Il trattamento delle ossessioni

danielbulla
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta

Il termine ossessione deriva dal latino obsessio –onis che significa “assedio” “occupazione” e obsidere “assediare”, a delineare la spiacevolezza derivante da pensieri che circondano la mente contro la nostra volontà. Cosa fare in caso di ossessioni? Qual'è il trattamento?

Definizione di ossessione

Il termine ossessione deriva dal latino obsessio –onis che significa “assedio” “occupazione” e obsidere “assediare”, a delineare la spiacevolezza derivante da pensieri che circondano la mente contro la nostra volontà.
Secondo il Dizionario della Lingua Italiana Devoto Oli (2003) l’ossessione è quel “fenomeno psichico patologico, caratteristico della psicastenia: si manifesta sotto forma di idee, parole, immagini insistentemente presenti alla mente, al di fuori della volontà, con conseguenti squilibri della personalità” che arriva addirittura ad un “invasamento demoniaco” (pag. 1423). Poco più sotto infatti il Dizionario definisce il termine ossesso come “posseduto dal demonio” (…).
Il Dizionario di Psicologia (a cura di Arnold, Eysenck e Meili) specifica ulteriormente il concetto di ossessione attraverso il concetto di pensiero ossessivo (Zwangsvorstellun, Obsessional Imagery):

Una immagine costante, incontrollabile e sgradita che si abbina ad emozioni sgradevoli, in genere ad ansia o paura, e può portare a rituali di pensiero o di azione, nel tentativo di allontanare questa immagine angosciante. Anche se l’individuo si ribella a questi pensieri, non riesce a liberarsene. Egli finisce per vederli come parte del proprio pensiero.

Da queste definizioni possiamo capire quanto avere le ossessioni sia disturbante: sono pensieri spesso estremamente sgradevoli, molesti o imbarazzanti, che non se ne vogliono andare, e che “martellano” insistentemente la coscienza fin dal mattino. Tali pensieri o immagini, proprio perché contengono particolari brutti, spaventosi e spiacevoli, provocano estremo disagio e ansia.

Un mio paziente, fervente Cattolico, era ossessionato dall’idea di poter perdere il controllo in Chiesa: durante la Messa temeva di mettersi ad urlare, attirando l’attenzione degli astanti, e cercava insistentemente di “scacciare” dalla mente alcune bestemmie. Ogni volta andare in Chiesa era per lui fonte di enorme ansia e stress. Provare questo tipo di pensieri, inoltre, lo faceva sentire profondamente in colpa. Essendo molto credente non poteva nemmeno pensare di abbandonare le Messe domenicali, per cui sviluppò una serie di rituali di controllo (o compulsioni): contava compulsivamente il numero delle candele accese, oppure cercava di ripetere molto velocemente alcune preghiere, nella speranza di poter scacciare i pensieri inaccettabili.

Principali tipi di ossessioni

Le ossessioni appartengono ai disturbi d’ansia, (per un approfondimento sull’ansia si veda l’articolo "Caro psicologo, mi sento ansioso. I disturbi d'ansia e la terapia cognitivo comportamentale" )

I pensieri ossessivi possono essere raggruppati in categorie (Dèttore, 2003), e riguardano:

  • Ossessioni aggressive (paura di far male a sé o agli altri, di insultare qualcuno, di pronunciare oscenità, ecc.)
  • Ossessione di contaminazione (preoccupazione o disgusto per i rifiuti, per le secrezioni del corpo, lo sporco, i germi, per le contaminazioni ambientali, per il contatto con gli animali, ecc.)
  • Ossessione sessuale (pensieri, immagini o impulsi sessuali proibiti o perversi; paura di poter essere omosessuali, pedofili, preoccupazione per l’incesto, ecc.)
  • Ossessione legata all’accumulo (pensare costantemente ad accumulare denaro, beni, oppure cose definite dagli altri inutili)
  • Ossessione a sfondo religioso (paura di commettere un sacrilegio o peccati di blasfemia, iper-moralità, ecc.)
  • Ossessione di simmetria o precisione
  • Ossessioni somatiche (pensare costantemente alle malattie oppure ad alcune parti del proprio corpo, come naso, orecchie, ecc.)
  • Ossessioni varie (necessità di sapere o ricordare, timore di dire certe cose, timore di non dire proprio la cosa giusta, ecc.)

Leggendo questa lista probabilmente avete trovato qualcosa di familiare: questo non significa che siete ossessivi. In realtà ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha avuto dei pensieri ossessivi del tipo:

- “potrei prendere questo coltello e far del male a…”
- “potrei dare un brusco colpo al volante e finire fuori strada…”
- “potrei gettarmi da questo balcone…”
- “potrei gettarmi sotto il treno oppure la metropolitana…”

Chi soffre di ossessioni patologiche non ha questo tipo di pensieri ogni tanto, ma ne è letteralmente “assediato”: queste persone si svegliano al mattino e subito si domandano “vediamo se per caso ho ancora quel pensiero”, e così via fino al momento di coricarsi la sera.
Per cui non è la presenza di un’ossessione che deve preoccuparvi, ma l’intensità e la frequenza con cui questi pensieri si presentano nella vostra mente.
Immaginatevi una scala di misura che va da quasi mai a sempre e provate a rispondere a queste domande:

  • Evitate di usare i bagni pubblici per paura delle malattie?
  • Quando maneggiate il denaro vi sentite le mani sporche?
  • Se toccate qualcosa ritenuto “contaminato” dovete correre immediatamente a lavarvi?
  • Diventate dei contorsionisti negli Autogrill quando siete costretti a toccare le porte?
  • Quando vi vengono in mente dei dubbi sentite la necessità impellente di ricevere rassicurazioni?
  • Tornate a ricontrollare la portiera dell’automobile (o la porta di casa) per vedere se l’avete chiusa?
  • Controllate diverse volte di aver compilato correttamente un assegno o un documento?
  • Pensate e ripensate al modo in cui avete svolto un compito a casa o al lavoro?
  • Vi capita di non essere sicuri di aver fatto cose che in realtà avete fatto? (ad es. “ho pagato la bolletta?”, “ho portato mio figlio a scuola?”, “ho evitato il pedone sulle strisce oppure l’ho urtato?”)
  • Avete l’impressione di non riuscire mai a spiegarvi al 100% con gli altri?
  • Vi create molti dubbi anche su cose molto semplici?
  • Faticate a “svuotare la mente” da alcuni pensieri?
  • Vi vengono in mente parole stupide, volgari oppure bestemmie contro la vostra volontà?
  • Temete di poter perdere il controllo e di insultare le persone che incontrate?
  • Avete la sensazione che la vostra mente “lavori troppo”?
  • Vi sentite costretti a ricordare numeri o sequenze senza importanza?
  • Avete il timore di poter far del male a qualcuno?
  • Vi turba la vista delle armi?
  • Vi sentite costretti a camminare in modo particolare (ad es. contando le piastrelle, evitando di calpestare le linee incrociate, toccando gli stipiti delle porte, ecc.)?
  • Il sentir parlare di “suicidio” o di “morte” vi turba per ore intere?

Non è detto che se avete risposto “sempre” alla maggior parte di queste domande voi siate ossessivi, ma di certo sarebbe consigliabile un approfondimento specialistico: meglio togliersi ogni dubbio, no?

In generale possiamo affermare che le ossessioni diventano tali nel momento in cui la persona giudica inaccettabili questi pensieri. Nel precedente esempio, il paziente con un’elevata moralità giudicava inaccettabili alcuni pensieri durante la Messa: tutto ciò faceva aumentare la sua ansia, e di conseguenza l’intensità stessa dell’ossessione.
Possiamo riassumere il funzionamento di un’ossessione con il seguente schema:

Stimolo iniziale

Formazione di un pensiero (o immagine) dello stimolo

Se il pensiero è accettabile, non succede nulla

Se il pensiero è inaccettabile arriva l’ansia

Ansia: alterazione fisiologica (es. tachicardia)

Alterazione fisiologica: riduzione della percezione di “controllo”

Aumento dell’ansia, aumento dei pensieri intrusivi

Aumento dei comportamenti di auto-controllo,
rassicurazione ed evitamento (compulsioni)

Le compulsioni, dando un sollievo immediato,
confermano l’inaccettabilità del pensiero
(= “certi pensieri devono essere controllati”)

Attraverso questo circolo vizioso, la persona “impara” ad essere sempre più sensibile rispetto all’inaccettabilità di alcuni pensieri o immagini: di conseguenza la maggiore sensibilità fa sì che molti pensieri vengano sempre più giudicati come inaccettabili (quindi aumenta la frequenza delle ossessioni, ovvero dei pensieri che abbiamo definito “inaccettabili”).
Più passa il tempo, più la persona giudica i propri pensieri inaccettabili, e quindi cerca in tutti i modi di controllarli attraverso rituali e compulsioni.
Per questo motivo, il disturbo ossessivo-compulsivo tende a peggiorare nel tempo se non curato in modo adeguato.

Cosa fare? Trattare le ossessioni con la Terapia Cognitivo-Comportamentale

Nell’articolo "Caro psicologo, mi sento ansioso. I disturbi d'ansia e la terapia cognitivo comportamentale" abbiamo visto che, secondo le linee guida pubblicate nell’aprile 2007 dal National Institute for Health and Clinical Excellence:

The interventions that have evidence for the longest duration of effect, in descending order, are:
1) psychological therapy (CBT)
2) pharmacological therapy (an SSRI)
3) self-help (bibliotherapy based on CBT principles)

Tradotto significa che gli interventi terapeutici che permettono di ottenere maggiori risultati (in termini di migliori effetti a lungo termine) sono in ordine di importanza:
1) La psicoterapia (Terapia Cognitivo-Comportamentale, TCC)
2) La terapia farmacologica
3) L’auto-aiuto (biblioterapia basata sui principi della TCC)

La necessità di associare un intervento farmacologico alla TCC è fondamentale nel trattamento delle ossessioni.
In generale, comunque, lo scopo della psicoterapia cognitivo-comportamentale è quello di insegnarvi a gestire l’ansia, e questo avviene attraverso due fasi, chiamate “comprensione” ed “esposizione”. Le due fasi, come si può notare, rispecchiano la radice del nome di questa psicoterapia: cognitivo, ovvero relativo al pensiero, e comportamentale, ovvero relativo all’atto.

Secondo questa prospettiva esiste una correlazione tra il pensiero ed il comportamento: modificando il primo andrò a sostituire anche il secondo, e viceversa. Nelle prime fasi della TCC (Terapia Cognitivo-Comportamentale) viene aiutato il paziente a comprendere questo particolare legame.

Uno dei primi obiettivi nella TCC dell’ansia è sostenere il paziente nella comprensione della propria ansia, quali sono i propri meccanismi di attivazione dell’ansia stessa.
Se soffrite di ossessioni, la prima parte della TCC vi aiuterà a capire:

  • Quali sono le vostre ossessioni
  • Quali sono i rituali che utilizzate per controllare i vostri pensieri
  • Qual è il vostro meccanismo di mantenimento specifico

Solitamente durante le sedute il terapeuta sostiene il paziente in questa fase di apprendimento attraverso l’ausilio di spiegazioni, schemi, grafici, schede di registrazione.

Altro aspetto fondamentale che fa della TCC un potente strumento terapeutico nella gestione dei disturbi d’ansia è l’esposizione: con questo termine si intende quell’insieme di strategie comportamentali che aiutano il paziente ad avvicinarsi gradualmente alla situazione temuta, sino a che questa perda quella connotazione angosciante che spinge l’ansioso all’evitamento.

Attraverso l’esposizione si induce il paziente a fare il contrario di ciò che egli normalmente farebbe, ovvero evitare ciò che più teme. Se la prima volta fuggiamo dalla situazione temuta molto probabilmente faremo lo stesso anche le volte successive, e questo non farà altro che aumentare la nostra ansia.
E’ quanto succede alla persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo: attraverso le compulsioni essa tende ad evitare il più possibile il disagio derivante da certi pensieri giudicati inaccettabili.

Data pubblicazione: 05 giugno 2011

Autore

danielbulla
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 2000 presso Università Cattolica Sacro Cuore.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Lombardia tesserino n° 7211.

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