Termoablazione dei tumori primitivi del fegato

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Dr. Roberto Chiavaroli Infettivologo, Specialista in malattie del fegato e del ricambio

La Termoablazione dei tumori epatici è una procedura non chirurgica per il trattamento di neoplasie del fegato

Definizione

La Termoablazione dei tumori epatici è una procedura non chirurgica per il trattamento di neoplasie del fegato.
Si tratta di una metodica di “ablazione locoregionale”, ovvero una distruzione mirata del tessuto neoplastico senza intervento chirurgico e senza somministrazione di chemioterapici per via generale.

 

Come funziona?

Il meccanismo di distruzione del tessuto tumorale si basa sulla somministrazione di calore nel nodulo neoplastico attraverso uno o più aghi che vengono inseriti attraverso la cute sotto guida ecografica o più raramente della TAC (Tomografia Assiale Computerizzata).

L’ago (nel quale è presente un elettrodo, un’antenna o fibre ottiche) è collegato ad un generatore portatile di onde elettromagnetiche che vengono prodotte a partire dalla energia fornita dalla comune corrente elettrica.

A seconda della loro frequenza le radiazioni elettromagnetiche così prodotte sono distinguibili in Radiofrequenze, Microonde o Laser.

Tutte e tre le metodiche, grazie alla generazione locale di calore superiore a 44°c per alcuni minuti, consentono di distruggere un anello di tessuto epatico di diametro massimo di 4-5 cm intorno alla punta dell’ago.

 

Indicazioni

La termoablazione con Radiofrequenze, Microonde o Laser viene utilizzata da diversi anni in molti paesi industrializzati nel trattamento di tumori non operabili o in alternativa alla terapia chirurgica stessa.

I campi di applicazione oltre al trattamento dei tumori epatici spaziano dalla terapia locale dei tumori polmonari a quella delle lesioni renali, ossee e tiroidee.

Solo nel trattamento dei tumori epatici tuttavia la letteratura scientifica internazionale ha dimostrato una reale efficacia e sicurezza della termoablazione ed in Italia l’uso di questa metodica è diffusa da più di 10 anni in tutto il territorio nazionale.

In particolare nel tumore primitivo del fegato detto HCC (dall’inglese Hepatocellular Carcinoma ovvero Carcinoma Epatocellulare) la termoablazione è stato dimostrato essere efficace quanto la terapia chirurgica in termini di sopravvivenza dopo 5 anni dal trattamento.

Non è così per la terapia delle metastasi epatiche in quanto la chemioterapia e la resezione chirurgica conservano ancora vantaggi in termini di efficacia e costituiscono il trattamento di elezione (ovvero la terapia di riferimento).

La principale indicazione alla termoablazione è costituita dalla presenza di tumore primitivo del fegato in stadio non avanzato (fino a tre-quattro noduli di diametro massimo di 3-4 cm) in assenza di metastasi extraepatiche (linfonodi, vena porta, ossa, polmone) ed in assenza di scompenso epatico (ascite, gravi alterazioni della coagulazione, ittero, insufficienza renale, iperammoniemia).

Il tumore del fegato, infatti, insorge nella stragrande maggioranza dei casi in corso di Cirrosi Epatica da virus dell’epatite C o B e ne costituisce la complicanza più frequente. I noduli del fegato, tipici della condizione di Cirrosi Epatica, possono infatti spesso degenerare ad Epatocarcinoma nel corso della malattia (1-2% dei pazienti Cirrotici ogni anno).

In questi casi l’intervento chirurgico è complicato dalla presenza di una sottostante malattia grave del fegato che rende difficoltoso l’intervento chirurgico sia per motivi tecnici (fegato fibrotico ) che per motivi clinici per la riduzione di tessuto funzionante in un fegato compromesso o per la presenza di ipertensone portale severa (varici esofagee). Per tali motivi l’intervento chirurgico è gravato da aumentati rischi perioperatori (emorragie ) e post operatori (scompenso epatico).

La comparsa di nuovi noduli è comunque sempre possibile a distanza di 12-24 mesi dall’intervento chirurgico proprio a causa della storia naturale della malattia, esponendo in questi casi i pazienti alla necessità di un nuovo intervento chirurgico. Il candidato ideale al trattamento con Termoablazione è pertanto il paziente affetto da Tumore primitivo del fegato con malattia non avanzata per il quale sia stata escluso il vantaggio o la possibilità di un intervento chirurgico.

E’ infatti da ricordare che prima di selezionare i pazienti per questo tipo di trattamento è obbligatoria una valutazione chirurgica anche per escludere la trapiantabilità del paziente. Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche infatti l’unica terapia radicale per il tumore del fegato è il trapianto epatico che dovrebbe essere consigliato a tutti i pazienti con meno di 60 anni d’età e non più di tre noduli di 3 cm di diametro massimo o un singolo nodulo non superiore ai 5 cm purchè in assenza di diffusione vascolare o extraepatica.

La termoablazione trova però indicazione anche nel trattamento cosiddetto “ponte” in pazienti in attesa di trapianto epatico al fine di evitare la progressione della malattia e l’uscita dalle liste d’attesa.

 

Efficacia

L’Efficacia di distruzione del tessuto neoplastico in noduli di diametro massimo di 4 cm mediante una singola seduta di non più di 15 minuti è superiore a quella di altre tecniche locoregionali quali l’Alcolizzazione e la Chemioembolizzazione intrarteriosa (TACE) o la Chemioterapia sistemica con farmaci anti angiogenetici (Sorafenib).

Sia la termoablazione che la resezione chirurgica mostrano percentuali di efficacia sovrapponibili (assenza di recidive) e sopravvivenza a 5 anni del 50-60%.

A favore dell’intervento chirurgico è senz’altro la maggiore radicalità del trattamento perché il nodulo viene asportato e non semplicemente distrutto. A favore della Termoablazione è la relativa innocuità del trattamento che presenta minori rischi di complicanze e di mortalità.

L’efficacia della termoablazione è ridotta nei noduli di grandi dimensioni.

Noduli di diametro massimo superiore a 2 cm non sono trattati efficacemente dal Laser, mentre noduli maggiori di 3 cm mostrano possibilità di recidiva locale con il trattamento con Radiofrequenza o Microonde. Oltre i 4 cm i noduli tumorali sono scarsamente controllati dal trattamento con il calore. Nelle neoplasie più avanzate è tuttavia possibile aumentarne l’efficacia con trattamenti combinati sequenziali locoregionali (TACE + Termoablazione + Alcolizzazione) più o meno combinati con terapie sistemiche (Sorafenib).

 

Rischi e Controindicazioni

La termoablazione è una procedura sicura con una mortalità ed una percentuale di complicanze inferiore alla resezione chirurgica ma superiore a quella dell’alcolizzazione.

In particolare la Radiofrequenza è la tecnica di termoablazione più diffusa sul nostro territorio nazionale e per questo più sicura rispetto all’uso di Laser o Microonde.

In Italia la mortalità è stata stimata attorno allo 0.3%, mentre le complicanze maggiori (che hanno richiesto trattamenti importanti per risolversi) sono stimate attorno al 2.2%. Nella maggioranza dei casi (4.7%) può manifestarsi soltanto una “sindrome post ablativa” caratterizzata da dolore di modica intensità nel punto di inserzione dell’ago e febbricola o febbre intermittente dopo 48 ore dal trattamento.

In caso di recidiva o nuovo nodulo tumorale il trattamento può essere ripetuto senza rischi particolari anche molte volte in un anno.

Controindicazioni assolute alla procedura sono lesioni superiori a 6-7 cm o troppo numerose (più di 4-5), lo scompenso della malattia epatica ed in particolare tempi di protrombina inferiore al 40% o piastrine inferiori a 40.000/mmc., l’insufficienza renale o lo scompenso cardiaco, l’ittero, la trombosi della vena porta e le metastasi extraepatiche.

Particolare attenzione deve essere posta nei casi di trattamento di noduli vicino a grossi vasi, colecisti, vasi biliari dell’ilo o capsula epatica esterna, mentre i portatori di “segnapassi cardiaco” non possono sottoporsi a trattamento con Radiofrequenze ma solo con Laser o Microonde.

 

Procedura

La termoablazione viene eseguita quasi sempre con guida ecografica e per questo motivo viene effettuata da radiologi con una particolare esperienza specifica (Radiologi interventisti) o da chirurghi o clinici (infettivologi, internisti o gastroenterologi) che abbiano una particolare formazione in Ecografia (Ecografisti interventisti). Non esiste un reparto di Ecografia o Radiologia Interventistica con posti letto per la degenza motivo per il quale il paziente viene sottoposto al trattamento mentre è ricoverato in uno dei suddetti reparti clinici o chirurgici.

La termoablazione può anche essere eseguita in regime di Day Hospital o Day Surgery ovvero senza pernottare in ospedale.

La durata del trattamento è infatti molto breve. La termoablazione di un singolo nodulo può essere effettuata in circa 15 minuti.

E’ comunque necessario che il paziente, dopo aver firmato il consenso informato ed effettuato delle indagini di routine tra le quali una visita anestesiologica, venga sottoposto ad anestesia generale ed intubazione. Nella maggior parte dei casi tuttavia è sufficiente una sedazione profonda per circa 30 minuti ed il paziente non è cosciente di quel che accade, non sente dolore, ne’ ha alcun ricordo dell’accaduto.

Durante questo periodo l’operatore (ecografista o radiologo) esegue un’ecografia del fegato per localizzare il nodulo e calcolare il percorso dell’ago, quindi,attraverso una piccola incisione della cute fa progredire l’ago fino al nodulo neoplastico seguendone il percorso sul monitor dell’ecografo. Una volta raggiunto il bersaglio viene avviata l’erogazione di energia che provoca la distruzione termica in alcuni minuti. Terminata l’ ablazione l’operatore sfila delicatamente l’ago facendo sì che il tragitto venga cauterizzato dal calore evitando in tal modo sia la diffusione di cellule tumorali che eventuali sanguinamenti. Dopo circa tre ore viene eseguito un’esame emocromocitometrico (per escludere emorragie) ed un’ecografia di controllo. Il paziente può a questo punto essere dimesso anche in giornata dopo circa 4-5 ore di osservazione clinica e valutazione dei parametri vitali (pressione arteriosa, polso, frequenza respiratoria).

L’avvenuta distruzione del tessuto neoplastico può essere verificata con precisione già alcune ore dopo grazie all’uso dell’ecografia con mezzo di contrasto (CEUS; Contrast Enhanced Ultrasound) ma deve essere confermata da esame TAC o Risonanza magnetica con mezzo di contrasto da effettuarsi non prima di 30 gg.

Data pubblicazione: 03 aprile 2012

Autore

roberto.chiavaroli
Dr. Roberto Chiavaroli Infettivologo, Specialista in malattie del fegato e del ricambio

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1995 presso Parma.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pescara tesserino n° 3103.

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