Adolescenza: quali percorsi di crescita possibili

francesco.mori
Dr. Francesco Mori Psicologo, Psicoterapeuta

Il riferimento è alle principali fasi dello sviluppo adolescenziale, con particolare riferimento alle nuove forme del pensiero e alla costruzione dell'identità

In questo articolo affronto il concetto di adolescenza nelle sue principali dimensioni psicologiche: modalità di pensiero, affetti, sviluppo sociale. Ognuna di queste aree è caratterizzata da profondi cambiamenti che rendono questo periodo della vita uno dei più tumultuosi e allo stesso tempo decisivi, per il benessere individuale.

Possiamo definire l’adolescenza come quella fase di sviluppo che va dai 12 ai 22 anni circa e vede la persona impiegata ad affrontare una serie di cambiamenti fisiologici, sessuali, cognitivi e sociali. Tutte queste trasformazioni portano l’adolescente a modificare profondamente l’immagine di sé e a confrontarsi continuamente con la rappresentazione che gli altri hanno di lui.

E’ importante sottolineare che quanto andremo a descrivere consiste soltanto di una rappresentazione generale e sommaria, dato che in questo periodo della vita esistono enormi differenze nel modo di affrontare i compiti di sviluppo, sia in termini comportamentali che di vissuti interiori, le quali sono legate alla peculiarità della persona, della sua famiglia di origine e della cultura nella quale l’individuo vive. Andiamo adesso a declinare nello specifico le singole aree.

 

Nuove strategie mentali: pensare il futuro

La maggior parte delle trattazioni cliniche sull’adolescenza si concentrano sui cambiamenti emotivi che caratterizzano questa fase, in quanto le “tempeste affettive” tipiche di questo periodo sono vissute, da educatori e familiari, con allarme. In realtà, non possiamo pensare all’adolescenza come una fase in cui i vari ambiti dello sviluppo funzionano a compartimenti stagni ma come un insieme di funzioni interagenti che si muovono in parallelo.

Le funzioni cognitive, intese come le modalità con cui un individuo costruisce la realtà e conferisce significato al mondo che lo circonda, si intrecciano in modo indissolubile con le componenti affettive ed emotive. I cambiamenti nel modo di pensare influenzano le emozioni e viceversa.

Nel periodo adolescenziale si sviluppa quella forma di pensiero che Piaget (1982) definisce ipotetico deduttivo o formale: il soggetto, a partire dai 12 anni, comincia ad acquisire la capacità di ragionare in termini di ipotesi astratte puramente verbali, di formulare diverse alternative possibili e di dedurre le conseguenze implicate nelle ipotesi stesse. Mentre il bambino conosce la realtà attraverso operazioni concrete, prove ed errori ed imitazione di modelli, l’adolescente si relaziona al mondo non necessariamente attraverso il presente immediato ma mediante il possibile, il futuribile.

In altri termini, il pensiero dell’individuo non rimane vincolato all’esperienza reale, si cimenta piuttosto in formulazioni di ipotesi sui vari aspetti del mondo. Tale capacità di pensare il possibile (Cigala e Zammuner, 2001) determina anche un ampliamento della prospettiva temporale della propria esperienza; per l’adolescente non esiste più solo il presente, prende consistenza anche la dimensione del futuro con tutte le componenti affettive estremamente potenti ad esso collegate: i desideri su cosa fare da adulti, le paure circa il fallimento, la capacità di adempiere alle aspettative proprie e degli altri, con particolare attenzione agli adulti significativi.

Nel contesto sociale, profondamente contaminato dalla crisi economica, il passaggio dalla figura dell’adolescente a quella di giovane adulto, avviene in modo sempre più lento e graduale. Il giovane adulto, infatti, mantiene sempre più spesso caratteristiche di dipendenza (economica e affettiva) e di indeterminatezza decisamente più simili a quelle adolescenziali rendendo il pensiero futuribile ricco di ansie e di precarietà. Tutti gli educatori (insegnanti, associazioni sportive e ricreative) che si trovano a lavorare con questo tipo di utenza devono avere ben presenti questi aspetti fondamentali per lo sviluppo dell’identità.

 

Costruzione dell’identità: modalità e possibili sviluppi

Secondo Erikson (1980) il compito evolutivo principale per l’adolescente, il suo dilemma cruciale, è l’acquisizione di un identità autonoma, svincolata dalla famiglia. I numerosi cambiamenti di questa fase spingono l’adolescente verso una ridefinizione e riorganizzazione del proprio Sé rispetto a se stesso e agli altri, siano essi genitori, amici, o altre figure adulte. La ricerca psicoanalitica attribuisce tale ridefinizione del Sé a due dinamiche psicologiche fondamentali: la sperimentazione e l’identificazione.

La sperimentazione consente all’adolescente di testare se stesso in una miriade di ruoli e copioni sociali differenti, confrontandosi con le regole, le abilità necessarie, i valori presenti nei vari contesti. Questo consente alla persona di capire quali sono i suoi interessi, competenze, funzioni che è in grado di svolgere e gli interessa approfondire.

Parallelamente alle nuove esperienze le relazioni sociali si moltiplicano e di conseguenza si incrementano le occasioni di identificazione con le figure primarie oggetto di interesse e bisogno di emulazione. Alcune di queste sono relazioni reali con cui l’adolescente condivide esperienze altri sono rapporti immaginati, legami con personaggi a distanza ma non per questo meno significativi, come i personaggi dello spettacolo e dello sport. All’interno di queste relazioni il futuro adulto ha l’opportunità di identificarsi e di riconoscere negli altri elementi importanti che diventeranno aspetti della nuova identità. Non a caso è fondamentale che genitori, educatori, media siano particolarmente accorti nel fornire modelli funzionali positivi, in quanto finiscono inevitabilmente con il contaminare l’assetto della personalità in evoluzione.

E’ importante sottolineare che il processo di costruzione dell’identità non si conclude con una passiva scelta di un ruolo o di un modello piuttosto che di un altro, ma rappresenta il risultato di una sintesi quanto più originale ed espressiva delle diverse parti di cui l’adolescente ha avuto esperienza. Questo è un processo estremamente faticoso dal punto di vista emotivo per l’adolescente, in quanto, come ogni situazione che implica una scelta, la persona si trova di fronte alla necessità di elaborare la perdita di ciò che non è e non sarà. Inoltre la scelta rispetto all’ “essere”, alla capacità di rispondere alla fatidica domanda “Chi sono io?”, comporta inevitabilmente l’assunzione di una serie di responsabilità connesse all’onere di dover sostenere idee, valori e comportamenti divenuti propri.

In questo “cantiere aperto” giuoca un ruolo fondamentale il gruppo dei pari età che costituisce una sorta di laboratorio all’interno dei quale l’adolescente sperimenta se stesso, favorendo lo sviluppo di un’identità autonoma.

Utilizzando una metafora, forse desueta ma pur sempre efficace, possiamo pensare all’adolescenza come ad un rito di passaggio (basti ricordare che in molte culture extraeuropee l’adolescenza non esiste! il passaggio dall’infanzia all’età adulta avviene attraverso un rito) da una sponda all’altra di un fiume, dove il complesso traghettamento si risolve per tappe intermedie e che la buona riuscita non dipende soltanto dalla consistenza della zattera ma anche (soprattutto) dalle condizioni del fiume.

 

Bibliografia

  • Cigala, A. e Zammuner, V., Cambiamenti evolutivi in adolescenza, in “Psicologo verso la professione”, (2001), McGraw Hill, Milano.
  • Erikson, E.H., Gioventù e crisi di identità, (1980), Armando, Roma.
  • Piaget, J., Dalla logica del fanciullo alla logica dell’adolescente, (1982), Giunti, Firenze

 

Data pubblicazione: 09 agosto 2013

Autore

francesco.mori
Dr. Francesco Mori Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 2007 presso Università di Firenze.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Toscana tesserino n° 5257.

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