Ernia iatale reflusso.

Ernia iatale e reflusso gastroesofageo

stefano.spina
Dr. Stefano Spina Chirurgo generale, Colonproctologo

L'ernia iatale può definirsi come la risalita di una porzione dello stomaco in cavità toracica attraverso il cosiddetto iato esofageo

L'ernia iatale può definirsi come la risalita di una porzione dello stomaco in cavità toracica attraverso il cosiddetto iato esofageo. Il più delle volte la porzione erniata include il cardias, cioè l’apparato valvolare che in condizioni normali impedisce che il contenuto dello stomaco “torni su” verso l’esofago. La deglutizione, i colpi di tosse e gli sforzi addominali possono facilitare questo processo.
Oltre a queste, dette “da scivolamento”, esistono anche altri tipi di ernie, che però non saranno oggetto di questo articolo perché non comprendono il cardias e quindi non si associano a reflusso gastroesofageo.

Sintomi dell'ernia iatale

L'ernia iatale colpisce in Italia il 15% della popolazione, ma l’incidenza è maggiore con l’aumento dell’età proprio a causa del ripetersi dei continui movimenti di deglutizione. È più frequente nelle donne, negli obesi e nei fumatori, ma in certi casi può anche essere congenita, cioè presente sin dalla nascita.

Può decorrere in maniera asintomatica oppure causare reflusso gastro-esofageo, dovuto appunto al malfunzionamento dell’apparato valvolare cardiale (sfintere esofageo inferiore): in questo caso il contenuto acido dello stomaco passa in esofago, lesionandone le pareti e provocando per lo più dolori e/o bruciori alla regione retrosternale, senso di acido o di amaro in bocca, rigurgiti, disfagia (difficoltà a deglutire), esofagite, spasmo; più di rado possono comparire tosse stizzosa, salivazione aumentata, raucedine, laringite, faringite, esofago di Barrett.

Per evidenti ragioni gli sforzi, la gravidanza e la posizione orizzontale tendono in genere a favorire la comparsa del reflusso. Quando quest’ultimo assume caratteristiche importanti in termini di frequenza e severità si parla di Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo (MRGE).

Ernia iatale causa reflusso

Complicanze

Al fine di fornire per quanto possibile un’informazione completa è corretto citare le altre complicanze dell’ernia iatale, per fortuna piuttosto rare: tumore dell’esofago, ulcere ed emorragie, insufficienze cardiache e respiratorie.

D’altro canto è opportuno ricordare che il reflusso gastro-esofageo può anche non essere in certi casi conseguenza dell’ernia iatale, bensì dipendere da altre cause quali il rallentato svuotamento gastrico, i disturbi di motilità dell’esofago, la salivazione ridotta e inoltre anche ansia, stress, fumo, gravidanza e obesità, sebbene per lo più questi ultimi siano da considerarsi soltanto fattori concausali.

Diagnosi

L’ernia iatale può essere diagnosticata mediante una gastroscopia (o esofagogastroduodenoscopia EGDS) e/o con una radiografia del digerente. La pHmetria e la manometria, che misurano rispettivamente l’acidità e la pressione all’interno dell’esofago, possono dare dei segni indiretti dell’ernia, ma a parere dello scrivente risultano superflui qualora sia possibile e non controindicata l’esecuzione dell’esame endoscopico; e naturalmente quando quest’ultimo possa indicare con certezza l’orientamento diagnostico.
Infine, poiché non è infrequente confondere i dolori retrosternali con altri molto simili di pertinenza cardiovascolare, appare corretto consultare sempre uno Specialista in Cardiologia che possa escludere eventuali disturbi in questo ambito.

Terapia

Il trattamento dell’ernia in sé è soltanto chirurgico, ma l’intervento potrebbe non essere necessario qualora i risultati della terapia e delle corrette abitudini alimentari e comportamentali fossero in grado di tenere i sintomi sotto controllo.

Alimentazione e stile di vita

A volte è sufficiente adeguare l’alimentazione e il proprio stile di vita: effettuare pasti piccoli e frequenti, masticare bene, evitare pranzi e cene abbondanti, aumentare il consumo di acqua; ridurre al minimo caffè, the, cioccolato, menta, grassi, alcool, cipolle, agrumi, pomodoro crudo, cibi piccanti, spezie, bibite gassate e chewing-gum. Il latte merita un discorso a parte: è infatti opinione comune che il suo pH alcalino aiuti a “tamponare” l’acidità; e in effetti ciò è vero nell’immediato; in seguito però i grassi in esso contenuti rallentano lo svuotamento gastrico e aumentano l’acidità, riportando la sintomatologia al punto di partenza. Sono invece ammessi gli alimenti contenenti proteine (uova, carne, pesce) purché non fritti; in particolare la carne grigliata potrà essere ben cotta, ma mai “bruciata”.

Al fine di limitare i disturbi è anche utile evitare di coricarsi o di fare sforzi subito dopo un pasto; è bene infine abituarsi a dormire sempre con cuscini piuttosto spessi, non indossare abiti particolarmente stretti in vita, ridurre l’eventuale sovrappeso, non abusare di farmaci soprattutto se gastrolesivi, eliminare il fumo.

Tra i farmaci da utilizzare sotto controllo medico citiamo gli inibitori della pompa protonica (PPI), che sono in genere molto efficaci nel limitare l’acidità; i procinetici che favoriscono invece la progressione fisiologica del bolo alimentare; e infine altri farmaci che possono essere utilizzati per proteggere la mucosa esofagea: il sapiente dosaggio “ad personam” di queste molecole da parte del Medico Curante o dello Specialista può condurre ad un buon controllo della sintomatologia.

Trattamento chirurgico

Quando però non si riesce ad ottenere alcun risultato apprezzabile, pur utilizzando al massimo accorgimenti e terapie di cui sopra, è opportuno prendere in considerazione la terapia chirurgica, valutandone caso per caso e con molta attenzione anche rischi e possibili complicanze; e tenendo presente che comunque non tutti i pazienti possono ricavarne i vantaggi sperati.

Scopo dell’intervento è quello di riportare stomaco e cardias in addome, chiudere con una rete sintetica la breccia erniaria e confezionare una plastica antireflusso che prevede una porzione di stomaco posizionato “a cravatta” intorno all’esofago.

La funduplicatio secondo Nissen era già praticata negli anni ’60, ma è con l’avvento e la diffusione della Chirurgia Laparoscopica, in particolare nei primi anni ’90, che essa ha trovato larga applicazione, in quanto la medesima procedura ha potuto finalmente avvalersi di una tecnica mini-invasiva che limita i disagi del paziente e che rende relativamente più agevole anche il compito del chirurgo. Al punto che oggi la degenza post-operatoria generalmente non supera le 48 ore e la ripresa completa delle attività sociali e lavorative non va di norma oltre i 7-10 giorni.

È importante sapere che non tutti gli operati riescono ad abbandonare completamente la terapia medica: in alcuni casi, variabili nelle diverse casistiche operatorie, è possibile che il paziente debba comunque far ricorso ai PPI, sebbene quasi sempre utilizzando dosi ridotte.

Data pubblicazione: 24 aprile 2010 Ultimo aggiornamento: 07 gennaio 2021

Autore

stefano.spina
Dr. Stefano Spina Chirurgo generale, Colonproctologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1993 presso Università degli Studi di Roma .
Iscritto all'Ordine dei Medici di Roma tesserino n° 45164.

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