Il concetto di libido in Jung

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Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta

Breve contributo per un approccio alla Psicologia Analitica di Jung - Comunicazione al Convegno della SIPs su "La psicoterapiua oggi" Orientamenti teorici e tecniche - Ancona 1985 -

Breve contributo per un approccio alla Psicologia analitica di Jung*

Introduzione

Jung, com’è noto, fu uno dei maggiori discepoli di Freud. Ma nel 1910 iniziò un lento, progressivo ed inesorabile distacco di Jung dalle teorie del Maestro.

Da sostenitore accanito, egli passò pian piano a formulare delle riserve, sempre più esplicite, sulle teorie di Freud.

Siamo nella primavera del 1912 e Jung ha preparato nove conferenze che vanno sotto il tiolo di “Saggio di esposizione della teoria psicoanalitica”, conferenze che saranno tenute alla Fordham University di New York, nel settembre dello stesso anno.

Intanto era uscita la prima parte (anno 1911) del volume che segna il distacco definitivo di Jung fa Freud, “Trasformazione e simboli della libido” opera composta nel 1910/11; la seconda parte esce nel 1912. Sempre nel ’12 va in stampa il volume intero a cura di un editore di Lipsia e Vienna. Più tardi, un’edizione riveduta e corretta uscirà sotto il titolo definitivo “La libido, simboli della trasformazione”.

Da qui nasce la rottura di Jung con la psicoanalisi, da qui ha origine la critica agguerrita alla teoria del trauma, alla concezione freudiana della sessualità infantile, al rifiuto del bambino considerato come soggetto perverso polimorfo, alla critica dell’amnesia infantile, alla definizione sessuale della libido, al complesso di Edipo, al causalismo psicoanalitico.

Successivamente, dal 1912 al 1916, Jung modificherà il suo pensiero sul significato del sogno, del simbolo, della tecnica analitica e del transfert.

Data la brevità del tempo concessomi, mi limiterò ad alcuni cenni, rimandando ad una guida bibliografica necessaria per abbordare e capire la teoria e le diverse argomentazioni del grande psicologo e pensatore.

Suddividerò per motivi espositivi i problemi più importanti ed emergenti dell’ermeneutica junghiana.

Il concetto di libido

La libido viene intesa da Jung come “energia psichica”. Guardando allo sviluppo filogenetico di molte specie di animali e di animali superiori, si nota che per numerose funzioni complesse non si può ritrovare nessun carattere di tipo sessuale, anche se originariamente esse erano derivazioni dell’istinto di procreazione.

Cosicché, con la filogenesi, si assiste ad uno “spostamento nei principi della procreazione” e la riproduzione si trasforma sempre più da semplice istinto a sé stante verso un tipo di “fecondazione sicura e di un’efficace protezione della prole”. “Si è avuta così una trasformazione dell’energia destinata alla produzione di ovuli e semi, a favore della produzione di meccanismi di attrazione e di protezione della prole”.

Nella natura vediamo, infatti, “una continua pulsione di vita, una volontà di esistenza che, attraverso la conservazione dell’individuo, tende ad assicurare la conservazione della specie”.

La libido per Jung è un’energia che si manifesta nel processo vitale e che viene percepita soggettivamente come aspirazione e desiderio, spirito vitale, energia psichica.

La libido, come energia di attività vitale, opera primieramente nel bambino nel campo della funzione nutritiva. “Con la crescita dell’individuo e il completamento degli organi della libido si crea nuovi canali di bisogni, di attività, di appagamento”. La libido migra attraverso attività energetiche differenziate e passa anche alla fase energetica sessuale. E’ il momento della vita del bambino che fece considerarlo come “ soggetto con sessualità perverso - polimorfa”. In realtà la libido trasmigra dal campo della funzione nutritiva a quello della funzione sessuale. Ma non si arresta qui. La libido si trasforma ancora in funzioni sempre più complesse e differenziate regolando tutta la vita dell’uomo. La libido si svuota successivamente della sua natura sessuale e passa ad assumere forme diverse di energia psichica che soprassiede a funzioni vitali superiori, sino alle manifestazioni più alte e più proprie dello spirito umano.

L’inconscio

Vicino ad un inconscio personale, derivante dalla rimozione quotidiana, Jung, com’è noto, ipotizza l’esistenza di un inconscio collettivo. L’inconscio collettivo, trasmesso geneticamente, è costituito da strati che si sono sovrapposti nell’uomo attraverso lo sviluppo filogenetico che modifica gli elementi dell’inconscio collettivo e li arricchisce ma in tempi molto lunghi tant’è che non ne avvertiamo le modificazioni.

Esiste così un inconscio proprio di una razza o di una stirpe, come egli dimostra nel saggio dal titolo “WOTAN”, dove affronta temi che riportano all’ipotesi di dinamiche inconsce proprie dello spirito e della razza tedesca.

Ma gli strati dell’inconscio, quanto più sono profondi, tanto più sono universali, tanto più, cioè, appartengono ad un insieme più ampio di “umanità”.

Il sogno

Dall’inconscio personale scaturiscono sogni derivanti dal rimosso quotidiano. Ma poi vi sono i grandi sogni, quelli che aèprtengono al’inconscio collettivo.

Un esempio di sogno archetipico in una bambina di quattro anni: “E’ notte, luna piena in mezzo al cielo, un lupo grosso, nero e cattivo si aggira per le strade. Il lupo bussa alle porte e tutti i bambini che si affacciano vengono divorati. La bambina è in casa nel letto e trema dalla paura. Ad un certo punto sente bussare alla porta: apre e si trova davanti il lupo con le fauci spalancate che la sta per azzannare e divorare…….. ma a questo punto sorge il sole il quale con i suoi raggi caldi e luminosi uccide il lupo cattivo”.

Il sogno ha una struttura che si snoda su quattro fasi, la prima che riporta il tempo, il luogo, i personaggi e l’inizio dell’azione, la seconda lo svolgimento dell’azione, la terza il momento della crisi, e l’ultima della lisis, o scioglimento dell’incantesimo e salvezza dal disastro.

Il sogno va interpretato soprattutto in senso finalistico.

Vi sono sogni compensatori, premonitori, predittivi, telepatici, orientativi, criptomnestici, archetipici.

Gli archetipi

Gli archetipi sono elementi costitutivi dell’inconscio collettivo. Non sono idee, né immagini ma modi di essere e di manifestarsi della psiche profonda.

Quando essi compaiono attraverso i sogni, essi si “rivestono” di forme ed assumono una connotazione, si manifestano cioè come immagini, come simboli.

Essi costituiscono gli elementi primitivi, basi di ogni forma di idea nodale e fondamentale che poi, elaborata e rivestita di contenuti, dà luogo a grandi “prodotti” dell’umanità.

A es., l’archetipo della Grande Madre è quello che sottostà all’istinto di protezione, d’amore, e d’affetto; quello della Strega è l’aspetto degenerato della Madre, o in altre parole è l’aspetto dell’archetipo che ingoia, che divora e distrugge.

Gli archetipi sono atemporali, e sono costituiti da coppie di opposti: ad es., protezione e distruzione, maschile e femminile, senex et puer.

Nella musica, ad es., il Modo Maggiore e il Modo Minore, che poi nella filosofia cinese sono lo Yang e lo Yin, il maschile e il femminile, essi sono prodotti archetipici che emergono da un insieme del tutto indifferenziato.

Gli archetipi hanno il potere di creare o di distruggere. L’inondazione incontrollata degli archetipi distrugge la coscienza il “complesso dell’IO”, e provoca la sua dissociazione. La schizofrenia, la dementia praecox, sono provocate dall’invasione incontrollata e incontrollabile da parte di archetipi dell’inconscio collettivo nella coscienza.

Quando gli archetipi vengono controllati e “mediati”, essi producono grandi idee propulsive per il percorso dell’umanità (grandi idee filosofiche, religiose, sotto forma di simboli, di rappresentazioni artistiche, di leggi matematiche e fisiche etc.). Ecco perché alcune grandi idee, di ampia portata, scaturiscono sia dagli schizofrenici, sia da grandi filosofi (e sono anche rintracciabili in alcune religioni).

Cosicché l’arte, la religione, l’antropologia sono contenitori nei quali vanno ricercate certe idee collettive che possono comparire in un singolo soggetto (sano o nevrotico).

La terapia

Si basa sull’indagine dell’inconscio individuale e su quello collettivo attraverso le associazioni, attraverso l’ analisi dei sogni, dei loro contenuti e del loro significato e del transfert. L’indagine dell’inconscio individuale e di quello collettivo porta ad una amplificazione del campo di coscienza.

Il contesto concreto in cui vive il soggetto è molto importante, anche perché i sogni vengono spesso “attivati”, come pure l’inconscio, dal vissuto quotidiano e spesso essi seguono una specie di storia. Appaiono cioè in modo da potersi collegare fra loro.

Finalità della terapia è quella di rimuovere gli ostacoli che hanno bloccato lo sviluppo e le trasformazioni della libido, svuotando il soggetto di energia vitale.

Il percorso viene fatto partendo di solito dalla situazione attuale, quella emergente nel set analitico, per ritrovare i possibili sbocchi cui la psiche tende.

I sogni, soprattutto, sono le vie maestre per giungere a quei gangli complessuali che si sono formati nella psiche, che devono essere sciolti o rimossi in quanto ostruiscono il normale fluire della libido.

Infatti, la liberazione della libido porta al suo normale fluire, come un fiume, e di conseguenza al risanamento psichico.

La nevrosi è espressione di un equilibrio perduto. I sintomi non sono meri segni ma simboli di un processo da interpretare finalisticamente: non sono cause pregresse che devono essere indagate in quanto ad esse è imputabile un comportamento anomalo, ma vanno compresi ed interpretati i fini che il malato vuole raggiungere, con fatica, per un blocco totale o parziale della libido.

Il transfert

Jung diede molta importanza al transfert, considerandolo come una specie di connubio, di sponsale tra la psiche del paziente e quella del terapeuta. Anche qui si deve passare attraverso una trasmigrazione (si assiste ad una trasmigrazione); lo sviluppo dell’evento transferale porta ad un’identità psicologica tra paziente e terapeuta. In questo senso il terapeuta dona se stesso per la guarigione dell’altro.

Il principio di individuazione

È un punto di arrivo in cui la psiche umana trova tutto il suo equilibrio.

È l’ultima fase di un faticoso e periglioso percorso fatto verso la via (la meta) della perfezione (ma tale concetto ha bisogno di una trattazione molto più ampia, più minuziosa e più sistematica). La profondità di tale concetto è tale che non può essere sviluppato se non in apposito contesto.

La formazione terapeutica

Jung fu il primo ad occuparsi della formazione dei terapeuti, sin da quando era ancora in ottimi rapporti con Freud. Anzi, fu lui a sollevare il problema (o la questione), che poi fu recepito da Freud e dagli altri allievi. C’era stato il caso nel 1911 di Honegger, un giovane di grande talento ma malato. Nel 1911, a due anni dal loro primo incontro, l’allievo prediletto di Jung si toglie la vita con un’iniezione di morfina, ad appena ventisei anni. Lo psichiatra svizzero lo comunica a Freud in una lettera brevissima: ”l’unico motivo è stata la fuga davanti alla psicosi, poiché non voleva rinunciare a nessun costo a vivere secondo il principio di piacere...”.

Da allora Jung e Freud compresero che il terapeuta deve essere preparato perché può attivare nel paziente dinamiche inconsce anche di natura distruttiva. Inoltre il terapeuta deve saper controllare sia il transfert del paziente sia il proprio contro transfert.

I titoli accademici

Una cosa che non preoccupò mai né Jung né Freud furono i titoli accademici che i terapeuti o gli aspiranti dovevano possedere. Alcuni terapeuti freudiani e junghiani non ne avevano affatto. Molti erano laureati in medicina, altri in filosofia, giurisprudenza od in altre discipline.

Si tratta di problemi dello spirito, soleva ripetere Freud nel suo epistolario.

In Italia, dopo Weiss, la psicoanalisi freudiana fu sviluppata dal grande Cesare Musatti, filosofo.

Fu Ernest Bernhard, medico berlinese, a portare in Italia le teorie e la psicologia junghiana. Passò a Zurigo, dove concluse un’analisi con Jung e venne in Italia, rifugiandosi a Roma, dove visse nascosto perché perseguitato per motivi razziali. A Roma trovò un gruppo di allievi e vi morì nel 1965. Ricordiamo di lui alcuni importanti scritti come “Mitobiografia” e “L’archetipo della Grande Madre”.

Molti furono gli allievi che costituirono un primo gruppo di studiosi a Roma tra cui ci piace ricordare Mario Trevi, Marcello Pignatelli, Aldo Carotenuto, fondatore della Rivista di Psicologia analitica, e di molti scritti tra cui Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung e Freud, da cui fu tratto il film su Jung di Roberto Faenza intitolato “Prendimi l’anima”. Ma stiamo facendo torto a molti altri grandi terapeuti, interpreti ed autori che hanno costituito e costituiscono un polo di incontro importante per molti giovani che desiderano accostarsi alla Psicologia Analitica di Jung e alla terapia analitica junghiana.

 

Indicazioni bibliografiche

  • ADLER G., Psicologia analitica, Boringhieri ed., Torino, 1972.
  • BERHNARD E., Mitobiografia, Adelphi ed., Milano, 1969.
  • CAROTENUTO A., Senso e contenuto della psicologia analitica, Boringhieri ed. Torino, 1977.
  • CAROTENUTO A., Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung e Freud, Astrolabio ed. Roma, 1980.
  • FREUD S., Lettere 1873-1939, Boringhieri ed. Torino, 1960.
  • JABOBI J., La psicologia di C.G. Jung, Boringhieri ed., Torino, 1973.
  • JABOBI J., Complesso, archetipo e simbolo, Boringhieri ed. 1971.
  • JUNG C.G., Psicogenesi delle malattie mentali, vol. 3^ Boringhieri, 1971.
  • JUNG C.G., Freud e la psicoanalisi, vol. 4^ Boringhieri ed. 1973.
  • JUNG C.G., Tipi psicologici, vol. 6^, Boringhieri ed. 1969.
  • JUNG C.G., La libido, simboli della trasformazione, Boringhieri 1973
  • JUNG C.G., L’io e l’inconscio, Boringhieri ed., 1973.
  • JUNG C.G., Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, Einaudi, 1975.
  • JUNG C.G., Gli archetipi dell’inconscio collettivo, Boringhieri ed. 1977.
  • JUNG C.G., La psicologia dell’’inconscio, Boringhieri 1973.
  • JUNG C.G., La comprensione del sogno, Rivista di Psicologia Analitica 1971.
  • JUNG C.G., Questioni fondamentali di psicoterapia, Riv. Psic. Analitica 1970
  • JUNG C.G., La psicologia del transfert, Il Saggiatore ed., 1961.
  • JUNG C.G., La sincronicità, Boringhieri 1980.
  • JUNG C.G., La simbolica dello spirito, Einaudi 1975.
  • WITMONT E., Maschile e femminile, Rivista di Psicol. Analitica 1981, n. 23.

 

[*] Comunicazione redatta per il Convegno della SIPs, Società Italiana di Psicologia tenutosi in Ancona sul tema ”La Psicoterapia oggi – Orientamenti teorici e tecniche”, 1985.
Data pubblicazione: 16 agosto 2010

Autore

a.vita
Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 1966 presso Univ. Urbino in Pedagogia.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Marche tesserino n° 200.

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