Acufeni sintomi cause rimedi.

A proposito di acufeni: cosa sono e come si curano

g.cassani
Dr. Giancarlo Cassani Otorinolaringoiatra

L'acufene (o tinnito) si manifesta come un ronzio o fischio costante o pulsante. Scopri le cause, le cure e i rimedi di questo fastidioso disturbo delle orecchie.

Gli acufeni (o tinniti da tinnitus in latino) si possono definire una percezione sonora non organizzata e soggettivamente avvertita in assenza di una reale emissione acustica o rumorosa esterna. L’ATA (Associazione Americana Acufeni) stimerebbe che circa 50 milioni di americani soffrano di acufene, da moderato a grave.

Cos'è un acufene

Occorre premettere che l'acufene non è di facile trattazione e numerosissime sono le possibili cause all'origine del disturbo e quindi possiamo solo approcciare l'argomento rilevando alcuni aspetti di maggiore interesse.

Acufene e ronzio nelle orecchie

Spesso l’acufene viene descritto come ronzio nelle orecchie, ma anche come un disturbo pulsante, un sibilo, come il rumore del mare, un fischio, uno stridore, un tintinnio (fruscio, crepitio, soffio eccetera), ma in realtà si dovrebbe riservare l'inclusione nella definizione di acufene solo a quei rumori che il corpo non produce in maniera meccanica continuativa/ripetitiva, ma emessi quindi dalle vie acustiche (acufeni veri).

Quali disturbi può causare

Il rumore dell’acufene può causare disturbi del sonno, della concentrazione, della percezione uditiva, e può interferire con la normale vita di relazione e disturbare le attività quotidiane: la problematica diviene talvolta estremamente coinvolgente per il paziente ed assumere un aspetto di centralità nel suo vissuto.

Classificazione degli acufeni

Molte sono le classificazioni prodotte negli anni dell'acufene, forse la più consona distingue acufeni falsi o estrinseci, udibili anche da altra persona, solitamente un esaminatore, e acufeni veri o intrinseci percepibili solo dal soggetto.

Acufeni falsi

Gli acufeni falsi possono essere (sommariamente) di origine: vascolare, cardiaca, aneurismatica, muscolare da contrazione dei muscoli masticatori, pterigoidei, peristafilini, elevatori del palato, da contrazioni dello stapedio e del tensore del timpano; oppure articolare per rumori temporo- mandibolari, masticatori o cervicali; oppure di origine respiratoria.

Acufeni veri

Gli acufeni veri o intrinseci possono a loro volta essere: fisiologici oppure patologici o SIT (Subjective Idiopathic Tinnitus).

Gli acufeni veri, percepiti solo dal soggetto, sono avvertiti specie nel silenzio e sono dovuti solitamente ad alterazione delle vie uditive lungo un tratto del percorso dalla periferia fino ai centri del sistema nervoso centrale.

Quindi vi può essere una origine cocleare, una dall'ottavo nervo cranico o una origine centrale.

Per approfondire:Acufeni: quel fastidioso ronzio nelle orecchie

Origine cocleare

Esistono varie ipotesi per cui l'origine potrebbe essere una dissociazione funzionale fra cellule cigliate esterne (CCE) e interne (CCI), o una variazione dei mediatori fra cellule cigliate interne e le fibre nervose afferenti. Tonndorf in base al rumore dei movimenti browniani (moto disordinato delle particelle nei fluidi, dovuto alle collisioni casuali tra molecole studiato da Einstein) supponeva un disaccoppiamento dalla membrana tectoria delle ciglia delle cellule cigliate esterne.

Origine dalle fibre dell'ottavo nervo cranico

In questo caso l’acufene potrebbe avere origine da una perdita di mielina, oppure per una anomala correlazione delle fibre da perdita di isolamento tra le singole CCI.

Origine centrale

Avrebbe un ruolo importante anche un’anomala attività eccitatoria delle fibre senza zona inibitoria, che potrebbe causare variazione dell’attività centrali e una risposta prolungata anche a distanza dagli stimoli indipendentemente dal danno periferico.

Acufene e dolore

Tonndorf e Møller evidenziarono molte analogie fra acufene (SIT) e dolore: la Gate theory (Melzack e Wall) ipotizza che l’origine del segnale dolore percorra due vie, fibre grandi e fibre piccole. Le fibre A-delta sono mielinizzate e a conduzione rapida, mentre le fibre C (non mielinizzate) sono a conduzione lenta e ambedue i sistemi conducono alla area del Rolando.

Le fibre grandi eserciterebbero un effetto inibitore che chiude la porta al dolore, mentre le fibre piccole esercitano al contrario un effetto facilitante che tende ad aprire la porta.

Le piccole fibre hanno azione lunga, mentre le grandi fibre hanno azione breve, ergo il cancello (o porta) tende a rimanere aperto per l’azione prevaricante delle piccole fibre. Il bilanciamento fra le due azioni determina il dolore e un dolore prolungato può a sua volta produrre un loop di “memoria” che gli agenti sopprimenti possono interrompere solo temporaneamente.

Analogamente al dolore anche le fibre afferenti uditive sono di due tipi: fibre di grande diametro (dalle cellule cigliate interne) e fibre di piccolo diametro (dalle cellule cigliate esterne). Pertanto si può generare il SIT per sbilanciamento fra le due fibre e prevalenza della attività delle “piccole” (Precerutti). 

Anamnesi

L’approccio clinico al paziente con acufene può essere dunque molto complesso e può prevedere: raccolta anamnestica, esame obiettivo generale e specialistico, indagine sul profilo psicologico, audiometria, acufenometria.

Occorrerà sapere quando l’acufene sia comparso e se la comparsa è riferibile a un evento particolare, se l’acufene era lieve e poi si è aggravato, se è localizzato da un lato, bilaterale o in mezzo alla testa, se è di intensità costante o pulsante, e se in alcune situazioni peggiora o migliora.

È raccomandabile conoscerne l’intensità in una scala da 1 a 10 e una valutazione soggettiva della frequenza, se l’acufene è continuo, pulsante o altro e a che “rumore” è paragonabile.

Esame obiettivo

È raccomandabile eseguire visita medica completa e poi un esame approfondito di tutto il distretto cervico-facciale sia osseo che muscolare e masticatorio, ricercare rumori cardiaci o endocranici, obiettività ORL completa di oto-microscopia ed altre eventuali endoscopie (rinofaringo-laringoscopia) eccetera.

Audiometria

Occorre ricercare se vi sia un deficit uditivo trasmissivo o neuro-sensoriale, cocleare o centrale: in caso di deficit neurosensoriali avremo, per esempio, sempre una perdita uguale per via aerea (VA) e per via ossea (VO).

In caso di lesione retrococleare, l'andamento del deficit varia. La differenza comunque fra lesione cocleare e deficit del primo neurone è posta ricercando due fenomeni acustici: il recruitment e l’adattamento.

Il recruitment è presente solo in caso di danno cocleare e i soggetti con tale lesione percepiscono per lievi aumenti di stimolo sonoro grandi aumenti di sensazione acustica.

Il fenomeno dell’adattamento invece fa sì che, in caso di lesione retrococleare, il soggetto percepisca stimoli continuativi solo per periodi limitati. Nelle lesioni centrali, nucleari o sopranucleari, è inoltre compromessa la comprensione vocale.                                 

L’indagine va spesso completata con l’impedenzometria e il rilievo dei riflessi stapediali e ancora con i potenziali uditivi evocati (PEU) e le otoemissioni.

Acufenometria

È volta a determinare la frequenza dell’acufene e l’intensità dello stesso valutando infine l’inibizione residua secondo Vernon e i profili di mascheramento secondo Feldmann. Cioè nel primo caso determinare l’intensità sonora necessaria per mascherare l’acufene, valutando il tempo di inibizione dopo 60 secondi di mascheramento (tinnitus test).

Feldmann propose l’indagine per determinare le curve di mascheramento con rumore bianco e rumore a bande, raffrontando le risposte con le soglie uditive: tali risposte possono differenziare sede e intensità degli acufeni, attraverso 5 profili possibili che servono a dare un orientamento ulteriore (Precerutti).

TAC e RMN

Esami radiologici quali TC e RMN delle rocche petrose ed encefalo possono essere richiesti per escludere patologie organiche, neoformazioni a carico delle strutture encefaliche e dell’orecchio interno.

Per approfondire:Acufeni e bruxismo: se la causa fosse nella mandibola?

Altre patologie causa di acufeni

Otite

Anche l'otite nelle sue varie manifestazioni può essere causa di acufeni e, in caso di disfunzione tubarica, con eventuale otite media secretiva (OMS) la terapia è volta al ripristino della funzione tubarica e rinofaringea. In caso di otite acuta si può ovviamente ricorrere a antibioticoterapia mirata o altre terapie farmacologiche.

In caso di insuccesso della terapia medica, termale o chirurgica del problema naso-faringeo e in presenza di OMS, si pratica talvolta anche la inserzione di apposito tubicino trans-timpanico di ventilazione a lunga permanenza dopo avere aspirato il muco denso contenuto nella cassa timpanica. Vanno però ricordate (e risolte se del caso) la ipertrofia dei turbinati (talvolta secondaria a una componente allergica) e la deviazione del setto che contribuiscono nel sostenere la patologia disventilatoria rino-faringo-tubarica eventualmente valutabile anche con la rinomanometria.

tinnito

Una condotta terapeutica rivolta alla correzione del fattore rinofaringeo di base può comprendere terapie favorenti la sintesi delle IgA e IgG, la fagocitosi, l'immunità cellulare. Una crenoterapia o terapia termale ha una azione antisettica e trofica e favorisce la clearance mucociliare (pulizia meccanica delle vie aeree operata da ciglia vibratili che ricoprono tutto il tratto respiratorio).

Otite media purulenta

L'otite media purulenta cronica richiede invece un trattamento che spesso è chirurgico demolitivo (e in una seconda fase riparativo): è possibile ricostruire le parti danneggiate e molti materiali possono essere usati. È comunque sempre indicata terapia chirurgica in caso di otite media purulenta cronica con osteite.

Otosclerosi

Un caso particolare di ipoacusia alla base di acufeni può essere la otosclerosi, malattia a carattere ereditario che si manifesta solitamente nella discendenza della linea femminile, saltando comunque alcuni soggetti.

La localizzazione più frequente del focolaio otosclerotico (all'interno della capsula labirintica) è alla finestra ovale, spesso al polo anteriore della stessa. L'ossificazione anomala coinvolge la platina della staffa determinandone una progressiva fissazione nella finestra ovale.

L'otosclerosi è anche legata probabilmente a una malattia autoimmune poiché lo scheletro osseo della chiocciola deriva da cartilagine che si ossifica prima della nascita e, se piccoli frammenti di cartilagine rimangono nel contesto osseo, non vengono riconosciuti dal sistema immunitario che attacca questi frammenti, liberando enzimi lisosomiali destruenti. L'osso tende allora a riformarsi perdendo la propria architettura normale (fase otospongiotica) e a ricalcificarsi (fase otosclerotica) malamente o a liberare enzimi che possono danneggiare l'orecchio interno. In tal caso avremo una ipoacusia anche neurosensoriale.

Quindi nella prima fase si manifesta una ipoacusia di trasmissione che potrà divenire poi mista e infine neurosensoriale con acufeni più o meno rilevanti. La somministrazione per bocca di fluoruri, pare rallentare a volte i danni otosclerotici (Causse).

L’intervento chirurgico spesso si impone in caso di otosclerosi ed è volto a ripristinare la meccanica degli ossicini bloccati a livello della finestra ovale (ricostruzione del pistone stapediale con teflon eccetera).

Malattia di Menière

Si parla invece di Malattia di Menière (classicamente con la triade acufeni, ipoacusia e nausea-vomito) per un idrope (aumento della produzione di endolinfa o riduzione del suo riassorbimento) dell’orecchio interno, talora con ipoacusia fluttuante e vertigini rotatorie (il soggetto vede ruotare la stanza).

La diminuzione uditiva può essere inizialmente maggiore per i toni gravi, come nei catarri, ma il danno è neurosensoriale. Tale deficit può regredire interamente oppure progredire e col tempo interessare anche i toni acuti per poi divenire una perdita neurosensoriale. Oltreché la terapia di patologie di base e l'eventuale uso di diuretici o di derivativi osmotici, è consigliabile una dieta iposodica. Qualora le terapie mediche o dietetiche non ottengano nulla, è indicato trattamento chirurgico.

Come curare gli acufeni

Il trattamento degli acufeni può essere affrontato con diverse modalità che possono dare risultati soddisfacenti.

Approccio tramite stimolazione elettrica transcutanea

L'uso del TENS (Stimolazione Elettrica Nervosa Transcutanea) nel trattamento dell’acufene (in analogia ancora con il trattamento del dolore) ha mostrato alcuni risultati positivi: lo stimolo consigliato è un treno di onde a livello di soglia di sopportazione e per periodi prolungati.

Tale elettrostimolazione produrrebbe effetto inibitorio sulle fibre uditive a livello della sostanza reticolare ove le due vie afferenti, cutanea e uditiva, convergono. Una stimolazione della coclea con treni di impulsi elettrici ad alta frequenza ripristinerebbe i normali pattern (sequenze) di scarica dalla periferia, cosa che verrebbe interpretata dalle vie uditive come silenzio (Bauer), inoltre si verificherebbe un incremento del tono nervoso parasimpatico, come nella stimolazione elettrica transcutanea analgesica.

Trattamento protesico del paziente ipoacusico con acufene

Questo è indicato per ipoacusie di importanza sociale anche se la protesi maschera l’acufene senza sensibile inibizione, ma distrae il paziente dall’ascolto del fastidioso ronzio. Inoltre esperti australiani e americani hanno proposto un sistema integrato di terapia che associa sia la stimolazione acustica con musica filtrata a seconda della perdita di udito sia il counselling. Il mascheramento produce normalmente, un'inibizione residua di circa 30 minuti.

Infiltrazioni del ganglio stellato e panoramica su alcune altre procedure

Il ganglio stellato è una struttura nervosa del sistema ortosimpatico a forma di stella, sito all'altezza della settima vertebra cervicale e della prima costa. Ingloba il primo ganglio toracico ed è centro delle vie simpatiche afferenti ed efferenti della parte superiore del corpo.

La infiltrazione del ganglio stellato con anestetico locale è una pratica usata in Anestesiologia (codice 18070122 delle terapie antalgiche) per scopi prevalentemente antidolorifici, ma ne è nota anche la azione vasodilatatrice operata sui territori controllati da detto ganglio e quindi la migliore irrorazione e ossigenazione locale.

Da qui una possibile utilità nelle situazioni imputabili a scarsa irrorazione della coclea (organo dalle elevate esigenze metaboliche) con sofferenza della stessa e acufene. Una molto accurata selezione dei pazienti e tre infiltrazioni successive a giorni alternati e in ambiente protetto come una pre-sala operatoria hanno dato buoni risultati su 160 casi trattati (Cassani G., Cong. Naz. ORL, Genova 2001).

In alternativa hanno trovato impiego la ossigenoterapia iperbarica o, in alcuni casi, autori hanno proposto ed eseguito la simpaticectomia dello stellato, intervento impegnativo e non scevro di rischi.

Alcune forme di acufene possono richiedere interventi di ‘microchirurgia’: l’esempio classico è dato da un abnorme contatto (conflitto) tra un vaso arterioso e/o venoso e il nervo cocleare. L’effetto è quello di una compressione vascolare sul nervo e il conflitto determina iperfunzione del nervo. Occorre allora procedere a una decompressione vascolare in microchirugia.;

Per completare è stata proposta anche la neurotomia totale del nervo cocleare o persino parziale (il nervo ha una distribuzione tonotopica delle fibre abbastanza stabile).

Approccio mediante TRT (Tinnitus Retraining Therapy)

La TRT (Tinnitus Retraining Therapy) secondo Jasterboff, neurofisiologo polacco docente alla Emory University di Atlanta (USA), ipotizza che le reti neurali mesencefaliche si comportino come filtri programmabili.

L’acufene determinerebbe a livello sottocorticale un condizionamento negativo attivando al sistema limbico un allarme che enfatizza la percezione del rumore anomalo. Anche l'acufene, come ogni segnale, viene infatti sottoposto a un’attenuazione o amplificazione prima di essere inviato al cervello: se l’acufene viene riconosciuto come pericoloso dal sistema nervoso scatta un meccanismo di allarme (inutile) che amplifica al massimo la sensazione fastidiosa per consentire di mettere in atto le “contromisure” e alla corteccia cerebrale di notare l’acufene (ovvero il presunto pericolo).

La terapia cerca un riequilibrio mediante un “miscelatore” che riprogrammerebbe il filtro attenuando o inibendo l’acufene: per esempio il paziente indossa il “miscelatore” che fornisce uno stimolo sonoro lieve percepito per lo più nel silenzio e per alcune ore al giorno.

Approccio mediante biofeedback

Il feedback elettromiografico, basato su tecniche di mio-rilassamento monitorato tramite elettrodi registranti l’attività della muscolatura, riesce con buona percentuale di successo a migliorare il vissuto dell’acufene. La tecnica prevede la registrazione di parametri fisiologici quali il livello di “allerta” del soggetto che una macchina converte in un segnale percepibile dal paziente e questi può modificare le sue reazioni in senso positivo.

Il paziente con vissuto patologico dell'acufene

Sono di grande importanza le informazioni circa il profilo psicologico del paziente: un’analisi mediante MMPI (Minnesota Multifactory Personality Inventory) avrebbe evidenziato che coloro che riferiscono vissuti di peggioramento dell’acufene hanno spesso alcuni tratti psicopatologici e una “costellazione” di diversi quadri spesso con spostamento dei conflitti e degli affetti sul rumore che può così essere una specie di “difesa”.

Il paziente va istruito a distogliere l’attenzione dal suo acufene mettendo eventualmente in campo psicologici, psichiatri, coach, counsellor, terapia di gruppo e ogni altro approccio utile.

Data pubblicazione: 13 maggio 2014 Ultimo aggiornamento: 02 dicembre 2020

Autore

g.cassani
Dr. Giancarlo Cassani Otorinolaringoiatra

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973 presso STATALE MILANO.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Lodi tesserino n° 197.

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