Metastasi alle ossa: complicanze e corretto approccio

Breve riassunto della patologia metastatica alle ossa.

Le metastasi sono le forme più frequenti di tumore dell'osso.
Una stima dell'American Cancer Society sostiene che nel 1999 ci siano stati più di 1.200.000 nuovi casi di cancro diagnosticati negli U.S.A.; circa la metà di questi comprende tumori che preferenzialmente danno metastasi ossee. Alcuni autori riportano che circa l'80% delle metastasi scheletriche è sostenuto dai tumori della mammella, della prostata, del polmone, del rene e della tiroide.

Ciò è dovuto sostanzialmente all'elevata predisposizione di questi tumori per il tessuto osseo, alla loro elevata incidenza e alla lunga sopravvivenza dei pazienti. Nei pazienti affetti da mieloma, le localizzazioni ossee sono presenti nel 70-95% dei casi.

Il 20% circa dei pazienti con tumore metastatico sviluppa metastasi ossee clinicamente evidenti durante la storia naturale della malattia, mentre un altro 50% di tali localizzazioni può essere riscontrato all'autopsia.

Nessuno studio epidemiologico è stato in grado, fino ad oggi, di descrivere quanti pazienti metastatici debbano essere trattati dall'ortopedico per la prevenzione di fratture patologiche, ma l'esperienza di centri specialistici oncologici ortopedici annovera almeno il 30% dei trattamenti totali rivolti verso di essi.

Lo scheletro è la terza sede più comune di metastasi, preceduto da polmone e fegato.
Sebbene qualsiasi osso possa essere sede di metastasi, lo scheletro assiale (cranio, rachide, coste e bacino) è coinvolto più frequentemente di quello appendicolare (le estremità).

Alcuni tumori prediligono specifiche sedi ossee: il carcinoma prostatico, per esempio, metastatizza frequentemente al rachide.
Le metastasi alla colonna vertebrale possono interessare qualsiasi tratto e con maggiore frequenza il rachide dorsale.
Le metastasi appendicolari si trovano nella parte prossimale dei femori nella maggioranza dei casi (25% di tutte le localizzazioni ossee).
Le metastasi alle ossa delle mani e dei piedi sono infrequenti e sono sostenute soprattutto dal tumore del polmone.
L'omero è la sede più frequente di metastasi ossea all'arto superiore. Le localizzazioni agli arti superiori costituiscono dal 10 al 15% di tutte le sedi metastatiche ossee.

Complicanze delle metastasi ossee

Circa il 25% dei pazienti con metastasi ossee rimane asintomatico, la diagnosi viene fatta con esami eseguiti per altri motivi o durante la stadiazione del tumore primitivo; nel restante 75% le localizzazioni ossee sono responsabili, dal punto di vista clinico, di una serie di complicanze riassunte nella tabella 1.

Il dolore è il sintomo più frequente. La frequenza delle altre complicanze maggiori dipende dalla natura osteolitica od osteoaddensante delle lesioni ossee, della sede, della gestione e del trattamento.

Tabella 1: complicanze delle metastasi ossee.

- Dolore
- Fratture patologiche
- Compressione midollare
- Ipercalcemia
- Soppressione midollare
- Effetti sistemici

1) Il dolore
Il dolore acuto e cronico rappresenta un problema importante nella sanità pubblica, visti la prevalenza nella popolazione e gli effetti sul paziente stesso e sulla collettività, con sostanziale perdita nella produttività. Inoltre è il sintomo più comune per cui le persone si rivolgono al medico.
La prevalenza del dolore neoplastico è del 55% in pazienti ambulatoriali e il 46% di questi presenta dolore per inadeguata terapia analgesica. Il dolore delle metastasi ossee rappresenta circa la metà dei casi con dolore neoplastico (insistente, che peggiora nelle ore notturne) ed è il sintomo più frequente nelle metastasi ossee.

2) Le frattura patologiche
Le fratture patologiche, causando un dolore di grado severo e una prolungata immobilità, rappresentano una complicanza seria nelle metastasi ossee. Le fratture delle ossa lunghe sono quelle che portano a serie conseguenze e si verificano nel 10% circa dei pazienti con interessamento osseo; se vengono aggiunte le fratture di altre sedi, in particolare delle coste e delle vertebre, la percentuale aumenta al 50% circa.
Sebbene la sopravvivenza dopo le fratture patologiche possa essere migliorata trattando il paziente con chirurgia, radioterapia e/o trattamento sistemico, la sopravvivenza mediana dopo una frattura di un osso lungo è all'incirca di 12 mesi.
Il carcinoma della mammella è responsabile del 53% delle fratture, dell'11% il rene, dell'8% il polmone, del 4% ciascuno la tiroide e il linfoma e del 3% la prostata.
La frattura patologica, al contrario di quella benigna, può avvenire senza nessuna trauma o per minime sollecitazioni meccaniche (movimenti bruschi o colpi di tosse).
Una frattura patologica di un osso lungo (più frequentemente femore) provoca un dolore di grado severo, necessita l'ospedalizzazione e l'immobilizzazione del paziente e un immediato trattamento, quando è possibile, chirurgico.
Tuttavia una valutazione attenta delle condizioni generali, del Performance Status, e della prognosi è importante prima di qualsiasi decisione terapeutica vista l'alta morbilità perioperatoria.
Un obiettivo importante è quindi quello della prevenzione delle complicanze maggiori, trattando voe possibile, le fratture patologiche con terapia chirurgica, radioterapica e/o medica.

3) La compressione midollare
La compressione del midollo spinale o della cauda equina, in pazienti con malattia metastatica alla colonna vertebrale, è un'emergenza medica, che richiede un'immediata diagnosi e trattamento. Essa è dovuta alla pressione meccanica esercitata da masse tumorali che, in base alla loro ubicazione, sono classificate come extra o epidurali e intradurali. Il midollo più colpito è quello dorsale, seguito dal lombare e dal cervicale. I tumori che sviluppano compressioni midollari sono, in ordine decrescente di frequenza, quelli della mammella, del polmone, della prostata, il linfoma e del rene. Nelle metastasi epidurali il dolore posteriore (back pain) è il sintomo comune di esordio e compare nella maggior parte dei casi con compressione midollare. Di solito, successivamente al dolore compaiono i segni tipici della mielopatia, quali deficit sensitivi (parestesia), disturbi motori (dall'astenia alla paraplegia, alla tetraplegia) e alterazioni del sistema nervoso autonomo (ritenzione urinaria, stipsi, impotenza). La prognosi dei pazienti con compressione midollare è generalmente infausta. Sono stati individuati alcuni possibili indicatori clinici di prognosi favorevole: precocità della diagnosi e del successivo approccio terapeutico multidisciplinare alla sindrome complessiva; esordio della stessa in rapporto alla diagnosi del tumore primitivo, condizione motoria prima e dopo il trattamento; coinvolgimento di un'unica vertebra anziché di più metameri.

4) L'ipercalcemia
L'aumento del calcio nel circolo sanguigno, è la più comune emergenza metabolica associata a tumore, potenzialmente fatale. Sebbene essa sia rara come sintomo d'esordio di malattia, la sua prevalenza nei pazienti neoplastici è circa di 15-20 per 100.000. Le neoplasie più frequentemente associate a ipercalcemia sono il carcinoma del polmone, della mammella, il mieloma, le neoplasie del distretto cervico-facciale, del rene e della prostata. Circa il 75% dei pazienti neoplastici con ipercalcemia ha malattia metastatica; l'85% di questi pazienti ha metastasi ossee. Le manifestazioni cliniche dell'ipercalcemia si possono presentare in un'ampia varietà di segni e sintomi. La gravità dei sintomi è legata più alla velocità di aumento del calcio ionizzato che al grado di elevazione, alle condizioni generali del paziente, alle malattie intercorrenti, alla gestione e al trattamento.

Tabella 2. Gradi di ipercalcemia
Ipercalcemia di grado lieve: Sintomi sfumati di ipercalcemia, tra cui anoressia, nausea, perdita di peso, stipsi ed alterazione dello stato mentale possono comparire a livelli corretti di calcio sierico > 3 mmol/L (12 mg/dL). Questi sintomi possono essere difficilmente distinguibili da quelli indotti della malattia neoplastica e/o dagli effetti collaterali del trattamento antineoplastico.

Ipercalcemia di grado moderato: Quando i livelli di calcio sierici superano i 3,2 mmol/L (12,8 mg/dL), può comparire insufficienza renale e verificarsi deposizione di tale ione in vari organi e tessuti.

Ipercalcemia di grado severo: Livelli di calcio sierico > 3,4 mmol/L (13,5 mg/dL) rappresentano un’emergenza medica e richiedono un trattamento aggressivo immediato. I pazienti che sviluppano tale disturbo possono presentare sintomi drammatici, correlati alla crisi ipercalcemica, quali nausea severa, vomito, disidratazione, insufficienza renale, obnubilamento del sensorio e perdita di coscienza.

Ipercalcemia molto grave con pericolo di vita imminente: Livelli sierici di calcio > 3,7 mmol/L (14,8 mg/dL) possono causare coma ed arresto cardiaco.

5) La soppressione midollare
L'invasione del midollo osseo da parte delle cellule neoplastiche può sopprimere l'ematopoiesi (processo che regola la produzione dei globuli bianchi, rossi e piastrine). Il deficit dei globuli rossi e delle piastrine sono più frequenti rispetto al deficit dei globuli bianchi. La citopenia periferica può essere di vari gradi, da lieve a grave.

6) Effetti sistemici
Gli effetti sistemici, tra cui il decadimento generale, la diminuzione delle attività e la mobilità, che compaiono spesso nei pazienti con metastasi ossee, non fanno altro che peggiorare le altre complicanze tra cui l'ipercalcemia, e possono provocare atelectasie (riduzione del contenuto aereo polmonaree) con processi infettivi, tromboembolie, coagulazione intravascolare disseminata (CID), ulcere cutanee, con conseguente peggioramento delle condizioni generali di salute (Performance Status) e diminuzione delle possibilità terapeutiche. Tutti questi fattori sono alla base della prognosi infausta di questi pazienti.

Gestione del paziente con metastasi ossee

Le metastasi ossee sono la causa maggiore di morbilità nei pazienti con cancro.
Le complicanze principali sono il dolore, fratture patologiche, compressione midollare, ipercalcemia e soppressione midollare.

L'insieme di questi problemi è responsabile dell'alto tasso di ospedalizzazione di questi pazienti con tutte le conseguenze socio-economiche che possono derivare. Per questo è utile selezionare i pazienti a rischio, e trattarli immediatamente per prevenire queste complicanze e di conseguenza abbattere l'alta morbilità.
Questo implica la partecipazione di vari specialisti nella gestione del paziente con metastasi ossee: l'Oncologo medico, il radioterapista, l'ortopedico, il palliativista, il riabilitatore ed altri.

Purtroppo fino ad oggi la gestione di questi pazienti è frammentaria e spesso il paziente deve recarsi da vari specialisti in momenti e tempi diversi con lunghe liste di attesa e grandi disagi psicofisici. Tutto questo rende più che mai necessario il ricorso ad un approccio multidisciplinare che implica la partecipazione (coordinata dallo specialista oncologo che ha in cura il paziente) dei vari specialisti coinvolti ed a tutti andrebbe richiesta la massima disponibilità al confronto, allo scambio delle opinioni e alla collaborazione reciproca.

Tabella 3. Strategie di controllo delle metastasi ossee
- Terapie mediche antiblastiche: chemioterapia, ormonoterapia

- Radioterapia (a scopo sintomatico/palliativo)

- Terapia radiometabolica

- Altre terapie mediche: bisfosfonati, alendronati, farmaci analgesici

- Chirurgia ortopedica (osteosintesi, cifoplastica, …)

- Riabilitazione

Data pubblicazione: 28 settembre 2011

Autore

a.dangelo
Dr. Alessandro D'Angelo Oncologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1994 presso MESSINA.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Messina tesserino n° 7556.

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