima sul programma riabilitativo post-operatorio: in questa fase non è facile affrontare argomenti attinenti alla sfera sessuale, poiché la consapevolezza della malattia tumorale riempie l’orizzonte emotivo del /della paziente, tuttavia è necessario affrontare lucidamente alcune problematiche.

Negli uomini che potrebbero avere ancora desiderio di paternità (compromessa da una eventuale eiaculazione secca post-operatoria o dalla radio/chemioterapia), l’andrologo deve prospettare la possibilità di depositare preventivamente il liquido seminale (crioconservazione). E’ opportuno affrontare una discussione sulla disfunzione erettile e sulle misure per prevenirla, poiché queste ultime debbono necessariamente essere attuate precocemente nel periodo post-operatorio.

Nella donna avviene l’equivalente a cura del ginecologo: oggi è possibile anche la crioconservazione degli ovociti femminili, qualora in una donna in età fertile fossero previste terapie adiuvanti.

 

Periodo post-operatorio

Nel post-operatorio è importante che si distingua tra chi ha desiderio di una riabilitazione delle funzioni sessuali e chi invece non ne ha: questo è un passaggio molto delicato,la cui responsabilità spetta all’andrologo, poiché deve far capire che la riabilitazione della erezione è una vera e propria fisioterapia dell’organo “pene” e non và confusa con una inopportuna sollecitazione a riprendere precocemente l’attività sessuale.

Ogni tipologia di trattamento della disfunzione erettile deve essere personalizzata, sia come dosaggio dei farmaci sia come “timing” (ad esempio si deve ritardare se il paziente deve effettuare chemioterapia o non è ancora compiacente rispetto alla proposta riabilitativa).
L’intervento coordinato dell’urologo e del fisiatra si rende necessario laddove si manifesti una alterazione della funzione vescicale o una  incontinenza urinaria. Eventuali problemi legati alla presenza di una colostomia devono essere affrontati dall’enterostomista, figura “care giver” fondamentale in tali casi. 

Il programma di riabilitazione della funzione erettile deve essere modulato sulla base  del reale stato della erezione del singolo paziente. Lo scopo è raggiunto facilmente con i farmaci orali nelle disfunzioni di minore entità, oppure con le iniezioni peniene di Alprostadil quando l’erezione spontanea è assente.
Le possibilità della terapia farmacologica sono descritte in dettaglio in  specifici articoli sul trattamento della disfunzione erettile.

In alcuni pazienti si assiste al recupero di erezioni valide e spontanee, mentre in quelli in cui la erezione è compromessa seriamente, il paziente viene invitato a proseguire autonomamente le iniezioni di Alprostadil nel pene. In alcuni casi questo è l’unico modo che permette di ottenere una erezione efficace per un rapporto sessuale. Nei pazienti che lo desiderano e che non rispondono alla terapia farmacologica si può prendere in considerazione l’impianto di una protesi nel pene.

Dal punto di vista femminile non esiste una prassi codificata poichè la sessualità femminile è assai complessa e ricca di sfumature: se permane una secchezza vaginale anche dopo molti mesi, è opportuno intraprendere un percorso di riabilitazione alla vita sessuale sia di tipo psicosessuologico che ginecologico. In molte donne è difficile recuperare il desiderio sessuale dopo i traumi fisici e psichici causati della malattia e molto spesso la riabilitazione alla sessualità è un percorso lungo e faticoso.

Per le stesse ragioni, per entrambi i sessi, è prevedibile che possano esser svolti degli incontri di coppia con lo psicosessuologo, con la presenza del/della partner dell’operato/a, allo scopo di recuperare una intimità compromessa dagli esiti della malattia.

 

Istruzioni per l’uso

Il percorso che è stato sommariamente descritto rappresenta quello teoricamente ideale. In realtà, mentre per il tumore del colon-retto esistono dei protocolli di intervento che  garantiscono un elevato standard di qualità la cui diffusione è capillare sul territorio nazionale, la riabilitazione della funzione sessuale è praticata solo in una minoranza di centri.

In una minima parte di casi sono gli stessi chirurghi che si occupano dei problemi delle disfunzioni sessuali dei propri pazienti, eventualmente in collaborazione con gli andrologi. In molti casi, nonostante l’attenzione dei chirurghi a ridurre al minimo le problematiche disfunzionali dovute all’intervento chirurgico, i pazienti non entrano in alcun percorso riabilitativo strutturato.

 

Pazienti che devono ancora essere operati di tumore del colon-retto

I pazienti che vanno incontro ad un intervento per tumore del colon retto, dovrebbero chiedere la possibilità di consultare un andrologo afferente allo stesso ospedale, che possa prendersi cura del paziente maschio.

Per le donne, è opportuno richiedere una consulenza presso un ginecologo che abbia esperienza nel trattamento delle disfunzioni sessuali femminili (cosa non sempre facile!): tra i ginecologi non è ancora ampiamente diffusa l’attenzione a queste problematiche e non è per caso che molti andrologi e sessuologi si siano dedicati anche al trattamento delle disfunzioni femminili.

Nel post-operatorio, la possibilità di incontrare uno psicologo che collabora con l’equipe oncologica è invece abbastanza diffusa: questa figura può essere di grande aiuto, ma spesso manca un auspicabile coordinamento tra quest’ultimo ed andrologi e ginecologi.
La figura dello psicosessuologo infine, importante per il trattamento di tutti gli aspetti emotivi delle disfunzioni sessuali, non è purtroppo sufficientemente diffusa.

 

Pazienti che sono gà stati operati di tumore del colon-retto

Per  gli uomini che non hanno potuto usufruire di un percorso di riabilitazione delle funzioni sessuali, è opportuno sapere che in molti centri andrologici pubblici e privati, è possibile il trattamento della disfunzione erettile “end-stage”, anche se mai precedentemente trattata, mediante l’impianto di  protesi nel pene.

Nei centri andrologici con maggiore esperienza in questo campo è spesso possibile ricorrere alla indispensabile consulenza di uno  psicosessuologo,  ausilio di grande importanza per il percorso riabilitativo di una funzione….dimenticata.
Per le donne la situazione è più confusa, ma normalmente i centri che si occupano regolarmente del trattamento delle disfunzioni sessuali maschili  riescono ad offrire un supporto anche per le disfunzioni sessuali femminili.

 

Conclusioni

Oggi la chirurgia dei tumori del colon-retto permette con le tecniche “potency sparing” di preservare in molti casi le funzioni sessuali in entrambi i sessi. Ciononostante e’ un dato di fatto che molte persone presentano ancora disfunzioni sessuali gravi,  a volte necessaria ma dolorosa conseguenza del trattamento della malattia.

Tra i suoi molteplici obiettivi, la medicina ha anche quello di trattare tali disfunzioni, non sempre sufficientemente considerate, attraverso un percorso di riabilitazione sessuale. Il conseguimento di questo obiettivo richiede molto lavoro e dedizione da parte di apposite equipes multidisciplinari.

Data pubblicazione: 07 marzo 2011

Autore

e.conti
Dr. Enrico Conti Urologo, Endocrinologo, Chirurgo generale, Andrologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1985 presso Roma - La Sapienza.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Cuneo tesserino n° 3669.

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