Ernia del disco: trattamenti mini-invasivi percutanei per la protrusione o l'ernia contenuta

l.canzoneri
Dr. Luca Canzoneri Anestesista, Algologo

In questo articolo si cerca di illustrare alcune delle caratteristiche degli interventi mini invasivi sull'ernia del disco che sono sempre più diffusi e su cui nel web si trovano notizie poco chiare e contrastanti.

Perché sono nati questi trattamenti

Questi trattamenti sono nati per i pazienti con protrusione discale o ernia contenuta dolorosa che non rispondono alle terapie classiche conservative (farmaci e fisioterapia) e in cui non c'è una chiara indicazione alla chirurgia spinale. Secondo le pubblicazioni scientifiche, l'intervento chirurgico maggiore ha infatti un tasso di fallimento che varia dal 4% al 30 % dei casi nel corso degli anni. Inoltre, il tasso di reintervento è del 5% ad un anno e del 10% a 10 anni (1).

Sono stati utilizzati molti approcci in questi ultimi 30 anni alcuni dei quali scartati per inefficacia o pericolosità. Gli approcci odierni sono più sicuri. E' ancora pero' molto acceso il dibattito medico sulla reale efficacia che pare correlarsi alla selezione dei paziente ossia la difficoltà di attribuire "la giusta tecnica al giusto paziente". Questo fattore probabilmente condiziona anche il risultato nel tempo.

Definizione

I trattamenti mini invasivi dell'ernia del disco sono delle tecniche che si basano sull'inserire attraverso la pelle un ago dall'esterno con la guida dei raggi X fino a raggiungere il disco intervertebrale malato.

Dopo aver raggiunto questo obiettivo è possibile praticare numerosissimi trattamenti:

  • Discolisi con miscela di ossigeno ozono (ozonoterapia intradiscale)
  • Decompressione discale localizzata (Targeted Disc decompression)
  • Nucleoplastica (Coblazione)
  • Laser (Discectomia laser percutanea) (APLD e PLLD)
  • IDET (Intra-Discal Electrothermal Therapy)
  • Discectomia lombare percutanea con metodo meccanico (Percutaneous Lumbar Discectomy) (Dekompressor)
  • Radiofrequenza pulsata di lunga durata intradiscale high-voltage
  • Biacuplastica (Transdiscal)
  • Discogel
  • Altro (trapianto di cellule, blu di metilene, iniezioni ad alta pressione, DISC Fx,…)

Alcune di queste tecniche sono praticabili anche sui dischi cervicali.

Sarebbe errato definire una di queste tecniche come "migliore" in quanto le varie tecniche NON SONO EQUIVALENTI ossia hanno indicazioni differenti.

 

Classificazione delle tecniche

1) Tecniche di decompressione che agiscono con disco degenerato ma integro (Laser, nucleoplastica, discectomia percutanea lombare meccanica). Queste tecniche sottraggono una parte di nucleo polposo creando una riduzione della pressione di tutta l'entità discale e quindi una riduzione della sua protrusione. Se il disco è fissurato non si ha effetto.

2) Tecniche che si possono usare con disco fissurato (IDET, Biacuplastica): sono tecniche che bruciano la parte posteriore delle fibre del disco e quindi "chiudono" le fissazioni, retraggono le fibre collagene e riducono lo "spanciamento" del disco.

3) Tecniche che usano sostanze chimiche che hanno una reazione con le sostanze contenute all'interno del nucleo polposo del disco e con le fibre discali (ozono, discogel).

4) Tecniche che usano una radiofrequenza pulsata a bassa temperatura con effetto antiinfiammatorio/immunomodulante.

5) Tecniche in cui si fa navigare una guida con punta attiva bruciante che si deve accomodare nell'ernia (Decompressione discale localizzata, targeted disc decompression).

Gli interventi percutanei non escludono la possibilità di chirurgia maggiore.

Possibili indicazione all'intervento mini-invasivo

Il trattamento mini-invasivo del disco intervertebrale può' essere proposto in due situazioni e comunque in presenza di un'ernia del disco CONTENUTA e non espulsa:

1) Sospetto di dolore discogenico: il disco in effetti ha un'innervazione propria e quando si deforma può' generare dolore. Tale dolore è di solito nella zona lombare in sede mediana ed ha una incidenza che varia dal 28% al 43% dei mal di schiena a seconda degli studi. E' accentuato dall'estensione degli arti e dalla flessione anteriore /deflessione del tronco. Per avere una maggiore certezza di diagnosi non basta l'esame obiettivo, ma bisogna praticare la cosiddetta discografia: é l'iniezione di una quantità prestabilita, con una pressione particolare di una sostanza nel disco del paziente. Tale manovra deve evocare lo stesso dolore del paziente.

2) Radicolopatia o Sciatica o Cruralgia: è una situazione in cui è presente dolore in una parte di un arto inferiore dovuto ad una irritazione del nervo (radice) nella sua uscita dalla colonna vertebrale. Una malattia della radice si manifesta con alterazioni della sensibilità, sensazioni strane sulla pelle (formicolio,…), debolezza muscolare, riduzione dei riflessi

Il dolore deve ovviamente alterare la qualità della vita del paziente in modo significativo rispetto all'età e all'attività sociale/lavorativa. Ci deve essere stato il fallimento delle terapie più conservative (farmacologica e fisioterapica) protratte per almeno 6 mesi. Non ci devono essere deficit neurologici significativi (sindrome della cauda equina, segni di marcata compressione delle strutture nervose) che inducono all'intervento chirurgico maggiore.

Per approfondire:Ernia discale: efficacia del trattamento per via percutanea

La scelta della tecnica

Scegliere la tecnica non è sempre facile.

In alcuni casi anche in presenza dei sintomi tipici insieme all'ernia del disco, è difficile stabilire la vera causa del dolore (sindrome delle faccette articolari, sacro ileite, becco artrosico,…).

In altre situazioni la risposta può' non essere soddisfacente per la scelta della tecnica sbagliata (usare una tecnica decompressiva con un disco fissurato, non continente) oppure per la difficoltà a selezionare il livello malato in presenza di molti dischi degenerati.

L'intervento mini invasivo non garantisce l'efficacia. Le probabilità di efficacia sono aumentate se la manovra è programmata e praticata da medici esperti.

 

Complicanze

Le complicanze di questi interventi in mano esperta sono rare.

La più temibile è la discite ossia l'infiammazione/infezione del disco. Si manifesta con dolore locale, segni e sintomi di infezione. Richiede una terapia antibiotica e l'allettamento prolungato.

Altre problematiche sono danni locali ai nervi o ai vasi, impossibilità ad eseguire la tecnica per ragioni anatomiche.

Dopo l'intervento è indispensabile un riposo assoluto per almeno 2 giorni e uno relativo per almeno 10 giorni. Bisogna non sollevare pesi per almeno un mese e cercare di ridurre al minimo le torsioni. Queste precauzioni servono a far guarire il foro nel disco. Alcune tecniche come l'ozono intradiscale usano un ago particolarmente sottile. Dopo questo periodo è necessaria la riabilitazione fisioterapica del rachide.

 

Conclusione

La scelta della terapia finale di una patologia deve essere sempre fatta dal medico insieme al paziente. E' indispensabile che il paziente venga valutato direttamente da un medico perché esistono cause diverse di dolore lombare e "sciatico" dall'ernia del disco, cause che devono essere ricercate ed escluse

L’impiego delle procedure chirurgiche percutanee del disco ha avuto in questi ultimi anni un notevole incremento.Le apparecchiature per le procedure discali minimamente invasive attualmente disponibili sono molte e diverse e sono migliorate per quanto riguarda aghi, cateteri e dati tecnici. La “comunità internazionale del dolore” afferma che manca una letteratura convincente per utilizzarle di routine, anche se alcuni studi indicano che sono efficaci e sicure. Le linee guida "Comprehensive Evidence-Based" (2009 ASIPP-IPM) indicano per queste procedure livelli di evidenza molto variabili.

In questo tipo di patologia, la cosa più importante e difficile è la selezione dei pazienti ossia il paziente giusto, con la procedura giusta, al momento giusto.

 

Bibliografia

(1) S. Hellingher et Al, Spine Rome 2007

 

Data pubblicazione: 11 febbraio 2013

Autore

l.canzoneri
Dr. Luca Canzoneri Anestesista, Algologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1998 presso Università di Torino.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Torino tesserino n° 18625.

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