Disturbo da stress post traumatico: stress e traumi psichici

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Si illustra il quadro del disturbo da stress post-traumatico, precisando la correlazione normale e patologica tra traumi, stress generico e reazioni psichiche.

Questa la frase riassuntiva del film “One hour photo” con Robin Williams, che a suo modo racconta un disturbo da stress post-traumatico.

In teoria se una cosa è passata, è passata anche la paura. Di un individuo che continua a vivere un legame emotivo con un evento ormai lontano si dice “non gli è ancora passata”.
Il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) riguarda proprio l'impossibilità a cancellare, per una memoria che ad un certo punto, anziché svanire, cresce e si mantiene nel tempo.

In teoria tutti i “traumi” in senso lato possono indurre un DPTS, ma sono i traumi “grandi”, quelli in cui c'è minaccia della sopravvivenza e dell'incolumità, che tipicamente producono il disturbo. Il disturbo si osserva in reduci di guerra, sopravvissuti a cataclismi, vittime di abusi sessuali e non. Le violenze private sono in particolare le forme che durano più a lungo.

La capacità di dimenticare è quindi la funzione “lesa” nel DPTS.

I ricordi del fatto sono ossessionanti, in forma di pensieri, flashback che irrompono in maniera violenta, o bisogno di frequentare i luoghi o le persone che hanno fatto da cornice al fatto, tavolta indossare gli stessi abiti, o ripercorrere insomma le tracce del trauma subito.

Questa invasione della mente da parte delle memorie del fatto, vive e condizionanti, suscita una reazione di paura, di angoscia. La persona può avere un atteggiamento di evitamento, oppure al contrario essere sospesa tra il bisogno di dimenticare e il bisogno di ricordare, come se dovesse “digerire” meglio l'accaduto per poterlo davvero superare.

L'attenzione della persona è come deviata verso alcuni oggetti, mentre è minore verso stimoli che non sono collegati alle memorie del trauma. Ci si può sentire come in un mondo a parte, come rinchiusi nel passato, come in un'ampolla che impedisce di vivere appieno il presente perché si è presi nel pensare e rivivere quel fatto specifico, come dentro ad un cinema dove si proietta a ripetizione lo stesso film, dentro a una cabina telefonica in cui si fa sempre la stessa telefonata.

L'umore può essere instabile, a tratti appiattito, come in uno stato di “assenza”, di indifferenza, a tratti angosciato, disperato, “come se” ci fosse sempre il passato in azione. Oppure si sviluppa demoralizzazione per l'idea che il passato non ci lascerà mai in pace, anche se una risposta di per sé non può esserci.

Di solito, ma non sempre, dopo l'evento traumatico c'è una fase “acuta” denominata “disturbo acuto da stress” (DAS), che entro un mese si esaurisce, oppure prosegue come DPTS.
Tavolta però dopo un'apparente buona reazione iniziale, si sviluppa a distanza di settimane il DPTS, a volte a distanza di mesi.

In acuto i sintomi del disturbo sono facilmente comprensibili. La cosa sorprendente è che gli stessi sintomi possono invece svilupparsi come se ci fosse un veleno che dopo essere stato ingoiato si spargesse poi lentamente, facendo sentire gli effetti soltanto dopo molto tempo.

Quindi l'impressione è che nel cervello succeda qualcosa, in ritardo, che poi produce una situazione di stabile disfunzione. E' come se il cervello imparasse il trauma dopo averlo fatto girare e girare sul “disco” interno, e allora lo facesse diventare parte integrante del pensiero di tutti i giorni, come quando il computer fa partire automaticamente i programmi all'avvio.

Come si fa a cogliere la differenza con lo stress acuto?

La persona che ha una normale reazione da stress rimane sconvolta perché, finito il fatto, non riesce neanche a crederci che gli sia successa una cosa così grave, e di fatto ritorna dopo i primi giorni alla sua vita, a volte immediatamente.

C'è una funzione “tampone” che riesce a non far invadere il presente da memorie ancora molto vive, creando come una specie di “nube”.
Il traumatizzato in acuto si comporta spesso “come se” non fosse successo niente di irreparabile. Spesso infatti così è, proprio perché si riesce non tanto a scordare, quanto a mettere in secondo piano.

Nello stress patologico l'individuo continua o inizia a comportarsi “come se” il fatto fosse ancora in corso, paradossalmente quando ormai è finito o addirittura lontano nel tempo. Anziché tranquillizzarsi mano a mano che la distnaza aumenta, si mostra sempre più coinvolto.

Questo tipo di reazione, che è il DAS, segnala un rischio consistente di sviluppare poi un DPTS nel tempo, o dopo un periodo di apparente tranquillità.
In particolare, la presenza di un appiattimento emotivo subito dopo il trauma, e di uno stato di distacco dall'ambiente circostante, sono segnali premonitori del DPTS.
A questo corrispondono una condizione di calma neurovegetativa (basso cortisolo nel sangue, frequenza cardiaca bassa).

I ricercatori hanno pensato che vi sia in questi casi una reazione simile a quella dello shock doloroso, che genera anestesia immediata ma nel tempo. Questa reazione si collegherebbe in qualche modo al fatto che invece nel tempo il sistema che dovrebbe fare da tampone è insufficiente, e lascia riemergere prepotentemente i ricordi.

Quando infatti le persone ricordano hanno invece uno stato di sovraeccitazione neurovegetativa, e sono più suscettibili, cioè come se fossero “sulle spine”. Da notare che la suscettibilità è specifica, cioè si può rimanere insensibili ad un rumore forte qualsiasi, ma magari avere agitazione e palpitazioni sentendo la voce di una determinata persona che è ricollegata al trauma. Gli stati di turbamento tendono a durare più del normale, cosicché un singolo ricordo può tormentare la persona per ore.

I traumi ripetuti peggiorano la situazione: infatti chi è stato aggredito già in passato, quando la cosa ricapita reagisce automaticamente nella maniera patologica, con una calma neurovegetativa anomala.

In alcune persone le memoria del trauma diventa talmente presente dal dover essere “incorporata” perché non può essere espulsa, e la persona può volontariamente acquisire degli elementi del trauma subito, anche mettendosi successivamente nella posizione di chi provoca gli stessi traumi ad altri.

Di solito quando è così la memoria del trauma si è innestata su un istinto, un desiderio, cosicché il desiderio è distorto secondo le coordinate del trauma. Questo tema è al centro di numerose rappresentazioni cinematografiche (L'uccello dalle piume di cristallo ad esempio) e  alla base di una parte dei casi di deviazione sessuale. Si diventa “complici” di quel qualcosa che ci ha traumatizzato, in un certo senso, perché l'idea di sessualità rimane collegata a quegli elementi.

Varie molecole sono risultate utili nel DPTS, in particolare come classe gli SSRI, ma anche mirtazapina. Non sono invece risultate utili le benzodiazepine, specie nella fase conclamata.
Gli antiepilettici sono anch'essi promettenti, e spesso si rendono utili nei casi in cui c'è già una storia psichiatrica.

Data pubblicazione: 15 novembre 2010

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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