Operazione emorroidi THD.

Trattamento emorroidi: il metodo THD

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Dr. Roberto Rossi Gastroenterologo, Chirurgo generale, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo d'urgenza

Il trattamento della malattia emorroidaria mediante la nuova terapia: la legatura artesiosa con la tecnica THD.

La patologia emorroidaria è una realtà molto diffusa nei paesi occidentali e colpisce oltre il 50% della popolazione al di sopra dei 50 anni con un equilibrio tra entrambi i sessi.

Trattamento delle emorroidi

Per il trattamento della malattia emorroidaria sono state proposte innumerevoli procedure senza che peraltro sia stato validato un "gold standard".

La legatura selettiva

Alla fine degli anni 90 Morinaga, chirurgo giapponese, propose una legatura selettiva delle sei arterie terminali della emorroidaria superiore responsabile dell'apporto sanguigno arterioso ai cuscinetti emorroidari senza creare ferite o asportazione di tessuto l'intervento venne denominato HAL (legatura arteriosa emorroidaria).

Foto 1 Proctoscopio con particolare della mini Probe Doppler

La tecnica THD

Negli ultimi anni è stata messa a punto una tecnica perfezionata denominata THD (transanal hemorroidal dearterialization) basata sulla individuazione precisa dei sei rami arteriosi che nella malattia emorroidaria presentano calibro circa doppio del normale. Per permettere ciò è stato costruito un particolare proctoscopio su cui è montata una mini sonda doppler che permette, una volta introdotto lo strumento nell'ampolla rettale, di individuare ciascuna arteria terminale dell'emorroidaria superiore.

Una volta individuati i vasi, questi vengono legati nel punto in cui il segnale doppler è alla massima intensità: la legatura viene effettuata con un punto trasfisso mediante un portaaghi che, introdotto all'interno del proctoscopio, manovra un ago il quale attraverso un'apertura del device permette di circondare l'arteria individuata a mezzo ultrasuono.

Il proctoscopio permette di effettuare la legatura arteriosa a circa 6-7 cm dalla linea dentata, a tale livello la profondità di passaggio del ramo terminale dell'arteria è costantemente di 5 mm. pertanto lo strumento è calibrato in modo che l'ago ruotando comprenda l'arteria e la circondi con precisione permettendo poi la sua legatura.

Con la stessa sutura è poi possibile correggere l'eventuale prolasso emorroidario mediante una particolare tecnica di sutura a spirale che deve arrestarsi assolutamente a circa 1 cm dalla linea pettinata.


Foto 2 Proctoscopio in posizione e decorso dell'ARS (arteria rettale sup.)

Tutta l'operazione avviene in una zona priva di innervazione sensitiva per cui l'intervento risulta pressoché indolore. Inoltre la completa assenza di ferite da asportazione tissutali riduce notevolmente la possibilità di complicanze post-operatorie.


Foto 3 Proctoscopio e ago posizionato in relazione al decorso arterioso

L'unica immediata sintomatologia riferita dai pazienti è una sensazione di tenesmo (ovvero la sensazione di un non completo svuotamento dell'ampolla rettale), che si verifica però solo nel caso che alla legatura arteriosa sia seguito anche un lifting del prolasso. Ciò è dovuto al fatto che la correzione del prolasso stesso affastella della mucosa all'interno dell'ampolla provocandone la stimolazione. È pertanto evidente che tanto maggiore sarà l'entità del prolasso tanto più sarà il fastidio avvertito che comunque (non è dolore) tenderà a scomparire in pochi giorni.

Cosa fare in caso di emorroidi di quarto grado

Tale tecnica non è indicata nella malattia emorroidaria di IV grado per la quale è preferibile la chirurgia tradizionale (per esempio la tecnica Milligan-Morgan). È pertanto fondamentale visitare attentamente il paziente e dare la corretta indicazione al tipo di intervento, certo è che la procedura non creando ferite di sorta non ostacolerà in nessun modo in caso di recidiva (nessuna tecnica ne è esente al 100%) il ricorso alle altre metodiche.

Il ritorno alle normali attività del paziente sottoposto a questo tipo di intervento è molto rapido.

Tale tecnica, che si può definire mini invasiva, rappresenta una vera rivoluzione nel trattamento di questa patologia benigna, ma certamente invalidante sia a livello fisico che psicologico e può sicuramente essere un'arma in più in dotazione al chirurgo proctologo.

 

Data pubblicazione: 02 ottobre 2011 Ultimo aggiornamento: 18 gennaio 2021

Autore

rossi.roberto
Dr. Roberto Rossi Gastroenterologo, Chirurgo generale, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo d'urgenza

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1976 presso Università degli Studi di Torino.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Torino tesserino n° 9395.

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