Approccio clinico alle ptosi palpebrali

Il trattamento chirurgico delle ptosi palpebrali è stato, ed è tuttora, oggetto di una vasta letteratura. Nonostante le numerose tecniche proposte, solo un piccolo numero di esse meritano di essere riportate e descritte. Di fronte ad una ptosi palpebrale è necessario affrontare ed inquadrare in modo corretto il tipo di ptosi. Molto spesso l’esatto approccio clinico è ignorato e quindi non si riescono a rilevare tutti i parametri palpebrali per definire con precisione il tipo di ptosi che si ha di fronte per poi decidere e affrontare un’idonea chirurgia.

Questo articolo ha lo scopo non di insegnare agli oftalmologi la risoluzione chirurgica delle ptosi palpebrali, ma di suggerire un corretto e professionale approccio clinico di fronte ad un paziente con ptosi palpebrale.

PRINCIPALI TIPI DI PTOSI

E’ assai difficile proporre una classificazione perfetta della ptosi. Infatti, da un punto di vista fisiopatologico, alcune ptosi possono essere indotte da una o più cause o concause. L’esempio tipico è rappresentato dalle ptosi traumatiche che possono essere provocate da più meccanismi eziologici. Generalmente è uso comune, nelle classificazioni tradizionali, suddividere le ptosi in congenite ed acquisite. In questa breve esposizione mettiamo in disparte tutte quelle ptosi legate ad altre problematiche quali una dermocalasi importante, una anoftalmia, una microftalmia o tisi del bulbo oculare, tutte le pseudo-ptosi dovute ad un aumento di peso delle palpebre superiori in relazione ad un ematoma, un importante edema, o un tumore palpebrale o una retrazione della palpebra controlaterale, per occuparci invece delle vere ptosi palpebrali congenite ed acquisite.

LE PTOSI CONGENITE

Rappresentano la maggioranza delle ptosi. Si possono suddividere in:

a) Ptosi congenite isolate o semplici.

Queste sono generalmente uni-o bilaterali, di grado molto variabile e sono senza dubbio le più frequenti. In caso di ptosi marcate o maggiori, il bimbo compensa la deficienza del muscolo elevatore con la contrazione del muscolo frontale e una posizione particolare della testa che viene proiettata posteriormente con modificazioni transitorie e a volte permanenti del tratto cervicale della colonna vertebrale. Le ptosi congenite isolate sono raramente responsabili da sole di una ambliopia, però possono essere associate a vari disturbi della refrazione che, se non sono rapidamente corretti, possono causare una seria ambliopia.

b) Ptosi congenite associate ad anomalie della motilità oculo-palpebrale:

1)    Ptosi con insufficiente attività del muscolo retto superiore.

2)    Ptosi associate a paralisi congenita del III nervo cranico.

3)    Sindrome di Marcus Gunn. È una sindrome in cui vi è un’associazione di una ptosi al fenomeno di Marcus Gunn. Questo è rappresentato da una sincenesia mandibolo-palpebrale che causa una retrazione rapida della palpebra ptosica qualora si apra la bocca. La patogenesi rimane oscura, ma è probabilmente legata ad una errata innervazione del muscolo elevatore da una parte delle fibre nervose provenienti dal trigemino.

4)    Ptosi congenite associate a malformazioni facciali o generali.

PTOSI ACQUISITE : sono rappresentate dalle ptosi neurogene, miogene, aponeurotiche e meccaniche.

PTOSI NEUROGENE : possono essere di origine centrale o periferica. Le forme centrali possono essere legate ad una lesione del lobo frontale o temporale, ad una alterazione sopra-nucleare sotto-corticale o ad una alterazione nucleare ed in questi casi le ptosi si accompagnano sovente a paralisi dei muscoli oculomotori. Le ptosi periferiche sono dovute ad una alterazione del III nervo cranico, dalla sua origine peduncolare sino alla porzione intraorbitaria.
L’associazione di altri segni neurologici ci aiuta a capire se siamo di fronte ad un fenomeno peduncolare, ad una sindrome del seno cavernoso, ad una sindrome della fessura sfenoidale o dell’apice dell’orbita e quindi la loro esatta ubicazione topografica .

PTOSI MIOGENE : le ptosi miogene comprendono le ptosi senili e le forme legate alle sindromi miopatiche. Le prime costituiscono le forme più frequenti e, studi recenti, hanno chiaramente dimostrato che in questo tipo di ptosi vi è una involuzione senile delle fibre muscolari sia del muscolo elevatore, sia del muscolo di Muller. Nella maggioranza dei casi si apprezza una deiscenza o una disinserzione della aponeurosi del muscolo elevatore. Le ptosi miopatiche, che sono senz’altro più rare , sono le seguenti:

-       Ptosi miasteniche

-       Ptosi in corso di miopatia mitocondriale

-       Ptosi familiare tardiva di Fuchs

-       Ptosi in corso di malattia di Steinert

-       Ptosi in corso di malattia di Bavedow

 PTOSI APONEUROTICHE : esse sono legate ad un difetto di trasmissione dello stimolo nervoso di un muscolo elevatore normale alla palpebra superiore a causa di una deiscenza o una disinserzione dell’aponeurosi.Possono insorgere su pazienti già predisposti a causa di meccanismi traumatici, come contusione orbito-palpebrale o interventi chirurgici sul globo oculare come distacco di retina, cataratta ecc. Questo avveniva soprattutto in passato quando era in uso esporre il bulbo oculare mediante un punto di trazione sul muscolo retto superiore.

PTOSI TRAUMATICHE : comprendono tutte quelle ptosi secondarie ad un trauma contusivo o a ferite lacero-contuse della regione orbito-palpebrale.

PTOSI MECCANICHE : sono le ptosi provocate dalla presenza di neoformazioni sulla palpebra che originano dalle varie strutture palpebrali (cute, muscolo orbicolare).

 

L’ESAME DEL PAZIENTE

L’esame del paziente è il primo passo fondamentale per eseguire una corretta diagnosi clinica e quindi poi proporre un’esatta correzione chirurgica. L’esame deve essere metodico, in modo da poter raccogliere più dati clinici possibili. L’anamnesi serve per poter capire la natura congenita o acquisita della ptosi in questione e va indagato il modo in cui essa è iniziata (acuta o progressiva), l’evoluzione e la sua variabilità nel tempo. Si deve accertare inoltre la presenza o meno di questo tipo di patologia nell’ambito della famiglia (familiarità)

INDICAZIONI OPERATORIE

Prima di intraprendere un intervento chirurgico per una ptosi palpebrale, sia congenita che acquisita, è importante conoscere le principali regole per una risolutiva indicazione chirurgica.

CHI OPERARE?

Le indicazioni possono essere sia di ordine funzionale, quando c’è il rischio di ambliopia in corso di ptosi congenite maggiori e strabismo associato o in corso di gravi sindromi di blefarofimosi, sia estetiche, in corso di ptosi minime o accompagnate da sincinesie.

QUANDO OPERARE?

Altro quesito molto importante è quando operare il paziente, soprattutto per quanto riguarda le ptosi congenite. La stragrande maggioranza degli Autori consiglia l’intervento verso il 3°- 4° anno di età, a parte quei casi in cui vi è un serio rischio di ambliopia e in questo caso l’intervento si impone entro l’anno di età. Nelle ptosi neurogene e post-traumatiche l’esperienza ci insegna di attendere 10-12 mesi prima di intervenire. Infine per le ptosi acquisite l’intervento può essere eseguito in qualsiasi momento purchè il paziente sia veramente convinto del gesto chirurgico.

COME OPERARE?

Il primo problema è la scelta corretta del tipo di anestesia. L’anestesia generale è consigliata nei bambini affetti da ptosi congenita o nei pazienti ansiosi che mal sopportano l’intervento in anestesia locale. In tutti gli altri casi è consigliato l’utilizzo di una anestesia locale. Questa infatti ci permette di sfruttare la collaborazione del paziente sveglio per meglio equilibrare le due palpebre e quindi migliorare la loro simmetria. La scelta del tipo di chirurgia dipende soprattutto però dall’attività del muscolo elevatore.

 

PTOSI CONGENITE ASSOCIATE AD ALTRE ANOMALIE

SEMEIOLOGIA ED APPROCCIO CHIRURGICO

La chirurgia delle ptosi palpebrali in generale richiede da parte dell’oftalmologo una continua e costante applicazione, ma a volte, considerata la grande variabilità anatomica tra persona e persona, anche un chirurgo esperto può avere delle serie difficoltà nel risolvere alcuni tipi di ptosi. Si riscontrano inoltre, soprattutto in età pediatrica, delle ptosi meno frequenti, ma più complicate che richiedono da parte del medico grande esperienza sia per una corretta diagnosi, sia per un esatto inquadramento chirurgico. La maggior parte dei pazienti in età pediatrica con ptosi palpebrali non presenta di solito disfunzioni della muscolatura estrinseca; tuttavia , nel caso ci sia qualche altro muscolo coinvolto, si tratta generalmente del muscolo retto superiore ipsilaterale. Penso, perciò , che sia utile spendere qualche breve cenno in merito alla sindrome di Marcus Gunn e alla sindrome di blefarofimosi, patologie più frequenti di quanto si possa immaginare.

SINDROME DI MARCUS GUNN

La sindrome di Marcus Gunn è la più frequente sindrome sincinetica nella quale sia presente una ptosi. La sua incidenza va dal 2 al 6% di tutte le ptosi congenite. La causa è da ricercarsi probabilmente in una anomala connessione nervosa a livello del sistema nervoso centrale tra il muscolo elevatore e la porzione pterigoide esterna del V° nervo cranico, che innerva i muscoli della masticazione. Il livello di questa anomalia, se sia essa sopranucleare o intranucleare, è ad oggi ancora sconosciuto. È, però, interessante poter notare come il fenomeno sia quasi sempre associato all’inspirazione e si osserva una apertura della palpebra ptosica quando il paziente apre la bocca, con una stretta relazione tra le due attività. Solitamente la sindrome è monolaterale e colpisce con più frequenza la parte sinistra. Difficilmente si riscontra associata ad altre anomalie oculari o sistemiche. La sindrome di Marcus Gunn può manifestarsi in una vastissima gamma di forme cliniche, da casi minimi ad altri molto accentuati ed esteticamente inaccettabili.

SINDROME DI BLEFAROFIMOSI

La sindrome di blefarofimosi è stata descritta come una anomalia ereditaria a carattere dominante e si presenta con la classica triade di: ptosi palpebrale della palpebra superiore, telecanto e fimosi della fessura palpebrale.

Altre anomalie che possono essere associate alla forma classica sono rappresentate da epicanto, riduzione della quantità di cute nella palpebra superiore ed inferiore, ectropion congenito ed appiattimento della regione glabellare. Quest’ultima condizione è presente alla nascita ed è molto rara. La ptosi delle palpebre superiori è generalmente la prima anomalia che balza agli occhi dei genitori e per la quale questi si rivolgono ad uno specialista. In alcuni casi le palpebre sono ipoplastiche con presenza di scarso tessuto muscolare ed una più o meno completa mancanza del tarso: in questi pazienti vi è inoltre una grossa difficoltà nella correzione chirurgica.

ANOFTALMO CONGENITO

Esistono bambini che alla nascita presentano un anoftalmo e possono avere gravi anomalie con assenza completa del bulbo oculare oppure presentare un occhio tisico che in molti casi si associa ad una ipoplasia delle palpebre e delle strutture ossee orbitarie. La ptosi è un sintomo associato, ma deve essere riconosciuto e valutato dall’oftalmologo per una successiva chirurgia ricostruttiva. Sono presenti, inoltre, delle varianti in cui vi è una assenza della funzione del muscolo elevatore.

PTOSI ASSOCIATE AD AMARTOMI PALPEBRALI

È compito dell’oftalmologo identificare la presenza di amartomi palpebrali alla nascita in bambini con ptosi. La loro concomitanza, infatti, pone spesso delle problematiche nella risoluzione chirurgica di entrambe le patologie. Le neoformazioni associate più frequenti possono essere: neurofibromatosi, linfangiomi, emangiomi capillari.

 

INDICAZIONI OPERATORIE

SINDROME DI MARCUS GUNN

Nella sindrome di Marcus Gunn le indicazioni operatorie di una sospensione al muscolo frontale si hanno soprattutto quando l’attività dell’elevatore è scarsa o nulla e qualora la retrazione palpebrale, conseguente all’apertura della bocca, è di grado medio o elevato. L’approccio consiste nell’eseguire un intervento per via cutanea, a livello della piega palpebrale, sezionando la totalità del muscolo elevatore per sopprimere l’anomala innervazione con la bocca e successivamente sospendere la palpebra al muscolo frontale sia per mezzo di fascia lata, sia con il riutilizzo del muscolo elevatore sezionato. Alcuni autori hanno proposto di eseguire una sospensione sia della palpebra malata che di quella controlaterale. Tutto ciò con lo scopo di ottenere una migliore simmetria in tutte le posizioni di sguardo.

SINDROME DI BLEFAROFIMOSI

In questa tipologia di ptosi è preferibile correggere prima telecanto ed epicanto mediante una plastica di Mustardè. La sospensione della palpebra al muscolo frontale va proposta allorché la sindrome di blefarofimosi appartenga alle forme maggiori con una ptosi totale, un’azione del muscolo elevatore pressochè nulla, oppure quando l’apertura palpebrale viene ottenuta con una ipercontrazione del muscolo frontale. La sospensione è altresì consigliata quando sia già stata eseguita una resezione massimale del muscolo elevatore senza un risultato soddisfacente.

TECNICA CHIRURGICA

Esistono numerosi metodi chirurgici di ancoraggio della bandelletta di fascia lata o materiale sintetico. L’approccio migliore è per via anteriore come per la chirurgia dell’aponeurosi e del muscolo elevatore.

Le varie fasi sono così riassumibili:

  • demarcazione dell’incisione cutanea a 8 mm. circa dal bordo libero (generalmente a livello del bordo superiore del tarso);
  • incisione cutanea per tutta la lunghezza della palpebra;
  • incisione del muscolo orbicolare e dissezione della porzione presettale e pretarsale dello stesso; il tarso è volutamente esposto nella sua porzione superiore;
  • sezione del setto orbitario e spostamento del grasso che copre e nasconde il piano muscolare;
  • fissazione della bandelletta al bordo superiore del tarso con tre punti di filo 6/0:un punto centrale a livello del forame pupillare, due punti laterali tangenziali al limbus con un angolo che va dai 10 ai 20 gradi;
  • controllo che una trazione esercitata sui due capi della bandelletta permetta di sollevare la palpebra in modo armonico senza anomalie della curvatura; in caso contrario vanno modificate le posizioni delle suture;
  • demarcazione delle incisioni cutanee sopracciliari: due laterali appena sopra al sopracciglio ed una centrale 1 cm. circa più in alto delle precedenti e lungo l’asse del forame pupillare;
  • le incisioni cutanee devono essere profonde fino ad arrivare al periostio;
  • passaggio di una forbice retta attraverso le incisioni sopracciliari laterali verso la palpebra superiore con una tunnelizzazione profonda. Questa manovra può essere guidata dal dito indice posto vicino al bordo sopraorbitario. La bandelletta può essere poi fatta passare con l’ aiuto di una pinza emostatica;
  • passaggio allo stesso modo dei due capi della bandelletta dalle incisioni sopracciliari laterali a quella più centrale;
  • trazione dei due capi, facendo attenzione che il bordo libero palpebrale non subisca delle anomale trazioni;
  • riformare la piega palpebrale attraverso punti cutaneo-orbicolari contro il bordo superiore del tarso;
  • ancoraggio solido e profondo dei due capi della bandelletta al muscolo frontale con filo non riassorbibile;
  • resezione delle porzioni di bandelletta in eccesso e chiusura sia dei piani profondi che di quelli cutanei delle incisioni sopracciliari;
  • posizionamento di un filo di trazione nella palpebra inferiore fissato sulla fronte attraverso un cerotto . Questo si esegue per evitare delle malaocclusioni frequenti nei primi giorni dopo l’intervento.
Data pubblicazione: 06 febbraio 2015

Autore

giuseppedavi
Dr. Giuseppe Davì Oculista

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1981 presso Padova.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Treviso tesserino n° 2228.

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