Mastopessi più mastoplastica additiva con protesi: strategia chirurgica per migliorare i risultati

claudiobernardi
Dr. Claudio Bernardi Chirurgo generale, Chirurgo plastico

In casi di ptosi mammaria associata a ipotrofia ghiandolare, l'Autore ritiene una valida strategia chirurgica l'associazione della mastopessi con l'uso di protesi mammarie

La mastopessi è l’intervento correttivo della ptosi mammaria, ovvero della caduta della mammella al di sotto del solco mammario, e consiste essenzialmente nel riposizionamento del parenchima ghiandolare in una posizione più sollevata e con una forma più gradevole.

Nei casi clinici in cui la ptosi mammaria è associata ad ipotrofia ghiandolare marcata, mediante l’intervento correttivo di mastopessi  riusciamo ad ottenere mammelle di buona forma e consistenza, ma, per aumentarne la proiezione, si effettua una ridistribuzione del tessuto che ne riduce inevitabilmente la base e crea un effetto non solo ottico di un volume ulteriormente ridotto.

Ciò può essere motivo di insoddisfazione per le pazienti. E’ quindi opportuno, già durante l’esame obiettivo, fare le opportune valutazioni con la paziente e discuterne l’eventuale necessità di inserimento di una protesi, per ottenere un volume a lei più congeniale.


caso 1: mastopessi semplice con piccola riduzione mammaria

caso 2: mastopessi periareolare e protesi loggia sottoghiandolare

caso 3: ipomastia con Ptosi. Mastopessi periareolare
e verticale protesi sottomuscolare

caso 4: ptosi mammaria e asimmetria.  Mastopessi e protesi sottoghiandolare

caso 5: ptosi mammaria marcata. Mastopessi e protesi sottomuscolare

caso 6: asimmetria mammaria complessa. Mastopessi periareolare e protesi loggia sottomuscolare mista

I vantaggi dell’introduzione della protesi sono rappresentati oltre che dall’aumento volumetrico e della consistenza mammaria, anche dal fatto che per modellare il tessuto mammario bisogna asportare una minor quantità di cute e quindi le cicatrici residue sono  più corte.

Gli svantaggi, invece, sono correlati direttamente alla presenza delle protesi ed alle eventuali problematiche e complicanze  legate ad esse (contrazione capsulare, dislocazione,rotazione ecc.), che oggi, sia pur ridotte rispetto al passato, devono comunque sempre essere  prese in considerazione.

 

Protesi  mammaria e loggia

Al chirurgo spetta la scelta del tipo di protesi e della loggia, sottoghiandolare, sottomuscolare o mista. In presenza di una buon trofismo tissutale la loggia sottoghiandolare coniuga semplicità, minor aggressività e naturalezza del risultato anche nell’evoluzione nel tempo.

Nei casi in cui  la copertura tissutale è scarsa, ovvero dove il tessuto sottocutaneo è scarso, deve essere presa in considerazione la loggia sottomuscolare o mista per offrire all’impianto protesico  una valida copertura muscolo-ghiandolare dei quadranti supero-esterni, proprio dove spesso adipe e ghiandola sono poco rappresentati.

 

Valutazioni cliniche

Di fronte a questa scelta, che in casi limite può essere difficile, riteniamo molto importanti alcune valutazioni chirurgiche.

La prima è la discrepanza cute/ghiandola (contenente/contenuto) che può essere considerevole in casi di marcata involuzione mammaria. Se è presente un eccesso cutaneo notevole con marcato rilassamento dei tessuti, la nostra condotta è quella di orientare le pazienti a scegliere volumi compatibili con un buon risultato, ma  non eccessivi. In questo modo abbiamo la possibilità di offrire all’impianto una maggiore copertura tessutale ruotando opportunamente lembi ghiandolari, al fine di ridurre l’evidenza di possibili problematiche correlate soprattutto al volume delle  protesi stesse, come la visibilità e la palpabilità.

La seconda  è la valutazione del trofismo cutaneo e ghiandolare che condiziona  la scelta della loggia, sottoghiandolare o sottomuscolare. In caso di una valida copertura tissutale, la nostra preferenza è la loggia sottoghiandolare che consente un  risultato estetico naturale,  immediato e a distanza.

Il terzo elemento da considerare, infine, è l'habitus psicologico della paziente: essa, dopo essere adeguatamente informata sul significato di una “convivenza” dell’impianto protesico ed istruita sulla necessità di controlli postoperatori periodici clinici e strumentali, sarà in grado  di decidere se  accettare le protesi o meno. 

 

Conclusione

In presenza di ipotrofia ghiandolare associata a ptosi  esiste una  tendenza a correggere solo l’ipotrofia ghiandolare e distendere la cute in eccesso con volumi protesici “forzati”: l’intervento chirurgico di per sé risulta essere più semplice ma in realtà  non viene eseguita  la correzione della ptosi che, al contrario, tende a  peggiorare nel tempo a causa del peso significativo degli impianti voluminosi.

In conclusione, nella pratica clinica pur preferendo risolvere la ptosi mammaria con la mastopessi semplice, di fronte a casi clinici opportunamente  selezionati di scarso volume mammario, riteniamo che la scelta di utilizzare  protesi da associare al rimodellamento del tessuto mammario  sia una valida strategia chirurgica  per migliorare  forma e consistenza del seno ed in definitiva dei nostri risultati.

Data pubblicazione: 13 giugno 2014

Autore

claudiobernardi
Dr. Claudio Bernardi Chirurgo generale, Chirurgo plastico

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1981 presso roma.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Roma tesserino n° 31438.

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